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Autore: _Trixie_    19/07/2013    4 recensioni
[Callie/Arizona, April/Jackson, Alex/Izzie, Derek/Meredith]
Una lacrima solitaria cadde nell’acqua, mentre la portata degli avvenimenti la investiva.
Era la regina di un regno che non le apparteneva di diritto, un regno che stava per entrare in guerra per delle decisioni prese in modo affrettato. Non poteva nemmeno permettersi di piangere il marito che un tempo aveva amato, la cui morte era la causa della catastrofe che stava per abbattersi sul Regno di Picche.
Perché l’assassinio di un re poteva essere punita solo con la morte di un regno.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Capitolo X
 
Be my mirror, my sword, my shield. [11]

 
 
 
Quando riprese conoscenza la prima cosa che percepì fu il freddo, un freddo che penetrava le ossa attanagliando il cuore, stringendolo in una morsa letale, da far mancare il fiato.
Il suo corpo era adagiato su qualcosa di morbido, in un luogo che faticò a mettere a fuoco, dal soffitto basso e le pareti di legno.
Il suo cervello non era ancora completamente lucido quando una voce risvegliò gli ultimi neuroni ancora addormentati.
«Come vi sentite, Sir?»
Jackson sbatté velocemente le palpebre, scorgendo la figura di una giovane ragazza dai capelli ricci e la carnagione scura.
Lord Avery provò a parlare, ma, non appena aprì la bocca, il ragazzo iniziò a tossire, i polmoni protestarono e con orrore si accorse di sputare acqua.
La giovane accorse accanto al letto, aiutandolo a sedersi e dando piccoli colpi alla schiena di Jackson, che le afferrò la mano con forza, mentre ricordava il dannato scontro con Sir Sloan e la folle idea di ribellarsi alla corte rossa. Sentì la propria mano scivolare da quella della ragazza e si accorse di essere sudato, nonostante solo qualche attimo prima avesse freddo.
I muscoli della sua gola non rispondevano ai comandi, sentiva gocce di sudore scivolargli lungo la fronte, rumori raschianti provenire dai suoi polmoni, il cuore battere sempre più velocemente, mentre il terrore cresceva e la tosse continuava, senza sosta. E quella sensazione di soffocamento…
Sembrò durare un’eternità, ma tutto cessò nel giro di qualche minuto, lasciando il ragazzo stanco e debilitato, con i muscoli doloranti per lo sforzo.
La giovane lo aiutò a stendersi nuovamente.
«Dovreste provare a dormire, Sir» consigliò poi, con un sorriso che Jackson avrebbe voluto ricambiare. Ma quella tosse lo aveva stancato tanto che non riuscì a fare altro che chiudere gli occhi e sprofondare nuovamente nel sonno.
 

