CAPITOLO PRIMO. GLI
ULTIMI DIFENSORI.
La
notte era passata da un paio d’ore e il sole illuminava con i suoi lucenti
raggi le Dodici Case dello Zodiaco, il cuore del Grande Tempio di Atene.
Costruite all’alba dei tempi, dalla Divina Volontà di Atena, le Dodici Case
erano l’ultimo baluardo terreno posto a difesa della giustizia e della libertà,
e della vergine Dea che tali ideali incarna. Residenza dei dodici Cavalieri di
casta più elevata, i Cavalieri d’Oro, queste erano ormai disabitate da parecchi
mesi.
Durante
la Guerra Sacra contro Ade, conclusasi mesi prima, avevano infatti perso la
vita gli ultimi sei custodi dorati sopravvissuti al complotto di Gemini e alla
corsa attraverso le Dodici Case. Soltanto due erano temporaneamente abitate: la
prima, quella dell’Ariete, custodita da Kiki,
giovanissimo fratello del Grande Mur, in cui il
ragazzo si era sistemato al termine della Guerra Sacra, e la seconda, dove
risiedevano temporaneamente alcuni Cavalieri di Bronzo e d’Argento, col compito
di presidiare il Grande Tempio e difenderlo da eventuali nemici.
Poco
distante dalla Prima Casa, separata da un piccolo avvallamento, sorgeva la
residenza delle sacerdotesse guerriere. Una scuola a cui avevano dato
congiuntamente vita Castalia e Tisifone, al fine di
insegnare a tutte le ragazze interessate le tecniche basilari per diventare
Sacerdotesse, o Cavalieri, come Tisifone amava
ripetere, detestando tale effimera discriminazione.
“Cosa
c’è che non va? Cosa attanaglia il tuo cuore?” –Esclamò la giovane, entrando
nella stanza in cui alloggiava insieme a Castalia. Si tolse la maschera
e si avvicinò a un lavello, per rinfrescare il viso, stanca per l’allenamento
che l’aveva impegnata nelle ultime ore.
“Uh?!”
–Rispose laconicamente la compagna, seduta su una sedia, con lo sguardo perso
oltre la finestra. –“Niente, Tisifone! Non
preoccuparti! Stavo solamente pensando…”
“Non
avrai intenzione di lasciare il lavoro pesante a me, quest’oggi!” – La brontolò
bonariamente Tisifone, per scuoterla da quello stato
di torpore in cui la donna sembrava essere precipitata negli ultimi giorni.
–“Anche tu sei la loro istruttrice, e dovrai occupartene!”
“Certamente!”
–Esclamò Castalia, alzandosi e sistemando le proprie vesti. –“Vado subito dalle
nostre allieve!” –E uscì correndo dalla stanza.
Non le passerà mai! Commentò Tisifone. E
ripensò al dolore che la compagna aveva provato nell’apprendere la morte di Ioria alla fine della Guerra Sacra. Castalia aveva pianto
per giorni, per l’unico vero amico che aveva avuto per anni al Grande Tempio,
per l’unico uomo per il quale aveva sempre provato qualcosa di più, senza mai
trovare la forza per confessarglielo. E adesso, aveva perso l’occasione. Per
sempre.
Tisifone
conosceva quella sensazione, quel senso di impotenza e di disperata
rassegnazione che dominava l’animo dell’amica. L’aveva provato anche lei,
quando Lady Isabel, reincarnazione della Dea Atena, aveva ordinato che a
Pegasus e ai suoi quattro amici, unici sopravvissuti in quella cruenta guerra,
fosse fatta bere la Pozione della Dimenticanza, un’acqua speciale che, se
opportunamente gestita da un potere spirituale forte, poteva far dimenticare
episodi di vita vissuta, se non addirittura una vita intera. E tanto grande era
il potere di una Divinità, che Atena aveva cancellato, con il cuore in mano,
dalla mente dei cinque amici il ricordo del loro essere Cavalieri.
