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Autore: annies    26/07/2013    5 recensioni
Max era disordinata, come quando ti cade lo smalto rosso sul pavimento e non sai che fare perché hai le unghie fresche e non puoi prendere il mocio; come quando entri in casa e improvvisamente vedi che qualcosa manca o è messa male. Max era questo, Max era distrazione, movimento, imprevedibilità.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Male di miele

La vita di Max era sempre stata imprevedibile. Max in realtà, era imprevedibile. Max era il momento in cui canti a squarciagola la tua canzone preferita e sbagli l'attacco, quel momento imbarazzante in cui, durante un'interrogazione, sbagli la data di nascita di Napoleone e la professoressa ti guarda come se abitassi sulla luna. Forse Max era sbagliata, imbarazzante, l'orecchio del quaderno quando ci poggi il gomito sopra. Fastidiosa. Ingombrante. Le dicevano sempre di smetterla di tingersi i capelli di quel rosso accecante, di non portare più quelle scarpe ridicole e di non portare il rossetto rosso ("tesoro, è davvero troppo volgare"), ma Max aveva sorriso, aveva inclinato di poco la testa e aveva continuato a convivere con tutte le sue stranezze e il suo caos interiore.
Harry amava paragonare Max al prurito. Quello che ti viene sulla pianta del piede quando magari un paio di anfibi pesanti ti opprimono, quello sulla schiena nel punto più difficile da raggiungere con le dita. Fastidiosa, di nuovo.
Gli piaceva da morire entrare a casa e trovarla distesa sul tappeto persiano dell'ingresso, concentrata a rendere qualche movimento strambo il suo yoga personale. Max lo diceva sempre, che lo yoga la sera le distendeva i nervi e le faceva sparire i mostri dal cervello.
Max era disordinata, come quando ti cade lo smalto rosso sul pavimento e non sai che fare perché hai le unghie fresche e non puoi prendere il mocio; come quando entri in casa e improvvisamente vedi che qualcosa manca o è messa male. Max era questo, Max era distrazione, movimento, imprevedibilità.
Harry l'aveva scelta tra sette miliardi di persone proprio perché era così. A volte non parlava, a volte preferiva insultare per dimostrargli affetto, a volte sbraitava bestemmie come un uomo del Bronx, ma Harry l'amava per questo.
L'amava per i mostri con i quali doveva combattere ogni giorno, l'amava perché, quando si rinchiudeva in bagno per ore e ore, a lui bastava sedersi davanti alla porta e sentirla respirare; l'amava per lo sguardo disgustato che metteva su quando Harry tirava fuori dall'armadio le scarpe Nike fosforescenti per correre; l'amava perché non sapeva mettere su neanche il caffè - a dire la verità non sapeva accendere neanche i fornelli - e perché adorava ascoltare Lana Del Rey che a lui metteva una tristezza infinita addosso.
A pensarci bene, Max, era un po' come una canzone di Lana Del Rey: lenta, stupefacente e incredibilmente malinconica. Quando Harry abbracciava Max, sentiva sempre la nostalgia di qualcosa, nonostante non desiderasse trovarsi da nessun'altra parte.
Una volta aveva avuto nostalgia di Zayn e dei bagni che faceva con lui a Monterey, in California. A tratti gli mancava anche sua madre, che da tempo non sentiva più. Ad Anne non piaceva Max, anche se Harry si era sempre chiesto come un qualsiasi essere umano potesse odiarla. Max non era da odiare, Max era da amare.
"O mi ami, o mi ammazzi".
Di Max gli piaceva tanto il fatto che aveva comprato un bollitore rosso in modo da poter fare sempre il thé orientale che amava anche quando non c'era Harry e non poteva mettere su l'acqua. Oppure adorava quando a letto, si accartocciava tutta e cominciava a contargli le vertebre come se non ne sapesse ogni volta già il numero. Ad Harry piaceva scoprire cose nuove su di lei. L'amava anche per questo: di Max non potevi mai sapere tutto.

