- … E ADESSO E’
NEVE. –
Ethude – Il Gigante e la
Bambina.
Il gigante e la bambina sotto il sole contro il vento
in un giorno senza tempo camminavano tra i sassi
camminavano tra i sassi [...]
Praga,
11 Ottobre 2015.
Grigio…
Il cielo
è sempre grigio in questa città.
Un
colore che varia di sfumatura in sfumatura, ma che in fondo, resta sempre lo
stesso.
Non
ricordo un solo istante in cui esso sia stato di un altro colore…eppure ci sono
tanti colori che un cielo può assumere…
Non
piove, ma il cielo è sempre, costantemente grigio.
E
questo non è un buon segno…
Sapevo
che questa città mi sarebbe piaciuta.
Mi
inghiotte. Mi fa suo. Ed è bellissima questa sensazione…
Mi
mimetizza con essa, rendendomi invisibile agli occhi di chi non vuole vedermi.
Sì,
questa città mi piace davvero molto.
Credo
ci resterò un bel po’. Dopotutto, non ho alcuna fretta di andar via…
C’è
molta, moltissima gente qui. Mi piace osservare i figli di Lilith..
Mi
piace la loro capacità di ergersi dalla massa.
Li
trovo affascinanti.
Sono
profondi, molto profondi.
Così profondi, ma nello stesso tempo così fragili…
Tiro
fuori il mio violino, e mi unisco al piccolo concerto che gli artisti di strada
stanno tenendo sul questo antico ponte ove sotto il Moldava continua lento il
suo corso…
Dunque
dunque…che melodia potrei suonare? Chopen ? Mozart? Puccini?
Rido
di me stesso, a volte anche ad un essere come me piace farsi delle domande
stupide…
Non
ho alcuno spartito con me, non ho alcuna conoscenza della musica, né conosco
altra melodia all’infuori di Ode to Joy. Ma mi piace pensare che il mio
repertorio musicale, in fondo, potrebbe essere un po’ più vasto…
Mi
appoggio alla statua di uno dei tanti Re esposti quassù. Ed inizio a suonare la
mia melodia….
Che
forse, in mezzo a tutta questa confusione, non verrà ascoltata da nessuno…
Si
sentirà appena…..come quella brezza che soffia leggera leggera nella grigia
coltre autunnale….
Se
c’è una cosa che i figli di Lilith non hanno, è proprio la capacità di
ascoltare….
La loro
mente è troppo impegnata ad altro, per fare ciò…..
Ma
suono ugualmente….
Suono ,perché non si sa mai..
Non
si sa mai chi potrebbe passare, da un momento all’altro. Non si sa mai che cosa
puoi richiamare con un semplice gesto..
Forse
niente. Forse tutto. Chi lo sa….
Chiudo
gli occhi e lascio che l’archetto strofini nella sua leggerezza le corde dello
strumento..
Avverto
le ombre , proiettate quasi impercettibilmente su di me…
Le
sento pesanti, volgari, indifferenti…
Non
sono loro che possono sentire la mia melodia…
Non
possono esserlo.
Ma
io non ho fretta. La mia missione, tra l’altro, è appena iniziata…
“…che
noia….”
Apro
gli occhi. Smetto di suonare.
Guardo
in avanti in cerca della proprietaria di quella voce seccata.
La
vedo.
Sarà
stata alta circa 1 metro.
Piccola.
Bassa, e con dei fili d’oro che le ricadevano incorniciandole il viso.
Una…bambina?
Era una bambina quell’individuo che avevo dinnanzi?
Durante
la mia brevissima permanenza in Giappone, non credo di averne viste…
Sono
fatte così?
Sono
queste le anime candide?
il gigante e' un giardiniere la bambina e' come un fiore
che gli stringe forte il cuore con le tenere radici
con le tenere radici con le tenere radici.
“Cosa…sei
tu?” Sbiascico, scostando il violino dalla spalla.
Non
mi da retta.
Corruga
maggiormente la fronte.
“Suona
questa melodia tutti i giorni, Signore….non ne conosce un’altra?”
“No…”
“Perché?”