***

 
Sobbalzava, stesa su un letto troppo piccolo che la obbligava a tenere le gambe in una strana posizione e con il cuscino più scomodo sul quale avesse mai posato la testa.
Sobbalzava e la schiena le doleva terribilmente, ma mai quanto la testa, che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all’altro.
Solo allora Arizona ricordò lo svenimento, la sete, il caldo e la sua voce, la voce di Calliope. Doveva averla sentita mentre era priva di conoscenza.
Aprì lentamente gli occhi, portandosi un braccio dolorante alla fronte solo per trovarvi una benda.
«Ben svegliata, Arizona Robbins» bisbigliò una voce, che fece immediatamente credere alla ragazza di essere ancora nel mondo dei sogni.
Arizona guardò verso l’alto, incontrando il viso gentile della Regina di Picche, e solo allora realizzò che il cuscino del quale si era mentalmente lamentata non erano che le gambe di Calliope e il letto non era che lo scomodo sedile di una carrozza.
Il problema però rimaneva: cosa ci faceva leilì, sulle gambe di una donna che aveva sognato e desiderato di sognare?
«Non so molto su come ci si rivolge a una testa coronata. E non mi trovo nelle condizioni di fare un inchino, Vostra Maestà, sono desolata» disse invece, accompagnando il tutto con una smorfia e senza accennare affatto ad alzarsi. Il fatto era che ora quella sistemazione non le sembrava affatto male.
Calliope ridacchiò.
«Non importa, puoi anche darmi del tu, Arizona Robbins, se non c’è nessuno nei paraggi. Sai, la noiosa etichetta di corte» disse, come se la Ragazza del Mondo di Lassù capisse perfettamente in cosa consistesse questa etichetta di corte. Ma Arizona non avrebbe saputo cosa fare a corte, in nessun caso. «Come ti senti, ora? Sei rimasta incosciente a lungo».
«Bene, credo. Dove siamo?» domandò alzandosi lentamente e a malincuore.
«Da qualche parte tra l’Occhio del Gigante e il Principato di Fiori» rispose Calliope, pensierosa.
Arizona annuì, accorgendosi solo mentre la regina parlava di altre tre persone sedute di fronte a loro nella carrozza.
I suoi compagni si erano addormentati uno accanto all’altro, con Sir Matthew a dividere April e Alex.
«Nessuno di loro voleva stare nella stessa carrozza di Meredith e Derek» sussurrò Calliope, che aveva bisbigliato tutto il tempo.
April aveva le mani intrecciate in grembo, appoggiata alla spalla di Scatola di Latta, che per l’occasione aveva tolto la parte superiore dell’armatura poco prima di addormentarsi, a giudicare dal guanto di metallo che in parte gli ricopriva ancora la mano.
La vista del Bianconiglio strappò un sorriso ad Arizona: spettinato, con la bocca spalancata e le braccia incrociate, grugniva e ciondolava con la testa ogni volta che le ruote della carrozza passavano una buca o un sasso.
E poi si ricordò di quel nome. Derek, il re rosso. Cosa ci faceva il re rosso nella carrozza della regina e per di più con Meredith?
«Il Re di Cuori?» disse, senza accorgersi di aver parlato.
«Diciamo che durante la mia visita ad Addison sono stata costretta ad uno scambio poco equo» sorrise amaramente la Regina di Picche. «Ma non parliamone. Piuttosto dimmi, hai fame? Alex Karev si è mangiato l’equivalente di tre pasti regolari dei miei soldati».
«Sì, a dire il vero, ho fame» ammise Arizona, prima di affrettarsi a d aggiungere un Maestà al termine della frase.
«Non ce ne è bisogno» rispose Calliope. «Del Maestà, intendo. Guarda ai tuoi piedi, dovrebbe esserci un cesto. Magari Alex ha lasciato qualcosa per te».
Arizona sorrise, sicura che Alex avesse pensato anche a lei.
Le sue aspettative non andarono deluse e iniziò a mangiare, cercando di non abbuffarsi, mentre sentiva gli occhi della Regina di Picche che la scrutavano. Non ebbe il coraggio di controllare se fosse una sua impressione o meno, ma di certo non avrebbe esitato ad osservare Calliope se solo ne avesse avuto l’occasione.
Quando ebbe inghiottito anche l’ultimo pezzo di pane, Arizona si accasciò soddisfatta contro il sedile della carrozza. Non si era accorta di essere tanto affamata se non dopo il primo boccone. 
