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Autore: LUcy__    21/08/2013    6 recensioni
Louis è a Londra solo per studiare; Harry lì ci è nato, ci vive e ha intenzione di restarci per tutta la vita.
Due persone che sono l’opposto, anche per la loro stessa vita, possono adeguarsi l’una all’altra?
Beh, una cosa è certa. La metropolitana non è un luogo romantico.
{London!AU || Hipster!Harry/Shy!Louis con la specialissima partecipazione di Cyberpunk!Nick. Enjoy!}
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Underground.
 

ATTENTION PLEASE: Questa OS contiene relazioni omosessuali; omofobi/non shippers/elounor shippers o che altro, vi prego chiudete la pagina.
I One Direction non mi appartengono. (fortunatamente per loro, o temo che sarebbero già morti.)
Vi annuncio solo che TUTTI I LUOGHI presentati in questa OS sono reali; esistono davvero a Londra, andate pure a controllare..
 

Dedicata a M., che ha fatto il viaggio con me.
E anche un pochino ad A. perchè è lui che dice che la metropolitana è romantica.

 
 
 
 
 
Era piccolo.
Non l’essere piccolo fisicamente – anche se era sì molto basso e molto minuto – era proprio piccolo in confronto al mondo.
Troppo fragile per essere colpito, troppo ingenuo per sospettare delle persone, troppo dolce per commettere peccati. Così innocente, così puro, buttato allo sbaraglio davanti al mondo, senza che qualcuno gli desse un suggerimento.
Vedeva la gente vivere; nascevano, vivevano, morivano. Anche lui cresceva e viveva come loro, ma gli sembrava di essere chiuso in una bolla. Di essere inadatto a tutto quello.
Sapete, Louis non era una persona come le altre.
Si estraniava, si allontanava per non essere ferito. No, non c’era stato nessun trauma nella sua vita, sono semplice dolore interno. “Chi sono? Cosa ho di sbagliato rispetto agli altri? Perché dicono che sono strano?”
Era timido; era timido ed era solo. Preferiva stare solo che con le persone. C’era chi considerava il suo un metodo di difesa, per far si che il mondo non lo privasse della sua purezza.
Aveva la sua idea di vita perfetta; la villetta a schiera, i bambini belli e sorridenti, nessun dispiacere tra le mura domestiche, un marito – perché sì, ormai Louis che era gay l’aveva capito, ma questo non gli aveva impedito di sognare il suo futuro – adorabile.
Le stranezze, le cose fuori di testa lo avevano sempre spaventato. Non poteva concepire vita diversa da quella della sua bella Doncaster, Yorkshire.
Per questo quando uscì dalla stazione della metropolitana di Russel Square si chiese cosa ci facesse lì in mezzo; era tutto così grande, così confusionario, così agitato e veloce. E quello era pure uno dei quartieri più tranquilli.
Non aveva mai preso la metropolitana; si era sbagliato tre volte quel giorno. Appena aveva sentito la voce elettronica annunciare la sua vera fermata era saltato in piedi e aveva lasciato quel treno infernale in fretta e furia. Era veramente terribile, contando che Louis pensava davvero che il treno potesse esplodere.
Era scappato via; poi, mappa alla mano, aveva cercato Bedford Way, fino al numero 18, dove avrebbe trovato il suo nuovo appartamento, a cinque minuti di distanza dall’università di Londra.
Nuova vita, nuovo terrore.
 

§§§


Si erano conosciuti in Trafalgar Square; diciamocelo, Louis voleva vedere davvero tantissimo la National Gallery. Soprattutto i Monet.
Ma poi era uscito da lì e si era ritrovato nel puro caos della piazza, con talmente tanta gente che si era sentito mancare il fiato. Troppa, troppa folla. In quel momento le persone erano ovunque, intorno a lui, non riusciva nemmeno a concentrarsi su cosa doveva fare, dove doveva andare perchè la sua mente era invasa dal tremendo rumore che la gente creava.
“Sembra che tu non abbia mai visto una piazza in vita tua.”
La voce venne da lui. Un bel ragazzo, alto, muscoloso, riccio, con una canotta – sebbene facesse freddo –  con sopra Edward Shissorhands su sfondo bianco, due occhi verde smeraldo. Gli apparì davanti, con un grosso sorriso in volto, la testa piegata di lato leggermente.
“Tu saresti…” iniziò, esitante. Il giovane gli tese la mano – troppo grande anche quella – e “Harry, Harry Styles” si presentò, sempre sorridente. Tremando leggermente, ancora scosso dal caos della piazza, Louis disse “Louis Tomlinson. Ho già visto qualche piazza nella mia vita.”
Harry rise, una risata semplice e naturale, non di quelle finte e brutte che si sentivano in giro. Aveva la voce calda e roca, al contrario di quella che Louis aveva ed odiava.
Non gli lasciò subito la mano. Il contatto gli piaceva non poco.
“Allora Louis, turismo, studio o lavoro?”
“Studio.”
Fece un sorriso, osservando i pullman a due piani muoversi lenti tra le strade; il traffico era intricato, a quell’orario. Harry gli sfiorò la mano e lui arrossì leggermente.
“Londra è fatta così: caotica. Non esserne spaventato.”
 