“Perché
conoscere questa è come conoscerle tutte.”
Il
suo viso si stringe di più, mentre una folata di vento freddo soffia
imperterrito su di noi…
Riesce
a trattenere a stendo il cappellino rosa di lana che teneva sulla testa.
Si
siede per terra, mentre io mi abbasso per riporre il violino nella sua
custodia.
Continua
a fissarmi. Interessata.
“Ha
smesso di suonare?”
“Sì…”
“Perché?”
“Perché
la canzone è finita. Non è bello ripetersi.”
“Uhmm..” Poggia i gomiti sulle ginocchia, sorreggendo
con le mani il viso.
“Signore?”
“
uh?”
“Come
si chiama la canzone?”
“Si
intitola “Inno alla Gioia” di Beethoven. ”
“Chi
è Beethoven?”
Sorrido.
“Colui
che ha fatto questa canzone, a quanto pare…”
“……..”
Strofino
accuratamente le corde dell’archetto con un panno…
”……..”
“Signore?”
E’
strano sentirmi appellare con questo nome…
Ma rispondo
ugualmente, volgendole lo sguardo.
Perché
fa tante domande?
“Chi
sei?”
Piego
il panno e lo metto in tasca.
“Mi
chiamo Kaworu. Kaworu Nagisa.”
Ne
resta un po’ delusa…
“Che
strano nome…” Sbiascica piano piano…
“Io
sono Anèta!” Esclama dopo.
Sorrido
al suo nome, mentre con una mano chiudo la custodia del violino.
Mi
rialzo, lei invece resta lì seduta.
Vado
per voltarmi, ma sento di nuovo la sua voce che mi chiama…
”Te ne vai via?”
“Sì…”
“Vai
a casa?”
Vado
a casa?
“Beh…diciamo
di sì…”
Si
rialza. Mi accorgo solo allora che i suoi piccoli piedi sono nudi
Non
avevo mai visto nessuno a piedi nudi per strada, da quando sono arrivato…
Mi
fissa sempre. Il suo sguardo non mi lascia indifferente. Ha qualcosa di strano…
“Posso
venire con te?”
“Io
abito molto lontano da qui…”
“Anche
io abito molto lontano da qui…quasi a Praga nove!”
“Io
abito molto più lontano di te….”
“Davvero?
Dove abiti?”
“Lontano…”
“Lontano
dove?”
“Lontano.”
Come
si può definire colui che non appartiene a questo piccolo, indifeso pianeta?
“Ah….”
Ancora,
ne è delusa.
Non
capisco le sue motivazioni. Ma i suoi occhi sono ora rattristati.
Sembra
che le mie risposte non siano quelle da lei sperate…
“…………”
“Signore?”
“Mi
chiamo Kaworu.”
Non
posso permettere che lei continui ad appellarmi con questo nome.
Ignora
ancora la mia ultima frase.
“Posso
venirti a trovare anche domani?”
Mi
domanda quasi dispiaciuta…
Sorrido.
“Certo…”
Dicendo
queste parole, presi il mio violino, lo poggiai sulle spalle e, avvicinandomi
alla folla, lasciai che essa, ancora una volta, inghiottisse.
Lei?
Chissà…
Mi
è stato detto che le anime dei bambini sono misteriose…
e la mano del gigante su quel viso di creatura
scioglie tutta la paura e' un rifugio di speranza
e' un rifugio di speranza e' un rifugio di speranza.
~*~
Si,
Praga mi piace ancora di più adesso. Possono farsi incontri strani…
Una
bambina…chi l’avrebbe mai detto!
Tra
l’altro, la piccola Lilim ci aveva preso gusto.
Tornò
il giorno dopo.
“Signor
Kaworu!”
Di
nuovo la sua vocina stridula.
Di
nuovo con gli stessi abitini pesanti, dai colori sfarzosi, disabbinati tra
loro.
Di
nuovo gli stessi piedini nudi, sullo stesso ponte.
Perché
proprio io, poi?
Ci
sono così tanti artisti di strada molto più attraenti di un violinista in frac,
che suona ogni giorno alla stessa ora, sempre la stessa, noiosa canzone…
“Oggi
sono venuta prima!” Esclama.
