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Autore: Lily_and_the_Marauders    29/07/2013    6 recensioni
Pre-slash, Sterek (StilesxDerek).
Spoiler! Ambientata dopo la puntata 3x07, 'Currents'.
Dal testo: E Stiles si addormentò con la consapevolezza di essere stato il primo umano ad aggiustare un licantropo, anima e corpo.
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski , Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Lily_and_the_Marauders.
Titolo: I’ll try to fix you (dalla canzone ‘Fix You’ dei Coldplay).
Fandom: Teen Wolf..
Personaggi: Stiles Stilinski, Derek Hale (Sterek).
Rating: Giallo.
Avvertimenti: E’ già scritto nell’introduzione ma ci tengo a precisarlo, questa è una pre-slash. Angst e Fluff a volontà *yeee*. Spoiler! 3X07 nel caso qualcuno non l’avesse vista.
Desclaimer: I personaggi –purtroppo- non mi appartengono e questa fan fiction non è stata scritta a scopo di lucro.
Note autore: Sono riuscita ad invadere anche questo fandom *viva meee*. Ho iniziato a scrivere questa one-shot più di una settimana fa ma l’ho finita solo oggi dopo un’illuminazione venuta nel sonno (?)
Anyway, non si può non scrivere sugli Sterek e dunque eccomi qui. Jennifer non viene minimamente considerata (scusa Jenn, ma Derek è solo di Stiles u.u). Insomma, questa OS è un fiume di parole, provate a dar loro un senso lol Beh, buona lettura cari, ora torno nel mio rifugio fatto di unicorni e arcobaleni *svanisce con un –pop-*
 

 
 
 

I’ll try to fix you.
 

 
 