§§§


Tornando a casa da Piccadilly Circus – “Russel Square. This is Piccadilly Line service to Cockfosters.”, forse si stava abituando alla voce elettronica che c’era sui treni della metropolitana – una domanda gli venne in mente.
“Cosa siamo io e Harry?”
Louis pensò al modo in cui si baciavano, si tenevano la mano per le strade, a come si sentiva al sicuro tra le sua braccia.
Ma nessuno dei due aveva detto “Siamo fidanzati” e Louis voleva sentirsi dire questo, per esserne sicuro. Ed Harry non sembrava un tipo che stava in relazioni serie. Era un… spirito libero? Sì, Louis lo definì così. Si rese conto in quel momento di quanto erano diversi; lui era un povero piccolo ragazzino provinciale che era finito in una città troppo grossa e rumorosa per lui, Harry era un londinese esperto, che viveva a suo agio con il caos della città. Erano due vite diverse che si erano incontrate.
Scese dal treno, fece le scale, fece passare il biglietto e si ributtò in strada; grazie al cielo il suo quartiere era molto più tranquillo di tutti gli altri e gli ricordava di più la sua cittadina, sebbene i tanti hotel della zona facevano sì che fosse affollata di turisti soprattutto nel weekend. (E diciamo che no, degli studenti spagnoli o sudamericani che alle due di notte cantano “Feliz cumpleaños” non erano proprio piacevoli, ma rimaneva meglio del centro città.)
Entrò finalmente nel suo appartamento; lì non aveva mai nulla da fare, tranne quando Harry arrivava a casa sua con cibo d’asporto e film, quando meno se l’aspettava. O quando gli arrivava una chiamata e le semplici parole “vestiti, che ti vengo a prendere” o quando messaggiavano per ore, finchè non si addormentava con il telefono in mano.
Ripensando a queste cose, la sua relazione gli sembrava piena di clichè, che erano comunque adorabili.
Louis sentì che poteva veramente aprire il suo cuore ad Harry ed amarlo come ogni persona merita di essere amata. Ma Harry lo voleva il suo amore nello stesso modo in cui il castano voleva il suo?
 

