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Autore: White Dreamer    27/07/2013    6 recensioni
Mi voglio vestire da indiano Sasuke!
Splendido, se tu sei Pocahontas io chi dovrei essere? John Smith?
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Legata a "Al cinema con furore".
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Sequel di Al cinema con furore. Perché non posso evitare di scrivere di loro due.
 

 
 



La penna da indiano si era afflosciata irrimediabilmente a lato della testa. Ci fa poco caso impegnato com’era a evitare il gorilla che si stava contorcendo come un boa constrictor intorno a Calamity Jane.
Certe persone hanno il gusto dell’orrido.
Circumnavigò la coppia proteggendo il suo Long Island, corredato da ombrellino arancione.
L’ultimo singolo di Madonna gli stava martellando le orecchie e le luci psichedeliche non erano un gran toccasana per la sua emicrania. Com’era possibile avere i sintomi di un dopo sbornia se ci si doveva ancora ubriacare? Misteri della biochimica.

Raggiunse l’angolo del locale sprovvisto di pazzi assatanati. “Ehi pellerossa!”.
Kiba gli afferrò una spalla. “Dov’è hai lasciato Jack Skeletron?”.
Da quando Sasuke era stato presentato alla comitiva, tutti lo chiamavano come il protagonista di Nightmare Before Christmas.
La “campagna” era portata avanti dall’Inuzuka, che riteneva ci fossero ottimi motivi per quel famigerato soprannome.
Perché era bianco cadavere.
Perché era un ipocondriaco represso.
Perché le sue tendenze emo erano superate solo dal suo amore per il Ketchup.
 
Lui francamente si era stancato di ribattere ed evitare risse fra il suo ragazzo e l’amico.
Che poi il moro non alzava la voce, si limitava a offrirgli arachidi in busta – di cui Kiba era allergico – e trapassarlo con sguardi allucinogeni.
 
“Una riunione di famiglia inderogabile, ci raggiunge più tardi”. O più probabilmente mai.
Aveva dato forfait appena saputa la notizia.
 
Mi voglio vestire da indiano Sasuke!
Splendido, se tu sei Pocahontas io chi dovrei essere? John Smith?
 
Inutile dire che avevano litigato alla grande, aggiungendo alla fine del sano sesso riparatore.
Una benedizione per il loro rapporto, se non ci fosse stato quello, le sue coronarie sarebbero esplose.
Perché Sasuke era complicato, molto spesso arrogante, poco comunicativo e difficile da comprendere.
Era bello come un Dio, ma chiunque lo avrebbe mandato al diavolo dopo un paio d’ore.
 
Curiosamente a lui piaceva così com’era, e anche se ci litigava, non poteva fare a meno della sua presenza indisponente.
E arrivati a tre mesi e ventitré giorni di fidanzamento – si teneva il conto - c’era qualcosa che non andava, se n’era accorto.
L’amico ai piani inferiori idolatrava quel rapporto, ma razionalmente provava una certa inquietudine.
Perché era diventato indispensabile e questo lo spaventava.

Già una volta aveva conosciuto un sentimento simile e il tradimento gli aveva tolto il respiro.
Parlare del suo ex non avrebbe risolto nulla, non era importante e non cambiava le cose tra loro.
Una parte di se era sempre stata attratta dall’Uchiha, anche quando stava con Gaara e pensava fosse l’uomo della sua vita - non glielo avrebbe mai detto, il suo ego era già troppo sviluppato.
 
Tutto quello stava tornando dirompente - come un fiume in piena - e con i nuovi sentimenti c’erano anche i brutti ricordi.
Per questo ci andava coi piedi di piombo, e a prescindere dalla situazione rimaneva uno stronzo galattico – che lo aveva scaricato per una morbosa cena familiare. Che rottura.
 
Guardò il bicchiere mezzo vuoto. Si sarebbe dato all’alcol, era l’unico modo che conosceva per sfuggire ai propri pensieri.

 
Il barman stava preparando il quinto Margarita.
Adocchiò la pelle pallida e gli occhi a mandorla. Il parrucchino completo di bandana sfiorava l’indecenza - se quello era John Rambo lui era il principe William. Azzannò l’ennesimo salatino.
 