Si guardò intorno, facendo scivolare più volte lo sguardo sulla figura di Calliope, senza soffermarsi, come se la sua attenzione fosse costantemente catturata da altro: il paesaggio, la punta dello stivale di Alex, le mani delicate di April, il guanto di ferro di Mattew, il soffitto della carrozza e le sue pareti e persino il pavimento, ma mai la Regina di Picche.
In realtà le cose stavano molto diversamente e nell’animo di Arizona vi era un tale tumulto di emozioni che la ragazza non ne voleva sapere di analizzarle, ma si accontentava di riconoscervi il sollievo, la gioia e una certa attrazione verso Calliope, cui tendeva ogni fibra del suo essere e per la quale gli occhi dolevano tanto era sforzo di evitarne la figura.
«Ti senti a disagio, Arizona Robbins?» domandò la Regina sorridendo candidamente e dando ad Arizona una scusa per guardarla.
La Ragazza del Mondo di Lassù si impose di non arrossire e ci sarebbe sicuramente riuscita se si fosse trovata di fronte a una donna normale, anche se attraente. Il problema era che Calliope era una regina e una regina è un’autorità.
E lei, con le autorità, aveva sempre avuto grossi problemi.
Così Arizona arrossì e balbettò qualche sillaba sconnessa e priva di senso, prima di riuscire a parlare abbastanza chiaramente perché Calliope la potesse capire.
«A-Arizona» disse semplicemente, continuando solo dopo lo sguardo confuso della regina. «Chiamami solo Arizona».
«Oh, d’accordo. Ma ti senti bene?»
«Sì, sì, certo» ridacchiò nervosamente Arizona, sobbalzando nell’udire Alex grugnire e masticare qualche parola, mentre apriva gli occhi.
«Come, Alex?» disse Arizona, che non aveva colto le sue parole.
«Ti sei svegliata» iniziò il Bianconiglio, prima di fermarsi e sbadigliare, «finalmente. E grazie del passaggio, Maestà».
«Sono una regina generosa, Bianconiglio, ma non stupida» iniziò Calliope, con sguardo neutrale. «Hai servito Addison Montgomery per anni, cosa si suppone che faccia con te? Il mio Fante insiste perché ti rinchiuda in una cella e ti tenga in catene, sostiene che tu sia una spia»
«No!» protestò Arizona. «Volevo dire, no, Vostra Maestà, Alex Karev… Lui… non, non è una spia, ci stava aiutando a raggiungere le vostre terre».
«È così, Maestà» confermò Alex.
Calliope sembrò soppesare il giudizio di Arizona per qualche minuto, prima di replicare.
«E quali prove puoi fornire alla corte bianca, a riguardo? Se anche io ti credessi, certo non puoi aspettarti che Lady Catherine Avery o Sir Owen Hunt ti accolgano a braccia aperte».
«Chiedetemi quello che volete, Maestà».
«Le parole sono menzogne. La maggior parte delle volte, almeno».
«Alex non-» iniziò Arizona, immediatamente interrotta da Alex.
«Lei ci salverà. È perduta, per questo potrà trovare la strada. So chi è, so che è l’unica speranza per Wonderland, so che senza di lei, il nostro mondo, il nostro intero mondo, sarà perso per sempre. Lei è lo specchio, lei la spada, lei è lo scudo».
Arizona si trovò immersa nel silenzio più profondo della sua vita, con la sgradevolissima sensazione di essere il soggetto di quel lei tanto vagheggiato da Alex.
Alla fine, fu di nuovo la Regina di Picche a parlare.
«Come lo sai?»
«L’Occhio del Gigante è un deserto, le voci risuonano, l’eco arriva alle mie orecchie facilmente» rispose Alex enigmatico.
La Regina di Picche non rispose, ma posò il suo sguardo duro negli occhi di Alex, fino a quando il Bianconiglio sospirò.
«Lord Richard Webber. Mi disse di decidere da che parte stare, a quale regina confidare le mie parole. Non l’ho detto alla Regina di Cuori, l’ho detto a voi, Maestà. Credetemi».
«Parole, non fatti. E alla Regina di Cuori cosa hai rivelato?»
«Io nulla, la Regina di Cuori crede che lei sia Quella Alice, per questo la voleva» disse Alex e Arizona sbiancò.
Non c’erano più dubbi, la Regina e Alex parlavano di lei. Cosa avevano detto? Che era lo specchio, la spada e lo scudo? Ma cosa voleva dire? Lei non era Quella Alice, lei non era nulla di tutto questo, lei era Arizona, solo Arizona.
«Ma lei non è Quella Alice. E non è nemmeno L’Alice Sbagliata» disse Calliope in tono grave, voltandosi verso Arizona.
«No, Maestà, lei non è nemmeno L’Alice Sbagliata» confermò Alex Karev.
«Lei è Arizona Robbins, Bianconiglio, e potrà distruggerci o salvarci tutti».
 