Non posso più vederli soffrire! Aveva pensato Atena, osservandoli bere,
inconsapevolmente, la Pozione della Dimenticanza. Non posso più vederli rischiare la vita, per me, a causa mia! No,
basta! È finito il tempo in cui Isabel viene rapita e imprigionata e i suoi
cinque eroi rischiano la vita per lei! Da adesso esiste soltanto Atena! E
aveva messo loro al collo una pietra, diversa per ciascuno dei cinque amici, ma
con la stessa lucentezza. E ogni singola pietra, precedentemente immersa nella
Pozione e intrisa del cosmo di Atena, contribuiva ogni giorno a mantenere nella
loro mente quell’equilibrio che Isabel sperava avrebbero tenuto per sempre. Tra
i ricordi che furono cancellati, oltre al sangue, al dolore, alle immagini di
mille battaglie, anche i volti di tante persone, e quello di Tisifone fu necessariamente tra quelli.
È stato giusto così! Si disse il Cavaliere d’Argento, guardandosi allo
specchio sopra il lavabo. Pegasus… tu possa
avere la felicità che meriti! Anche per me! E si rimise la maschera,
uscendo in fretta dalla stanza e raggiungendo Castalia e le loro allieve.
***
Non
era ancora il tramonto quando il Grande Tempio fu scosso da un tremendo
attacco, che prese di sorpresa le guardie del Cancello Principale. In una
manciata di minuti, il cancello e parte delle mura perimetrali furono
distrutti, spazzati via come polvere al vento, come il plotone di soldati
semplici che tentò di impedirlo.
“Fe… Fermatevi!” –Gridò l’ultimo superstite, brandendo una
lancia. Un secondo dopo più non parlo, stritolato da folgori celesti. L’ultima
cosa che vide, prima di spirare, fu tre guerrieri dalle lucenti corazze entrare
nel Grande Tempio, seguiti da una figura avvolta in un nero mantello.
Il
corno d’allarme risuonò per l’intero Grande Tempio, mettendo in allerta i
Cavalieri rimasti a sua difesa. Kiki uscì
dalla Prima Casa, volgendo lo sguardo al piazzale antistante dove Asher, Geki, Leone
Minore, Aspides e Black
stavano tentando di fermare l’avanzata degli invasori.
Il
ragazzo si mise le mani alla bocca nel vedere lo sconfortante esito del
combattimento. Con un lampo del dito, un lampo soltanto, uno dei nemici sollevò
Asher e i quattro compagni scagliandoli lontano,
contro le colonne del palazzo, senza che potessero muovere un muscolo per
reagire.
“E
questi sarebbero i valenti condottieri del Santuario della Dea Guerriera?!”
–Esclamò l’uomo che li aveva spinti lontano. –“Uomini da poco, vi compiango!”
“Non
perderti in chiacchiere, Sterope, e occupati della
missione!” –Esclamò una voce dietro di lui.
Avvolta
da un nero mantello, una figura seguiva attenta la scena, dando disposizioni ai
tre uomini che aveva accompagnato. Sotto il mantello pareva risplendere inquieta
un’armatura scarlatta.
Kiki
impaurito avrebbe voluto correre via, rifugiarsi dietro la schiena di Sirio e
lasciare all’amico e ai suoi compagni la battaglia. Ma Sirio non c’era più. E
neppure i suoi compagni. E non restava nessuno a difendere il Grande Tempio e
Atena. Si fece forza e corse verso Asher, per aiutare
il Cavaliere dell’Unicorno a rialzarsi. L’uomo che aveva guidato l’attacco lo
vide e lanciò un fascio di energia per fermarlo, ma Kiki
fu svelto ad evitarlo con il teletrasporto.
“Chi
sei, bambino?” –Domandò l’uomo, indispettito.