Lei,
sempre così allegra e pimpante…la sento in totale disarmonia con la mia
persona, sempre terribilmente pacata e silenziosa. Perché viene da me?
“Sono…sono
venuta prima perché volevo sentire suonare la sua canzone sin dall’inizio
questa volta!”
Si siede incurante per terra, unica spettatrice di questo modesto teatrino.
Il
suo sguardo suscita in me strane
emozioni. I suoi occhi chiari sembrano voler percepire la mia essenza…
Cosa
vuoi da me, piccola anima candida? Trovi rifugio nella mia musica?
Di
nuovo, come al mio solito, ecco il librarsi dell’archetto sulle corde del mio
antico violino…
E’
questo che vuoi?
Ecco
nascere da esso la melodia che ha portato il genere umano ad elevarsi, contraddistinguendosi dalla massa..
Ecco
L’Inno alla Gioia.
Da
gioia anche a te?
No….
E’
impossibile…
Cosa
vuoi che ne capisca una piccola figlia di Lilith?
Suono
le ultime note. Ultime note di una melodia a cui l’uomo ha dato un termine
artificioso, brusco…
In
un mondo finito, si cerca di dare un termine a tutto.
Anche
ad una melodia che sarebbe stata infinita in qualsiasi altro posto
dell’universo, fuorché la Terra…
Al
termine della canzone, rimane ancora lì, per terra, con gli occhi chiusi. Non
si muove.
E
con lei, sembra essersi fermato anche tutto ciò che ci circonda.
Questa
volta. Non ripongo neanche io il mio
violino.
“Ne
ho imparato un’altra, sai?…”
La
mia frase sembra aver ridato vita al mondo circostante.
I
birilli dei giocolieri riprendono a volteggiare, le persone ricominciano a
pestare i mattoni di questo vecchio ponte di pietra, la vita, la gente…tutto
ritorna a scorrere con la corrente del fiume…
Apre
gli occhi solo allora.
“Come?”
“Ho
imparato a suonare….un’altra melodia, se ti va di ascoltarla….è la Vie En
Rose.”
”No, non importa….”
“Non
trovavi noiosa questa sinfonia?”
“E’
che non l’avevo ascoltata sin dall’inizio come ho fatto questa volta…”
Abbasso
l’archetto. La figlia di Lilith capisce davvero..
Non
conosco la Via en Rose, né tantomeno so suonarla.
Mi
servo di questa piccola bugia per evincere molte cose.
Ha
capito. La piccola figlia di Lilith ha capito…
“Non
puoi suonarla di nuovo, vero?”
“Purtroppo
no.”
“Perché?”
E’ curiosa.
Proprio
come me, del resto. Io trovo interessanti loro, loro trovano interessanti me.
Può definirsi uno scambio alla pari, d'altronde .
Rivolgo
lo sguardo verso le acque del fiume.
“Vedi
le acque di questo fiume? Possono scorrere solo una volta sotto questo
ponte….non è concesso loro passare una seconda volte da qua sotto. Tutto deve
scorrere con la corrente, in questo mondo…”
“E
perché?”
La
guardai. Alzai le spalle.
“Perché
è così…”
“Tornerai
a suonare la tua canzone anche domani?”
Mi
chiede, nel vedermi riporre nuovamente a posto il mio strumento, segno che stavo
per allontanarmi da lei di nuovo, come il giorno precedente…
“Sì,
certo…”
“Allora
domani ritornerò ancora.”
Le
sorrido mentre la guardo.
E’
quasi uno sgarbo per me, vedere che non è affatto interessata a scoprire la
natura del mio sguardo cremisi…
“Adesso
torni di nuovo a casa?”
“Sì…”
“Ma…è
così lontana casa tua?”
“Lo
è….”
“Più
lontana di Praga nove?”
In
confronto alla mia dimora, la distanza che ci separa da Praga nove non sarebbe
neanche comparabile alla distanza che separava la mia persona dalla sua, in
quel momento….