La penna da indiano era raggrinzita quanto il suo morale.
Le tre erano passate da un pezzo e il dj si era dato una calmata. Masticò interessato un’unghia.
Doveva tornare al suo alloggio. Il problema era l’evidente traballio degli arti inferiori quando poggiava i piedi a terra, figurarsi percorrere i cinquecento metri che lo dividevano dalla residenza universitaria.
Appoggiò la testa al bancone, nascondendosi al resto del mondo. Gli struzzi potevano anche essere idioti – affondare la testa sotto terra con il resto del corpo all’aria non era l’apologia dell’intelligenza – ma almeno sapevano il fatto loro e di sicuro non erano così masochisti da innamorarsi di ipocondriaci rompiballe.
 
“Eccoti qui”.
Il figliol prodigo era lì, ancora in giacca e cravatta.
Doveva essere una cena formale. Si sentì per un attimo sommerso dall’enormità del suo cognome.
Mugugnò un assenso e riappoggiò la fronte al tavolo.
“Sei ubriaco”.
Ma sentilo. Aveva appena scoperto l’acqua tiepida. Non c’era bisogno di quel commento per sapere che la sua visuale mulinava a trottola.
“Ti odio” ciancicò, provando intanto a eliminare il saporaccio che aveva in bocca.
“Il sentimento è reciproco. Ho ricevuto una chiamata da quel cane dell’Inuzuka che mi ordinava di venirti a prendere. Hai una vaga idea di che ore siano? Dio, domani mi sveglierò con delle occhiaie enormi, assomiglierò a un panda”.
 
Sul serio sono innamorato di un tizio che ritiene la sua pelle più importante della mia salute?
Rambo poggiò il bicchiere di tequila al bancone. “Forte il tuo costume da Men in Black” disse rivolgendosi a Sasuke.
L’Uchiha lo fucilò col pensiero.
Afferrò il bicchiere dalle sue mani “Basta così”. Gemette in protesta. “Ti accompagno a casa”.
 
Il suo comportamento era nella norma, persino gentile rispetto ai suoi standard, se fosse stato più sobrio gli avrebbe dato retta, ma così non era.
Era arrabbiato, con lui e con se stesso, ed era tutto un gran casino. “Vattene via” sibilò, occultandosi a struzzo.
Sospirò di rimando. “Perché non vai a farti un giro?” disse a Rambo. Il soldato se la filò, forse convinto dalla voce da terrorista.
 
Si sedette sullo sgabello “Mi dici che succede?”. Era scocciato, ma il tono nascondeva preoccupazione.
“Sai tenere un segreto?”. Provò a riprendersi il bicchiere dalle mani del ladruncolo.
Sasuke lo diede a un Charlie Chaplin che passava di lì. Il ragazzo con la bombetta sghignazzò entusiasta.
“No”.
Aggrottò la fronte quando vide la scritta dietro la schiena. Sono il re del mondo.
 
“Lo vuoi sapere o no?” ringhiò irritato. La sua fonte di sostentamento era persa per sempre.
“Soffri di disturbo bipolare?” chiese, passando una salvietta sulla superficie lignea.
Sei tu che dovresti farti visitare. “Ti amo ok?” con la musica in sottofondo sembrò quasi un sussurro.
Si era tolto un peso. Sospirò sollevato- non era uno struzzo.
 
Il moro trattenne il respiro, guargandolo sconvolto, sembrava sotto effetto di funghi allucinogeni. “Il disturbo bipolare è un’alternanza fra due condizioni contro-polari dell’attività psichica, sono-“.
Gliele ficcava in gola le sue lezioni di patologia avanzata. Scosse la testa, era inutile comunicare con quell’eremita debosciato. Poggiò la testa al bancone.
Era stanco. Per quel giorno aveva fatto il pieno di Mentalità Uchiha, voleva solo dormire.
“Portami a casa Sasuke, solo – portami a casa”. Chiuse gli occhi e si abbandonò a Morfeo.

 
Appunto mentale: non bere mai più, assolutamente, categoricamente un liquido alcolico o che ne contenga in minima parte.
La testa gli scoppiava, dolori lancinanti gli percorrevano tutto il corpo e aveva una nausea che andava e veniva a ondate. Ah si, e non aveva ancora aperto gli occhi.
Provò ad alzare coraggiosamente una palpebra, ma un raggio laser gli penetrò la retina. Un mugolio sofferente uscì dalla bocca impastata.
Percepì il materasso sfondato e il cuscino morbido sotto di se. Doveva trovarsi nella sua stanza, che Sasuke insisteva a chiamare tugurio.
Era un’esagerazione. Semplicemente dava alle pulizie poca importanza. Comunque era molto più ordinata di quella di Kiba.
Si girò, mettendosi prono.
Tentò nuovamente ad aprire gli occhi. Questa volta nessun raggio laser lo attaccò, stette quindi strategicamente fermo in quella posizione.
L’emicrania lo stava torturando. Provò a ricordarsi cos’era successo e com’era rientrato. Inspirò. L’ultimo ricordo era il costume di Dart Fener di Kiba, poi il vuoto.
Grugnì nevrastenico, odiava quando l’alcol svolgeva bene il suo lavoro, perché spesso la mente dimenticava situazioni scomode.
 
