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Autore: kymyit    22/07/2013    3 recensioni
Non poteva crederci, era semplicemente assurdo.
-Gabumon?- sussurrò sconvolto -Dove sei?-
Tutti si voltarono per cercare con lo sguardo il digimon rettile, ma era come scomparso nella luce della digievoluzione. Una risata sottile e maligna riportò la loro attenzione sull’ultimo Padrone delle Tenebre rimasto: Piemon.
-Cos’hai da ridere?- domandò il digiprescelto dell’Amicizia, ancora in ginocchio con fra le braccia un esausto Taichi, stringendo i pugni per contenere il tremore della rabbia -Cosa gli hai fatto?-
Piemon avanzò verso di loro col suo passo dinoccolato, fermandosi a pochi metri dagli artigli affilati di WarGreymon.
-Rispondi!- ordinò perentorio il prescelto con gli occhi sottili ardenti d’ira.
-Sono qui.- disse semplicemente -Non mi riconosci, Yamato?-
Il cuore del bambino ebbe un sobbalzo.
-Sono io, Yamato.- ribatté il digimon -Sono io, Gabumon.-
Genere: Angst, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Piemon/Piedmon, Yamato Ishida/Matt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Two Lonely Stars'
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Je suis toujours moi




Non poteva crederci, era semplicemente assurdo.
-Gabumon?- sussurrò sconvolto -Dove sei?-
Tutti si voltarono per cercare con lo sguardo il digimon rettile, ma era come scomparso nella luce della digievoluzione. Una risata sottile e maligna riportò la loro attenzione sull’ultimo Padrone delle Tenebre rimasto: Piemon.
-Cos’hai da ridere?- domandò il digiprescelto dell’Amicizia, ancora in ginocchio con fra le braccia un esausto Taichi, stringendo i pugni per contenere il tremore della rabbia -Cosa gli hai fatto?-
Piemon avanzò verso di loro col suo passo dinoccolato, fermandosi a pochi metri dagli artigli affilati di WarGreymon.
-Rispondi!- ordinò perentorio il prescelto con gli occhi sottili ardenti d’ira.
-Sono qui.- disse semplicemente -Non mi riconosci, Yamato?-
Il cuore del bambino ebbe un sobbalzo.
-Sono io, Yamato.- ribatté il digimon -Sono io, Gabumon.-
-E ti aspetti che ci creda?!- sbottò di rimando quello, alzandosi in piedi e sbattendo il piede a terra.
-Non aspetto, ci credi e basta.- sobillò il Padrone delle Tenebre -Ti conosco troppo bene.-
Jou corse verso i due e aiutò Taichi a rimettersi in piedi, poi afferrò Yamato per il braccio e tentò di farlo muovere.
-Vieni via!- gli disse, ma l’amico non lo ascoltava, il suo sguardo era fisso verso il nemico. Piemon poteva leggervi tutto l’odio e il disprezzo di cui un ragazzino potesse essere capace, misto alla confusione e alla paura. Ricevere quelle occhiate furiose, frustrate e impotenti al tempo stesso lo galvanizzava, esaltava il suo io sadico, ma in quel momento, anche se non l’avrebbe ammesso con nessun altro, si sentì toccato, ferito e infastidito.
-Tu non mi conosci.- insistette Yamato, fermo nella sua convinzione -Dov’è Gabumon?-
Piemon alzò le spalle e sospirò, come sconsolato.
Un attimo, un movimento leggero e rapido come un alito di vento e aveva superato WarGreymon. Il dinosauro corazzato si voltò istintivamente verso Yamato, anche se troppo tardi, il digimon pagliaccio era chino su di lui.
Le sue labbra rosse sussurravano qualcosa, un sibilante, velenoso segreto che sembrava dover essere solo loro. Vide Yamato irrigidirsi e indietreggiare, lo vide colpire le mani del digimon e allontanarle dalle proprie spalle, così piccole in confronto, da essere pericolosamente fragili.