“Sono
Kiki dell’Appendix,
fratello del Grande Mur. E difendo al suo posto la
Prima Casa dello Zodiaco!” –Esclamò il ragazzo, sforzandosi di non
indietreggiare per la paura.
“Ah
ah ah!” –Due invasori esplosero in una grassa risata, ma l’uomo che guidava
l’attacco li zittì, dimostrando invece di ammirare il coraggio che il bambino
aveva dimostrato.
“Coraggio
che, purtroppo, non ti salverà se oserai fermare la nostra avanzata!”
Kiki lo
osservò e si rese conto di quanto fosse alto e robusto, con spalle possenti, un
viso rude e mossi capelli brizzolati. Indossava una splendida armatura celeste,
dai riflessi vivi e argentei, che contribuiva a conferirgli un aspetto epico,
quasi fosse un eroe dei tempi antichi. Ma
è un nemico! E devo fermarlo! Si disse, stringendo i pugni. L’uomo puntò
l’indice destro contro Kiki, intenzionato a colpirlo,
ma il suo attacco non arrivò a buon segno perché nuovamente Kiki
lo evitò. Stavolta però il teletrasporto non fu sufficiente, perché quando
riapparve fu afferrato bruscamente per il collo e sollevato dalla figura
ammantata che accompagnava gli invasori.
“Non
crederai di essere l’unico a sapersela cavare con giochi simili!” –Sussurrò, ma
a Kiki, che si dibatteva per liberarsi, quel suono
parve un sibilo. –“Bambino o no, morirai anche tu per aver osato fermarci!” –E
lo lanciò in aria, concentrando una sfera di energia cosmica tra le mani e
scagliandola verso l’alto. La sfera non raggiunse però il bersaglio perché
improvvisamente un’ombra sbucò fuori da dietro le rocce. Rapida come una
gazzella, la figura spiccò un acrobatico salto verso l’alto, afferrando Kiki e atterrando poi davanti all’entrata della Casa
dell’Ariete.
“Grazie…” – Fu l’unica cosa che poté pronunciare Kiki, mentre Tisifone lo
depositava a terra.
“Chi sei, donna?”
“Tisifone dell’Ofiuco,
Cavaliere d’Argento! E chi siete voi, invasori del Grande Tempio?”
“Che
importanza ha sapere chi siamo per un’insulsa donna in procinto di morire?!”
–Rispose a tono la figura ammantata.
“Punirò
la vostra arroganza!” –Esclamò Tisifone, balzando
avanti. Accese il proprio cosmo, dai forti bagliori verdi e violetti, e scattò
in alto, liberando gli Artigli del Cobra.
Rapidi fendenti si diressero verso l’uomo dall’armatura celeste, che si limitò
a spostarsi di lato per evitarli e a sollevare un braccio verso l’alto, con il
palmo aperto. In un attimo Tisifone fu immobilizzata
e scagliata indietro, avvolta da un turbine di energia cosmica.
“È
follia credere che un Cavaliere d’Argento possa così tanto!” –Esclamò l’uomo.
–“Sono Sterope del Fulmine, Cavaliere
Celeste. E questi sono Pelope e Oreste, miei
sottoposti!”
“Tanto
piacere!” –Ironizzò Tisifone, rialzandosi.
“Non
perdere tempo con lei, Sterope, è solo una donna! E
come tale scarsa!” –Esclamò la figura ammantata. –“Corri al Tempio di Atena e
prendi la sua testa!”
Sterope
annuì, puntando l’indice verso Tisifone, pronto per
colpirla nuovamente. Ma quella volta il suo potere fu incredibilmente respinto.
Una barriera invisibile, sottile come l’aria, si era interposta tra lui e la
sua avversaria.
“Muro di Cristallo!” –Ansimò Kiki,
soddisfatto, spuntando da dietro Tisifone. Nonostante
la sua prematura scomparsa, Mur aveva fatto in tempo
ad insegnare due cose a Kiki, ed una era proprio la
creazione del Muro di Cristallo, una
formidabile tecnica di difesa.
