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Autore: pepper snixx heat    26/07/2013    1 recensioni
Brittany ha subito un grave trauma e deve superarlo. Molte persone l'aiuteranno, tra cui un'ispanica incontrata per caso.
Dal capitolo 1
-Fantastico! Brittany parlami un po’di te, una conoscenza generale come a scuola ricordi? Cosa ti piace, qualcosa riguardante il tuo carattere, amici, famiglia cose così!-. Panico. Iniziai a mordicchiarmi il labbro e a storcermi le mani. “Pensa in fretta Brittany, pensa”- Non sono mai stata brava a dire le bugie, come quella volta in terza elementare, avevo dimenticato di fare i compiti e dissi alla signorina Brown che il quaderno di matematica si stava facendo il bagno al mare e un calamaro gigante lo aveva fatto affogare
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Noah Puckerman/Puck, Quinn Fabray, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He walks you say sit down it's just a talk

 
Sette giorni.

Era  passata esattamente una settimana da quando ho iniziato la terapia con il dottor Anderson. Era ancora giorno quando presi l’ascensore per andare alla seduta, il mio umore era migliorato in confronto alla volta precedente, non che fossi diventata un tripudio di felicità, ma era leggermente più dorato. Feci come mi disse lo psicologo e mi sfogai con il diario, l’ho chiamai William, Will per gli amici!

Entrai nella sala d’attesa, non feci neanche in tempo a sedermi che Jenny mi fece cenno di andare, non sembrava un tipo di molte parole. Come la volta prima mi fa strada verso l’ufficio del dottore. Il corridoio classico e la porta a verti, notai che le lettere tendenti al verde erano  ancora li.

Contai fino a 19, 19 respiri. Un ultimo respiro per arrivare a venti ed entrai in quella stanza.

Mi ritrovai nella stanza arredata in stile moderno, e dopo i convenevoli e le domande di cortesia mi sedetti. Blaine aveva ancora lo stesso sorriso, ma sembrava stressato e forse un po’ giù di morale. Che avesse litigato con Gary?

-Allora Brittany vogliamo cominciare?- la sua voce sembrava più bassa, aveva sicuramente litigato con Gary. Mi feci coraggio e glielo chiesi.
–Hai litigato con Gary per caso?- lui mi guardò, sembrava piuttosto confuso alle mie parole. Mi mordicchiai il labbro inferiore pensando di
aver fatto una cavolata, certo aveva detto o comunque aveva fatto capire che il clima non era così tanto formale, forse però ero andata oltre.
Cercai di scusarmi e discolparmi –Ehm.. no scusa…è  che sembri giù di morale e io… cioè… ho pensato che tu, insomma che tu avessi
litigato con tuo marito, ecco io… cioè mi dispiace- cercai in tutti i modi di tirarmi fuori dal casino che avevo combinato e di scusarmi con lui.

Inaspettatamente scoppio in una risata. Non sapevo  se sentirmi imbarazzata (non che non lo fossi già...), oppure arrabbiarmi. La scelta
l’aveva presa il mio viso, dove era già spuntato un broncio. Il Dottor Anderson smise di ridere – Scusa Brittany, non volevo ridere, ho fatto
quella faccia perché cercavo di capire chi fosse Gary, mio marito si chiama Kurt. Mentre per rispondere alla tua domanda, sì, abbiamo
litigato, mio marito voleva iscrivere nostra figlia a danza, e io dico che è troppo piccola. Così ho fatto compagnia al divano stanotte!- 

Improvvisamente scoppiai a ridere. Era da tanto che non  lo facevo veramente. Blaine mi seguì a ruota. Finito di ridere avevamo già usato cinque minuti buoni.

-Allora Brittany, è il caso di cominciare, ricordati che è solo una chiacchierata- sorrisi, non sapevo perché ma quel buffo tizio mi metteva a mio agio, forse perché non era un tipo statico, forse perché in un certo qual modo di metteva in gioco anche lui.

Si sedette all’indiana sulla sedia girevole, era un uomo davvero particolare.

