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Autore: Gwen Chan    31/07/2013    2 recensioni
Sono passati anni dai tempi dell’Accademia e del Gruppo Sette. I ninja della foglia sono cresciuti, la guerra ha lasciato ferite che mai se ne andranno. E quando le strade di tutti si sono ormai divise, c’è sempre tempo per una rimpatriata.
[Partecipa al contest "Provaci ancora" indetto da MART1]
[Scritta nel 2009, tiene conto degli avvenimenti solo fino al volume 42]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Sai/Ino, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Temari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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-Nick dell'autore (quello che volete sul banner):Gwen Chan
-Titolo: Nothing’s really changed
-Fandom: Naruto
-Personaggi principali: : Naruto Uzumaki; Sakura Haruno; Sasuke Uchiha; Ino Yamanaka; Hinata Hyuga; Neji Hyuga; Sai; Shikamaru Nara; Temari; Choji Hakimici; TenTen; Rock Lee; Kiba Inuzuka; Shino Aburame; Akamaru
 
-Coppie: SakuraxSasuke; ShikamaruxTemari; InoxSai; Rock LeexTenTen
 
-Avvertimenti: What if; One-shot
-Generi principali: Generale
-Rating: verde/giallo
-Breve descrizione:
 
Sono passati anni dai tempi dell’Accademia e del Gruppo Sette. I ninja della foglia sono cresciuti, la guerra ha lasciato ferite che mai se ne andranno. E quando le strade di tutti si sono ormai divise, c’è sempre tempo per una rimpatriata.
 
-NdA (eventuali):
Attenzione, questo è un’esprerimento!
Non ho riguardato la storia: voglio osare e inviarla così com’è, per ricevere il giudizio che merita, quale che sia. Va precisato che è stata scritta nel 2009 (se ricordo bene), quindi per forza tiene conto degli avvenimenti della saga solo fino a poco prima della morte di Itachi. All’epoca, infatti, ero arrivata a leggere i tankobon più o meno fino alla sconfitta di Orochimaru da parte di Sasuke. Tutto quanto avviene dopo non è stato considerato e le vicende narrate nella fan fiction sono frutto di una mia personalissima speculazione.
Seconda doverosa precisazione: avevo sedici anni, una psicologia e una profondità diverse. Non dico che all’epoca scrivessi male, ma di sicuro oggi il mio lavoro sarebbe diverso.
Pubblico la storia su Efp per rispettare il nuovo regolamento riguardante i concorsi.
 

“Tutto cambi perché nulla cambi”

 
Quando finisce il Liceo, si prova sempre un certo rammarico, vedendosi costretti a lasciare un ambiente che ormai è diventato familiare. Si scambiano baci, abbracci e si è convinti che, nonostante gli impegni, l’università, il lavoro, non si perderanno di vista gli amici. Alla fine non si ha mai tempo e le promesse di mantenere i contatti cadono nel vuoto.
Tuttavia c’è sempre qualche attivo nostalgico che cerca di organizzare felici e imbarazzanti rimpatriate per riallacciare i rapporti con gli antichi compagni.
Naruto Uzumaki, venticinque anni, fissa con un misto di gioia e paura l’invito scritto con una grafia a lui molto familiare, continuando a rigirare il bigliettino fra le mani sudate, tanto che ormai buona parte dell’inchiostro è passato dalla carta alle sue dita.  “Sakura-chan è stata davvero gentile ad invitarmi” pensa. “D’altra parte sarebbe stato proprio indelicato da parte sua non farlo” aggiunge, subito dopo. Eppure in fondo a sé è convinto che sarebbe stato meglio se l’amica si fosse scordata di lui. L’idea di rincontrare i suoi vecchi compagni dell’Accademia, con i quali ha condiviso cento e più missioni, lo manda leggermente nel panico. Gli altri, a quanto ha sentito dire, sono riusciti a realizzare i loro desideri ed hanno ottenuto posizioni importanti al Villaggio della Foglia.
Lui no.
Non è riuscito a diventare Hokage e, anzi, è ancora un genin.
Non ha conquistato il cuore di Sakura.
E’ un triste scapolo che vive in un piccolo, minuscolo e squallido appartamento.
 