-No!-
Oh, sì. Piemon socchiuse gli occhi.
Per quanto si ostentasse a dimostrare il contrario, far venire alla luce ciò che provava era più semplice di mettere un passo dietro l’altro e lui più di ogni altro poteva confermarlo.
Tese la mano verso il ragazzo.
-Andiamo.- gli disse, non ammettendo repliche.
Il prescelto dell’Amicizia alzò lo sguardo incredulo, gli occhi imperlati di lacrime che si sforzava di ricacciare indietro, inutilmente.
-Non voglio coinvolgerti, Yamato.- ripeté addolcendo la voce nel pronunciare il suo nome, modulando il suono in quel modo così famigliare che non ci si poteva sbagliare.
Era quello di Gabumon.
Yamato indietreggiò.
-Yamato.- ripeté Piemon -Fidati di me.-
Il bambino strinse i pugni sino a farsi sbiancare le nocche, forse fino a scarnificarsi i palmi delle mani.
-No… - disse fra i denti.
Piemon socchiuse gli occhi, meditabondo.
-Non costringermi a farti del male, ti prego.-
-Tu non sei Gabumon.- ruggì. Rifiutava categoricamente quella tragica, crudele, ipotesi. -Dimmi dov’è! Dimmelo!-
Se Piemon mentiva (perché mentiva, mentiva sicuramente, era solo uno sporco, crudele scherzo!) probabilmente Gabumon era in pericolo, ferito, solo, prigioniero o peggio… non voleva neppure considerare quell’idea, ma era un pensiero martellante e doloroso che non gli lasciava tregua, affiancato alla possibilità, invece, che Piemon dicesse il vero e che in realtà Gabumon… Gabumon non era mai esistito.
Il sorriso del Padrone delle Tenebre mutò in una smorfia addolorata.
-Sapevo che non avresti voluto credere, ma non importa, arriverà anche quel tempo.- disse afferrandogli la testa con la mano.
-Il tempo passa sempre, anche se pare immobile. Sono sempre stato qui, Yamato.- disse con voce cupa, mentre i sensi del ragazzo scemarono, troppo in fretta perché qualcuno potesse interferire. Piemon lo prese in braccio prima ancora che le sue ginocchia toccassero terra.
-Cos’hai fatto, maledetto?- urlò furente Taichi, reggendosi a stento sulle gambe ferite dalle numerose cadute e dai colpi subiti.
-Non è il momento di combattere.- disse il Padrone delle Tenebre, prevedendo il possibile attacco che sarebbe seguito, paralizzando all’istante i digimon nemici nelle loro posizioni.-Potreste ferire Yamato, è questo che volete?-
I ragazzi e i loro mostri digitali si guardarono sconsolati, in cerca di consiglio.
-Ci rivedremo presto.- disse il clown alzandosi in volo col digiprescelto svenuto fra le braccia -Perciò, non state troppo in pena.-
Sparì.
Semplicemente sparì nel cielo grigio, senza aggiungere altro. Né una risata maligna, né esclamazioni di giubilo. Taichi e gli altri rimasero sconvolti da quanto accaduto, nel dubbio che ciò che avesse detto il nemico fosse vero. Se lo fosse stato… non osavano neppure pensarci tanto la sensazione di tradimento e vergogna metteva in subbuglio i loro animi.





Quando aprì piano gli occhi, la prima cosa che Yamato vide fu il tetto del baldacchino scarlatto. Ancora intorpidito dal sonno impostogli, l’undicenne si mise a sedere per riordinare le idee, prima di darsi all’esplorazione di quel nuovo ambiente. Intuiva dov’era, non ci voleva un cervello fino per fare due più due. Gattonò fino alle tende chiuse e le aprì appena per spiare al di fuori.
La stanza era buia, eccetto che per il fuoco nel cammino che illuminava ogni cosa di un caldo arancione, quasi rassicurante. Sembrava una tipica stanza da castello antico occidentale, salvo per alcuni oggetti abbandonati su un comò, tutt’altro che antiquati.
