Bene, bene. Buona sera a tutti lettori e recensori!
Ho scritto un’altra
fan fiction! Due in un mese, deve essere
un record per me! Per questa ho preso ispirazione dalle urla dei
bambini sul
pullman dalla colonia!
In realtà la sera prima di partire ho visto
l’episodio “Magnum Opus”,
l’8x13.
Ovviamente sono scoppiata in lacrime alla fine di Zugzwang e mi si
spezzava il
cuore nel vedere Reid così affranto. E così
pensaci e ripensaci ho iniziato a
scrivere (con qualche difficoltà! Le tastiere del cellulare
non sono così
comode!) e questo è il risultato. Vi piace? Oppure no?
Fatemelo sapere mi
raccomando!
ATTENZIONE: Se possedessi la storia di Criminal Minds, Matthew Gray Gubler abiterebbe in casa mia perennemente! E visto che così non è * controlla in giro, non si sa mai! * , immagino che Criminal Minds non mi appartenga! * Uff *
BUONA LETTURA!!!
Reid rabbrividì leggermente mentre usciva dall’aeroporto per prendere un taxi e raggiungere il suo team, la sua famiglia, negli uffici della polizia di San Francisco. Era il suo primo caso, in generale la prima volta che metteva piede fuori casa, dalla modo morte di Maeve. In qualche modo era riuscito a sopravvivere a quelle due settimane di isolamento. I suoi colleghi si erano appostati a turno davanti alla porta, cercando di convincerlo ad aprirla. Gli chiedevano di fidarsi, di piangere sulle loro spalle, di permettere loro di prendersi cura di lui. Ma lui non aveva aperto la porta.
La sua parte logica sapeva che non era colpa sua se Maeve era morta. La sua mente cercava costantemente di ricordargli che non la conosceva neanche. Che si, era una ragazza carina, intelligente, ma in fondo quanto tempo aveva realmente passato con lei? Se non contava quei 100,5 giorni fatti di chiamate e lettere, dietro le quali tutto si poteva celare, aveva passato con lei 8 minuti e 34 secondi. Ma per il suo cuore quei brevi minuti rubati, prima che la follia di Diane uccidesse la sua Maeve, erano stati sufficienti per confermare quello che già sapeva. Che lui la amava. Che nonostante lei gli avesse mentito sul suo ragazzo, era anche stata veritiera sul resto. Come lo era stato lui.
I mal di testa che con tanta pazienza avevano curato insieme erano tornati. Usando quel suo QI, Reid sapeva che erano dovuti allo stress della perdita e che le solite pastiglie li avrebbero fatti passare. Ma il suo cuore gli impediva di prenderle, perché erano un doloroso ricordo di quello che stavano costruendo insieme e che ora era stato spazzato via da un uragano che credevano di aver scansato.
7 anni, 5 mesi, 22 giorni, 7 ore e 14 minuti fa, prima che molti dei suoi problemi iniziassero, aveva sentito una conversazione fra Gideon e Hotch. Gideon aveva detto che Spencer poteva anche sapere tanto per la sua età, ma che non aveva mai imparato a gestire le sue emozioni e ad affrontarle. Sette anni dopo quella frase era ancora vera. Per quanto ci provasse era sempre molto meglio nascondersi piuttosto che affrontare il mondo. Nascondersi fra le pieghe delle camicette di JJ, che custodivano tante sue lacrime. Nascondersi dietro il Dilaudid e dare la colpa ad Hankel. Nascondersi dietro le statistiche che nella loro impersonalità lo facevano sentire al sicuro. Forse non avrebbe mai imparato a confrontarsi con gli altri e a controllare le sue emozioni, ma almeno un giorno sarebbe stato in grado di accettare che alcune cose accadono senza un’apparente motivazione. Ingiustizie inarrestabili, che portano via i cari, ma che solo l’universo poteva fermare.
Si accorse sorpreso che erano già alla stazione ed ignorando gli sguardi curiosi e pieni di pregiudizi dei passanti, entrò attraverso il ponte. Qualche piano, indicazione e spiegazione dopo riuscì a raggiungere il suo gruppo. Stavano discutendo dell’SI e del suo modus operandi. Notò una smorfia stupita sul volto del detective capo, che sembrava però troppo concentrato sulla discussione per prestargli attenzione. Con un respiro profondo intervenne nella conversazione. Subito i suoi amici, riconoscendo la sua voce si voltarono verso di lui. I loro occhi erano pieni di amore e preoccupazione. In un paio di secondi si ritrovò tra le loro braccia accoglienti e confortanti, sotto lo sguardo indignato del detective.
Non avrebbe mai dimenticato la sua Maeve. Ma forse con il tempo avrebbe imparato ad accettare che ciò che muoveva il mondo aveva in serbo qualcosa di diverso per lui. Chissà, magari qualcosa che lo avrebbe reso felice.
P.S. RECENSITE!!!!!!