Il ricevimento si tiene nella bella ed elegante villa di Sakura Haruno. La donna indossa un kimono di seta verde, che si sposa perfettamente col colore rosa dei suoi capelli, e, camminando leggera, passa tra gli invitati. Saluta allegra, si ferma a chiacchierare, dà ordini ai camerieri. Naruto, nascosto dietro a una colonna di marmo, la guarda ammirato. Davvero quella giovane donna calma è la stessa ragazza schizofrenica che ha conosciuto?
Il bocciolo di ciliegio è finalmente diventato un magnifico fiore.
Sakura, appena lo nota, si affretta ad andargli incontro.
“Naruto, che piacere vederti.” dice sorridendo e abbracciandolo. Al dito le brilla una fede. Naruto si chiede chi sia il fortunato. La risposta non tarda ad arrivare.
“Sakura, vieni?” domanda da un’altra stanza la familiare voce di Sasuke Uchiha. Anche lui ha una fede al dito. Ha sposato Sakura a diciotto anni, poco dopo il suo ritorno a Konhoa. Hanno già due bambini: Itachi e Tsunade. Due nomi importanti. Naruto si chiede se ne saranno all’altezza.
Così, come un ingranaggio vecchio che viene oliato e prima si muove con lentezza, poi sempre più velocemente, a uno a uno compaiono vecchi amici e conoscenze. Lì, vicino a un divanetto, ecco Ino Yamanaka, con i capelli biondi raccolti in un elegante chignon. A differenza di Sakura, Ino è rimasta la ragazza frivola di un tempo. Indossa un vestito all’ultima moda, molto attillato, che mette in mostra il suo petto prominente. Al suo fianco -Naruto stenta a crederci- sta Sai, in smoking nero. Il tempo non ha cancellato quel suo tipico sorrisetto, né la mania di prendere in giro Naruto.
“Ehi, Naruto, sei sicuro di avercelo?” Questo è il suo saluto. Sarà cambiato poco, eppure ogni tanto un lieve rossore gli colora le guance pallide, soprattutto nei momenti in cui Ino lo sfiora. “È un inizio” pensa Naruto.
“Ciao….Naruto.”
Una vocina timida lo chiama. Il giovane si volta ed ecco comparire Hinata Hyuga, rossa, ma non per questo meno bella, con i capelli neri tagliati a caschetto e una generosa dose di eye-liner attorno agli occhi bianco-viola. Sembra essere a disagio in sua presenza. Il tipico disagio di chi incontra per caso una vecchia fiamma. Perché, per quanto possa raffreddarsi il fuoco della passione, restano sempre le ceneri.
“Congratulazioni per la promozione a jonin.” Naruto dice la prima cosa che gli viene in mente. Non è mai stato troppo pratico in materia femminile. Hinata arrossisce ancora di più e china la testa, imbarazzata, ma sul suo volto appare un sorriso di piacere. Si vede che è contenta del complimento. Contro ogni aspettativa del clan Hyuga, che l’ha sempre considerata l’anello debole, è riuscita a vincere tutte le sue paure e a diventare una jonin in piena regola. Certo, è in ritardo rispetto al cugino Neji, che è stato promosso a diciassette anni. O alla sorella Hanabi, il genio di famiglia che a tredici anni era già jonin. Ma ce l’ha fatta.
Naruto, purtroppo, non ha tempo per restare a parlare. C’è già qualcun altro che lo chiama.
La faccia stanca e insofferente, l’andatura curva, lo sguardo che sembra dire “che cosa ci faccio qui?”. Shikamaru Nara non è cambiato di una virgola. È tanto intelligente quanto svogliato, ma nella sua posizione non può certo permettersi di sottrarsi al lavoro. Shikamaru è l’Hokage.
“Uzumaki, non eri tu quello che sarebbe diventato Hokage a qualunque costo? Sai, perché io non vedo l’ora che qualcuno mi soffi il posto, così posso tornare ad oziare!”
“Guarda che io posso diventare Hokage quando voglio!” ribatte Naruto, esaltandosi.
“Sei il solito esagerato.”
Ma Shikamaru sa qual è la vera ragione per cui l’amico non ha ancora realizzato il suo sogno: i vecchi consiglieri di Tsunade non si fidano di lui. È la colpa di chi è stato una forza portante e ha condiviso il corpo con un demone. Gli anziani hanno paura di lui o, forse, sarebbe più corretto affermare che hanno paura di tutti i giovani. La vecchia generazione teme la nuova perché potrebbe toglierle il potere. E, in parte, lo ha già fatto.