 Per un minuto circa non si sentiva altro che silenzio. Poi cominciò a parlare: - Brittany vorrei che mi parlassi della tua vita, quella che conducevi prima, fino ad arrivare ad adesso. Te la senti?-

A quelle parole mi incupì di botto, sapevo che avrei dovuto spiegare tutto, ma non pensavo che sarebbe successo così presto. –Io pensavo che sarebbe passato altro tempo prima di parlare di tutto quello che è successo- Blaine con il suo tono cordiale e pacato rispose: - capsico che è difficile parlare di qualche cosa di traumatico, ma soprattutto capisco che non vuoi parlare di una cosa del genere con un estraneo. Però queste sedute sono contate, io devo farti fare l’interno percorso in un tempo limitato-.

Per un paio di minuti mi tormentai le mani, pensai a ciò che mi disse, in fondo aveva ragione, avevo poco tempo e dovevo sfruttarlo al massimo, guardai l’orologio mancavano 45 minuti alla fine della seduta.

-Mi posso togliere le scarpe? Sto più comoda- Blaine annuì, mi misi comoda portando una gamba sotto il sotto la coscia e l’atra vicino al petto.  – Ok, la scorsa volta abbiamo parlato di quando ero bambina. Di cosa posso parlare oggi?- - Della danza, dei tuoi amici per poi arrivare…- lasciò in sospeso la frase, ma ovviamente capì lo stesso di cosa stesse parlando.

Decisi che era più facile e in dolore parlare il più velocemente possibile, come si fa con i cerotti, uno strappo veloce. -Iniziai a danzare a 4 anni, già da subito decisi che quello era ciò che volevo fare nella mia vita,  ho iniziato con la danza classica, per poi fare anche hip-pop. Ho vinto parecchie competizioni, la prima a 8 anni per la danza classica. Credo che la danza sia ciò per cui ho vissuto praticamente per tutta la mia vita. Con il primo giorno di danza ho conosciuto quelli che poi sono diventati i miei migliori amici-



 
-Bambini mettetevi alla sbarra! Brittany, Michael, Arthur per favore smettetela di fare disastri e mettetevi alla sbarra.- Io e i miei amici velocemente ci mettemmo alla sbarra a fare gli esercizi dettati dall’insegnate.

-Perché l’insegnante non mi può chiamare Artie come fanno tutti non lo sopporto!- il mio amico si lamentava ogni volta che lo chiamavano con il nome per intero. –Dai Artie non te la prendere. Invece perché non andiamo al parco finita la lezione?- Artie annuì- Britt? Tu vuoi venire?- Mike e le sue proposte geniali! –Si! Che bello!- Forse lo dissi un po’ troppo forte,  e magari iniziare a saltellare non fu la cosa
migliore, tanto che l’insegnante ci richiamò in maniera molto dura.


Avevamo 9 anni, ci conoscevamo da cinque,  per un bambino è una vita intera.

Già il primo giorno c’era un’intesa tra noi, non ci vollero più di un paio di settimane perché diventassero i miei migliori amici. Quando era arrivato il momento di iscriverci alla scuola elementare, i nostri genitori decisero che non sarebbe stata una cattiva idea iscriverci alla stessa scuola, magari fare richiesta per la stessa classe.



 
Iniziai a raccontare a Blaine tutta la mia vita, le lezioni di danza, i concorsi vinti le varie scuole le elementari e quando tutti mi prendevano in giro, le medie e i trauma dell’apparecchio, e il liceo. Mi soffermai di più sul liceo. Ero la capo cheerleader, titolo acquistato grazie alla danza, la popolarità mi proteggeva dalle prese in giro e dalle granite,  gli raccontai dell’ultimo anno e del diploma preso con molta difficolta e con voti estremamente bassi.

Blaine mi ascoltò per circa un quarto d’ora, personalmente credo di aver vissuto un’infanzia e un’ adolescenza piuttosto spensierate e felici, la mia famiglia era molto unita, i miei genitori mi hanno sempre sostenuto nelle mie scelte anche quando erano piuttosto folli. L’unica pecca era la scuola, non ero per niente brava lo studio mi confondeva, storia, matematica, spagnolo tutto troppo complicato. Poi c’erano le prese in giro, nelle medie soprattutto, ma non me ne preoccupavo più di tanto, i miei amici mi avevano sempre protetto.

