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Autore: Sphaira    03/08/2013    5 recensioni
[League of Legends]
Questa one shot è ispirata alla storia del Campione Thresh, il Carceriere. Il suo passato è un mistero, ma alcuni racconti lo identificano in un personaggio vissuto molti molti anni fa...
Genere: Fantasy, Horror, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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«Finalmente ti abbiamo preso!»
«Mostro!»
Le urla erano tonanti tutto intorno, ma non mi spaventavano.
«Molti nostri compagni avrebbero voluto assistere a questo momento.»
«La tua tirannia è finita!»
Una risata sguaiata seguita da uno sputo cercò di turbarmi ancora una volta, inutilmente. Nel mentre, molte altre voci alte e sprezzanti si accavallavano insieme a sghignazzate, insulti e perfino bestemmie. Due omoni muscolosi mi tenevano sollevato in aria per le braccia, e mi scuotevano continuamente, per sottrarmi alla folla inferocita che mi voleva ammazzare personalmente. Ma io non facevo che pendere inerme dalle loro prese, guardando un punto indefinito oltre la marea di teste, impassibile e senza dire una parola. C’era qualcosa di più interessante in quel momento cui intendevo dare ascolto. Una melodia dolce e carezzevole, delicata e crudele allo stesso tempo, che aveva accompagnato tutta la mia vita fin dalla più tenera età, anche prima di iniziare a lavorare, e che mi eccitava selvaggiamente.
Le catene che mi pendevano dal collo, dai polsi, dalla cintura, dalle braccia...
Il loro suono è inebriante.
«Poveri illusi...» mi spinsero a mormorare coi loro tintinnii, convincendomi ad alzare sempre di più la voce. «Dopo questa rivolta tornerete tutti nelle vostre celle. Sarete ancora dei prigionieri! E se non sarò io, saranno le mie catene a non lasciarvi mai!»
Puntai le mie iridi verde acqua in quelle di ognuno dei presenti, che ammutolirono per qualche istante. Lessi nei loro sguardi la cattiveria che emanavo. Allora la mia risata fiera, folle e trionfante imperversò su di loro. Non mi interessava affatto della loro reazione, quindi rigirai il coltello nella piaga.
«Non vi lasceranno mai! Mai, mai, mai! MAI!!»
E mentre davo sfogo a tutta l’aria che avevo nei polmoni, anche il resto dei presenti fece altrettanto in preda alla rabbia. Sapevo che il loro obiettivo era riuscire a terrorizzarmi come riuscivo io nel carcere, annunciandomi con i consueti “cling clang” che accompagnavano il mio passo. Ma non immaginavano nemmeno con chi avevano a che fare.
«IMPICCATELO!»
Una voce acuta e stridula sovrastò le altre, che poi contagiò un coro di approvazione, poi qualcun altro mi diede ancor più motivo di ilarità.
«USATE LE SUE STESSE CATENE!»
 
Presto mi ritrovai sulla pedana mobile con le mie stesse armi al collo, in attesa del grande evento con un ghigno sulle labbra. Una grande moltitudine di persone acclamava il boia già in posizione, impaziente di vedermi penzolare. I carcerati avevano gestito egregiamente la loro rivoluzione contro il loro guardiano, e avevano allestito la pedana nella piazza centrale della città indisturbati dalle autorità. Molti curiosi accorsero, tra cui anche molte donne. Erano tutti vestiti di nero, e le presenze femminili avevano nastri neri tra i capelli a simboleggiare il loro status di vedove. Non mi fu difficile indovinare il perché dei loro sguardi carichi d’odio. Mi sentii ancora più orgoglioso di me stesso.
«Una festa di vendetta molto in grande vedo» commentai voltandomi verso il boia mascherato, che da sotto l’inquietante velo nero mi guardò gelido. Non mi scomposi.
«Quello che ti meriti.»
Seguirono attimi di silenzio tra di noi.
«Preparati a morire.»
Feci giusto in tempo a riprendere fiato prima che mi mancasse il terreno da sotto i piedi. Mi ritrovai a dondolare nel vuoto a molto poco da terra, ancora ridendo. Forse volevano vedermi cercare di raggiungere inutilmente il suolo per permettermi di riprendere aria ancora una volta, ma fui ostinato a non dare loro soddisfazione fino alla fine. E poi non ne avevo bisogno. Morire o vivere non mi faceva differenza.
Lo scopo della mia vita era tormentare, tormentare, tormentare.
«Il mio sguardo! Guardatelo bene!» Tossii. «Sarò il vostro incubo finché non morirete tutti!»
 