§§§

 
Si svegliò con il suono del campanello. Aprì gli occhi, fece un sorriso e si stiracchiò. Gli piaceva svegliarsi la mattina, quando non doveva andare all'università, nella tranquillità di Russel Square; solo il rumore degli autobus e dei taxi e di persone che chiacchieravano amabilmente; se non fosse stato per gli hotel – che erano letteralmente enormi, tipo il Royal National - sarebbe stato perfetto. Dalla finestra vedeva il parco, gli sarebbe piaciuto andare  a rilassarsi là dentro, ma era sempre pieno di esami e libri da studiare e nei giorni liberi era in compagnia di Harry.
Si alzò e camminò fino alla seconda stanza del suo bilocale, fino al citofono, e controllò chi fosse.
"Ehi, babe, hai cinque minuti per prepararti, facciamo colazione e poi andiamo a Camden!"
La voce di Harry era attiva e squillante, gli diede la sveglia definitiva, rendendolo allegro e energico. Oh, come gli piaceva...
Attaccò il citofono e ritornò in camera sua, per vestirsi. Nell'armadio aveva solo jeans aderenti, maglie e felpe di almeno due taglie in più, dove ci affondava dentro. Secondo Harry era più tenero così. Si vestì prendendo le prime cose pulite dall'armadio, poi afferrò chiavi, soldi e telefonino e corse giù per le scale.
Harry lo salutò stringendolo per i fianchi, abbracciandolo forte in modo da sollevarlo leggermente.
"Ciao piccolo." sussurrò, dandogli un bacio sulla testa. Poi gli passò un braccio intorno ai fianchi.
Louis sorrise; era bella la semplicità dei gesti, della dolcezza degli sfioramenti.
"Andiamo a fare colazione, Lou?" propose Harry; annuì, sentendosi poi dirigere verso lo Starbucks del Brunswick Centre.
Ad Harry piaceva portarlo lì. Era adorabile, perchè ordinava sempre le cose più dolci e zuccherose che c'erano. Muffin al cioccolato e Frappuccino Mocha Cookie Crumble. Per Harry quella roba era troppo ipercalorica e talmente dolce che dava quasi la nausea, oltre al fatto che i Frappuccini erano gelidi, ma Louis era carinissimo con quella roba. Si macchiava sempre le labbra di cioccolato, si illuminava quando trovava le briciole di biscotto più grandi... era tenero in modo innaturale.
"Dove mi porti dopo?" chiese Louis, mentre si chiedeva se poteva allungare la mano per afferrare quella dell'altro ragazzo.
"Camden. Casa mia, i miei amici... tutte cose che devi conoscere."
Camden Town. Il quartiere più spaventoso, a detta di Louis, di Londra. Non ci era mai stato, ma sapeva che era diverso dagli altri. Troppo diverso. (Provò a non pensare che aveva visto in foto un negozio di scarpe con sopra una riproduzione di una scarpa alta almeno quanto Harry… assurdo.)
Non l’aveva vista di persona, ma ne aveva sentito parlare; solo negozi, bancarelle, mercatini. Qualche casa, rumorosa e piena di gente “alternativa” come Harry. Per non parlare di come dovevano essere i suoi amici. Già si aspettava qualche scellerato, qualche maniaco o peggio.
Non che Harry non sapesse scegliersi le compagnie, però…
Tirò fuori la cartina della metro, anche se ormai doveva saperla a memoria, vivendo lì; gliela mostrò e gli indico la linea colorata di nero, senza che Louis comprendesse.
"Guarda... prendiamo la Northern, qualche fermata e ci siamo."
Qualche fermata. Molte, avrebbe detto Louis. Da Russel Square a Camden c'era davvero troppa distanza.
Vivevano lontani. Due parti totalmente differenti della città, gli venne da pensare mentre entravano nella stazione, una tranquilla e l’altra caotica.
Harry gli prese la mano e lo tirò con sè giù, giù, fino ai treni. Appena Louis mise il piede a terra una ventata gelida - ovviamente provocata dalla metro, perchè lì sotto l'aria vera mancava - lo colpì in volto. Automaticamente chiuse gli occhi e mise su il broncio.
"Stupida metropolitana." disse. Poi sentì il braccio di Harry avvolgergli le spalle e si sentì trascinare fino dentro al treno. Il ragazzo gli trovò subito un posto, sorridendogli. 
"Sicuro di non volerti sedere tu?" chiese, vedendo che rimaneva in piedi; era tanto alto, visto da seduto, e Louis doveva piegare la testa per riuscire a vederlo bene in volto. Harry scosse la testa.
Rimasero in silenzio tutto il tragitto fino a Leicester Square. Cambiarono treno e poi, finalmente, trovarono due posti vicini a sedere.
Harry gli cinse nuovamente le spalle con il braccio.
Nessuno l'aveva mai fatto. In pubblico, poi. Louis non guardò la gente intorno a sè per evitare sguardi cattivi verso di loro.
In metropolitana. Un gesto del genere in metropolitana. Ne era felice, ma dentro una metropolitana?
La metropolitana non era romantica. Per niente. Era un luogo sporco, pieno di gente, dove rimanevi schiacciato e scomodo per tutto il tempo; i treni ti lasciavano il loro odore addosso, la gente si spintonava e correva per fare più in fretta, anche a costo di uccidersi. (Il cartello diceva di non rischiare la vita per non dover attendere cinque minuti, ma era ignorato perennemente.) Le coppiette che si salutavano, con quegli abbracci teneri e dolci, non esistevano là sotto, ma si vedevano alle stazioni dei treni, agli aeroporti… ovunque. Ma di certo non sottoterra, con dei treni ultraveloci che rischiavano di esplodere se incontravano un ostacolo in pista. Scosse la testa, cercando di non pensare che quella su cui viaggiavano era una carrozza della morte.
La sua teoria era “la metropolitana non sarà mai un luogo romantico”, ma la stretta di Harry era forte e sicura, i suoi capelli a contatto col suo volto e la posa intima e così da… fidanzati.
Ma loro cos’erano?
 