“La
difesa di un ragazzino, dai seppur nobili ma deboli ideali, non basterà per
salvarvi!” –Esclamò Sterope, bruciando per la prima
volta il suo cosmo. Solo in quel momento Kiki e Tisifone si resero conto di quanto fosse vasto un potere
simile. Più vasto di quello dei Cavalieri d’Oro che avevano conosciuto. Un
cosmo che, per quanto scaturisse da un uomo, emanava esalazioni divine.
“Attento,
Sterope!” –Gridò improvvisamente la figura ammantata,
osservando i cinque Cavalieri di Bronzo rialzarsi e lanciarsi nuovamente
all’attacco.
Sapevano
di non avere speranze, con un essere infinitamente loro superiore, ma non
avrebbero ceduto. Soprattutto adesso che avevano capito le intenzioni degli
invasori: prendere la testa di Atena. No, Asher e i
suoi amici sarebbero morti pur di impedirlo.
***
Castalia
dell’Aquila nel frattempo correva
lungo la scalinata del Grande Tempio. Aveva appena oltrepassato la Settima
Casa, correndo a perdifiato verso la Sesta, recentemente ricostruita dopo le
devastazioni della Guerra Sacra. Aveva sentito il cosmo dei suoi compagni
accendersi alla Prima Casa e, con le notizie che le aveva fornito Lady Isabel
in persona poco prima, nelle Stanze del Grande Sacerdote, non poteva che essere
preoccupata. Tremendamente preoccupata.
Uscita
dal Tempio della Vergine, sentì battere il cuore all’impazzata. Non soltanto
per la corsa, e per i tragici eventi che stavano avendo luogo, ma per la vista
che gli si parò davanti. Di fronte a lei, alta e silenziosa, stava immobile la
Quinta Casa di Leo. Casa dove Atena stessa le aveva chiesto, in precedenza, se
avesse voluto dimorarvi, come segno del legame che la legava a Ioria, in attesa che un nuovo Cavaliere del Leone fosse
stato investito. Ma Castalia aveva gentilmente respinto l’invito,
inconsciamente rifiutando di accettare un nuovo Custode del Quinto Tempio.
Il rumore degli scontri
alla Prima Casa la risvegliò dai suoi pensieri, costringendola a concentrarsi
sulla sua missione. Fermare l’avanzata degli invasori, impedendo loro di
arrivare da Atena. Prima di correre giù verso la Casa di Cancer,
si voltò un attimo verso l’alto, e si chiese di cosa stessero parlando Lady
Isabel e il suo inaspettato ospite.
***
Un
colpo allo sterno spinse Geki dell’Orsa all’indietro,
mentre una moltitudine di calci lo sollevò da terra scagliandolo lontano,
facendolo schiantare sulla bianca scalinata tra i frammenti della sua corazza.
Stessa sorte toccò a Ban e ad Aspides,
lanciatisi entrambi contro Sterope, mentre Asher e Tisifone fronteggiavano
gli altri due nemici. Black si era scagliato contro
la figura ammantata, ma era bastato un solo gesto del suo dito per
imprigionarlo in un globo di energia, che implose subito dopo, scagliandolo in
alto. Quando ricadde a terra, non riuscì neppure a sfiorare il terreno che una
sfera incandescente, lanciata dalla stessa figura, lo scaraventò contro le
rocce, distruggendole.
Maledetti! Ringhiò Asher,
fronteggiando il suo avversario. Ci
stanno facendo fuori!
“Uno
dopo l’altro o tutti insieme, poco importa, morirete tutti!” –Esclamò Sterope, lanciando lontano Ban e Aspides, avvolti da un turbine di energia cosmica.
“Noooo!!!” –Gridò Geki rialzandosi
e bruciando al massimo il proprio cosmo.