“Insomma, Shikamaru, vuoi muoverti?” grida una sensuale voce femminile, con un timbro vagamente etnico, come la donna a cui appartiene. Ha i capelli capelli biondi sciolti sulla schiena e un corpo forte fasciato in un kimono nero. Temari si fa aria col ventaglio, su cui è ricamata in oro il simbolo di Suna, la clessidra, mentre chiama il marito con voce impaziente. È l’unica invitata esterna. A Naruto avrebbe fatto piacere salutare Gaara e Kankuro, ma il primo è sommerso dai doveri da Kazegake e il secondo è impegnato in una missione diplomatica nel Paese delle Nebbie.
“Sembra che il tuo destino sia quello di essere sottomesso alle donne, eh, Shikamaru!” lo punzecchia Naruto. “Prima tua madre, poi Tsunade e ora Temari!”
“E mia figlia…” aggiunge sconsolato quello, mostrando una foto. Ritrae una bambina di due anni che ride vivace.
“Mi ha già schiavizzato!” mormora, prima di andarsene da Temari.
“Povero Shikamaru, non è fatto né per essere marito né per essere padre. Figuriamoci poi con una moglie così e due figli” commenta un giovanotto robusto, avvicinandosi a Naruto. Choji Hakimichi è tanto alto da sfiorare il soffitto e il bicchiere di cristallo nelle sue enormi mani sembra una fragile farfalla che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Può continuare pure a dire che non è grasso, solo robusto, ma Naruto rimane del suo parere. “Choji, sei sempre un ciccione” grida, incurante della vena violacea che ha cominciato a pulsare sul collo taurino di Choji.
“Non sei cambiato per niente, Naruto. Purtroppo.” borbotta, sfregandosi una barba rossiccia di cui va piuttosto fiero. Non perde occasione per vantarsene e le sue mani salgono sempre a strofinare il mento.
“Nemmeno tu. Non sapevo che Shikamaru avesse due figli.”
“Non è proprio così…”
Choji racconta a bassa voce, come se volesse mantenere segreta la faccenda, che Shikamaru ha adottato anche il bambino di Kurenai Yui, dopo che quest’ultima è morta in una missione. Una delle ultime contro l’Akatsuki. È morta seguendo un desiderio di vendetta nascosto in fondo al cuore e finendo divorata, mentre respirava ancora, dalla pianta cannibale Zetsu.
“Io c’ero, l’ho vista. È stato terribile. Non aspettato neppure che fosse morta, quel maledetto” mormora Choji, stringendo i denti e il bicchiere. “Be’, ci vediamo dopo!” conclude, allontanandosi. Dietro di lui lascia una scia di polvere di vetro. Tutto ciò che resta del calice. 
Nel cortile della villa Kiba Inuzuka cammina avanti e indietro accanto al vecchio cane Akamaru. La bestia è sdraiata, con la testa stancamente adagiata sulle zampe, ma ogni tanto solleva gli occhi umidi e intelligenti. Kiba addestra cani ninja e Akamaru è sempre al suo fianco, nonostante ormai sia troppo debole per allenarsi. Kiba sta parlando con un uomo tarchiato, che solleva il bavero della giacca e infossa la testa nel collo. Naruto riesce a riconoscerlo proprio grazie a questa sua tipica mania di nascondersi: è Shino Aburame, il ninja più schivo che abbia mai conosciuto. È strano vederlo così pulito, senza una schiera di insetti al seguito. Senza mosche attorno o formiche e scarafaggi nei vestiti. Quando vede il ninja biondo, Shino fa un gesto secco con la mano, prima di riprendere a parlare con Kiba, che, a sua volta, saluta Naruto. Akamaru abbaia felice.
Ora, per completare il numero degli invitati, mancano soltanto i membri della squadra di Gai. Eccoli lì, in piedi attorno a un tavolino, intenti a mangiare stuzzichini. C’è Rock Lee, col suo caratteristico taglio di capelli a scodella. C’è Neji Hyuga, in kimono bianco, con una benda sulla fronte a coprire il marchio a svastica della casata cadetta. C’è Ten Ten, con i capelli castani sciolti e trattenuti da un pettinino. Anche loro salutano allegramente Naruto e Rock Lee si avvicina. Gli dice, orgoglioso, di essersi da poco fidanzato ufficialmente con Ten Ten e si meraviglia della sua faccia sorpresa.