Boyd era a terra, morto. L’aveva ucciso lui, solo il pensiero gli fece rivoltare lo stomaco.
Aveva ucciso uno dei suoi, uno del suo branco, un cucciolo.
Nella sua mente rimbombavano ancora le ultime parole che il ragazzo gli aveva detto prima di perdere i sensi. Derek si guardò le mani piene di sangue e si concentrò su di esse, non osava alzare il volto per incontrare quello dei compagni. Non voleva vedere Cora piangere sul cadavere di Boyd e non voleva essere guardato come se fosse la vittima della situazione; lui era il carnefice.
Lui era il mostro, quello che non si era ribellato abbastanza alla forza degli altri tre alpha, quello che aveva guardato un ragazzo morire tra le sue mani, a causa delle sue mani.
Quante altre perdite sarebbe stato costretto ad affrontare ancora? Non bastava la metà della sua famiglia ad essersene andata? No, ora anche il suo branco.
Dio, avrebbe voluto solo poter lasciar perdere tutto una buona volta, farla finita.
Lui sarebbe dovuto morire insieme alla sua famiglia, tra le fiamme, si sarebbe risparmiato una vita passata tra rabbia, rancore e dolore.
Ma no, qualcuno in cielo aveva pensato di lasciarlo vivere e combattere contro i suoi demoni interiori, tanto per fare qualcosa. E fidatevi, di demoni Derek ne aveva tanti: stavano lì, appollaiati sulla sua schiena come avvoltoi pronti ad attaccarlo in un momento di debolezza.
Tra dolore, rancore e rabbia aveva scelto la rabbia, era a quel sentimento che si appigliava.
La rabbia lo rendeva più forte in un certo senso, aveva imparato a dominarla e a renderla parte di sé.
Ma tutto questo lo corrodeva dall’interno, il pregio di essere rabbioso è che tutti ti stanno alla larga e, di conseguenza, hai meno problemi ma, alla fine, tutto ciò gli si ritorceva anche contro perché lui era solo.
Solo come un cane, paragone divertente.
Quello era il momento giusto per arrabbiarsi, poi: aveva ucciso uno dei suoi, un ragazzo innocente.
Doveva incanalare il dolore da un’altra parte, doveva trasformarlo in aggressività. Poteva prendere a pugni un albero, un muro… Eppure c’era qualcosa che lo tranquillizzava, una presenza.
Non gli occorse voltarsi per capire chi fosse: lo riconosceva dall’odore.
Stiles gli stava stringendo una spalla con la mano, una stretta leggera ma Derek riusciva quasi a percepire l’energia positiva passare da quella mano al suo corpo; per la prima volta si chiese chi dei due fosse il licantropo con poteri curativi.
«Portalo via da qui, Stiles» disse la voce di Scott che, intanto, si era avvicinato.
Stiles si chinò verso Derek strattonandolo per un braccio, lui non oppose resistenza.
Durante il breve tragitto verso la Jeep, Stiles non mollò la presa sul braccio di Derek nemmeno per un secondo e, stranamente, non fiatò.
Erano rari i momenti in cui Stiles non trovasse qualcosa da dire, solitamente sparava idiozie ventiquattro ore su ventiquattro, senza sosta.
«Dove andiamo?» chiese allora Derek appena le portiere della macchina si chiusero.
«A casa mia» rispose l’altro, gli lanciò un’occhiata e si morse il labbro cercando di trattenere un commento che però, inevitabilmente, uscì: «Ti dispiacerebbe… ecco, non sporcare i sedili con il tuo sangue lupesco?»
Derek si rese conto solo in quel momento di avere uno squarcio sul petto. «Guarirà in fretta» lo rassicurò.
«Sono ferite provocate da un’alpha, non guariranno in fretta.» ribatté Stiles.
«Sì, beh, più guidi veloce e meno probabilità hai che il sedile si sporchi, mettila così» rispose con rabbia.
Eccola che tornava a galla, non poteva lasciarla risalire però, non ora.
Prese un respiro profondo e cercò di concentrarsi su qualcos’altro mentre Stiles sfrecciava nella foresta.
Stava tremando, Derek, forse di freddo dato che era completamente fradicio, forse di rabbia o di paura.
