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Autore: LadyTsuky    21/08/2013    5 recensioni
Si erano sempre detti che il loro amore era eterno...
Avevano sempre pensato che avrebbero vissuto una vita perfetta. Insieme, loro due e nient'altro.
Ma non sarà così, quell'unione verrà spezzata.
Spezzata dalla stessa Usagi.
Detterà distanza al suo amato uomo, per l'amore che prova per lui...
Deciderà di dimenticarlo e di non rivederlo mai più...
Questo si era ripromessa quella notte gelida.
Ma lei lo ama, lo ama più dell'aria che respira, più del suo cuore che batte... ma è stata costretta.
Si, costretta. Costretta dalla dura realtà che la circonda e che non può cambiare. Costretta dalla gente che non capisce cosa significhi veramente amare una persona. Costretta dal proprio istinto di sopravvivenza..Perchè, riuscire a vivere senza l'uomo per il quale il tuo cuore batte, è la più dura delle torture.
Sarà difficile dimenticarlo perchè ormai la sua vita è cambiata. Come è possibile cancellare il suo volto se..se...lui è sempre dentro di lei? Come?
Usagi non è certo l'unica vittima degli scherzi del fato, anche Mamoru scoprirà la faccia oscura della vita e incontrerà non poche difficoltà. Perchè la ama, e non vuole perderla. Spezzerà il patto dell'amata scoprendo i regali della vita.
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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PROLOGO



Forse era solo un mio problema, forse non dovevo darle ascolto. Ma la mia testa ribolliva e io volevo trovare a tutti i costi una soluzione. Una soluzione che fosse sufficiente a farmi superare quella situazione assurda.
Erano bastati pochi minuti per dare il colpo di grazia alla mia vita. Cinque fottutissimi minuti. Come si dice, ero capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato e adesso me ne pentivo amaramente. E pensare che ero sempre io quella ritardataria e quel maledettissimo giorno l’agitazione era così tanta che non ho resistito e sono uscita di casa il più in fretta possibile.
Correndo con quei tacchi vertiginosi attentatori al mio equilibrio, perfettamente sistemata con un abito blu e un trucco leggero e i capelli in ordine.
E poi quello… tutti i miei sogni la mie speranze ormai erano bruciacchiate come la sigaretta che l’uomo accanto a me nel bus stava fumando.
Ma il cartello vietato fumare lo attaccavano per mettere un po’ di colore? E non mi guardare con quell’espressione da pervertito idiota,  che oggi non è giornata!

E ritornai ancora ai miei pensieri profondi…ritornando a fissare il finestrino annebbiato su cui era appoggiata la mia testa.

Quella vita che desideravo ma che il destino non mi concedeva di tenerla tra le mani….
Era bastata uno sola frase ad allontanarmi da LUI. Poche parole.
Ad allontanarmi dal futuro che volevo con tutte le mie forze. A cui mi aggrappavo con le unghie e con i denti.

“ Lei non può far parte di questa famiglia!”

