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Autore: TheRaVen    21/02/2008    8 recensioni
ambientata nel 1931.
Un'occhiata alla vita di un Emmett McCarty ancora umano ma sempre adorabile.
6000 battute, presentata al concorso Lain il 22 dicembre 2007.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emmett Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stupido, stupido, stupido

Stupid Me

-TheRaVen-

 

 

 

 

 

 

 

 

Stupido, stupido, stupido!

Continuavo a ripetermi mentre cercavo di capire come avessi fatto a finire in una situazione del genere e, che io sia maledetto, non riuscivo proprio a vedere in cosa esattamente i miei metodi educativi non fossero corretti.

Ma iniziamo dal principio.

La sera precedente, giù in paese, la figlia di Henry il brutto finalmente si era sposata. Dopo 28 anni anche lei era riuscita miracolosamente a trovare marito.

Se vi state chiedendo perché ci avesse impiegato ben 28 lunghissimi anni per sposarsi evidentemente non avete mai incontrato il padre. Vi basti sapere che la ragazza gli somigliava in modo spaventoso. In tutti i sensi.

 

Alla notizia del fidanzamento il vecchio Henry, in un impeto di folle gioia, aveva invitato praticamente tutta la contea alla festa di matrimonio. Fu così che mi ritrovai, insieme con mio fratello John e il giovane Smith, a discutere sulla stagione degli orsi che era appena iniziata.

Stavamo appunto organizzando una battuta di caccia dalle parti del blue ridge per il giorno successivo litigando su quale fucile funzionasse meglio contro i giovani grizzly appena usciti dal letargo, quando mi si avvicinò Will Marlon e con fare sospetto mi trascinò fuori dalla festa.

“Insomma Will! Dove mi stai portando?” mi decisi a chiedergli quando fui sicuro che nessuno ci potesse sentire. Qualcosa nel suo modo di fare mi diceva che qualunque cosa avesse in mente sarebbe dovuta rimanere tra di noi.

“Ho trovato delle casse di rum vicino al fiume” disse senza troppi preamboli mentre si guardava intorno come se qualcuno gli dovesse saltare addosso da un momento all’altro.

“Ho nascosto delle bottiglie nel bosco, pensavo che ti sarebbe piaciuto assaggiarne un goccio”

E aveva ragione! Trovare del buon liquore di quei tempi era un’impresa rara e io non ero tanto stupido da lasciarmi sfuggire un’occasione simile.

Non ci volle molto però perché, alla festa, mio fratello si chiedesse che fine avessi fatto e ci volle ancora meno perché, appoggiati a un albero, l’alcol ci cullasse in un sonno tranquillo con una bottiglia mezza vuota ancora ai nostri piedi.

Fui svegliato bruscamente dal sonoro impatto di una mano con la mia guancia.

Sicuramente non il migliore dei risvegli.

Ci misi un po’ per mettere a fuoco la situazione e, se non ci fossi arrivato da solo, le parole di mio padre non mancarono di farmi notare in che gargantuesco pasticcio mi fossi cacciato.

Emmett McCarty! cosa pensavi di fare nel bosco, da solo, di notte non di meno, con una bottiglia di rum?” tuonò mio padre reggendomi per il colletto della camicia e spingendomi la schiena contro il tronco dell’acero alle mie spalle.

“In nome di Dio figliolo, pensa a cosa dirà tua madre quando saprà che suo figlio è un contrabbandiere d’alcol!”

Spiazzato dalla velocità a cui stava succedendo tutto e ancora leggermente alticcio mi accorsi a mala pena che Will era sparito e che John era lì a vedere la mia umiliazione.

Senza badare ai miei innumerevoli “non è come sembra” mi trascinarono a casa in attesa che, dopo i drammi dell’essere venuta a conoscenza della mia recente “depravazione morale” il giudizio impietoso di mia madre decidesse quale fosse il modo più adatto a “inculcarmi la lezione in testa”.

A quanto pare per un figlio che se ne infischia delle norme sul proibizionismo non ci sarebbe stato niente di meglio che badare alle proprie nipotine cercando di fargli capire l’importanza delle regole e l’ubbidienza alle leggi. A niente erano servite le scuse o le promesse. Neanche la battuta di caccia, prevista per l’indomani, che avevamo programmato per tutta la sera mi garantì un alleggerimento della pena.

Questo era l’indiscutibile sistema del contrappasso della signora di ferro McCarty e nulla avrebbe potuto farle cambiare idea.

Fu così che mi ritrovai a badare da solo alle tre adorabili bambine di mia sorella.

Intendiamoci, non è che non mi piacesse passare del tempo con le mie nipotine -anzi tutt’altro- ma sapere che i miei fratelli, in quel preciso istante, erano a caccia di grizzly mentre io stavo facendo finta di prendere il thè in microtazzine di porcellana era alquanto frustrante.

Dopo aver fatto la conoscenza di mister orsetto e signor coniglietto decisi che era giunta l’ora che le mie bambine capissero l’importanza delle regole tramite passatempi, a mio avviso, più educativi del fingersi signore d’alta classe.

Mi ci volle un po’ ma alla fine trovai il gioco ideale, quello con cui avrebbero potuto imparare l’importanza delle regole, la priorità delle scelte e come affrontare le difficoltà senza mostrarlo esternamente: il Poker!

 

Sgombrando il tavolinetto per fare spazio, non ci misero molto a capire le regole. Avevano sangue McCarty dopotutto!

Mary, la più grande era in coppia con Jess, mentre io ero seduto di fronte alla piccola Amy di soli 5 anni.

Usavamo come fish caramelle e i pochi spiccioli che tenevano nelle loro borsette in miniatura.

Si divertivano e stavano imparando qualcosa di utile. Mi congratulai con me stesso per l’azzeccata scelta del metodo didattico.

Non ci volle molto però che si stancarono di usare le caramelle e pretesero di giocare con soldi veri. A malincuore rinunciai ai pochi dollari che avevo in tasca distribuendoli tra di loro e procurandomi gridolini di gioia ogni volta che aggiungevo una monetina a questa o quella pila. Fossi maledetto se non avrei fatto di tutto per vedere felici quelle bambine!

Avevo appena posato l’ultimo penny tra le monetine di Amy, mentre Jess mischiava le carte, che sentii la più piccola mormorare sottovoce

Oh-oh

La vidi di fronte a me con quella sua espressione innocente, le labbra ancora corrugate e gli occhioni neri spalancati puntati oltre la mia testa in direzione della porta.

Sapevo già che non mi sarebbe piaciuto quello che avrei trovato dietro di me ma non feci neanche in tempo a girarmi che la voce di mia madre mi gelò il sangue nelle vene.

Emmett McCarty! Hai delle spiegazioni da dare e, prega il buon Dio, fa che siano convincenti!”

Stupido, stupido, stupido!

 

 

 

  
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