§§§

 
“Non vedo l’ora di presentarti Nick, tesoro, è fantastico!”
Harry parlava del suo fantomatico coinquilino e migliore amico come se fosse stato l’uomo più simpatico, carino e intelligente dell’intero pianeta; a Louis non piacque.
Innervosito come non mai dalla folla di Camden Town e dei milioni di negozi e mercati e caos, si strinse di più ad Harry; non aveva mai visto nulla del genere, non pensava che cose del genere esistessero. Si sentì trascinare verso un agglomerato di bancarelle, che nascondeva un intricato labirinto di negozi alternative, goth, punk e cose indefinite di stili assurdi pieni di gente poco raccomandabile agli occhi di Louis, fino a ritrovarsi ad un enorme robot di plastica alto due metri e qualcosa, con gemello a fianco, davanti a una porta dalla quale usciva musica terribile, una specie di house di cattivo gusto. Louis sussultò quando vide che era quella la loro destinazione.
Entrarono.
L'uomo che Harry gli presentò come Nick Grimshaw era alto, magro e così spaventoso che Louis indietreggiò vedendolo, andando a sbattere su uno scaffale pieno di tinte per capelli fluo.
I suoi capelli neri erano invasi da ciocche verdi, indossava pantaloni di pelle aderenti e una maglia di stesso colore e materiale. Non aveva tatuaggi ma sulla sua pelle erano disegnati simboli con le tempere fluo per la pelle. Portava degli stivali enormi e lo alzavano di almeno quattro o cinque centimetri ed era già altissimo di suo. Attorno al collo pendeva una maschera a gas nera insieme a qualche mascherina simili a quelle delle infermiere – solo che erano nere e , e aveva due enormi occhiali da pilota d'aereo.
Con un gesto elegante, se li sfilò; fu lì che Louis volle fuggire. L'uomo aveva gli occhi totalmente neri, senza traccia di bianco, e anche il trucco intorno ad essi era totalmente nero.
"Uh, impressionabile?" chiese proprio a Louis, curvandosi verso di lui. Harry gli diede un leggero scapellotto sulla nuca.
"Magari, mio caro, se togliessi quelle dannate lenti a contatto..." lo rimproverò, divertito. Nick fece un espressione stupita, ma poi si voltò un attimo e quando si rigirò i suoi occhi erano grigi.
Ancora stordito dalla visione e dalla musica troppo alta, Louis balbettò qualcosa di insensato e la sua mano tremante strinse quella del ragazzo inquietante.
Harry ci conviveva davvero con quel tipo lì?
“Occhi da demone. Pessima idea.” disse il riccio, dandogli una botta amichevole sulla spalla; Nick gli rivolse un espressione superba e “Sono arrivate da poco, sono fantastiche! Cara è stata la prima ad appropriarsene.” disse, indicando poi una ragazza dietro di lui, che però gli occhi li aveva totalmente bianchi, non neri.
Dopo Nick, gli altri amici di Harry erano quasi normali; quasi, perchè c'erano soggetti che non sempre si vedevano girare per Doncaster. Oh, gli mancava la normalità di casa sua. Tanto tanto.
Per primo Louis conobbe Niall. Un biondino evidentemente tinto al negozio di canotte dove Harry aveva sicuramente acquistato la sua collezione assurda, forse l'unico senza tatuaggi in quel quartiere. Poi c'era Perrie, che creava e vendeva corone di fiori finti e ne regalava sempre una ad Harry. Ne diede una anche a Louis, dicendo che "i fiori piccoli stanno sempre benissimo sui capelli lisci." 
Eleanor, invece, la conobbe subito dopo. Era la commessa di un negozio che vendeva abiti da pin-up, e andava in giro con un enorme abito azzurro a pois bianchi e un fiore in testa, rosso fuoco come il rossetto. Lo salutò abbracciandolo e dicendo che era "proprio un adorabile ragazzo".
Poi ci fu questo tipo, Zayn, che in realtà era l'unico che non viveva a Camden ma a China Town, sopra un ristorante chiamato "The Royal Dragon", ma stava lì solo per Liam, che tre giorni alla settimana faceva il commesso a Covent Garden per un negozio che vendeva thè e tipici dolcetti inglesi e altri tre aiutava Niall.
Poi Harry gli presentò la famiglia Atkins. Possedevano un negozio di piercing e tatuaggi. Lei, Lou si chiamava, lo guardò e "a te starebbe bene un monroe." disse, indicandolo. Louis indietreggiò, provocando una risatina da parte di lui, Tom, che intanto stava facendo un tatuaggio a Ed Sheeran, un artista di strada che suonava la chitarra in Trafalgar Square. La loro bimba, Lux, ridacchiò vedendolo. "Sembla un cucciolo!" esclamò, guardandolo con gli occhioni luccicanti.
Poi Harry lo prese per i fianchi e lo portò via finalmente da tutte le stranezze della sua compagnia; il caos intorno a lui lo stava facendo confondere, per questo trovò sollievo nel vedersi portato a quella che doveva essere casa di Harry.
Le pareti bianche erano pieni di poster, quadri, stampe; i vestiti di Harry giacevano in tutto l'ingresso, e forse era così anche nelle altre stanze. Non c'era il minimo ordine, peggio di quello di casa di Louis.
"Ti hanno adorato." disse Harry, per rompere il silenzio.
"Dici?" chiese Louis, scrutandolo dubbioso.
"Sì! Continuavano a dirmi quanto sei carino e adorabile e tenero..."