Scivolò sulle lenzuola senza fare rumore e infilate le scarpe, riposte ordinatamente sul tappeto accanto al letto, per prima cosa si diresse alla finestra. Che ovviamente era chiusa con qualche sortilegio, perché per quanto girasse la maniglia, le imposte rimanevano come incollate!
E in ogni caso era troppo alto per buttarsi da là sopra, pensò frustrato.
La seconda opzione era la porta, ma, guarda caso, era chiusa a chiave anche quella.
Yamato strinse i pugni, scosso e irritato per quanto successo e non risparmiò al legno prezioso dell’uscio un forte calcio, col quale si fece più male lui. La porta rimase immobile, come accarezzata da un tocco gentile, non con tutta la forza della rabbia di un undicenne il cui digimon era scomparso e prigioniero di un pazzo che affermava di esserlo!
Camminò per la stanza con le mani sulla testa, maledicendo e imprecando, poi decise che stare a pensare non risolveva nulla, perciò tornò alla porta e prese a battere i pugni con forza.
-Piemon! Piemon, mi senti?! Dannato bastardo fammi uscire!- urlò rabbioso, senza ricevere alcuna risposta. A ogni urlo inascoltato, s’insinuava nella sua mente il terrificante pensiero che il digimon clown non fosse nella sua dimora, che avesse fatto del male ai suoi amici.
A Takeru.
-Merda, merda, merda!- esclamò con gli occhi ricolmi di lacrime di frustrazione. Afferrò il proprio Digivice con mani tremanti e lo strinse al petto.
-Gabumon… - sussurrò piano -Ti prego… ti prego, dove sei?-
Attivata da quel supplice richiamo, la digipietra dell'Amicizia brillò.




Piemon si rigirò fra le mani il portachiavi di Wargreymon, gli occhi velati da una mesta malinconia.
-Mi spiace, vecchio mio… è stato bello combattere con te. Ma anche le cose belle prima o poi hanno termine.- malcelò a se stesso un profondo sospiro e rimise il giocattolo, il fu compagno di avventura, su un ripiano, ordinatamente in fila con tutti gli altri.
Taichi, Wargreymon,  Garudamon, Sora, Jou, Koushirou, Zudomon, AtlurKabuterimon, Lilymon, Takeru, Hikari, Mimi, Angemon, Angewomon…
-E’ stato bello, con tutti voi, finché è durato… -
Poteva sentire ancora l’energia del Digivice propagarsi nelle sue vene.
Sperava, pregava ancora Yamato. Lo chiamava, lo supplicava nel profondo del suo cuore di tornare da lui, di stare bene, senza sapere che inconsciamente, non aveva fatto che dargli una mano a sconfiggere tutti i suoi amici.
Sorrise mestamente, il Padrone delle Tenebre, prima di lasciare la stanza e dirigersi verso uno dei suoi servitori. Doveva assolutamente mettere fine a quella storia, ed era rimasta una sola cosa da fare.
Salutarlo, parlargli ancora una volta.
-Si è calmato?- domandò ad uno dei suoi servitori.
-No, signore.- rispose l’Evilmon con un sorriso sadico che lo infastidì.
Il clown si recò di fronte alla stanza in cui aveva lasciato il bambino e inarcò le sopracciglia, spiazzato dalla sfilza d’insulti che gli stava dedicando. E dire che credeva di averli sentiti proprio tutti…
Bussò alla porta, gentilmente, e il digiprescelto parve calmarsi.
Parve, appunto.
Quando aprì la porta, uno dei suoi calci si abbatté dolorosamente contro il suo ginocchio, facendolo gemere di dolore. Avrebbe dovuto immaginarlo, Yamato non era uno che ti risparmiava se aveva da dirti qualcosa, figuriamoci se voleva conciarti per le feste.
-Stupido moccioso, con chi credi di avere a che fare?- sbraitò l’Evilmon accanto al Padrone delle Tenebre, agitando fra le mani un bastone.
