Bittersweet
Era stata
un’infermiera a dargliela,
spinta da un moto di tenerezza verso quella ragazza abbandonata persino
dai
suoi genitori.
Da allora
Chrome aveva sempre
guardato ai dolci come a qualcosa di raro e prezioso.
Durante il
periodo subito dopo la
sua dimissione dall’ospedale, prima di giungere tra le mura
protettiva di
Kokuyo, la ragazza aveva vagato in lungo e in largo, senza una meta
precisa, perché
il suo maestro non sempre aveva la forza di guidarla lungo la strada
giusta.
In quel
pellegrinare senza meta,
la dolcezza di una caramella era l’ultima cosa che avrebbe
potuto raggiungerla.
Quando poi
era arrivata sulla
soglia di quella struttura decadente che, da quel momento, sarebbe
diventata la
sua casa, aveva perso immediatamente le speranza di vedere cambiare le
cose.
Era stata
accolta di malagrazia
da i due ragazzi che Mukuro-sama gli aveva indicato essere
rispettivamente
Chikusa –il tizio smilzo con gli occhiale- e Ken
–lo strano tipo che
assomigliava a una specie animale non meglio definita.
Loro
sapevano di lei, esattamente
come lei sapeva di loro.
Non
c’erano stato bisogno di
presentarsi: avevano un obbiettivo comune e questo bastava a farli
sentire come
se si conoscessero da sempre.
Ma non si
piacevano.
O meglio,
era lei a non piacere
ai due che, tra di loro, sembravano aver creato una sorta di strano
legame da
cui lei sarebbe stata per sempre esclusa.
Tuttavia
andava bene così.
Lei non
aveva bisogno di nessuno,
all’infuori di Mukuro-sama.
Fu costretta
a ricredersi quella
notte stessa: il cielo notturno fu coperto da immensi nuvoloni neri che
preannunciavano una tempesta, la quale non tardò ad
arrivare; Chrome,
raggomitolata in una sottile coperta rattoppata su un giaciglio
improvvisato
alla bell’e meglio, sussultava spaurita ad ogni tuono, mentre
il ricordo dello
schianto di un’auto tornava a tormentarla.
Preda della
sua paura, la ragazza
non poté far altro che rinchiudersi a forza nel mondo che
condivideva con il
suo amato maestro, ma, quella notte, sembrava che Mukuro non riuscisse
a
sentire il suo richiamo spaventato.
Nonostante
l’assenza del ragazzo,
però, la quiete di quel luogo pacifico riuscì a
calmarla, cullandola col suono
di una ninnananna cantata dal vento, lasciandola libera di sognare una
carezza
affettuosa e una mano amica che, gentile, le asciugava le lacrime
donandole una
piccola caramella come premio per il suo coraggio.
La mattina
seguente, il primo
pensiero di Chrome appena svegli fu che, grazie al cielo, aveva smesso
di
tuonare.
Il secondo
che, anche per quel
giorno, per lei non c’erano caramelle.
Quando il
suo unico occhio viola
mise a fuoco meglio la stanza, tuttavia, dovette ricredersi: sul fondo
del suo
letto giaceva leggermente scomposto –come se fosse stato
abbandonato lì in
tutta fretta, un piccolo sacchetto rosa.
Con mani
tremanti, la ragazza
afferrò quella carta colorata e, aprendola,
scoprì la dolce sorpresa celata all’interno.
Zuccherini.
Delle
piccole e un po’
appiccicose stecche di zucchero che, nel cuore della notte, qualcuno
aveva abbandonato
ai suoi piedi, come un novello Babbo Natale fuori stagione.
Lentamente,
quasi timorosa di
rovinare il momento, Chrome prese una caramella e la mise in bocca,
succhiando
leggermente per sentire lo zucchero sciogliersi sotto la sua lingua.
Era come un
incantesimo.
Era come
essere a casa.
Mentre
gustava il dolce, lo
sguardo le cadde su un foglietto stropicciato che, in un primo momento
di
meraviglia, non aveva notato.
Nuovamente
allungo le dita, per
raggiungere quel pezzo di carta che sembrava uscito da un cestino dei
rifiuti –e
forse era davvero così.
Con una
grafia un po’ traballante
e a volte incerta, come se la penna avesse funzionato a scatti,
v’era scritta
un’unica e semplice parola.
“Benvenuta”
In fondo,
nell’angolo destro,
faceva bella mostra di se quella che doveva essere la stilizzazione di
una
piccola zampa animale –se di cane o gatto, Chrome non
riuscì a capirlo.
Improvvisamente,
qualcuno bussò a
quello che restava della porta che separava la sua stanza dal resto
dell’edificio,
poi, senza aspettare risposta, Ken, lo strano tipo simile ad un
animale, entrò.
-Allora,
mocciosa, vuoi darti una
mossa?-
Le parole
uscirono come un
ringhio dalle labbra di lui, ma non appena si accorse di cosa Chrome
stringeva
tra le mani, il ragazzo arrossì e allontanò
velocemente i suoi occhi ferini da
quelli di lei.
Istintivamente,
un leggero
sorriso le arcuò la bocca in un’espressione dolce.
-Sono
pronta.-
E lo era
davvero: pronta a ricominciare
una nuova vita, con un sacchetto di caramelle stretto in una mano e la
sua
nuova famiglia a tenerle l’altra.
Sono riuscita a scrivere una Ken/Chrome
che superasse le 100 parole! Onore e gloria a me! (?)
Poco importa se si capisce a
malapena il pairing! Giubiliamo!
Vabbè è un po’ una schifezzina
dolciaria, ma non facciamo gli schizzinosi…loro necessitano
così tanto amore!
Come quasi tutto quello che sto
scrivendo ultimamente (perdonatemi, ma ne devo fare circa 30!) questa
cosa
partecipa alla sfida multifandom lanciata dal gruppo Fanfiction
Challenges su
fb, che io un po’ amo per darmi tutti questi magici prompt!
Detto ciò, addio! Alla prossima!
Ken è il Babbo Natale più bello
del mondo (?)
Baci, Seki