“E
verso dov’è? Per di là ?” Indica verso sud con un braccio, e poi verso
nord.
del gigante e la bambina si e' saputo nel villaggio
e la rabbia da' il coraggio di salire fino al bosco
di salire fino al bosco di salire fino al basco
La
sua ingenuità è spiazzante. Se fosse stata luce, la sua innocenza avrebbe
illuminato anche la stella più sperduta nei meandri del cosmo…
Sento
il dovere di risponderle, questa volta.
“No,
è da quella parte.” Indico il cielo.
Guarda
in alto anche lei, la sua espressione diventa confusa, poi incredula.
“Davvero??”
“…….”
“Davvero
abiti lassù ???”
Annuisco.
“Posso
venire con te?? Ti prego! Posso? Posso?!?” Nei suoi occhi luccicava la Gioia.
“Mi
dispiace, ma questo non è possibile…”
“Perché!?
Perché non è possibile!?” Sta ritta sulle punte dei piedini nudi. Stringe i
pugni sul petto.
Mi
chino, raggiungendo la sua altezza.
Voglio
essere sicuro che ella mi guardi negli occhi, quando le dirò quelle parole..
“Perché…tu
sei fragile. Fragile come il vetro…”
Mi
rialzo.
Ancora, non sembra esser rimasta impressionata dai miei occhi sanguigni, però
smette di insistere.
Non
mi guarda più. China il viso.
“E’
per questo che non posso venire a casa tua?”
Non
rispondo.
“E’
così?” Alza gli occhi di scatto.
“Sì…”
Rispondo.
Mi
incammino per andare via, ma sento ancora ella che mi trattiene per un lembo
della mia giacca nera.
Chino
nuovamente gli occhi a guardarla. Riacquista il suo sorriso. Che tipo volubile.
“………..”
Guardo
l’orologio. E’ tempo di andare…
Saluto
la bambina, questa volta. Lei rimane lì, come il giorno precedente. Mi osserva
sino a quando non scompaio nella folla, poi non so dire che fine abbia fatto…
Nessuno
sa che strade può mai percorrere un’anima candida….
~*~
Credo
di essermi fatto un idea tutta particolare sugli artisti di strada:
Calamite.
Sono
delle calamite.
Gli
artisti di strada hanno la capacità di
attirare chiunque avesse del “metallo prezioso” nelle tasche. Era questo il
loro scopo.
Una
sorta di elemosina ripagata dal loro spettacolo artistico.
Il
mio obiettivo non è quello di avere il loro denaro…non me ne sarei fatto nulla,
del resto. Quindi…posso ancora considerarmi artista di strada?
Non
ho un pubblico. Non ho nessuna acrobazia da presentare.
Ho
solo il mio violino, e lei.
Lei.
Che
aveva riservato a me ed al mio violino tutta la sua attrazione, esattamente
come gli artisti di strada attiravano il resto dei passanti…
Forse
perché a differenza degli altri, non vi
metallo nelle sue tasche, da attirare a se…
Lei,
Che
da quel giorno, non aveva perso un solo appuntamento con la mia musica.
Avevo
giusto il tempo di estrarre il mio violino dalla custodia, quando lei, con quei
suoi piedini nudi, la vedevo comparire lì dinnanzi a me…
Con
il fiato ancora pesante, mi salutava e si sedeva per terra. Ascoltava la
sinfonia nascere dalle corde del mio violino, e poi, eccola di nuovo a
tempestarmi con le sue domande. Sempre le stesse, del resto.
“Domani
ti farò una sorpresa.” Mi aveva detto
il giorno prima, alcuni istanti prima di andarmene.
“Uhm?”
“Sì,
ti farò una sorpresa! Sono sicura che ti piacerà!” Ammiccò un sorriso deciso.
“Di
cosa si tratta?”
Portò
le manine ai fianchi. “Una sorpresa è una sorpresa! Non posso dirtelo!”
Sorrisi
anche io…
“Allora…l’attenderò!”
“Mi
raccomando, Sii puntuale!”
“Lo
sarò.”
Una
sorpresa….
Non
avevo prestato molta attenzione alle sue parole, ieri.
Mi
sono tornate automaticamente in mente, solo adesso.