~ ~ ~

 
«Si racconta che centinaia di anni fa, in un posto ora sconsolato, freddo e deserto, sorgesse un piccolo paese il cui punto di forza era la giustizia. La popolazione corrotta non si faceva problemi a commettere reati, omicidi e infrazioni, per cui le autorità a capo della piccola comunità organizzarono una ferrea raccolta di leggi che riempì in poco tempo un carcere intero. Tuttavia l’ultimo guardiano superò per cattiveria e crudeltà tutti i detenuti, per cui nessuno si oppose alla rivoluzione segreta che la popolazione organizzò per vendicare le sue ingiurie. La storia racconta che era un bellissimo giovane dal colorito pallido, esile e alto, dai capelli neri come la pece che entravano in freddo contrasto con i suoi occhi chiari, d’un verde acqua acceso, che lampeggiavano di malvagità. Dopo la sua impiccagione non si hanno più notizie di come la città sopravvisse, come se ad un tratto fosse stata cancellata. Si sa solo una leggenda a riguardo...»
Il ragazzino che stava raccontando la storia fece una pausa ad effetto, facendosi tutto impettito di fronte al piccolo falò che aveva sistemato vicino ad un bosco con dei suoi amici per raccontare delle storie dell’orrore. Due ragazze si strinsero ancora di più nel loro abbraccio, e il secondo ragazzo deglutì.
«...lo spirito del guardiano sopravvive ancora, e tormenta chiunque trovi sulla sua strada con le sue catene fino a farlo impazzire.»
«Uuuuuh» fece una delle due ragazze, tremolando, simile ad un fantasma ma più per un brivido vero e proprio che per sostenere l’atmosfera. «Da far accapponare la pelle.»
«Scommetto che adesso non sarete più in grado di sentire delle catene!»
«Ah, dici di no, eh?!»
Il ragazzo narratore si alzò in ginocchio, soddisfatto dell’effetto della sua storia sui coetanei, e rise nel modo più malvagio che gli riuscì. Ma quando un’altra risata, bassa e sinuosa, indistinta, si sovrappose alla sua, tornò a sedere e guardò impaurito i suoi amici, chiedendosi chi fosse. La stessa reazione si rifletté negli sguardi e nei movimenti degli altri mentre il suono rimbombò sfumando tutto intorno. Tutti si girarono verso un debole bagliore verdino che passò tra gli alberi, diventando sempre più vicino. Diventò sempre più nitido il rumore di passi che schiacciavano l’erba sottostante, e presto il ritmo tinniente delle catene si fece strada nel silenzio.
«E-ehi tu!» alzò la voce il narratore, balzando in piedi mentre anche gli altri seguirono il suo esempio. «Se stavi ascoltando e hai deciso di farci uno scherzo non è divertente!»
Il suono delle catene continuò insistente.
Un grido acuto di una ragazza squarciò la notte degli orrori, e i quattro adolescenti corsero via a gambe levate verso la casa del più vicino dei quattro, per rintanarsi lì.
Thresh, l’antico spirito del Guardiano del Carcere, sogghignò ancora una volta, fermandosi vicino al fuoco testimone del racconto dell’orrore. Si sentì particolarmente soddisfatto del fatto che si parlasse ancora di lui a distanza di così tanti anni, e fu ancora più felice di essere riuscito ad atterrire con così poco la banda di ragazzini. Rimase a contemplare lo sfrigolio delle fiamme e poi il paesino che si vedeva non molto lontano da lì per diversi istanti prima che, col suo mantello metallico, spegnesse il piccolo falò. Ora, l’unica luce che rischiarava debolmente i fili d’erba era il bagliore di cui riluceva lui stesso e la sua lanterna, colma di anime in preda al terrore, sia recenti che antiche anche di secoli.
Come aveva detto in passato, il suo unico scopo, non era vivere, ma tormentare. E l’avrebbe fatto fino alla fine dei tempi.

  
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