“Ma tu non eri innamorato di Sakura?” domanda Naruto.
“Storia vecchia.” risponde Rock Lee, piegando ripetutamente l’avambraccio all’indietro, come a dire: “E’ stato tanto tempo fa.”
Nella sala ci si saluta, si chiacchiera, si scambiano baci e abbracci. Si rompe il ghiaccio, insomma, in attesa che la padrona di casa chiami per la cena.
Questa viene consumata nel più perfetto stile giapponese. Sakura ha preparato una serie di bassi tavolini laccati di nero, attorno ai quali ci si possono sedere, su morbidi cuscini rossi,  tre persone. Tre è il numero di ninja da cui è composta una squadra. In tutto ci sono quattro tavolini, due dei quali, però, ospitano quattro persone. Temari siede vicino a Shikamaru e ai membri del gruppo di Asuma; Sai sta con il gruppo sette, quello di Naruto. Il biondo non sembra essere troppo contento della sistemazione e nemmeno Sasuke, a dire il vero.
Con questa sistemazione, Sakura ha avuto l’accortezza di dare a membri di uno stesso gruppo la possibilità di parlare con un minimo di intimità.
Le pietanze, poi, sono squisite. Non solo specialità locali, ma anche cibi esotici, importati da altri Paesi. Solo Naruto, pur abbuffandosi, ha il coraggio di dire che, sì, Sakura è un’ottima cuoca, ma il ramen di Ichiraku è migliore. La donna socchiude gli occhi e, per un attimo, ritorna la vecchia ragazza così facile all’ira. Nessuno si meraviglierebbe se spedisse Naruto a gambe all’aria con uno dei suoi famosi malrovesci. Ma è un’ombra passeggera e se ne va in fretta.
Improvvisamente il brusio tipico delle cene cui partecipano molte persone, viene interrotto da una fragorosa risata. È Sai. Naruto non crede alle sue orecchie, abituato alla fredda mancanza di emozioni dell’allievo di Danzo. E stupisce ancora di più il fatto che a provocarla sia stata una battuta di Sasuke, che si unisce al riso a sua volta.
“Che cosa c’è di così divertente?” domanda Naruto, offeso di venir tagliato fuori dalla conversazione.
“Tu. Parlavamo di te e delle tue continue gaffes.” risponde, sempre ridendo, Sasuke. “Tu l’hai conosciuto a sedici anni, quando era già un po’ più maturo. Avresti dovuto vederlo a dodici! Era uno dei peggiori all’Accademia, ma continuava a ripetere che sarebbe diventato Hokage. Un disco rotto. Il suo massimo era di inventare nuove tecniche erotiche!” continua, rivolgendosi di nuovo a Sai. Naruto ormai è diventato color bordò.  Spera solo che Sakura non si unisca alla conversazione.
“Ma dimmi, Naruto, cosa hai fatto in questi due anni cha hai passato in giro per il mondo?” chiede Sasuke, ritornando di colpo serio. Naruto fa un gesto vago.
“Ho viaggiato, mi sono allenato, ho cercato informazioni su Alba… e sulla mia famiglia.” L’ultima parte è quasi un sussurro. Naruto ripensa al suo viaggio nel Villaggio del Turbine, alla ricerca di notizie su sua madre, Kushina Uzumaki. Gli abitanti del villaggio lo avevano accolto sorridendo, dicendo che si ricordavano bene di Kushina, quella ragazza vivace dai capelli rossi. Era scappata con uno della Foglia, una brava persona, per carità.  Un giovanotto biondo e allegro. Proprio una brava persona. Avevano sentito dire che era morto, che peccato. Gli somigliava un po’. I vecchi si erano illuminati alla notizia che lui era il figlio di Kushina. Purtroppo non avevano notizie di lei da quando se ne era andata, anzi, speravano che lui ne sapesse qualcosa. Proprio niente? Non l’aveva nemmeno conosciuta? Che peccato; un vero peccato! In compenso gli avevano presentato una serie di zii e cugini di vario grado, che Naruto non avrebbe mai immaginato di avere. Tutto il clan Uzumaki. Infine erano venuti a salutarlo alla partenza e a ricordargli che, se avesse voluto, lì avrebbe sempre avuto una famiglia.
