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Autore: x_RayPumpkin    22/07/2013    0 recensioni
Le labbra sfiorarono la sottile carta e i giovani sani polmoni dopo essersi gonfiati cominciarono ad inspirare le particelle di Cannabis...Mancavano solo due tiri, ma rimasero inascoltati fino a che l’aria non spense la scintilla da sé.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cercando via d’uscita presso i fori dello spruzzino, l’acqua scendeva copiosa e calda arrendendosi alla forza di gravità sui suoi biondi capelli dallo stile anni ’70. Per lui la doccia non era solo un principio di igiene, anzi, rappresentava quel qualcosa di mistico che in qualche modo riusciva a portarlo indietro nel tempo; in quel tempo fottutamente perfetto in cui al sole rimanevano ancora due millenni di vita, in cui si poteva contare le stelle cullati da un immenso prato, in cui si convinceva che non avrebbe mai fumato Mrijuana, in cui correva davanti al televisore per guardare Mickey Mouse e pian piano venire silenziosamente rapito dal sonno tra le calde braccia della mamma e del papà. Ricordava nitidamente il tocco delle lancette dell’orologio in cucina che si facevano sempre più rapide, come un treno merci e nessuno pareva farci caso, ma quando una mattina ti svegli e vedi l’agenda sul tavolo piena di parole difficili, le scarpe lasciate sul tappeto la sera prima lucide e 20 cm più lunghe e il rasoio a lametta ancora sporco di schiuma da barba nel lavandino capisci che forse ti sei dimenticato di chiedere che ora fosse. La tristezza cominciò ad avvolgerlo per l’ennesima volta ma non era una tristezza qualunque, era perfida, malsana, maligna, pungente come un piccolo ago velenoso che penetra in una pupilla. Anche se c’era abituato temeva che un giorno o l’altro l’avrebbe travolto e portato via. Il suo cuore non poteva resistere in eterno. Finalmente trovò la forza di chiudere il rubinetto della doccia, quindi cercò un asciugamano pulito e prima di metterselo in vita lo cinse al magro petto, gustando la morbida materia di cui era composto e inspirando il buon odore di pulito. Dopo essersi asciugato i ribelli capelli biondi da rock star e in qualche modo vestito aprì la porta del bagno sprigionando una nuvola di calore e si diresse nel soggiorno dove era sicuro che i ragazzi lo stavano aspettando. La scena che gli si presentò davanti era come la scena di un film in cui il protagonista stanco della sua maledetta vita comincia a gironzolare per pub e a drogarsi con le cubiste. La stanza era debolmente illuminata da una lampada a stelo la cui luce era stata coperta da una t-shirt nera dei Pink Floyd. Sul tavolo giacevano Camel e Chesterfield ancora accese. Per quanto riguarda i ragazzi sembravano dei mafiosi siciliani completamente fatti; Freddy se ne stava comodo sulla sedia scricchiolante di legno dondolandosi e assaporando a testa alta ed ad occhi chiusi la sua Camel formando magnifici cerchi di fumo che si sarebbero presto dissolti nell’aria, Brian era disteso sul divano intento a far combaciare i due lati della sottile carta che conteneva il tabacco lasciando che i morbidi ricci castani gli invadessero la visuale e John dormiva beato stravaccato sul tavolo tenendo una bottiglia di jack Daniel’s vicino alla sedia. -Sei arrivato giusto in tempo per la festa- disse Freddy con aria persa ma sorridente. -Tranquillo Rogy, te ne abbiamo lasciata un po’-. Scoppiò in una breve risata per poi tornare in trance. Roger guardò al centro del tavolo e vide un sacchetto contenente morbide e selvagge erbette. Non sapeva che fare: la tentazione era forte e la tristezza calata nella doccia non voleva andarsene e diventava pesante. Decise che avrebbe cominciato con un po’ di alcool. Con aria stanca si diresse in cucina e dal frigorifero prese una bottiglia di Southern Comfort, esitò un attimo e poi ne prese una seconda per poi avviarsi al tavolo e con tutta tranquillità fabbricarsi la sua cicca di Marijuana dalla quale si aspettava che lo portasse via da quella brutta sensazione. Terminata la preparazione si sedette sul materasso verdognolo vicino al divano che doveva essere il suo letto per un lunghissimo mese, si diede un’occhiata in giro; la stanza era sempre più malinconica e odorava terribilmente di fumo ma dava un fantastico senso di relax. Stappò la prima bottiglia di Southern scolandosela quasi tutta, poi prese l’accendino che giaceva vicino a Brian ormai addormentato e accese la droga facendola brillare leggermente. Le labbra sfiorarono la sottile carta e i giovani sani polmoni dopo essersi gonfiati cominciarono ad inspirare le particelle di Cannabis e dopo aver fatto transitare il fumo dentro sé si sgonfiavano liberando in aria una leggera sostanza grigia che pian piano contaminava il suo piccolo spazio vitale. Era come se ad ogni inspirazione la massa del cervello diminuisse rendendolo più puro e le ossa diventassero leggere come quelle degli uccelli. Se questa sostanza ti rende felice perché renderla illegale? La felicità non può essere proibita e ognuno è responsabile della propria salute. La sua psiche stava entrando in uno stato di trance, non fece in tempo a buttar giù un ultimo sorso che si lasciò cadere a peso morto sul morbido materasso. Tutti i pensieri negativi erano magicamente scomparsi, i pesi della giornata si erano dissolti nel liquore e Roger si sentiva perso nell’ Eden; era un mondo tutto suo in cui materia e antimateria andavano d’accordo. Le cellule del cervello si distruggevano pian piano l’una con l’altra. Se non fosse stato abbastanza cosciente da sapere che aveva fatto uso di droghe quella sera, avrebbe di certo creduto che fosse un sogno lucido. Nella sua testa cominciò a risuonare una dolce melodia, forse era Perfect day di Lou Reed. Le note si confondevano con il resto trasportate dalle sinapsi come elettroni. Ad un certo punto le parole si fecero confuse e stonate andando a schiantarsi come meteoriti nei nervi. Gli arti gli dolevano leggermente e si sentiva il viso sudato. Malgrado i suoi sforzi non riusciva ad alzarsi; in fondo non si allarmò più di tanto perché era consapevole di soffrire di paralisi notturne. Se ne stette sul quel materasso finché le orecchie smisero di sentire e il naso di filtrare.
Mancavano solo due tiri, ma rimasero inascoltati fino a che l’aria non spense la scintilla da sé.
 
  
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