Le
urla arrivarono alle orecchie dei due bambini come coltellate allo
stomaco.
La
piccola Sophie appoggiò le sue delicate manine sul viso per
asciugare le
lacrime salate e calde, mentre suo fratello Justin si limitò
a girarsi verso il
muro, come se ciò bastasse. Non avrebbe pianto, questo era
poco ma sicuro.
-Esci
da questa casa, brutto bastardo!- ordinò Pattie a quello che
sarebbe diventato
il suo ex marito.
Aspettava
solo che uscisse finalmente da casa per andare dall'avvocato e iniziare
le
pratiche del divorzio. Era solo un momento di rabbia, e di sicuro
avrebbero
presto fatto pace, come sempre. E poi a quell'ora Pattie non avrebbe di
certo
trovato lo studio del suo avvocato aperto, essendo notte fonda.
Almeno
questo era ciò che pensavano Justin e Sophie, ormai abituati
ai litigi dei
genitori.
Ma
quella notte era diverso.
La
loro mamma era veramente troppo arrabbiata e non voleva vedere un
secondo di
più quel lurido traditore.
-No-
rispose semplicemente Jeremy, come se tutte quelle urla non lo avessero
sconvolto minimamente. E probabilmente era proprio così.
-Ho
detto che devi uscire immediatamente da questa casa- disse nuovamente
la donna,
cercando di abbassare il tono di voce.
Ma
era troppo tardi. Justin e Sophie avevano già sentito ogni
cosa.
Erano
troppo piccoli per sopportare la separazione dei genitori. Justin aveva
solo
cinque anni e la piccola Sophie appena tre. La bambina dai capelli
biondi cercò
di coprirsi maggiormente con le lenzuola, che, per lei, erano come uno
scudo
contro il mondo.
-Ah,
sì? E perché?- chiese Jeremy sfoggiando uno di
quei sorrisi che normalmente
avrebbero fatto tingere di un rosso accesso le guance di Pattie, ma
quel
momento non era normale. La giovane donna si rese conto di quanto fosse
odioso
quel sorriso così pieno di strafottenza. L'amore l'aveva
accecata per molto
tempo. Ma quei messaggi le avevano in qualche modo aperto gli occhi,
frantumando in un secondo quella patina che le aveva oscurato la vista
per
cinque anni.
Riusciva
a provare solo odio, in quel momento.
Pattie
si morse il labbro per evitare di gridare ancora.
Poi,
prese un profondo respiro.
-La
casa è il posto per una famiglia, e tu non fai
più parte della nostra, quindi
sei pregato di andartene- rispose, provando a trattenere la rabbia.
Era
una donna molto diplomatica, ma era troppo chiederle di fingere
indifferenza
davanti a quella situazione. Si sentiva distrutta e vuota.
-Come
sei drammatica, Pattie. Fai così solo per un innocuo
messaggio?- il livello di
sarcasmo era altissimo nelle sue parole. Ciò fece crescere
il disgusto da parte
di Pattie verso quell'uomo.
-Un
innocuo messaggio?!- strillò incredula.
Jeremy
alzò un sopracciglio, abbastanza annoiato, mentre Sophie,
nella cameretta con
Justin, premette le mani sulle orecchie per attenuare le grida.
Il
biondino sbuffò.
Era
stanco di tutto ciò che stava succedendo, forse
più degli altri.
La
donna afferrò il cellulare dal comodino vicino al letto,
cercando di non
guardare suo marito sdraiato tranquillamente, come se non fosse
successo
niente. Aprì la schermata dei messaggi, per poi iniziare a
leggerne alcuni
sprazzi qua e là.
-"Jennifer,
ti amo tanto" "Per me esisti solo tu, Jen" "Sei bella e
calda come il sole, Jenny, e mi illumini la vita" "Ti prometto che la
lascerò presto, Jennifer, e potremo vivere il nostro amore
senza
nasconderci"- citò Pattie, con una smorfia di disgusto
dipinta sul giovane
volto, segnato dalla stanchezza.
Justin,
nella stanza accanto, sembrò rendersi finalmente conto della
questione
e sgranò gli occhi, incredulo.
Come
poteva suo padre amare un'altra donna? La sua mamma era così
bella e dolce,
perché non voleva stare con lei?
Prese
un profondo respiro, che aveva trattenuto a lungo.
-Mi
avevi detto di odiare le cose sdolcinate- commentò Pattie
con un'espressione indecifrabile.
Jeremy
alzò semplicemente le spalle, mostrando nuovamente la sua
indifferenza.
-Bene.
Fai una bella cosa: smettila di nasconderti come un topo nella tana e
mostra il
tuo amore al mondo, su- Pattie lo incitò ad alzarsi,
afferrando il suo braccio
e strattonandolo.
Jeremy
strinse le labbra in una linea sottile e si avvicinò
all'armadio, trovandolo praticamente
vuoto. C'erano solo i pochi vestiti di Pattie, piegati accuratamente.
-Dov'è
la mia roba?- chiese voltandosi verso la madre dei suoi figli.
-Dentro
una valigia, fuori dalla porta- rispose, imitando il sorriso che pochi
minuti
prima aveva sfoggiato lui.
Jeremy
fece una smorfia, rendendosi finalmente conto di quanto risultasse
fastidioso
agli occhi degli altri quella curvatura delle labbra, più
simile ad una smorfia
o a un ghigno, che a un sorriso.