Arrivati davanti a casa Stilinski, Stiles non potè che essere felice di non vedere l’auto del padre parcheggiata nel vialetto: sarebbe stato difficile spiegare tutto. Prese sottobraccio Derek che pareva non avere più forze e, con fatica, lo trascinò fino al piano superiore. Lo fece sedere sulla sedia e iniziò a rovistare nel cassetto per cercare almeno una maglia della sua misura. La trovò: a lui stava abbastanza grande perciò per Derek era perfetta.
«Ce la fai a toglierti la maglia?» gli chiese e, subito, Derek se la strappò di dosso. Letteralmente.
«Cavolo, è proprio una bella ferita. Okay, ascolta, io vado a cercare delle bende e un paio di pantaloni, non ti muovere» gli disse.
Se solo non avesse avuto un gran mal di testa,  Derek avrebbe alzato gli occhi al cielo perché “Dove diavolo vuoi che me ne vada conciato così, Stiles?”
Il ragazzo si chiuse la porta della stanza alle spalle lasciando il lupo a combattere contro se stesso, forse non era stata una buona mossa.
«Quando le cose ti servono non ci sono mai» borbottò Stiles mentre, con un paio di pantaloni stretti tra i denti, era intento ad aprire ogni sportellino del bagno. Appena trovato l’occorrente non fece neanche in tempo ad esultare di gioia perché sentì un ringhio provenire dalla stanza accanto.
Le migliori fantasie attraversarono la sua mente nel breve tragitto tra il bagno e la sua camera: gli alpha avevano circondato la casa, Derek appeso per la gola al lampadario, suo padre che era tornato dal lavoro…
Quando aprì la porta della stanza, però, non vide  nulla di tutto questo. Non vide niente.
Era buio pesto e una qualsiasi persona avrebbe trovato quel posto tranquillo. Per un momento pensò che Derek se ne fosse andato.
Peccato che ormai l’orecchio di Stiles era abituato a percepire sussurri, bisbigli, fruscii di ogni genere e…respiri.
Si era accucciato in un angolo.
«Derek? Tutto bene?» In risposta ricevette un ringhio.
Stiles avanzò verso di lui, al buio, e si ritrovò ad affrontare un paio di occhi rossi. Qualunque altra persona con un briciolo di cervello sarebbe scappata ma Stiles ne aveva viste fin troppe per lasciarsi impressionare da un Derek più rabbioso del solito. Allungò la mano verso di lui e, con forza, gli strinse il braccio. «Va tutto bene» sussurrò. Derek era offuscato dall’odio verso se stesso, le immagini dei corpi di Boyd ed Erica senza vita gli annebbiavano la mente.
«E’ tutto okay» ripeté Stiles e questa volta Derek parve sentirlo perché i muscoli delle sue braccia si rilassarono e il viso tornò umano. Stiles lo aiutò ad alzarsi cercando, questa volta, di non perderlo di vista.
Con calma disinfettò le ferite, lo ripulì dal suo sangue e da quello di Boyd, fasciò il tutto e lasciò che si rivestisse.
«I lupi possono avere la febbre?» domandò poi, mentre lo faceva stendere sul letto.
Derek parve rifletterci un po’ su prima di rispondere «Sì, ma non ce l’ho da anni».
«Beh, pare che tu ce l’abbia ora» constatò Stiles. «Scotti».
Gli passò una mano sulla fronte sudata e lo vide chiudere gli occhi a quel tocco.
“Il contatto umano allevia il dolore” aveva detto Scott una volta. Certo, l’aveva detto scherzando perché lui non era proprio umano e il suo tocco poteva davvero assorbire il dolore. Però con Derek parve funzionare lo stesso, anche se Stiles non possedeva nessuna dote sovrannaturale.
Così, senza pensare, decise di fare una cosa: si sedette sul letto, schiena al muro, incrociò le gambe e si portò un cuscino in grembo per posizionarci poi la testa di Derek.
Lui non fece obiezioni ma, sicuramente, il giorno dopo l’avrebbe quantomeno ucciso.
Pazienza, una soluzione per salvare il salvabile andava trovata.
Stiles cercò di coprirlo alla bell’e meglio con una coperta perché stava tremando, erano gli effetti della febbre. Con delicatezza gli posò di nuovo la mano sulla fronte e, come prima, Derek sospirò al contatto.
Quel ragazzo era decisamente strano, ecco cosa pensò l’alpha.
Non si spiegava come riuscisse a calmarlo solo con un tocco. Al momento non gli importava, però, voleva solo riposare.
Sì addormentarono così: Stiles con una mano tra i capelli di Derek e la testa appoggiata al muro, Derek con un’espressione un tantino più rilassata sulla faccia.
 