"Sanno che sono il tuo ragazzo e non il tuo cagnolino?" esclamò; voleva sembrare indignato ma sembrò solo patetico. "Il tuo ragazzo? Ma quando mai. Stupido Louis, sei un vero stupido." Guardò Harry dritto negli occhi, chiedendosi se aveva sbagliato a dire così. Ma i suoi occhi erano sereni.
"Sei veramente adorabile." lo sentì sussurrare. Poi rialzò la voce, invitandolo ad accomodarsi.
Si sedettero vicini. Poi Louis lasciò un dolce bacio a stampo sulle labbra dell'altro ragazzo, che prontamente gli prese il volto tra le mani.
Louis si accorse in ritardo che il bacio di Harry stava diventando troppo spinto, che la sua mano scorreva sulla sua coscia tastando la carne. La sua lingua gli accarezzò il labbro inferiore, le sua mani scompigliarono i capelli che Louis teneva sempre con cura.
La sua mente cominciò ad urlare. "Harry non è così", "Harry non vuole solo quello", "Harry è buono", ma niente, niente lo stava aiutando, con il caos che popolava la sua testa nei momenti di confusione. Sentì la mano destra del ragazzo accarezzargli il collo e la sinistra spingersi fino a sfiorare il sedere di Louis, tastandolo delicatamente. Fu una cosa piacevole. Il tocco di Harry era voglioso, ma delicato. Non era di quelli volgari e spaventosi, ma bello.
Il campanello d'allarme nella testa di Louis suonò in ritardo. Non riuscì a lasciarlo fare, il panico lo colse e alzò subito una mano e la poggiò sulla spalla di Harry, spingendolo appena.
Gli occhi verdi si mossero verso di lui, osservandolo incuriositi. "Cosa succede?"
"I-io..." balbettò, imbarazzato. Cosa doveva fare? Lasciarlo fare o dire la verità? Era bello, dopotutto, che volesse avere lui, tra tutti quelli che uno come lui avrebbe potuto avere, però... era tutto così terrificante.
"Lou." iniziò Harry, accarezzandogli la guancia dolcemente. "Parlami."
"Sono..."
"Cosa Lou, cosa?"
"Vergine."
L'aveva detto. Harry sgranò gli occhi, Louis era più grande di lui, ma aveva meno esperienza, come aveva fatto a non capirlo? Così piccolo, così dolce, così puro. Non ci aveva mai pensato, stava solo pensando che dopo tutti il tempo in cui si frequentavano, sarebbe stato opportuno. Mentre si allontanava si sentì in colpa per stare per prendere l'innocenza di un ragazzo che ovviamente non era pronto, a vedersi dal suo sguardo spaurito e quasi implorante.
"Mi dispiace piccolo..." disse, cercando di abbracciarlo. Louis scattò all'indietro, si alzò e, pensando solo "idiota, idiota, gli hai rovinato il divertimento, sei assurdo.", raccolse il suo cappotto.
"Vado a casa." disse, con voce flebile, poi uscì da quell'appartamento, attraversò tutta Camden, ancora terrorizzato da quella gente strana, e si infilò di fretta nel caos della metropolitana, verso casa.
La Northen Line era più grande e fredda e molto meno familiare della Piccadilly Line; la stazione di Camden, alle sei e quarantasette del pomeriggio, era piena di gente. Fece passare il biglietto e scese di sotto, con le scale mobili, fino ai treni. Lì attese.
Guardava basso, sentendosi in imbarazzo e quasi in colpa per aver fermato Harry. Chi era lui per respingerlo così?
Salì sul treno, che era pieno; si ritrovò schiacciato dalla folla, da tutte quelle persone, che erano tante e pigiate dentro la stretta cabina del treno; si aggrappo forte a un palo. Lì dentro faceva caldo, e il contatto umano non faceva che peggiorare la situazione. Era stretto, caldo, asfissiante. Louis credette di svenire, tra le fermate di Goodge Street e di Tottenham Court Road, ma resistette fino a Leicester Square e riuscì a correre e prendere il treno della Piccadilly. Lì, per pura fortuna, riuscì a trovare un posto per sedersi.
"Perchè sono così strano? Ho respinto Harry e non riesco nemmeno ad abituarmi a Londra. Cos'ho di sbagliato?"
I turisti, perfino, si abituavano ai ritmi di Londra; vedevi ragazzine che parlavano francese o italiano muoversi con disinvoltura tra i treni della metro, uomini e donne che venivano da oltreoceano e che riuscivano a capire come funzionava il traffico di Londra.
Ma Louis no. Louis era inglese e si perdeva in giro per le piazze, Louis vedeva la folla della città e sarebbe volentieri fuggito via, tornando nella sua casa tranquilla, lontana da Londra.
E poi c'era Harry; evidentemente i cittadini erano come la città. Veloci. Vivevano come si muovevano. Non si fermavano mai.
Louis andava a velocità dimezzata, era piccolo e fragile in confronto a un ragazzo che, essendo quasi l'opposto, viveva alla stessa velocità della sua casa.
Ma cosa poteva farci lui? Era colpa sua se non viveva lì da così tanto tempo? Era colpa sua se le persone non erano altro che inquietanti figure intorno a lui? Era fatto così; era quel tipo di persona che quando vede la gente si rannicchia su se stesso e cerca di diventare invisibile, perchè ha paura di essere colpito.
Ripensò ai modi dolci e delicati di Harry. Non si meritava di essere respinto per paura. Era stato duro con lui, avrebbe dovuto lasciarlo fare, chiudere gli occhi e acconsentire, ignorare il suo profondo panico.
"Non sono pronto."
"Sta zitto."
Sospirò e scese alla fermata di Russel Square.
 