C’è qualcosa di strano sul ponte, oggi.
Quella staticità non è normale.
Sembra
come se le persone stessero oscillando.
La
musica ha lasciato il posto soltanto ad un
vociferare disturbante. Chiassoso.
I
turisti non avanzano più . Sono tutti raggruppati in punto ben precisato del
ponte: il posto che ero solito ad occupare.
Non
so cosa sia successo. Me lo domando, ma non trovo risposta. Guardo in giro.
Visi lividi, preoccupati, sconvolti.
il gigante e la bambina li han trovati addormentati
falco e passero abbracciati come figli del signore
come figli del signore come figli del signore.
Sembra
come se una coltre di ghiaccio si sia abbattuta improvvisamente sulle persone
ibernando chiunque vi fosse sotto.
I musicisti avevano smesso di suonare, gli acrobati di esibirsi, persino i pittori avevano abbandonato i loro acquarelli al vento…
Il
tempo si è congelato.
Altre
auto a sirene spiegate irrompono senza alcun contegno in questo posto Sacro,
unendosi ad altre già giunte poco
prima.
C’è
troppo chiasso. C’è troppo rumore. Non mi piace più questo posto.
“Si
tratta di una ragazzina! Si, di una ragazzina all’incirca sui cinque - sei
anni! Probabilmente una di quelle zingarelle appartenenti al campo nomadi di Praga
nove. E’ già stata portata via. Pare sia scivolata nel fiume.” Un uomo comunica
ad una ricetrasmittente che fa i capricci.
Il suo tono di voce è grave, così come il tono di tante altre persone lì
presenti.
“Sì…sì,
mandate qualcuno lì a chiedere se è scomparsa una bambina bionda…”
Non
mi piace questo posto più questo posto.
L’incanto
è svanito.
Vedo
dolore riflesso nei volti delle persone. L’inno alla Gioia non può esser
suonato qui.
Ti
saluto Moldava.
Devo
trovarmi un altro posto più sereno. Il Ponte Karlov, Il cosiddetto Ponte dei
Re, non va più bene per il mio violino.
Non
va più bene per quella anima candida….
~*~
Vago.
Vago
alla ricerca di un posto sereno. Un posto tranquillo e silenzioso.
Difficile
trovarlo.
Le
ore passano in fretta, e nella stessa fretta, Praga va cambiando.
Il
cielo non è più grigio, ma nero.
Piove.
Le
prime gocce mi cadono sulla giacca nera, lasciando su di essa delle macchioline
rotonde. Piccole lacrime.
Qualcuno
sta piangendo, ma la gente lo ignora..
Il
cielo grigio era un brutto presagio….
Adesso
è nero, il grigio è svanito, e con se, è svanito l’incanto della Praga magica
che conoscevo.
Adesso,
essa non differisce più dalle altre città: caotica, triste, ingrata, diffidente,
buia, rumorosa, volgarmente affollata…
Dove
dovrò andare adesso?
E’
rimasto un posto per me in questo angolo di Purgatorio?
Beh…forse
sì.
Eccolo: E’ una grande struttura, con ai piedi un
piccolo parco con alberi ed aiuole…
Non
c’è nessuno. C’è silenzio.
Non
è di certo paragonabile al il Ponte dei Re, ma è accettabile…
Dopo
tutto, la mia partenza si fa sempre più vicina…
Avanzo
verso ad una panchina. Poggio la custodia del violino ai miei piedi, e ne
estraggo lo strumento.
Inizio
a suonare….
L’inno
alla Gioia…
Inno
infinito, che adesso mi sembra improvvisamente, inconsuetamente, fuori luogo.
Forse
sarà l’ultima volta. Ho intenzione di cambiare città.
Vista
la sua imponenza quasi irreale, pensavo che Praga fosse una città forte.
Invece,
si è rivelata una città fragile, molto fragile…
Basta
un niente per rompere il suo incanto….
Non
va bene.
Il
mio ultimo concerto non avrà pubblico.
Non
credo la piccola figlia di Lilim riuscirà a trovarmi, in mezzo a tutta quella
confusione…
Mi dispiace
non poterla salutare, in fondo.