Il dottore rise per l’ultimo aneddoto che gli raccontai, ma dopo divenne serio –Brittany, credo che sia arrivato il momento di parlare dell’incidente-. Chiusi gli occhi, sapevo che questo momento sarebbe arrivato, - Per capire bene la storia credo di dover cominciare da prima, da quando abbiamo ottenuto l’audizione…
 



-Mike! Mike!- correvo a tutta velocità nei corridoi della scuola, andavo a sbattere contro le persone  ma non mi importava, ero troppo felice. Correvo alla ricerca di Mike o Artie.

La giornata era iniziata come le altre, quando scesi a fare colazione mia madre stava contrallando la posta, bollette, pubblicità, volantini di scarpe, cartoline di amici. Le solite cose. –Brittany questa è per te-, guardai la mano che mi porgeva la lettera, la presi con titubanza “io non ricevo mai posta, chi la manda?” la busta era bianca, la girai per vedere da chi arriva.

The Julliard School
 60 Lincoln Center Plaza
New York,  NY 10023, Stati Uniti

Smisi di respirare temporaneamente, iniziarono a tremarmi le mani. Tempo prima feci il primo provino per la Julliard a Columbus, aspettavo il responso contando i secondi, continuavo a pensare “ potrò andare a New York per il secondo provino?” A quella domanda non potevo dare risposta, era un incognita fino a quel momento.

I miei genitori mi chiamarono – Britt? Tutto ok? Forse è il caso…- alzai un mano per bloccare mia madre, dovevo raggiungere i miei amici. – Scusa mamma, devo correre. Ti chiamerò dopo- presi velocemente la mia roba e mi avviai verso l’uscita. Stavo per varcare la soglia quando mi sentì stringere il braccio, era mio padre – Tesoro, che tu sia passata o meno,  noi saremmo sempre fieri di te. Stai inseguendo i tuoi sogni! Ok?- Annuì solamente, poi lo abbracciai di slancio sussurrandogli un “grazie” all’orecchio.

Arrivata a scuola parcheggiai nel primo posto libero, corsi verso l’entrata e facendomi spazio nell’affollato corridoio del McKinley cercai i miei amici.

Mi avvicinai all’armadietto di Artie, ma c’era solamente una coppia che si baciava, credo che una cosa del genere in pubblico non si potesse
fare! Non trovando chi cercavo, aumentai la corsa, a tutta velocità andai verso l’armadietto di Mike.


-Mike! Mike! È arrivata! Mike è arrivata la lettera!- non appena mi trovai davanti a lui, misi le mani sulle ginocchia e respirai a fondo cercando di riprendere fiato. Quando mi fui ripresa alzai lo sguardo verso di lui, la sua faccia era impassibile. Lentamente sul suo viso gli si aprì un sorriso smagliante. Da dietro la schiena tirò fuori una busta bianca identica alla mia. Lo abbracciai con tutta la forza che avevo.

Il nostro momento di affetto venne fermato da un placcaggio degno di J.J. Watt. Appena riuscì a stabilizzarmi e a non cadere per terra, vidi  Artie aggrappato a me e Mike. –Artie?- ci strinse più forte per qualche istante e poi ci lasciò andare, con un sorriso a trentadue denti sul volto e gli occhi emozionati ci fece vedere la busta bianca. – è arrivata!-

Quel giorno a Columbus partecipammo tutti e tre al provino, aspettavamo con ansia questa lettera da tre settimane. Era il momento della verità. Quella lettera non significava l’entrata alla Julliard, ma segnava una parte del nostro futuro. Un rifiuto niente scuola, una lettera affermativa voleva dire volare a New York City per fare l’audizione direttamente nella sede della più grande, famosa e prestigiosa scuola  d’arte del mondo.