§§§


Lo baciò. Louis lasciò tranquillamente che il bacio venisse approfondito, che la lingua del ragazzo si intrecciasse alla sua con passione. Si sentì prendere il volto tra le mani, abitudine fissa di Harry, e rimase rilassato.
Poi le chilometriche gambe di Harry si intrecciarono alle sue e si sdraiarono sul letto. Le mani di Harry si spostarono ad accarezzargli dolcemente il petto. Passarono qualche minuto a baciarsi e accarezzarsi, poi Louis sentì la tenue erezione di Harry sulla propria gamba.
Doveva lasciarlo fare. Aveva promesso a sé stesso che non avrebbe avuto paura e che avrebbe dato ad Harry ciò che voleva, invece di fare il piagnucoloso e protestare sempre.
Continuò a baciarlo.
"Lou..." biascicò Harry, poi notò il suo stato. "Oh, scusami, scusami, ora va via..."
"Puoi... c-continuare."
Harry lo guardò molto dubbioso, gli accarezzò il volto e "Ma sei sicuro?" domandò, visto che la volta prima gli era sembrato terrorizzato. Ma Louis annuì.
All'improvviso, i baci furono più famelici, i tocchi più decisi e fu tutto più spinto, meno delicato e fottutamente terrorizzante.
Louis aveva paura, panico, terrore. Harry era così fantastico, ma il castano non sapeva se avrebbe resistito senza piangere.
"Ancora sicuro?" furono le parole sussurrate di Harry nel suo orecchio, mentre invece le sua mani gli stavano alzando leggermente la maglia, toccandogli il petto. Louis disse di sì, si morse il labbro e chiuse gli occhi.
Ma fu dopo pochi minuti che Harry capì che c'era qualcosa che non andava.
"Lou... oh, Lou, non dobbiamo fare nulla se non te la senti..."
Quelle parole e carezze sul volto, poi un bacio a stampo delicato, leggero come una piuma. Louis sospirò e, finalmente, lasciò che le lacrime non fossero trattenute.
"Oh... non assecondarmi, Lou, l'unica cosa importante è se tu vuoi o no. Ed evidentemente non vuoi o non sei pronto."
Louis annuì debolmente, ma si sentì ugualmente un idiota; nemmeno capace a trattenere le lacrime, neanche con la forza necessaria per fare sesso con Harry. Un idiota.
Si alzò, facendo molta fatica a togliersi Harry, ancora sconvolto e con sensi di colpa, per risistermarsi e riafferrare il cappotto, impacciato e nervoso come l'ultima volta che era  stato lì.
"Lou, resta."
"Meglio di no..."
La porta si richiuse con un tonfo.
 