***

C’erano sette gradini davanti a lei, sette passi la separavano dal patibolo, dalla morte. I muscoli si tendevano, ogni volta che sollevava il piede per avvicinarsi alla sua esecuzione, e un ricordo, nitido e definito, affiorava nella sua memoria, come se lo stesse rivivendo di nuovo.
 
Il primo gradino la riportò alla sua infanzia, negli appartamenti reali della corte rossa, dove suo padre esercitava il nobile mestiere del Cappellaio e, ad ogni punto che applicava, si lamentava di aver avuto una sola figlia e per giunta femmina. La madre di Ellis Grey era morta di parto dando alla luce due gemelli: Ellis e Elios, dono del Sole.
Il piccolo era morto qualche giorno dopo la madre.
«Avrei preferito tuo fratello» diceva spesso il vecchio padre di Ellis, ripetendo improperi contro il destino crudele che gli aveva strappato il figlio maschio e la moglie, lasciandolo senza possibilità di avere altri eredi se non una ragazzina cupa e taciturna, buona a nulla.
Il vecchio Cappellaio non avrebbe mai preso in considerazione l’idea di risposarsi, era un uomo crudele, è vero, ma aveva amato la moglie, aveva amato la moglie con tutto il cuore e, forse, questo cuore era morto insieme a lei.
La piccola Ellis crebbe con lui, non la più felice delle bambine, ma nemmeno la più infelice. Lei si collocava a metà e faceva di tutto perché il padre potesse amarla, con quel cuore che non aveva più, impegnandosi e imparando l’arte della Cappelleria, nella quale era avvantaggiata dalle sue mani piccole e precise.
Era la migliore in tutta Wonderland, ma, cosa più importante, era la migliore di tutta la sua antica e gloriosa stirpe di Cappellai, e questo la rendeva immensamente orgogliosa.
 
Il secondo gradino la vide sposa di Lord Thatcher Grey, che aveva chiesto la sua mano con gran sorpresa di tutti, compresa quella di Ellis. Non era destinata a sposarsi con un Lord, con un cortigiano, un ricco mercante, un valoroso generale, forse, ma non un Lord.
E, in ogni caso, Ellis, diciottenne Cappellaia dalle mani fatate, non aveva la minima intenzione di sposarsi. Lei sarebbe stata l’ultima della sua stirpe, lei sarebbe stata la migliore.
Ma Thatcher Grey era innamorato di lei e il vecchio Cappellaio, che da mesi ormai non riusciva ad abbandonare il suo letto, insistette perché Ellis accettasse la proposta.
Più denaro, più prestigio, più tutto, più era perfetto.
Ellis, forse memore della passata soggezione del padre, forse profondamente convinta che un matrimonio non avrebbe potuto fare molti danni, accettò.
Non amò Thatcher Grey, non amò il suo castello immenso, pieno di spifferi e non amò lavorare nelle stanze migliori che il marito le mise a disposizione, ma lo apprezzò.
Apprezzò Lord Grey e le sue attenzioni, a volte morbose, a volte insistenti e gli fu grata per la figlia che le diede, ma non riuscì mai ad amarlo e dopo quattro anni scappò dal castello dorato di Lord Grey.
 
Il terzo gradino era la ragione per la quale aveva lasciato Thatcher Grey.
Ellis aveva incontrato Lord Richard Webber alla festa che il marito aveva organizzato per il loro anniversario di nozze. Era bastato uno sguardo perché la donna si rendesse conto che anche lei era un essere umano che, a differenza di suo padre, lei un cuore ce l’aveva, ma che, semplicemente, si era sempre ostinata ad amare l’uomo sbagliato.
Ellis aveva sbagliato, fino ad allora, credendo che l’affetto, il cuore, i sentimenti, potessero essere indirizzati in qualche modo, guidati dalla ragione.
Sfortunatamente, il suo cuore aveva deciso di battere per un uomo già sposato.
Ad ogni modo, comunque, bastarono una buona dose di accortezza e discrezione per costruire con una Richard una relazione, sporca, furtiva, colpevole, ma almeno avevano una relazione.
 