 
La prima cosa che l’alpha notò la mattina dopo fu l’assenza di Stiles.
La parte del letto dov’era seduto era ancora calda perciò non se ne doveva essere andato da molto, la stanza era piena del suo odore. Derek respirò a fondo per calmarsi e riflettere, quando sentì un auto sfrecciare via il mondo gli crollò addosso: lo sceriffo.
Inevitabilmente e inspiegabilmente arrossì. Arrossì davvero, dopo anni.
Il suo cervello non ebbe il tempo di formulare nessun concetto perché la porta della stanza si aprì e apparve Stiles. Era troppo preso dal rispondere ad un messaggio per rendersi conto che l’altro era sveglio.
«Chi è?» domandò Derek facendolo sobbalzare.
«Porca miseria, dovresti smetterla di fami venire piccoli infarti, dico sul serio» protestò.
Derek sogghignò.
«Era Scott» disse Stiles.
Il ghigno spari dal volto dell’alpha veloce com’era arrivato. «Cosa dice?»
«I gemelli e la stramba sono momentaneamente spariti ma Peter ha detto che non posso essere tropo lontani, Deucalion ti verrà a cercare. Per il resto… stanno sistemando»
Derek si passò una mano sul volto, preso dallo sconforto.
«Hey, non è colpa tua» disse subito Stiles avvicinandosi al letto dove l’alpha era seduto.
«Io l’ho ucciso, Stiles. E ho ucciso Erica»
«Smettila di incolparti, Derek» ribattè l’altro, con voce più ferma questa volta. «Peggiori solo le cose» aggiunse, posandogli una mano sulla spalla e stringendola con forza, come a sottolineare il concetto.
«Cora?» chiese l’alpha.
«Sta bene, Allison e Lydia non l’hanno lasciata un attimo» lo rassicurò.
Derek annuì e fece per alzarsi ma Stiles lo ributtò indietro. «Tu hai ancora la febbre, non ti muovi di qui».
L’altro gli lanciò un’occhiata minacciosa ma l’umano non mollò la presa sulla spalla. «Non credere che il tuo sguardo da “ti strappo la gola a morsi” funzioni con me, anche se la maggior parte delle volte funziona… beh, comunque non funziona oggi» concluse, imperterrito.
Derek accennò un sorriso. «D’accordo» concluse. Stiles sembrò sollevato e anche… sì, anche stupito.
«Un momento, tu non dovresti essere a scuola?» domandò poi il lupo.
«Nah, ho detto a mio padre che non mi sentivo bene e, per un volta, ci ha creduto… Non lo biasimo, ho delle occhiaie mostruose» spiegò con un’alzata di spalle. «Tranquillo» aggiunse notando lo sguardo preoccupato di Derek «non sa che sei qui».
L’alpha annuì, più rilassato. Come avrebbe spiegato il fatto di aver passato una notte in quella stanza, altrimenti?
Calò un silenzio imbarazzante che durò davvero poco  –fortunatamente- perché Stiles non sapeva stare zitto più di due minuti. «Come vanno le ferite?»
Derek tastò da sopra la maglia il punto in cui le bende lo fasciavano: nessun dolore.
Si sfilò l’indumento e slegò la fasciatura notando che, in effetti, non c’era più traccia dei segni inferti dalle unghie degli altri alpha.
«Però, non pensavo ci volesse così poco… Scott ci ha messo un bel po’ a guarire l’ultima volta» commentò Stiles.
Anche Derek parve stupito ma si limitò a dire soltanto: «Il contatto umano allevia il dolore».
Guardò di sfuggita Stiles che aveva stampato sulla faccia un sorriso, si rimise la maglia e si stese di nuovo.
«Okay, ho fame» annunciò pochi secondi dopo il ragazzo, «vado a prendere qualcosa da mangiare in cucina». Sì alzò di scatto e corse giù per le scale.
Derek seguì ogni sua mossa, poteva sentirlo respirare se si concentrava.
Quando tornò di sopra aveva un pacco di biscotti tra i denti, una bottiglia di succo in una mano e due bicchieri nell’altra.
Derek cercò di non ridacchiare davanti a quella scena buffa.
Con poca grazia, Stiles poggiò tutto sulla scrivania e lo fissò: «Allora, cosa vuoi?»
«Non ho fame» disse con leggerezza l’alpha.
«In effetti non credo di averti mai visto mangiare qualcosa di normale… probabilmente preferisci carne al sangue»
Derek alzò gli occhi al cielo. «No, idiota» sbuffò. «Non ho fame e basta. Non mi pare che Scott mangi solo carne al sangue, o sbaglio?»