-Che si fa? L’apriamo adesso o aspettiamo?- volevo aprirla. Era la cosa che più volevo in quel momento, ma avevo anche una folle paura di non essere stata ammessa. Avevo puntato tutto il mio futuro nel ballo, c’erano altre scuola certo, ma non essere ammessa a quella scuola non l’avevo messo in conto finché non feci il primo provino. Da quel giorno cercai tutte le soluzioni possibili alla Julliard, ma dopo che ne hai un assaggio non puoi farne a meno.

Di comune accordo decidemmo di aspettare ad aprire la lettera, il corridoio del liceo non ci sembrava il posto adatto. Quel giorno nessuno dei tre riuscì a concentrarsi sulle lezioni, quella lettera ci chiamava, contavamo mentalmente le ore, i minuti e per fortuna ci limitammo a quello.

Finalmente suonò la campanella dell’ultima ora di lezione, solitamente correvo fuori dalla scuola per precipitarmi alla lezione di danza, ma quel giorno me la presi con calma. Fuori dalla scuola c’erano i miei migliori amici che mi aspettavano.

Il viaggio verso la scuola di danza fu estremamente silenzioso. Solitamente c’era musica a tutto volume, canti stonati e chiacchiere. Quel giorno però la tensione era tangibile, nessuno fiato. Arrivati alla scuola, ci cambiammo e velocemente andammo vero la sala. Era la stessa di quando, a 4 anni, iniziammo a fare i primi passi nel mondo della danza.

La lezione passò, anche l’insegnate si stupì del nostro insolito silenzio, ma non ci disse niente per non turbare la rara tranquillità di quell’ora.
Finita la lezione, rimanemmo più tempo del normale, tutti e tre sapevamo dentro di noi  che quello era il posto giusto dove aprire le lettere.




-Complimenti!- il dottori Anderson dopo aver sentito tutta la prima parte della storia, e aver appreso che tutti e tre avremmo fatto il secondo provino a New York e visti i suoi sogni non poté che complimentarsi con sincerità con me. Rimase attento, e di tanto in tanto annotava qualche cosa su un taccuino uguale a quello che mi diede la settimana prima.

-Blaine, mancano solo cinque minuti alla fine della seduta- Blaine guardò l’orologio e poi l’agenda degli appuntamenti. Aveva un aspetto concentrato, -aspetti un secondo- l’unica cosa che disse prima di uscire dalla stanza, credo stesse andando da Jenny, ma non me ne preoccupai più di tanto. Iniziai a rimettermi le scarpe e a rivestirmi per andar via non appena sarebbe tornato, avevo appena fatto il nodo alla scarpa sinistra quando il terapista rientrò. Sorrise e io ricambiai continuando però ciò che stavo facendo.

Prontamente Blaine mi fermò –Altolà! Non abbiamo ancora finito, per oggi non ho altri appuntamenti, ho già avvertito che tornerò leggermente più tardi a casa, e anzi se devi avvertire anche tu fallo perché rimarremmo qui un altro po’- lo guardai, inizialmente confusa, ma poi leggermente alterata.

-Lo stato mi paga solo un ora a settimana- Blaine sorrise, quel sorriso che dice “questa tizia non vuole fare una cosa ma tanto non ha scampo”, infatti riprese – lo stato non mi paga questo tempo e neanche tu, lo faccio perché credo che dividere questo, chiamiamolo racconto non sia adatto- come volevasi dimostrare, non potevo demordere però: quindi iniziò un botta e risposta.

Purtroppo non la spuntai. Mi ritolsi il giacchetto, e così feci con le scarpe riaccomodandomi sulla poltrona. Blaine aveva un sorriso soddisfatto sul volto e questo mi fece mettere su una faccia ostile. Prima che però potessi dire qualsiasi cosa su questa presa di potere mi anticipò.

-Brittany per questo, chiamiamolo racconto, ci sarebbero volute almeno due sedute, purtroppo però il tempo è quello che è. Dopo tutto, ma dimmi se mi sbaglio, non è meglio togliere subito il dente? Via il dente e via il dolore- Blaine sorrise, era tornato il sorriso dolce dell’inizio. A
quel punto la mia “faccia dura” sparì.

