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Autore: biberon    19/08/2013    1 recensioni
Un padre piuttosto ... pasticcione che va a prendersi i suoi bambini dalla rigidissima moglie per passare un week and con loro. Giusto per strapparvi un sorriso!
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’auto color miele parcheggiò nel vialetto alberato, a pochi metri dalla villa.

La portiera del guidatore si aprì, lasciando uscire un uomo sulla cinquantina d’anni, la testa coperta di capelli color castagna tendenti al rossiccio, due occhi piccoli e vivaci e parecchi chili di troppo.

Portava una camicia a scacchi e un paio di jeans con una cintura di cuoi stretta in vita.

Si avvicinò alla villetta con circospezione.

Era una villa come tante altre, davvero graziosa. Un portico, un cancello color turchese e un tetto i legno di betulla bianco delicato.

Il giardino ospitava un salice piangente molto piccolo e un gazebo tirato a lucido coperto di glicine fiorito.

A terra c’erano tre aiuole di margherite alternate in perfetto ordine a rose blu.

Vicino al cancello c’erano, in una fila compatta e perfetta, sette nanetti e una giovane fanciulla coi capelli neri come l’ebano, made in china, rispettabili, in pura ceramica da due dollari, anche se la proprietaria ci teneva molto a far credere che fosse autentica ceramica svedese, raffinata e costosissima.

A lato, appesa tra due betulle, c’era un’amaca turchese, e la cassetta delle lettere troneggiava su tutto, dipinta con il suo delicato motivetto a nuvole.

L’uomo premette l’unico pulsante sul citofono piombato, e in pochi secondi, la porticina azzurra della villa si aprii rivelando una figuretta perfettamente nello stile della sua casa.

Era una donna, di una quarantina d’anni,  coi capelli raccolti in un ordinatissimo chignon pieno di lacca sopra la testa, con vestito turchese coperto da un grembiule bianco impeccabile e dei sandali coi tacchi 30 cm, le sue comodissime ciabattine domestiche.

Il rossetto sulle labbra era rosso, ben definito, e l’ombretto era abbinato con matita e mascara blu.

Alla vista dell’uomo le sue labbra, che dapprima sorridevano leggermente, si arricciarono appena.

Gli occhi, rigorosamente turchesi, lo squadrarono da capo a piedi con aria infastidita.

Infine, con voce molto modulata, si avvicinò a lui con la mano tesa e disse piano: “ah, sei tu.”

L’uomo si fece goffamente in avanti per stringerla a sua volta, ma nell’andare inciampò nei proprio piedi e decapitò un impeccabile Dotto, ritto sull’attenti, lo sguardo vitreo che solo una statua di porcellana cinese può avere.

La donna si gettò platealmente in ginocchio nel tentativo (invano) di evitare il disastroso effetto domino che ne seguì.

Ad uno ad uno i nani precipitarono sul prato tagliato all’inglese, mentre Biancaneve fece due giretti traballanti su se stessa prima di tornare barcollando alla posizione iniziale.

“metterò a posto dopo …” disse con aria vaga, e con un gesto indicò all’uomo di entrare in casa.

Prima che lui potesse poggiare piede sul portico,  una bambinetta di sei anni sfrecciò fuori e gli gettò le braccia al collo urlando.

“papà, papà! Sei venuto a prenderci! Che bello! Sei venuto!”

“ciao, tesoro.” Disse lui mettendola a terra e massaggiandosi la schiena, che evidentemente era uscita dall’abbraccio peggio di come era uscito Dotto dopo il suo arrivo.

Dalla porticina, ormai spalancata, sbucò un sedicenne dal viso molto serio, capelli biondissimi e occhi color del mare.

“ciao pa’.” Disse mollandogli una vigorosa pacca sulla schiena.

Dietro di lui uscirono due tredicenni perfettamente identiche.

Le gemelle.

“oh no.” Bisbigliò il papà incrociando le dita dietro la schiena.

“Fa che non succeda.” Pregò in silenzio.

“Emily! Abbie!” disse abbracciandole insieme.

“come va, Emily?” disse rivolto ad una.

“papà!” urlò lei sciogliendo l’abbraccio, e rovinando il momento magico, molto stile “famiglia unita”.

“mi hai confuso di nuovo con quella scema!”

“chi sarebbe la scema?!” urlò Emily spintonandola indietro.

“tu!” urlò Abbie fulminando il padre con lo sguardo.

“non ti permettere, sai? Tonta! Incapace!”

Emily si tuffò su Abbie tanto forte da farla cadere all’indietro sul prato.

Era successo, come da copione. Le aveva confuse.

Leo si chinò e con pazienza le separò lentamente.

“scusale, pa.” Disse solo, mentre le rialzava.

“non fa niente, vero ragazze? Meglio andare, abbiamo un sacco di cose da fare questo week and.”

“davvero? Dove ci porterai, paaaaaaaaapi?” chiese Nuna, la bambina di sei anni.

“è una sorpresa!” esclamò lui prendendola in braccio.

“te ne vai via cosi, Elliot    ? pensavo volessi prendere un the, o qualcos’altro …”

“lasciami con i nostri bambini …”

“i miei bambini.” Disse secca la donna.

“non fare così, Maybelle …”

“invece sì.”

“te li tieni tutta la dannata settimana, vuoi averli anche nei week and?! Dopotutto, sono anche figli miei.”

“ma ..”

“pa’.” Li interruppe seccamente Leo.

“andiamo paaaaaaaaapi?” chiese Nuna afferrandogli i capelli.

“sentito? La voce del popolo.” Disse Elliot sarcastico, fece un piccolo inchino, ma sbattè contro il tettuccio del portico e lascio andare Nuna, che cadde di sedere sulle travi bianche.

“e io dovrei lasciarti i MIEI figli!?” chiese Maybe con un sopracciglio alzato.

“hai sempre i sette nan …”

“sei.” Lo interruppe lei mostrandogli la testa di Dotto.

“beh, si sta facendo tardi.” Tagliò corto lui riprendendo in braccio Nuna.

Abbie e Emily gli trotterellarono dietro fino all’auto.

“ciao ma’, a lunedì.” Disse Leo pacatamente, poi salì sull’auto, che partì. 
   
 
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