§§§

 
"Dimmi cosa devo fare con Louis."
Chiedere consiglio a Nick era una scelta azzardata, considerando la fama che aveva il ragazzo di "sciupauomini". Era uno poco serio, certo, ma sperava che potesse dargli un consiglio utile, visto che si vantava di "aver messo la testa a posto".
Nick si sistemò il ciuffo allo specchio e "Scopatelo, non è quello che vuoi?" disse, svogliato.
"Ma che cazzo dici?!" sbottò Harry, alzandosi di scatto; l'amico gli fece segno di abbassare la voce, facendo un cenno verso la propria stanza, ignorando successivamente lo sguardo interrogativo dell'amico. Poi "Parlaci." fece, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"Crede che io voglia.. solo quello. Ma non è vero..." mormorò Harry, sconsolato. Nick sospirò, si allontanò finalmente dallo specchio e gli poggiò una mano sulla spalla, con gli occhi alzati al cielo.
"E non puoi farglielo capire invece di rompere le palle a me, immagino."
Il suo tono era scontroso ma le parole erano giuste.
"Nick...io..."
"Sì, sono un genio. Ora vai, io torno da Greg."
"Chi è Greg?"
"Sapessi..."
Harry si lasciò andare in una risata, mentre Nick tornava nella propria stanza, lasciando come al suo solito una scia di indumenti nel già disordinato appartamento.
Poi decise di uscire di casa per risolvere, finalmente, la situazione.
 

§§§


Stava sotto le coperte, con solo una felpa vecchia e sformata addosso; non piangeva, ma si sentiva afflitto e stanco. Sospirò, schiacciando la testa sotto al cuscino.
Si era quasi assopito, quando il campanello suonò. L’idea di alzarsi non gli passò nemmeno per la mente, ma il misterioso disturbatore – o forse Louis intuiva perfettamente chi fosse – era molto deciso a continuare.
Louis si trascinò fino alla porta e la aprì, senza pensare. Si ritrovò davanti Harry, ansimante, probabilmente aveva corso per arrivare fin lì da lui e sembrava alquanto contento di vederlo.
“Mi dispiace.” furono le sue prime parole.
“È colpa mia.” ribatté Louis, scuotendo la testa; poi lo lasciò entrare. “No, è mia.” disse invece Harry, mettendosi le mani sui fianchi e posizionandosi esattamente al centro della piccola stanza del bilocale di Louis.
“Harry, dai, non ti ho lasciato fare come volevi, sono un idiota.” protestò il castano, cercando di prevalere.
“Oh Lou…”
“No. Non fare così, mi sembra che mi parli con compassione, è tremendo.” disse, sbuffando frustrato. A quel punto, Harry gli sorrise triste e gli prese il volto tra le mani.
“Sei così adorabile.” disse. Gli posò un bacio sul naso e “Non devi fare niente che non vuoi. Hai capito?”
E allora Louis annuì, lasciandosi stringere. Non capiva e non comprendeva il modo in cui era passato dal volerlo a non avere problemi ad aspettare che lui fosse pronto. Erano veloci anche nel cambiare idea, i londinesi?
Harry lo strinse forte, accarezzandogli la testa.
“Un ultima cosa, Haz..” implorò Louis, il volto affondato nel suo petto.
“Dimmi.” esortò l’altro, baciandogli il capo.
“Noi cosa siamo?”
 