L’archetto
scorre ormai automaticamente tra le corde del violino.
Trasparenti…quelle
corde oggi sembrano trasparenti…
Quasi non riesco a sentire alcuna musica provenire da essa…
Sono
i miei pensieri a rimbombarmi nella mente…
Senza
pubblico, che cos’è in fondo un concerto?
Una
foglia senza ramo, una stella senza cielo, un’anima senza corpo…
Invisibile
e trasparente così com’era iniziato, eccolo terminare nel giro di pochi
minuti….
Poso ogni cosa. Alzo gli occhi al cielo, lasciando che qualche sottile, timida
gocciolina di pioggia mi bagni il viso…
Qualcuno
sta continuando a piangere….
Sì,
credo proprio che ritornerò a casa…
Mi
alzo, e mi volto.
E’
lei.
La
vedo esattamente dietro di me.
Anèta.
La
piccola figlia di Lilith era dietro di me.
E’
lei che sta piangendo…?
ma nessuno puo' svegliarli da quel sonno tanto lieve.
Il gigante e' una montagna la bambina adesso e' neve,
la bambina adesso e' neve, la bambina adesso e' neve!
“Sei…tu….”
E’ pioggia
ciò che è sul suo viso? O sono lacrime? Non riesco a distinguerle…
E’
tutta inzuppata. Sgocciola…
“Signor…Kaworu….”
Balbetta tra i singhiozzi.
No, le sue erano lacrime…
Si
copre gli occhi con i polsi, strofinandoli.
Si
lascia cadere sulle ginocchia. Piange. Piange ancora.
Mi
avvicino a lei. La guardo dall’alto. Sembra ancora più piccola.
“Anèta…”
Il suo nome, che sino ad allora non avevo mai pronunciato, esce fuori dalle mie
labbra come se in tutta la mia vita non avessi conosciuto altro nome al di
fuori del suo…
Una
spiazzante….semplicità.
Non
mi da retta. I ruoli si sono invertiti.
“Perché…stai
piangendo?”
Continua
a non rispondere, le lacrime non glielo permettevano.
Rimaniamo
fermi in quella posizione un paio di minuti.
Io
in alto, lei in basso.
Immobili.
Pioveva,
ma non era una di quelle piogge che bagnavano sul serio. Non riuscivo a
spiegarmi come faceva lei, ad essere così fradicia…
“La
mamma….” Finalmente risponde, tra un singhiozzo strozzato e l’altro.
“Uh?”
Inarco le sopracciglia.
“La
mamma…non mi vuole più…” Scoppia di nuovo a piangere.
Mi
chino accanto a lei.
“Dov’è
tua madre?” Le domando.
Senza
alzarsi da terra, mi indica con un braccino l’entrata dell’edificio poco
distante.
D’un
tratto si alza di scatto, mi si getta al collo.
“Portami
con te! Portami con te! La mamma non mi vuole più! Non mi da retta! Io le
parlo, ma lei non mi ascolta!”
Capisco
solo quando mi stringe, che cosa intendesse dirmi con le sue parole di bambina…
La stacco
dolcemente da me, porgendole un fazzoletto per asciugarsi gli occhi blu coperti
di lacrime.
“Andiamo
a vedere….”
Entriamo.
Vi
era un lungo corridoio, ed una sola, unica porta in fondo.
Ci
avviciniamo lentamente. Intorno è completamente deserto.
Risuonano
lenti i miei passi, ed i suoi.
Arrivo
in fondo, giusto accanto alla porta.
Vi
è una piccola finestrella in plexiglas su entrambe le ante della porta blu.
Guardo
attraverso di essa. Solo io posso guardare. La sua statura non lo consente.
Conto
tre donne, un medico, ed una lunga serie di tavoli di ferro, all’interno di
essa.
Guardo.
Osservo ogni cosa.
L’uomo
scuote la testa.
Una
delle donne getta un urlo lancinante nel momento in cui il medico, dopo essersi
avvicinato ad un tavolo di ferro, scoprì dal lenzuolo ciò che era il viso ormai
cianotico e violaceo di una bambina senza vita.