Ban e Black fecero lo stesso, scagliando i propri colpi migliori,
ma tutti si infransero contro il palmo aperto della mano destra di Sterope, che li rinviò indietro, ulteriormente potenziati.
“Bene!
Il cammino è infine libero!” –Esclamò, voltandosi verso la figura ammantata.
Questa non disse niente,
limitandosi ad annuire. Asher e Tisifone
erano impegnati con gli altri due Cavalieri Celesti e Kiki
non sarebbe stato d’intralcio. Sterope concentrò il
cosmo sugli arti, creando incandescenti folgori celesti, e poi portò il braccio
destro avanti, scagliando il suo colpo segreto.
“Fulmini dell’Eternità!” –Gridò, e un attimo dopo il Muro di Cristallo andò in frantumi.
Kiki fu
travolto dall’impeto dell’assalto, così come i Cavalieri suoi amici, e tutti
furono scagliati lontano, ricadendo a terra in pozze di sangue.
“Non
c’è più nessuno che può fermarci adesso!” –Esclamò, mettendo un piede sulla
scalinata. Ma una voce proveniente dall’alto lo distrasse.
“Questo
lo credi tu! Volo dell’Aquila reale!”
–Esclamò una donna.
Sterope
alzò lo sguardo e vide arrivare dal cielo un cosmo scintillante di azzurri
riflessi. Una grande aquila argentata scese su di lui a una velocità elevata,
seppur inferiore a quella della luce. Sterope
sorrise, spostandosi semplicemente di lato e lasciando che il colpo della Sacerdotessa
Guerriero distruggesse il pavimento sotto i suoi piedi. Castalia atterrò
proprio di fronte a lui, con il cosmo ancora acceso; concentrò i suoi poteri
sul pugno destro e lo portò avanti, lanciando la Cometa Pungente da distanza ravvicinata.
Sterope
mosse il braccio sinistro per parare il colpo, che seppur portato da un
Cavaliere di basso rango era comunque abbastanza potente e veloce, e con il
destro afferrò il braccio della ragazza lanciandola in aria. Una sfera
energetica si dipartì dalla sua mano, raggiungendo Castalia e ferendola. Quando
ricadde a terra, la ragazza sbatté la spalla destra con violenza, distruggendo
il coprispalla della sua armatura.
“Adesso
possiamo andare!” –Ironizzò l’uomo, incamminandosi verso il Tempio dell’Ariete.
La
figura ammantata si mosse per seguirlo, ma in quel momento Asher
e Tisifone si liberarono dei loro rivali, colpendoli
e scagliandoli lontano. Castalia si rialzò, toccandosi la spalla dolorante,
barcollò per un istante, faticando a mettere a fuoco la scena. Ma poi comprese.
Dovevano fermarli, almeno uno di loro. Senza esitare, Asher
e Tisifone si lanciarono all’assalto, puntando sulla
figura ammantata che seguiva Sterope. Lo stesso fece
Castalia, dal lato opposto, lanciando la propria Cometa Pungente. Tutti e tre furono respinti, da un cosmo potente
sprigionato dalla figura. Un cosmo che, lo percepirono chiaramente, era oscuro
e ostile. Fiammeggiante di ira.
“Portami
la testa di Atena, Sterope!” –Esclamò improvvisamente
la figura, fermandosi.
“E
tu… non verrai con me?!”
“Appena
avrò finito con questi tre ti raggiungerò!”
“Ma
sono quasi morti!”
“Tu
non conosci i Cavalieri di Atena, sarebbero capaci di camminare su una gamba
sola per difendere la loro Dea. E questi
uomini non sono da meno! Perciò vai... e non perdere altro tempo!”
Sterope non rispose, limitandosi a voltarsi verso la
Casa di Ariete e a lanciarsi al suo interno, in una corsa incessante che
l’avrebbe condotto fino alla Tredicesima Casa, alla residenza della Dea Atena.