-Credo che tu abbia ragione, anche tornare nell’atmosfera sarebbe difficile, meglio continuare anche se mi dispiace farti fare tardi- con una mano Blaine mi fece capire di lasciar stare, si rimise sulla sua sedia e riprese i panni dell’ascoltatore. Prima di farmi continuare però, mi disse alcune cose: - Brittany, riprendiamo da dove ci eravamo fermati, abbiamo parlato dell’secondo provino alla Julliard e di come vi stavate preparando per andare a New York giusto?- lesse queste cose nel Molenskine e intanto guardava anche me per una conferma,
solitamente mi sarei limitata ad un cenno affermativo, ma decisi di parlare.

-Si, alla mattina della partenza di New York- Blaine sembrò apprezzare questa specificazione e mi esortò a continuare il racconto. Prima raccontavo le cose semplici, niente sensi di colpa o brutti pensieri in quei frangenti, adesso arrivavano le noti dolenti.

Mi presi un secondo per respirare e regolarizzare il battito che si era accelerato per via dell’argomento. Ancora non ne parlavo e gli occhi si erano già inumiditi, era difficile, e sapevo che non sarebbe stato facile. Blaine dal cassetto prese una scatola di clinex e li mise davanti a me. Mi lasciò tutto il tempo per riordinare le idee o per auto-convincermi a farlo.

Feci contai fino a 19, e 19 respiri. Un ultimo respiro profondo per arrivare a 20 e iniziai a raccontare.



Era arrivato il giorno della partenza, due giorni dopo mi aspettava l’intera commissione che mi avrebbe giudicata adatta o meno idonea alla Julliard. Io, Mike e Artie avevamo deciso di partire due giorni prima così da poter riposare dal viaggio e vedere almeno qualcosina di New York.

La notte prima della partenza non riuscì a chiudere occhio, presi sonno solamente verso le tre del mattino in seguito all’aver ingurgitato una buona dose di camomilla. Il problema e che quando dormo tendo a perdere ogni contatto, possono esplodere le bombe intorno a me che non mi sveglio (rimedio trovato tramite una sveglia molto alta e molto metal). Non ostate tutto però mi addormentai pesantemente, molto più del solito. Mia madre venne a svegliarmi mezz’ora dopo l’orario previsto.

Lentamente aprì gli occhi e vidi mia madre in preda ad una crisi di “oh mio dio il cucciolo sta per lasciare il nido” che tenta in tutti i modi di svegliarmi. Ancora assonnata mi passo una mano sul viso, girando la testa da una parte all’altra per cercare di capire che stesse succedendo.

I miei occhi si posano sulla sveglia, inizialmente non realizzai i numeri che c’erano scritti sopra, dopo averlo fatto però, il mio urlo fece immobilizzare l’intera casa. Rimasi imbambolata cercando di capire cosa dovessi fare, il mio sguardo si posò su quello di mia madre ci rimase qualche secondo prima che venne distratto da mia madre: -Sbrigati!-

Mi alzai alla velocità della luce, doccia e poi la colazione, potevo anche avere sei ore di ritardo, la colazione non l’avrei saltata per nessuna ragione al mondo. Mentre stavo andando a lavarmi i denti suonano alla porta.

-Ciao Mike!- saluto con un sorriso a trentadue denti, vedo il suo sorriso spengersi: -Britt! Non sei ancora pronta?- La mia faccia colpevole lo fa sbuffare sonoramente, cerco di articolare qualche scusa campata per aria. Mi blocca e solo con lo sguardo duro mi intima di sbrigarmi.

-Britt, dico ad Artie che non passiamo a prenderlo ma di venire qui! Però fai veloce, dobbiamo correre in aeroporto!- intanto che cercavo di ascoltare Mike mi sistemavo per partire, finito di prepararmi scesi di sotto e salutai Artie con un bacio sulla guancia. –Ok Brittany, ora possiamo partire- Artie (più ottimista e meno severo di Mike) inizia a salutare tutti.