 Più si sforzava, più il dolore alla testa aumentava, così rinunciò.
Un rombo improvviso gli trapanò le orecchie. Cercò riparo da quell’inferno sotto il cuscino.
Il boato non si ripeté, in compenso dei più leggeri suoni di tamburo risuonarono, facendo l’eco.
Premette il cuscino tra le orecchie con più forza. Avrebbe perso l’udito da lì a pochi secondi, se lo sentiva.
Il concerto s’interruppe e sentì il materasso sprofondare un poco sotto un nuovo peso. La Morte doveva essere venuta a prenderlo, ma non c’era bisogno che si disturbasse. Sarebbe deceduto entro sera soffocato nel suo stesso vomito.
Un odore invitante di caffè arrivò alle sue narici, inspirò con forza. Era indeciso se rimanere sotto le coperte, protetto da eventuali attacchi di luce o godersi il suo ultimo espresso in compagnia della cupa mietitrice.
Tirò fuori la testa da sotto il guanciale. Quella che si ritrovò davanti non era altri che Sakura.
La voce gli uscì roca “Buongiorno”.
Era una fortuna che la sua migliore amica abitasse sul suo stesso piano. Ogni tanto lo viziava con colazioni a letto.
 
Gli fu offerta una tazza fumante. Il profumo era celestiale, mugolò soddisfatto. Prese una bella sorsata e gli angeli suonarono. Sia l’ode al caffè!
Solo qualche minuto dopo, quando la caffeina incominciò a fare effetto, fece mente locale.
“Festa in maschera” sbadigliò languido, stropicciandosi l’occhio “Com’è andata la festa in maschera?”.
La rosa sorrise “Non ti ricordi niente eh?”. Sorseggiò il suo tè “E’ stato un successo, la mia interpretazione di Holiday Golightly è stata divina, ho fatto strisciare Sai ai miei piedi”.
“Immagino” sussurrò, lui quel Sai non lo aveva mai visto di buon occhio, ma dopo esserselo trovato davanti una decina di volte, se n’era fatto una ragione.

Aggrottò la fronte. “Come sono tornato a casa?”. Sperava solo che il custode non avesse fatto storie.
“Ti ha riportato Sasuke”. Addentò il suo biscotto “Era pallido a proposito, insomma più del solito” ridacchiò ilare “Dovevi vedere che con che faccia si è presentato alla mia porta, sembrava un deportato”.
Rigirò la tazza tra le mani “Gli hai iniettato una siringa di buonsenso?”.
“Ah ah, divertente”. Alzò la testa, facendo leva sui gomiti.
Si doveva preoccupare? Lui era così apatico da rasentare la morte cerebrale. Era strano immaginarlo sconvolto per qualcosa.
Un flash lo illuminò. “Disturbo bipolare!”.
La ragazza saltò spaventata, facendo uscire del liquido sulla moquette “Ma che – Naruto diavolo guarda che hai combinato”.
Lui continuò il ragionamento. “Mi stava facendo una delle sue noiosissime lezioni di patologia”.
“E’ uno studente di medicina Naruto, che ti aspetti?”. Tirò fuori un pacchetto di fazzoletti.
“Anche tu lo sei, ma non per questo mi sfibri con i tuoi sermoni”. Appoggiò la tazza, ormai vuota, sul comodino. “Tra l’altro – oh MERDA!”
Sakura, che stava provando a contenere la macchia sul tappeto, si strozzò con la saliva.
Non poté protestare perché Naruto si attaccò al suo braccio “Io – come, no non-“ Ansimò isterico “E’ un disastro, se è vero è un disastro”.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, provò a calmarlo con una lieve pressione alla schiena “Che cosa è un disastro?”.
“Gli ho detto quello – credo”. Strinse le meningi. “Non mi ricordo bene”.
Alzò un sopracciglio “Quello che?”. Lanciò uno sguardo al pavimento, la macchia era ben visibile.
“Che lo amo” bisbigliò terrorizzato.
La giovane spalancò la bocca “Tu- tu hai-?” Si schiarì la voce “Non credevo che fosse a questo punto il vostro rapporto”.
Neanche io. Sospirò. Indiscutibilmente un risveglio movimentato.
Preso di nuovo dal dubbio rettificò “Almeno credo”, perché aveva bevuto di grazia? Perché?
 