«Mi piace l'assenzio» aveva detto una volta, dal nulla.
Harry si era bloccato, aveva sbattuto le palpebre per un paio di volte e aveva staccato la televisione; si era alzato, era andato a rovistare in dispensa e aveva preso una bottiglia di liquore. Non credeva fosse vero assenzio, ma quella notte avevano fatto finta che lo fosse e si erano ubriacati come una coppia di amici il sabato sera.
Insieme erano una forza della natura. In realtà la forza stava tutta in Harry, nelle sue braccia forti e nel suo sorriso tanto potente da sbaragliare il mondo intero. Max lo diceva, alcune volte, sottovoce, che la sua forza era Harry. La sua forza era Harry perché l'aveva liberata da un inferno gelido e pieno di flebo, l'aveva liberata dagi antidepressivi e da altre cose strane che un tempo tirava giù con l'acqua, spacciandoli per fermenti lattici. Harry l'aveva fatta volare, l'aveva resa un uccello del paradiso, uno di quelli con le piume colorate che si vedono soltanto su National Geographic.
Non ricordava il momento preciso in cui Max gli aveva detto a parole che lo amava. Forse quel momento non c'era mai neanche stato, ma sapeva bene che Harry ne era consapevole. Glielo si leggeva in faccia. Quell'espressione scocciata quando si metteva le camice scollate ("ti si vedono le rondini, sono una cosa nostra!"), quando metteva gli occhiali da sole e non riusciva a vedergli bene gli occhi, o la non-espressione, come la chiamava Harry, che assumeva quando lo vedeva uscire a notte fonda per fare il turno notturno del supermercato aperto ventiquattrore su ventiquattro sulla quindicesima strada, erano tutti segni evidenti del suo amore disperato per Harry.
C'erano stati momenti in cui il riccio aveva avuto voglia di prendere il lettore dvd e spaccarselo in testa per la rabbia - non avrebbe mai  fatto male a Max, neanche sotto tortura -, addirittura una volta aveva tirato giù tutte le tende di tulle fucsia che la rossa aveva fabbricato con tanta cura ("non mi parlare mai più!") ma gli bastava una tisana alle erbe, un paio di cornetti caldi e un bacio fugace per rimettersi in sesto.
Harry e Max erano una coppia strana, una di quelle che non dimentichi. Perfettamente complementari. Li vedevi e avresti scommesso che niente e nessuno li avrebbe mai potuti separare. Certo, Max era pur sempre la scrostatura sullo smalto fresco ed Harry un punto esclamativo un po' troppo esuberante, ma ce l'avrebbero fatta a trascorrere l'eternità insieme, Luna e Zayn lo dicevano sempre, e se lo dicevano quei due vuol dire che un fondo di verità c'era.

«Mi piace l'assenzio» aveva ripetuto Max, al buio. I riflessi della luna illuminavano a metà il torso nudo di Harry. Respirava lentamente, sembrava stesse dormendo tranquillamente.
«Mi piace l'assenzio» la sua voce appariva lontana, quasi un sussurro, rotto.
Aveva baciato la schiena di Harry fino a quando pure le luci della notte erano scomparse, per lasciare posto ad un profondo nero angosciante.

Forse aveva pianto ("ho paura del buio, stringimi forte"), forse si era rannicchiata su sé stessa e aveva contato per l'ennesima volta le trentatré vertebre di Harry per sentirsi al sicuro.
«Mi piace l'assenzio» Harry si era mosso, si era girato all'improvviso e le aveva detto che l'amava, nel buio della notte, prima di baciarla delicatamente e stringersela contro come se fosse la cosa più fragile del mondo.
Max era così. La polvere sullo schermo del computer, il modem che si stacca all'improvviso, la macchia sulla tovaglia appena uscita dal bucato. Fastidiosa, ma tanto, tanto fragile.




Buongiorno, sono sempre io. Ultimamente sto rispolverando questo mio modo di scrivere che usavo su Tumblr, quando scrivevo del ragazzo di cui sono innamorata, di nascosto, senza che nessuno che conosco potesse leggere. Mi sentivo bene, e a dire la verità mi sento bene anche ora, a condividere con voi questo mio essere un po' malinconica, un po'.. retrò, vintage? Non ve lo so spiegare. So che magari non sono bravissima, ma .. ci provo.
Vi mando un bacio,
Arianna

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