Il quinto gradino era l’alcolismo. L’alcolismo di Thatcher, l’alcolismo di Richard. Gli uomini più importanti della sua vita, aveva notato, finivano con il cadere preda dell’alcolismo. Forse era colpa sua o forse del destino, in ogni caso, quella che ci perdeva era lei.
Quando tornò a vivere nei vecchi appartamenti del padre, alla corte rossa, dove era apprezzata Cappellaia di Corte, Ellis portò con sé anche la piccola Meredith e questo improvviso allontanamento da Thatcher, sussurravano i più informati, aveva spinto Lord Grey a rifugiarsi nell’alcol. Ellis aveva anche saputo, attraverso voci di corridoio, di come suo marito amasse trascorrere le giornate in compagnia di una certa ostessa che, nel giro di qualche mese, ebbe due figli, da padre sconosciuto in teoria, ma noto in partica.
Richard cercò il conforto nella bottiglia non solo a causa di Ellis, ma anche della Regina di Cuori, Lord Webber infatti era stato consigliere di corte per molti anni, sotto il precedente regnante, e ora che il regno stava andando in rovina, anche lui iniziava a cadere a pezzi. Quando poi Ellis gli chiese di scegliere tra lei e Lady Webber, non ebbe il coraggio di spezzare un cuore per salvarne due, così, per trovare conforto, cercava l’oblio di una bottiglia.
 
Il sesto gradino era Meredith, era quella figlia che non credeva di volere, era quella figlia che amava, amava più di sé stessa, era la promessa di immortalità, perché se anche lei quel giorno fosse morta, Meredith avrebbe continuato a vivere.
Era una brava Cappellaia, ottima a dire il vero e, forse, con un po’ di pratica sarebbe diventata migliore di Ellis.
Per Meredith aveva e avrebbe fatto di tutto, per Meredith aveva mentito alla Regina Rossa.
«Tua figlia è sparita, insieme a Quella Alice» aveva sibilato il Fante di Cuori, serrandole la gola con le mani. «Dove sono andate?»
Ellis, da canto suo, non aveva la minima idea di dove si fosse cacciata sua figlia, né se fosse implicata con la sparizione di Arizona, dell’Arma, come le era parso di capire dai farfugliamenti di Lord Webber in uno dei loro incontri clandestini. Probabilmente Meredith aveva deciso di tentare la fuga da sola, ora che Derek era diretto al Castello Bianco.
Stupida ragazzina innamorata, aveva pensato, prima di mentire spudoratamente per la vita della figlia.
«Lei non ha fatto nulla. Ho organizzato io la fuga di Quella Alice e ho costretto Meredith ad andare con lei, entrambe, ormai si trovano Al Di Là».
Sloan l’aveva schiaffeggiata, Sloan l’aveva insultata, Sloan l’aveva umiliata. Sloan l’aveva condannata a morte. Ma nulla aveva più importanza, perché lui aveva creduto alle sue parole, era convinto che le due ragazze si trovassero Al Di Là delle montagne, un posto sconosciuto, di cui non si hanno testimonianze. Perché si può andare oltre, sempre oltre, ma non si può mai, mai tornare indietro da Al Di Là.
Arizona e Meredith, ovunque fossero, per la Regina di Cuori e il suo Fante, erano come morte, scomparse, volatilizzate sotto il loro stesso naso.
 
Ellis stava salendo il settimo gradino, ma Meredith era salva.
Il settimo gradino evocò il buio che l’attendeva, il settimo gradino fu l’unico a scricchiolare sotto i suoi passi, il settimo gradino accolse la sua testa, quando Addison Montgomery diede ordine al suo Fante di decapitarla per alto tradimento alla Corona.
 
 
 
NdA
Ok, forse ci sono troppe “Alice” in questa storia ;D Allora, non so chi di voi abbia visto Alice in Wonderland di Tim Burton, ma nel film con Quella Alice si parla inizialmente dell’Alice di Lewis Carroll, la bambina che cade nel Paese delle Meraviglie, incontra il Bianconiglio, rischia di perdere la testa, ecc., insomma, indica l’Alice della storia classica.
Con L’Alice Sbagliata, invece, si indica l’Alice che, nel film, cade nel mondo di Wonderland ed è destinata a grandi imprese.
La nostra Alice non è nessuna delle due, a quanto pare, ma è lo specchio, la spada, lo scudo come cantano i [11] Coldplay inViva la vida.
Grazie mille per la pazienza, a presto,
Trixie <3
P.S. Sì, finalmente si sono incontrate, ma attenzione, c’è una Lauren in ogni universo pronta a distruggere quanto di più bello vi possa esistere u.u

   
 
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