“Scusate” esordisce Sakura, alzandosi “propongo un brindisi a tutti noi. Alle nostre ‘avventure’ passate e a quelle che verranno” e alza il calice pieno di vino rosso. Tutti la imitano e si risiedono. Solo Naruto rimane in piedi.
“Un brindisi anche per tutti quelli che non sono più con noi.”
Per un attimo sulla sala scende un doloroso silenzio e il ricordo dei presenti vola alla sanguinosa guerra contro Alba che ha portato via i loro maestri. Che ha distrutto Konoha.
“A Jiraya”. Naruto è il primo ad alzare il calice,
“Al maestro Kakashi” continua Sasuke.
“A Tsunade”
“Al maestro Asuma”
“A Kurenai”
“Al maestro Gai”
Si levano calici e voci. Quindi, dopo qualche secondo di quiete, riprende il brusio, l’atmosfera torna felice. Si raccontano aneddoti sul passato e perfino gli episodi tristi acquistano una luce allegra.
 Il tempo cura tutte le ferite.
“Sakura, avrai anche conquistato Sasuke, ma hai ancora quella fronte mostruosa!” grida Ino dall’altro capo della sala.
“Non tanto quanto la tua!”
Naruto se ne accorge solo ora, ma l’amica tiene tra i capelli un nastro di un rosso sbiadito. La donna se lo sfila, lo tiene teso tra pollice e pollice prima di fermarlo nuovamente  vicino alla tempia grazie ad un fermaglio di madreperla.
Ridendo e scherzando, arriva il dolce: torta al cioccolato, biscotti di riso e squisiti pasticcini alla frutta. Persino in questo frangente Naruto ha di che lamentarsi. Ma sono tutti troppo sazi e calmi per rimproverarlo. I domestici stanno già sparecchiando quando dal tavolo di Hinata si leva un vocio.
“Dai Hinata, non essere timida” . Kiba sta esortando l’amica ad alzarsi e le dà delle gomitate. “Forza”. Indecisa tra il parlare in pubblico e l’avere i fianchi doloranti per le gomitate, Hinata sceglie la prima possibilità.
“Scusate….volevo proporre anch’io un brindisi”. La voce timida le trema e il bicchiere nelle sue mani sussulta. “Che possiamo diventare jonin bravi come lo sono stati i nostri maestri” conclude in fretta, mangiandosi le parole, desiderosa di risedersi. Gli altri applaudiscono. Hinata vorrebbe solo nascondersi.
“Visto? Non è stato così difficile”sorride Kiba.
“Naruto, quando pensi di fare l’esame di selezione dei Chunin?”domanda Shikamaru con voce strascicata.
“Forse alla prossima occasione” borbotta Naruto stizzito. “Non sono sicuro, però.”
È arrabbiato con Shikamaru che ha interrotto le sue fantasie di gloria e l’ha riportato bruscamente alla realtà. Ora più che mai sente il divario, il baratro che c’è tra lui e gli altri. I suoi compagni sono cresciuti, sono migliorati, sono andati avanti. Lui è rimasto fermo. Shikamaru se ne accorge. “Presto ci raggiungerai, vero?” continua con tono fiducioso.
“Ci puoi giurare!”. Naruto è tornato baldanzoso come sempre.
In fondo non è questo lo scopo di una rimpatriata? Rivedere gli amici e notare che, nonostante tutti i cambiamenti, sono sempre gli stessi. Meravigliarsi, esclamare “ma è proprio lui?” e, infine, accorgersi con gioiao rammarico, dipende dalla situazione, che la sostanza interna non è mutata.
Ormai la notte ha preso il posto della sera. Sono tutti assonnati per il caldo, il cibo e il vino. Persino un po’ brilli. A Sai, che è astemio, sono bastati due bicchieri per ubriacarsi di brutto. Ora non fa che ridere e gridare frasi oscene, buona parte delle quali sono dirette a Naruto,  C’è giusto il tempo per un’ultima chiacchierata, in piedi nel cortile, con gli occhi a fissare le stelle. Giusto il tempo per scambiare gli ultimi abbracci prima di tornare ognuno alla propria casa, magari barcollando un po’. E sono ancora promesse di rivedersi, di non perdersi più di vista. Promesse che certamente non saranno mantenute, ma che forse rimarranno in fondo alla memoria, come la polvere nei cassetti. O che forse si dissolveranno nell’aria, portate via dalla brezza notturna.
 

 
   
 
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