-Lasciaci soli.- ordinò perentorio il signore del castello.
-Ma eccellenza… -
L’occhiata gelida che gli riservò il clown valse più di mille parole, il piccolo digimon maligno si ritirò immediatamente. La porta si chiuse alle spalle del clown e questi avanzò verso il ragazzo, che di contro indietreggiava, intimidito.
-Dai, siediti.-
Yamato ignorò l’ordine.
Uno schiocco di dita e una delle sedie nella stanza gli fece perdere l’equilibrio. Piemon ne prese un’altra e si sedette di fronte al bambino.
Il suo bambino.
Ancora non voleva crederci, si ostinava, si aggrappava con tutte le sue forze alle menzogne che conservava nel cuore. Ma sapeva che le cose stavano in quel modo. Lo sapeva da quando gli aveva sentito pronunciare quelle parole, quel segreto che era solo il loro.
E tutto il suo mondo aveva iniziato a creparsi.
-Ricordi quando abbiamo combattuto contro Vamdemon?- domandò Piemon, gli occhi bassi e socchiusi. Non era fiero di quello che stava per fare, ma doveva far crollare definitivamente quel castello fasullo di speranza prima che Yamato impazzisse nel volerci credere per davvero. Non ricevendo risposta, il digimon si tolse la giacca e la camicia, mostrando il petto.
Sulla pelle liscia e pallida spiccavano marchi rossastri recenti.
-No… - Yamato scosse il capo, con le lacrime agli occhi, tentando di trovare spiegazioni a sfavore di quella lampante, definitiva, prova. Perché quelli non erano i segni delle frustate incandescenti del vampiro, non lo erano! -No… Tu… - si alzò di scatto dalla sedia e prese a pugni il Padrone delle Tenebre.
Piemon si lasciò colpire.
-Non puoi! Non puoi aver finto per tutto questo tempo!-
-Non l’ho fatto.- disse.
-Ci hai ingannato!-
-Non per tutto il tempo. Con te sono stato sincero… poco a poco… sapevo che era rischioso, ma mi sono infiltrato nel vostro gruppo e ho finito per volerti bene, Yamato.-
Yamato si morse il labbro.
Se il suo digimon era sempre stato Piemon, se quel Gabumon indossava in realtà solo una falsa maschera di gentilezza, il suo vero digimon chi era, allora?
Che fine aveva fatto?
Piemon lo lasciò sfogare. Lo conosceva fin troppo bene: Yamato avrebbe accettato col passare del tempo, ma lui aveva troppe cose in gioco per lasciare che il suo partner, il suo bambino, rovinasse tutto.
Era stata una decisione rischiosa sostituirsi al digimon prescelto.
Era nato, cresciuto, si era evoluto e aveva aspettato. Aveva conosciuto e protetto Yamato, l’aveva sorretto e incoraggiato. Gli aveva mentito e aveva ascoltato pazientemente i suoi sfoghi. L’aveva visto piangere aveva asciugato le sue lacrime. Aveva scoperto il suo mondo interiore e gli aveva voluto bene.
Decise di salvarlo, era una decisione presa ancora prima di conoscerlo, perché sapeva che sarebbe potuto accadere.
Era andato contro i suoi compagni, li aveva affrontati e aveva lottato per far valere quella sua decisione.
Non immaginava che per lui avrebbe compiuto l’evoluzione in Metalgarurumon.
Non immaginava di dover uccidere Pinocchimon o di dover lottare contro Wargreymon per aiutarlo.
Non immaginava di dover scendere a patti con Mugendramon per impedire all’Esercito Metallico di aggredirlo. Quando erano soli, Yamato era un bersaglio talmente facile da colpire, che ne aveva avuto pena, perché lui era il suo unico appoggio. E ogni volta che pensava di doverlo uccidere, finiva per maledire quel suo piano così meschino e melodrammatico.
Molte delle scelte compiute esulavano dal suo piano originale.