Annuì
e sporse la mano verso il salvadanaio appoggiato sul maglione preferito
di
Pattie. Ma lei appoggiò la mano sulla sua, per fermarlo e
attirare la sua attenzione.
-No,
caro. Il taxi te lo pagherà la tua Jennifer, quando
arriverai a casa sua, e non
voglio assolutamente che quella puttana metta le mani sui soldi che io
mi sono
guadagnata lavorando- sputò quelle parole come se fossero
veleno.
Adesso
la determinazione brillava nei suoi occhi.
Sembrava
la donna più sicura e viva del mondo, ma lei si sentiva
morta dentro. Tutto
quello che aveva costruito in quegli anni, le si era sgretolato fra le
mani. Ma
non poteva farci niente.
Si
diressero all'ingresso e i loro passi nella casa spaventarono la
piccola
Sophie, che si coprì completamente il viso con la
coperta.
Aveva
paura del futuro, come mai prima di quella notte.
I
singhiozzi si unirono alle sue lacrime in quel pianto silenzioso. I
suoi
genitori non si accorsero di niente, però.
Jeremy
era fermo davanti al portone, pensando ad un modo per non andarsene.
Pattie
lo fissava con disprezzo, aspettando che lui abbandonasse finalmente la
casa.
L'uomo
si girò verso la donna che cinque anni prima aveva amato
veramente tanto. Ma
quell'amore era diminuito sempre di più, fino a diventare
solo una stupida
presa in giro, che durava già da troppo tempo. Era sicuro
che lei fosse ancora
innamorata di lui e l'avrebbe trattenuto.
Be',
questo suo pensiero era vero solo in parte.
Pattie
lo amava ancora, nonostante tutto, ma non avrebbe permesso che
continuasse a
mentirle.
-Addio-
lo salutò senza nemmeno pronunciare il suo nome.
Lui
digrignò i denti e uscì definitivamente dalla
casa, dopo aver sbattuto la porta
con forza, ferito nell'orgoglio.
A
quel
rumore sordo, Sophie sobbalzò.
Spostò
piano le coperte, come per assicurarsi che nessuno la stesse guardando.
Aveva
paura di avere la reazione sbagliata a tutto quello che era successo.
Aveva la
terribile sensazione di essere la causa di tutto è di certo
nessuno stava
facendo qualcosa per scacciare quell'orribile pensiero dalla sua mente.
Alle
orecchie dei due bambini arrivarono i singhiozzi soffocati e disperati
della
giovane madre.
Justin
si morse il labbro inferiore.
Non
sapeva proprio come aiutarla.
Si
girò nuovamente sull'altro fianco, fissando lo sguardo sulla
sua sorellina.
Era
completamente terrorizzata e piangeva da quando il padre era tornato a
casa dal
"lavoro" e la loro mamma lo aveva aggredito.
Sospirò.
Suo
padre gli sarebbe mancato troppo. Avevano passato dei bei momenti
insieme. A
volte partivano solo loro due con il camper e stavano via per parecchi
giorni,
lasciando la mamma e Sophie da sole.
Sophie
non aveva passato tanti momenti con Jeremy. Anzi, non lo conosceva
quasi. E
Justin si sentì in colpa in quel momento. Jeremy aveva
passato più tempo con
lui che con la sua sorellina e tutto perché ogni fine
settimana insisteva a
lungo affinché partissero per uno dei loro viaggi.
Dopo
svariati minuti di silenzio assordante, la porta venne chiusa
violentemente
un'altra volta. Di sicuro Pattie non sarebbe andata dall'avvocato a
quell'ora,
ma aveva comunque bisogno di uscire e sfogarsi.
-Perché
piangi?- chiese Justin, con lo sguardo sempre rivolto alla sorellina.
Lei
singhiozzò ancora.
-Ho
paura del buio- rispose lei.
Justin
sorrise lievemente.
-Piangi
per il buio e non per quello che è successo?- chiese
stranito.
Sophie
si girò verso il letto del fratello.
-Se
non avessi paura del buio, scenderei dal letto e verrei da te-
spiegò con voce
tremante.
Justin
pensò a quanto bene volesse a sua sorella e a tutti i suoi
sensi di colpa.
Scivolò
via dalle coperte e infilò i piedi nelle pantofole, per poi
sdraiarsi nel letto
di Sophie, avvolgendo il suo corpo in un tenero abbraccio.
-Promettimi
di non piangere, per nessuna ragione, da oggi in poi-
sussurrò quando i loro
occhi nocciola si scontrarono.
Sophie
tirò su col naso -Tu mi prometti di volermi sempre bene e di
non abbandonarmi?-
chiese lei di rimando.
Lui
annuì -Lo prometto- mormorò.
-Lo
prometto- concluse Sophie, chiudendo gli occhi.
Ciao
a tutti!
Ci
tengo a dire che questa non è assolutamente una storia
d’amore, bensì la storia di come possa
trasformarsi nel tempo il rapporto tra
fratello e sorella.
Il
rating è arancione, ma per le tematiche di cui si
parlerà e se ci dovessero essere scene di sesso, non
sarebbero fra loro due, ci
tengo a precisarlo.
Be’,
spero vi piaccia come idea.
È
una storia molto personale e ci ho messo un bel po’ di
tempo a convincermi a pubblicarla, mi porta alla mente troppi ricordi,
ma ci
tenevo a scriverla.
Un
abbraccio coccoloso,
Morena