Saluto la mia famiglia, e ognuno mi da un abbraccio spacca ossa duranti un minuto ciascuno. Dopo che Mike e Artie caricarono la macchina con le valigie, salimmo in auto e spediti andammo verso l’aeroporto.

Il traffico era incredibile, mai visto degli ingorghi del genere per la strada dell’aeroporto. Ormai avevamo ascoltato tutta la lista di videogame che Artie aveva finito e una lista completa di cibi cinesi a cui Mike non poteva dire di no per via dei genitori.

Arrivati finalmente in aeroporto il nostro volo era appena decollato. – Brittany questo è perché tu, e sottolineo il tu, sei sempre in ritardo, ritardo a scuola, ritardo alle lezioni di danza, ritardo e sempre in ritardo- Mike era sempre melodrammatico, una tragedia greca per ogni cosa. –Dai Mike calmati, non è solo colpa di Brittany, c’era molto traffico in Bellefontaine Avenue – Artie cercava sempre di mettere pace in ogni situazione.

-Mi dispiace tanto! Ieri non riuscivo a dormire e mi sono alzata tardi- sul mio viso si dipinse un’espressione dispiaciuta, una di quelle a cui il mio migliore amico non sa resistere. – Ok, non importa Britt, adesso che facciamo?- per qualche minuto nessuno rispose, valutando le varie opzioni. Scartammo di aspettare l’aereo successivo: troppo dispendioso. Il treno sarebbe stata un ottima idea se non fosse che le ferrovie
erano in sciopero.


-Macchina!- improvvisamente Mike ebbe l’illuminazione. –Andiamo in macchina! Da Lima sono quante? 10 ore? Forse meno per arrivare a New York!- Io e Artie ci guardammo valutando l’idea, sarebbero state tre ore e qualche cosa di guida ciascuno, forse potevamo riuscirci. –Per me va bene- Anche Artie ci diede la conferma, andammo a riprendere la macchina dal parcheggio dell’Allen Country Airport. Quando le nostre famiglie vennero a conosceva di cosa volevamo fare iniziarono a darci raccomandazioni ancora insistenti.

 


-Quindi il viaggio verso New York doveva essere fatto in aereo, ed è solo per una casualità che è stato compiuto in macchina-  ridacchiai dopo l’affermazione di Blaine. –Bhe diciamo che il mio ritardo e il traffico di Lima ci ha aiutato parecchio-  feci un sorriso sghembo.

-Ok, cosa è successo dopo che siete andati via dall’aeroporto?-  immediatamente mi irrigidì sulla sedia, era più facile raccontare la parte prima del viaggio vero e proprio, noi tre eravamo  dei classici ragazzini che partivano verso il college, ma raccontare il resto fa male, raccontare il resto fa tanto male.

-Eravamo in viaggio da circa 6 ore, avevamo già fatto tre soste, la macchina la stavo portando io per il secondo turno. Ci trovavamo vicino al Simon B. Elliot Park- vidi che Blanie  fece per parlare così non andai avanti – Eravate arrivati in Pennysilvania?- annuì, -Si. Avevamo già percorso metà dell’Interstate 80, più o meno verso l’uscita 111- Blaine non parlò, così continuai.

- Avevamo un Cd, era la nostra playlist da viaggio, erano 100 canzoni. C’erano canzoni Disney, sigle di cartoni animati, ma soprattutto qualsiasi canzone ballabile, ma quel giorno ci fermammo semplicemente alla traccia 13, “El tango de Roxanne”, quando scoprimmo di poter  fare il secondo provino a New York decidemmo che insieme saremmo stati più forti. Quella coreografia era già pronta, un tango a tre. Era la canzone che dovevamo ballare al provino…



-Brittany cambia canzone, sono quasi sei ore che non ascoltiamo altro. Ti prego!- Artie dai sedili posteriori cercava inutilmente di cambiare canzone allungandosi. Mike rideva per la scena, ma anche lui non ne poteva più di quella canzone. Insieme si erano messi d’accordo sul fatto che dopo il provino non l’avrebbero mai più ascoltata.