Guardo
ancora. La riconosco.
E’
lei. Anèta.
La
bambina a cui adesso, stavo stringendo la
mano.
Piccola
anima candida….tu piangevi, piangevi, piangevi….ma loro non ti sentivano….
Capisco
il tuo dolore…..
Non
c’è niente di più brutto per un’anima candida, , che restare da soli….
“Cosa
stai guardando? C’è la mamma lì dentro?”
Innocente.
Lascia
che a guardare attraverso quella finestra sia qualcuno che quella tua
innocenza, ormai l’ha superata….
Scuoto
la testa.
Mento.
“No…”
Mi
guarda, e riprende a piangere.
Non
mi ero neanche accorto che poco prima si era zittita.
Le
poggio una mano sulla testa.
“Allora…andiamo?”
“Dove?”
“A
casa mia….”
“Davvero!?
Posso restare con te?!”
I
suoi occhi, ancora pieni di lacrime, si illuminano di un sole nuovo.
Annuisco.
La sua manina è gelida. Come la mia, del resto…
Iniziamo
a camminare verso l’uscita, di botto però si blocca. Guardo indietro.
“Però…oggi
mentre ti aspettavo, sono scivolata nel fiume…ed i miei vestiti sono tutti
bagnati…” Alzò con la punta delle dita il colletto del maglioncino inzuppato
che aveva indosso.
“Lassù
avrai tutti gli abiti che vorrai….”
“Sul
serio!?”
“Sì…”
“Bello!!”
Esulta.
Non
sembra quasi più la stessa bambina di prima…
Basta
così poco per far ridere una piccola figlia di Lilith?
“Adesso
finalmente potrai spiegarmi come si fa ad arrivare a casa tua! Oggi ci ho
provato, sono anche salita sul muretto del ponte…ma non sono riuscita , in
compenso ho fatto un bel tuffo nel fiume!”
Ride
di se stessa. Non sa la verità….
E’
un’anima candida….ed è impossibile per lei sapere la verità di questo mondo
finito e limitato, che per sua fortuna non
aveva ancora avuto modo di conoscere a
fondo…
“Te
lo avevo detto…voi, figli di Lilith, siete fragili come il vetro…”
Non
fa alcuna domanda sulla mia risposta. Forse, continua a non capire il mio
paragone…
Varchiamo
l’uscio del corridoio che ci riporta in giardino.
“Suonerai
ancora l’Inno alla Gioia?”
“Tutte
le volte che vorrai…”
“Potrai
farlo sempre!?”
“Sì,
perché lassu il tempo non esiste..”
Non
sa ancora che lassù, le note dell’Inno alla gioia riecheggiano senza fine..
Non
sa ancora che lassù, la gioia non ha un limite.
Neanche
la sua vita.
Che
questo mondo le aveva gia’ portato via, proprio perché, è un mondo finito.
La
grande porta si chiuse alle nostre spalle.
Il
gigante e la bambina si allontanarono.
Camminavano tra i sassi sotto il sole contro il vento
in un giorno senza tempo il gigante e la bambina
il gigante e la bambina il gigante e la bambina
camminavano tra i sassi sotto il sole e contro il vento.
FINE
- Il testo “IL GIGANTE E
LA BAMBINA” è di RON. Tutti i diritti sono riservati all’artista.
- Ho scritto questa
fanfiction dopo la gita scolastica a Praga, l’aprile scorso. Non so perché,
ma in qualche modo quella città mi ha ricordato tantissimo il personaggio
di Kaworu.
- A contribuire all’ispirazione
di questa fanfiction vi è stata anche una fanart di un autore giapponese
(che purtroppo non ha più un sito)
quindi ho deciso di metterla su un mio spazioweb per permettere a tutti di
vederla http://reishinji.altervista.org/Kaoru058.JPG
- Per critiche, commenti
e tutto ciò che volete (nel limite della DECENZA e nel rispetto verso
coloro che scrivono per puro HOBBY) la mia email è mizuhokei@virgilio.it
Mi
auguro vi sia piaciuta^_^