§§§


“Mornington Crescent. This is the Northern Line to Edgware.”
Louis si sedette più composto, tirando le gambe indietro e facendo passare le persone intorno a lui; sorrise. La folla non gli dava più così fastidio come quel primo pomeriggio a Trafalgar Square.
Stava andando, da solo, a Camden. Le poche volte che ci era stato si era fatto trascinare da Harry, e non ne era nemmeno stato così tanto contento. Anche dopo che il loro “piccolo malinteso” era stato chiarito, era Harry che andava sempre a casa sua, per evitargli il caos insostenibile del quartiere, ma ora Louis si sentiva abbastanza meglio per poter affrontare la diversità. Non solo di quel luogo, ma di tutta Londra.
Non sapeva con certezza se a farlo stare meglio era stato il “tu sei il mio ragazzo, Lou. Stiamo insieme ufficialmente” o semplicemente il modo in cui Harry si era fatto dare completa fiducia, come se fosse stata la cosa più semplice del mondo – e non lo era, visto che le uniche persone veramente degne della fiducia di Louis erano i suoi famigliari.
Guardò l’orologio; ancora cinque minuti. Ormai non era più come un turista smarrito per la città, stava lentamente imparando come muoversi, con troppo ritardo forse, ma ce l’avrebbe fatta un giorno. Aveva finalmente capito una cosa, sulla sua nuova casa. Londra non era solo una città, Londra era anche uno stile di vita. Frenetico, esagerato, noncurante di ciò che la gente pensa, originale, sfavillante, unico nel suo genere. Non ci sarebbe mai stato niente come Londra; nessuna città ti si attacca in quel modo, nessun luogo si avvolge attorno a te obbligandoti ad abituarcisi, perché Londra è fatta così. Solo lei.
Si alzò nel momento in cui il treno si fermò di scatto, e barcollò, aggrappandosi al palo come se ne valesse della sua vita. “Ok, forse alla metropolitana non mi ci abituerò mai.” pensò, e si lasciò trasportare dalla calca fino a fuori, dove fu investito dalle solite raffiche di vento.
Si fermò, per la prima volta, ad osservare; sì, perché ogni stazione era diversa dall’altra. Le ultime stazioni della Jubilee Line, enormi e metalliche. Lo spazio per gli artisti di strada a Piccadilly Circus e la semplicità della piccola stazione di Russel Square. Camden sembrava essere uguale a tutte le stazioni della Northen Line – escludendo la doppia entrata/uscita-, ma era la gente a renderlo diverso. Un uomo con i rasta verdi, due lesbiche con i capelli rasati che si tenevano per mano, un tizio solo in boxer su una bicicletta, un gruppo di punk e, per finire, un ragazzo favoloso che era solo di Louis.
Harry andò verso di lui, con la sua stupida fedora in testa e i rayban attaccati alla camicia accogliendolo tra le braccia. I loro corpi si intrecciarono come al solito, stretti tra loro in un modo così intimo che tutti si sarebbero sentiti di troppo solo guardandoli.
Era una bella sensazione, quella di sentirsi amato. Meglio di tutte le altre. Era come il thè delle cinque, insieme al caffè mattutino, con il gatto di sua sorella Lottie quando lo svegliava accoccolandosi sul suo stomaco, o la risata delle gemelline Daisy e Phoebe e tante altre piccole cose familiari e piacevoli mischiate insieme. Solo che invece di quelle cose ne bastava solo una per star bene: Harry.
Era una cosa bella.
Louis non aveva mai avuto una storia seria; ci aveva provato con una ragazza del suo paese, poi con il figlio dei suoi dirimpettai, dopo aver capito di essere omosessuale.
Ma Harry era l’unica persona che il castano poteva amare.
Anzi, forse lui lo faceva già.





The Writer Is IN
 
God, god, god.
Bene, e dopo questo parto assurdo che è stata la fantastica Underground - London!AU non ci sono che delle misere note di una misera autrice che è piena di nostalgia per la cara Londra;
 
Prima di tutto io avrei paura di me stessa perché… non c’è l’angst, oddio, non tornerò mai com’ero prima.
Secondo, volevo segnalarvi questa lista qua perché contiene tutte le cose extra della Os; ho il perenne bisogno di visualizzare le cose scrivo, sorry.
Terzo, questa OS arriva direttamente da Londra; è stata iniziata a Londra, il Royal National citato era il mio hotel (che comunque ho visto solo la sera, visto che ero in giro tutto il giorno) e perfino l’ordinazione dello Starbucks di Louis è, oltre che una cosa deliziosa e così buona che ho perso la voglia di prendere in giro Eleanor per tutti i Frappuccini che beve da quanto sono buoni, quello che prendevo io per colazione.
Credo di essere dannatamente innamorata persa di Londra, ragazzi. Per questo l’ho scritta, per buttarci dentro tutte le mie piccole esperienze.
È veramente unica nel suo genere.
 
Bene, la smetto di fare la smielata e  torno alla mia inutile e vuota vita da vegetale in attesa del prossimo viaggio. (Prego tutti i possibili dei dell’Olimpo, fatemi tornare là a vedere ciò che non ho visto!)
Se la OS vi è piaciuta, lasciate un commento qua sotto e.. grazie anche per aver letto ed essere arrivati fino a qui.
.Lu
  
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