“Credi?! Come si fa a dimenticarsi una cosa del genere?”. Ora anche lei era agitata, splendido. “E poi che c’entrano i disturbi bipolari?”.
“Vorrei saperlo”. Il suo sguardo trepidante lo spinse a continuare. “Insomma c’era Rambo”.
“Rambo?”.
“Sì, un tizio che interpretava Silvester- ”.
“Lo so chi è Rambo! Puoi arrivare al punto per favore?”. Si teneva le mani in grembo, assetata di gossip.
Era un fascio di nervi. “Sasuke si è presentato e – che ne so, penso di averlo detto alla fine”.
“Tutta sta incertezza mi sta logorando” commentò con aria stanca.
“A te logora? E io che dovrei dire?”. Dio, voleva trasferirsi al polo, almeno lì i pinguini si facevano gli affari loro.
Alzò un dito e cattedratica disse “C’è un solo modo per risolvere il tuo problema”. Si avvicinò “Devi chiedere al diretto interessato”.
“Grazie per questo consiglio illuminante ma potevo arrivarci da solo”. Si alzò dal letto, percorrendo la stanza ad ampie falcate. “E comunque che dovrei dirgli?
Scusa per caso ieri ti ho confessato i miei sentimenti? Sai ero troppo sbronzo per ricordarmelo”.
“Qualcosa del genere”.
Si passò una mano tra i capelli arruffati. “Sono spacciato”.
E lei commentò l’ovvio “Si, lo sei”.
 

 
Afferrò il cellulare e compose il numero.
Non raggiungibile.
 
BIP - Dio Itachi, è una vera boia - * fruscio di carte * Questa è la segreteria di Sasuke Uchiha, se sei un mio parente evita di invitarmi a una festa, sono malato di otite a tempo indeterminato, se sei un predicatore dell’Esercito della Salvezza sappi che non sborserò un Penny,  se sei Itachi risparmiami le tue domande sulla mia salute, vita spirituale, vita condominiale, se sei Shisui ti auguro di morire presto, se non sei nessuna di queste persone parla ora, ma non credere che risponderò. Visto Itachi? Non sono un narcolettico che non riesce a * rumore metallico* Ma porc – BIP
 
 
Ore 10.16 a.m.
Ehm, ciao sono io Naruto. Volevo ringraziarti per ieri sera. Sakura mi ha detto che mi hai riportato a casa, per fortuna che c’eri tu eh? * risata nervosa * Fatti sentire complessato.
 
Ore 10.48 a.m.
Non so cosa pensi, ma se tu pensi quello che penso non devi pensarci troppo. Cioè ecco, hai capito no? Se invece non stai pensando, ti auguro buona giornata.
 
Ore 11.57 a.m.
Ti ricordi se ieri Kiba aveva la spada laser con sé? L’ha persa e non sa dove si trova. * gola bloccata * Oh ma che stupido, tu - sei arrivato dopo giusto? Sai anch’io non mi ricordo granché della serata. Come – dire. Abbiamo bevuto no? * mugolio * Aspetto tue notizie.
 
Ore 2.06 p.m.
Il fatto che Charlie Chaplin abbia gradito il mio cocktail non ti autorizzava a darglielo. Sono molto arrabbiato.
 
 Ore 2.08 p.m.
No, scusa mi dispiace, è che – sono un po’ nervoso ecco. Nervosismo post sbornia sai…hai lezione anche al pomeriggio? E’ per questo che hai il cellulare spento? * pigolio * Richiamami.
 
Ore 3.35 p.m.
La lavanderia a gettoni è chiusa causa guasto e oggi è giorno di bucato. Dovrò inventarmi un altro modo per lavare la biancheria, ti ricordi quando - TI PREGO non lasciarmi!! Non dicevo - oh merda.
 
Ore 5.22 p.m.
Lo so che sono stressante, logorroico, imbranato e tutto il resto ma…insomma anche tu non sei facile da gestire che credi?! * Sospiro angosciato * No aspetta scusa – dicevo solo che possiamo parlarne ecco, ho Kill Bill in camera se vuoi passare, il dvd splatteroso, quello.
 