«Oh» fece Stiles «hai ragione». Aprì la busta dei biscotti e si sedette ai piedi del letto.
Ne sgranocchiò un paio fin quando non si ritrovò il viso di Derek a cinque centimetri dal suo.
«Chefc’è?» borbottò con la bocca piena.
L’alpha continuò a fissarlo senza dire niente; con l’indice sfiorò la zona violacea sotto l’occhio sinistro del ragazzo che deglutì il malloppo di biscotti senza fare una mossa.
Derek si allontanò tornando a stendersi con le braccia incrociate dietro la testa. «Mi dispiace» mormorò.
Stiles battè le palpebre una o due volte velocemente prima di realizzare e rispondere: «Per cosa?»
«Per averti fatto fare la guardia a me» spiegò.
Il ragazzo si strinse nelle spalle «Ho fatto quello che andava fatto, in qualcosa devo pur essere utile non credi?»
«Beh, mi sei stato utile» confermò l’alpha. «Grazie»
Stiles spalancò gli occhi: «Cavolo, questa non me l’aspettavo davvero! Sono gli effetti della febbre che ti fanno delirare, Hale?»
«Che idiota» borbottò Derek alzando per l’ennesima volta gli occhi al cielo. Stiles ridacchiò, una risata che ben presto si mischiò ad uno sbadiglio.
«Dovresti riposare» gli disse Derek.
«Non se ne parla, qualcuno deve montare la guardia e quel qualcuno sono io»
Derek sbuffò «Insomma, vuoi farmi fare la parte del malato ancora per molto? Ti ricordo che sei tu il debole umano della situazione, qui. Credo di aver dormito abbastanza da concederti almeno due ore di riposo» e gli fece segno con la mano di stendersi accanto a lui.
Stiles esitò per qualche secondo poi obbedì.
«Hai uno strano effetto su di me, Stilinski» disse ad un certo punto Derek con lo sguardo rivolto al soffitto.
Stiles si accigliò «Che vuoi dire?»
«La maggior parte delle volte ho la tentazione di prenderti a pugni in faccia o di sbattere ripetutamente la tua testa contro qualcosa…»
«Ah, bene» commentò sarcastico Stiles.
«Fammi finire» lo ammonì l’alpha. «Alcune volte, come dicevo, ho queste tentazioni violente contro di te, sei l’umano più fastidioso che io abbia mai conosciuto, sul serio…»
«Scusa» lo interruppe indignato l’altro «hai finito di parlare male di me oppure vuoi divertirti ancora un po’?»
«…ma» continuò imperterrito il lupo «ieri sera, per la prima volta, sei riuscito a calmarmi. E’ una cosa che non so spiegare, nessun’altro umano c’era mai riuscito prima. Hai la stramba capacità di farmi uscire di testa e, allo stesso tempo, di farmi tornare in me. Potrei seriamente prendere in considerazione l’idea di usarti come tranquillante o antidolorifico vivente in alcuni casi»
«Magnifico, sfruttamento minorile…» biascicò, ironico.
Derek ridacchiò e Stiles sbadigliò di nuovo.
«Dormi» gli ordinò l’alpha.
«Come so che non mi strapperai via la gola a morsi mentre dormo?»
«Credimi, se avessi voluto l’avrei fatto qualche ora fa» disse a mo’ di rassicurazione.
Stiles borbottò qualcosa, si girò per mettersi comodo e sarebbe anche caduto dal letto se Derek non l’avesse acciuffato per la maglia tirandoselo vicino.
«Grazie» mormorò.
«Ti devo un paio di favori» rispose il lupo. «Buonanotte, Stiles».
Il ragazzo si costrinse a chiudere gli occhi senza porsi troppe domande mentre l’alpha gli circondava la vita con un braccio per impedire che cadesse.
Nessuno dei due si interrogò su quella bizzarra situazione, non c’era bisogno.
In quel momento doveva andare così e basta, era giusto.
Magari avrebbero negato fino alla morte quella faccenda in seguito, magari sarebbero tornati ad irritarsi a vicenda, magari no. Non aveva importanza, il quell’istante l’uno aveva bisogno dell’altro.
E Stiles si addormentò con la consapevolezza di essere stato il primo umano ad aggiustare un licantropo, anima e corpo.
 
 
 
 
 

Note di fine capitolo: Insomma, grazie per aver letto –se avete letto, lol- e grazie a chi lascerà una recensione. Alla prossima!
p.s.: Per qualsiasi cosa mi trovate su Twitter, sono @ohmycastieel

   
 
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