Persino quell’ultimo atto di misericordia era dovuto a Yamato.
Alla fine si era affezionato a lui, a loro, più del dovuto.
Piemon carezzò la testa al suo giovane compagno e quello sentì, di nuovo, il terreno mancargli sotto i piedi. La mente gli si annebbiò, i sensi scemarono. Si aggrappò a Piemon con quante forze gli restavano in corpo.
I suoi occhi non smettevano di versare lacrime.
-Non ho fatto loro del male.- lo rassicurò. “Non più del dovuto.” pensò. Ma se anche avesse pronunciato quelle parole, Yamato non le avrebbe sentite.
Si accasciò fra le braccia del digimon, che, gentilmente, lo depose sul letto.
Lo coprì col lenzuolo e gli scoccò un bacio sulla fronte. -Un giorno ti sveglierai.- disse a bassa voce -Forse allora potrai capire, ma ora no. Ora è presto, ora dormi.-
Sorrise verso di lui, prima di lasciarlo al suo sonno chiudendo la tenda del baldacchino.
Si chiedeva, Piemon, mentre girava la chiave nella serratura, se davvero Yamato si sarebbe arreso e avrebbe anche solo provato ad accettare.
Conosceva la risposta e gli doleva nel petto.
Per un attimo sentì il desiderio di tornare indietro, ma…
Scosse il capo.
“Guarda come ti sei ridotto… ” si disse con scherno.
Nessuno lo vide, ma anche i suoi occhi, i suoi crudeli, e maligni occhi scarlatti piangevano.
Nelle notti senza fine da lì all’avvenire, un’armonica solitaria avrebbe risuonato a malinconica e stonata fra le mura del castello. Solo colui che dormiva avrebbe potuto suonare quella melodia. Colui che vegliava si ostinava a emularlo, perché, per quanto tentasse di distaccarsi, di congelare il proprio cuore e allontanarlo da quel pensiero, sapeva di sentire la sua mancanza.
La loro mancanza.
E la conquista di entrambi i mondi valeva davvero il prezzo delle menzogne e della solitudine, del tradimento e dell’odio? Poteva davvero compensare la perdita di tutti gli amici che aveva?






Note: Vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino alla fine. Mi sono sempre un po' trattenuta dallo scrivere storie angst su di loro per vari motivi. Ma ne sentivo la mancanza e perciò eccoci qui. Non ho messo l'avviso shonen ai, perché non ce n'è. Ma se ce lo volete vedere vedetecelo, diciamo che non è importante per il risvolto della fic, perciò ognuno si faccia l'idea che vuole. Volevo fosse una storia di amicizia e inganni. E volevo finisse un po' male. Alla fine forse Yamato non potrà odiare Piemon per sempre, perché è Gabumon, fra loro ci sarà sempre un legame speciale.
Ecco, devo spiegarvi due cosette, magari non c'è bisogno, ma mi piace farlo lo stesso.
Dunque: Gabumon può evolvere Piemon, diventando Wizarmon invece di Garurumon, ho controllato su Wikimon, la mia fonte fidata per queste cose. Inoltre, Piemon possiede il potere dell'ubiquità, cosa che però mai è stata usata e che invece sarebbe stata tanto figa. Perciò, se da un lato in questa storia c'era un PieGabu che gironzolava per Digiworld con Yamato, dall'altro lato c'era un clown stalker col suo telescopio che dirigeva ogni cosa.
Anche se alla fine gli è andata maluccio.
Adoro il modo in cui Gabumon chiama Yamato, il tono di voce che usa, ecco perché gliel'ho fatto notare al povero Yama. Era un modo di parlare unico, solo loro.
Bene, detto ciò, vi lascio e ci vediamo alla prossima fic ^^

Ah, giusto: ma il titolo si vede con un carattere particolare o no? Perché magari io uso font che ho pescato in giro e che voi non avete ^^'' (il nome di questo è Blackadder ITC)


   
 
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