 
 
 
Ore 7.01 p.m.
Sasuke, sono Sakura Haruno, non so se ti ricordi di me. Oh ma certo, ovvio che si. L’ultima volta come mi hai definito? La figlia illegittima di Puffetta e Gargamella mi pare, innamorata del Grinch e altre boiate simili. Stammi a sentire decerebrato, tratta pure gli altri come sterco di cavallo, ma non ti azzardare a far soffrire Naruto. Alza il culo e vai a parlarci.
 

 


Si sentiva un adolescente alla sua prima mestruazione. Che s’imbotta di Marshmallow intinti nella Nutella. Il potere catartico del mondo gravava sulle sue giovani spalle e la divinità della cioccolata era l’unica a dargli un po’ di conforto.
Il cartone della pizza era abbandonato in un angolo, l’aveva ordinata ai peperoni ed era arrivata ai wurstel.
Dio che schifo. Non sapeva se lo diceva ai wurstel, alla vita in generale o al fatto che Sasuke non si era fatto sentire.
Aveva avuto sedici ore per assorbire la notizia della sua confessione a cuore aperto. Che non fosse pronto a gestire una relazione del genere?
 
 
Trattenne un singhiozzo. Lui non aveva detto altro che la verità. Più ci pensava più si rendeva conto dell’ovvio, e non si sarebbe pentito o scusato per averlo detto.
Guardò l’ora. Inutile, quel giorno non si sarebbe fatto vedere, meglio dormirci su.
 
Si stava assopendo rassegnato all’evidenza quando qualcuno bussò alla porta. Assonnato si alzò e caracollò all’ingresso con andatura sregolata. Sbadigliando aprì la porta e fece un passo indietro quando vide Sasuke sull’uscio.
“Ehi” disse monocorde.
“Ciao” ammiccò a sua volta.
Che scambio di battute profondo, il più interessante dell’emisfero occidentale.
 
Cercò di farsi coraggio. “V-vuoi entrare?”. Dove diavolo era finito quel dvd trancia budella che piaceva tanto a lui?
“E’ ok”.
Sbatté le ciglia, interdetto. “Come?”.
Sasuke intascò le mani nei jeans, nervoso “E’ ok quello che hai detto”.
 
Per una persona normale quello era un discorso inconsistente, ma Sasuke non mostrava quasi mai i suoi sentimenti e quando lo faceva era sempre in via indiretta.
E lui rispettava questo suo lato e lo accettava, anche se un giorno l’avrebbe mandato al manicomio.
Sospirò sollevato.
Non lo avrebbe lasciato. Accettava i suoi sentimenti e non lo avrebbe lasciato. Il potere catartico del mondo era di nuovo in mano divina.
 
Sorrise come un’idiota. “Ok allora” lo canzonò.
Lo fece entrare mentre quello borbottava maledizioni. Saltellò al suo fianco. “E giusto per essere chiari, posso dirtelo ogni volta che voglio?”.
Fece una smorfia “Vuoi che muoia di diabete?”. Si sedette sul divano esitante, non prima di averlo guardato male per quelle due macchie d’olio sull’angolo destro.
Alzò gli occhi al cielo. Il suo ragazzo era misofobo e ipocondriaco, con un’inquietante passione per le teste mozzate, le sale operatorie e i pomodori.
Se l’era proprio andata a cercare.
Ridacchiando si sedette al suo fianco, gattonando verso il suo collo.
Sussurrò quelle due parole all’orecchio - leccandogli lentamente il padiglione – senza aspettarsi niente in cambio. Il genio borbottò e gemette sotto di lui.
 
No. Non si aspettava una risposta.
Era un coglione esagitato, ma per quelle parole avrebbe aspettato.
Avevano tutta la vita davanti, e tutto il tempo del mondo.
Un giorno sarebbe riuscito a esprimere a parole quello che era in grado di leggere nei suoi pozzi scuri.
 
Era lì, con lui, e questo bastava a renderlo felice. 
Bastava a entrambi.
 
 
 





Angolo Autrice
 
Una cosina senza tante pretese, con uno stile di scrittura che non mi convince. Sicuramente non uno dei miei lavori migliori.
L’idea è trita e ritrita, ma ho comunque provato ad ambientarla in un contesto particolare.



Un regalo di fine luglio. xD 
  
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