Quella canzone iniziò a venirmi a noia anche a me, ma cambiarla voleva dire cedere e non lo avrei fatto, mai. In più mi divertivo moltissimo a vedere loro due che si esasperavano.

Mi misi a ballare sul sedile, mi muovevo in maniera scoordinata, saltavo sul sedile e mandavo le mani in aria.  Nella macchina iniziarono le risa e le urla eccitate, le mosse disordinate di tutti e tre per niente consone a tre ballerini.

 


-è stato un attimo, dell’acqua e dei detriti sulla strada mi hanno fatto perdere il controllo dell’auto, sarei riuscita a mantenerlo se non fosse che ero distratta, cercavo di mettere la canzone nuovamente, Mike cercava di impedirlo, non guardavo la strada, avevo solo una mano poggiata sul volante è stato un attimo – per tutto il racconto mi trattenni dal farlo, non volevo piangere ma arrivata alla fine non potei farne a meno.

Blaine corse a sostenermi, mi accarezzava la schiena e i capelli – e per via di questo incidente che hai smesso di ballare?- esordì. Mi presi dei secondi per calmarmi ma poi sputai con frustrazione: - è colpa mia lo capisci? Non potevo più farlo, non dopo a quello che è successo a Mike e Artie!-

Blaine fece una faccia spaventata, solitamente non scoppiavo così, e non sembro neanche il tipo da farlo, ma in quella situazione non potevo farne a meno.

-Brittany che cosa è successo ai tuoi amici? A Mike e Artie cosa è successo?- Blaine aveva una faccia amorevole mentre mi parlava. –Quando la macchina è andata a schiantarsi contro il guard rail io sterzai violentemente, la macchina si ribaltò e finimmo con il tettuccio dell’auto al posto delle ruote, nell’impatto la macchina rimase quasi completamente accartocciata dal lato del passeggero- Blaine sospirò, non era facile raccontare per me queste cose, e ascoltarle dalla persona che ne era la causa e che le diceva con un tono da funerale non era il massimo, però Blaine manteneva sempre un ottimo autocontrollo.

- Questo cosa ha comportato per voi tre?- A mano a mano che il dottore mi faceva le domande il suo tono si abbassava e si faceva sempre più professionale e distaccato, lo faceva per  non farsi coinvolgere troppo dalla situazione.

-Io ne sono uscita illesa, qualche graffio e bruciatura, ma niente che qualche giorno non avrebbe sanato- Blaine annui – A Mike invece gli si è rotta la gamba, è stato operato e il ginocchio è gli è stato in parte ricostruito, non ricordo bene quali parti. Non potrà più ballare come professionista, ha fatto mesi di riabilitazione, ma il ginocchio era troppo danneggiato per riprendere la carriera di ballerino- il dottor Anderson prima di annuire sospirò.

Questa volta abbassai lo sguardo prima di parlare – Artie era nei sedili posteriori, quando ho sterzato il colpo lo ha catapultato verso il sedile del guidatore, il ribaltamento lo ha scaraventato nell’angolo a destra verso il cofano, l’urto è stato talmente forte che la colonna vertebrale si è spaccata in tre punti. È stato operato tre volte, ma non  c’è stato molto da fare per la sua spina dorsale, il medico gli ha detto senza mezzi termini che non si alzerà più dalla sedia a rotelle.- Questa volta prima di annuire e sospirare socchiuse gli occhi.

-è per questo che non balli più Brittany? Perché hai questi sensi di colpa verso di loro?- lentamente mi rimisi le scarpe, mi rivestì –Credo che sia ora per entrambi di andare è già tardi, sia per lei che per me dottor Anderson- il tono formale, il non rispondere alla domanda apertamente fu pari a una amissione.

Quando uscì salutai Jenny con un cenno e me ne andai da quel posto.
 
 
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Ehy! Grazie a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, quelli che hanno messo tra le seguite, le ricordate e addirittura le preferite.

Vi lascio il link di un'altra fan fiction molto carina...
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1970365&i=1

 
   
 
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