Queste parole mi risuonavano in continuazione nella testa, mentre dormivo, mentre mangiavo, anzi non avevo proprio voglia di mangiare così tanto in quei giorni, mentre facevo qualunque altra cosa. E non riuscivo a dimenticarle, anche se mi sforzavo con tutta me stessa. Aveva ragione chi ha detto che più cerchi di dimenticare quella cosa più quella cosa che vuoi dimenticare non se ne vuole andare. Quella faccia, la faccia di LUI la sua espressione sbucava nei miei pensieri ogni cinque minuti come se avessi messo una sveglia impostata a dirmi “Non la passerai liscia! Prima dovrai soffrire come si deve mia cara”
Grazie tante vocina interiore senza di te non saprei come vivere! Quel giorno appena tornata a casa dopo una corsa sfrenata volevo friggermi il cervello insieme alle patatine! Per dimenticare in fretta la scena a cui avevo assistito. E quante  parole mi ero ripetuta mentalmente per la via del ritorno.
Potevo essere così idiota? Con tutte le persone del mondo proprio con LUI mi dovevo fissare?
Appena avevo sentito dietro quella maledetta colonna il LORO discorso ero fuggita come un coniglio. A gambe levate. Come se avessi visto il fantasma di mia nonna, che per precisare è morta da un sacco di anni, forse quando avevo sei anni, non ricordo. Il fatto e che io non sono poi così coraggiosa quindi diciamo ci hanno azzeccato a darmi quel nome.
Come se ce l’avessero con me il mio nome significava appunto questo: CONIGLIO! Usagi uguale: Coniglio.
Con tutti i bei nomi che c’erano al mondo proprio Coniglio mi dovevano chiamare? E come chiamare tuo figlio Cozza di mare! Insomma di originale era originale ma cacchio dammi un nome normale per l’amor di Dio.
Il mio nome è stato uno dei principali fattori che mi avevano portato a LUI. E mia madre era stata la fautrice di questa disgrazia. Lei in quattro minuti e trentasette secondi aveva distrutto la mia autostima futura che si sarebbe creata una volta cresciuta. Lei. Proprio mia madre mi aveva dato con orgoglio, per giunta, quel maledetto nome.
L’aveva scelto in preda alle doglie e tra le sue urla, così in un momento di pazza lucidità si gira verso mio padre e deglutendo gli dice :”Caro ho deciso se sarà femmina la chiameremo Usagi!” se sarà femmina?! "Volevo che fosse una sorpresa" mi aveva sempre ripetuto la mia adorata mamma.
Anche se sono nata con qualche settimana di anticipo il nome lo potevate scegliere prima no? Con più calma magari, a che ti scrivono a fare i libri con i nomi da dare ai futuri nascituri? Si comprano per usarli come fermaporte? E pensare che ne abbiamo uno a casa. Avete avuto giusto, giusto nove mesi e tu lo decidi mentre partorisci?
Come mi ha sempre detto mio padre, quel santo uomo, lui non ci poteva fare assolutamente nulla contro una donna in piena fase di “ormoni impazziti e in procinto di partorire”aveva tentato in tutti i modi di farle cambiare idea ma poi mi ha detto che poteva ritrovarsi con un braccio rotto e senza un occhio alla fine del parto e aveva optato diligentemente per la bandiera bianca.
Ogni volta che mia madre mi parlava dell’origine del mio nome mi diceva: “ Tesoro tu sei il mio coniglietto e questo nome e perfetto per te , mi piace così tanto!“ cioè tu sapevi che coniglio era un nome da dare ad una bambina? Ma chiamami Lumaca tanto che ci stai no? Oppure pesce rosso e siccome stiamo in tema di animali cara mamma chiamami che ne so Pollo? Lui scappa che una meraviglia!
 Alla fine preferivo farmi chiamare Bunny  tanto per far ridere qualcun’altro, a chiunque dicessi il mio nome vedevo le loro facce che si contorcevano come non mai per trattenere una risata, tanto per non essere scortesi e non mi scoppiassero in faccia a ridere come cornacchie. Come tutti i miei primi giorni di scuola che ho dovuto fare. Drammatici. Tutti i professori e maestri nessuno escluso mi ridevano in faccia appena pronunciata la parolina magica.
E io che dentro di me dicevo : “Ma che cavolo ridete voi state peggio di me a cognomi!” come dire professori modello.
Alla fine rinunciavano e mi chiamavano per cognome che era meno imbarazzante.
In pratica era come una cospirazione contro di me come  se prima della mia nascita i miei genitori e la sfiga avessero parlato faccia a faccia del mio destino , che era decisamente schifoso senza dubbi, e avessero detto “ Ti prego fa che sia una bambina bionda con occhi azzurri e davvero carina e io ti prometto che la puoi perseguitare quanto vuoi” si si sicuramente avrebbero detto così se la sfiga fosse una persona in carne ed ossa.
Mi è sempre sembrato come se stessero facendo la lista della spesa : allora devo prendere pane uova farina ah e se ci sta anche una bella bambina con occhi azzurri e capelli biondi se ne avete.

Lasciamo stare la faccenda del nome e di mia madre.

Sempre di più si faceva spazio nella mia mente la certezza che forse il mio destino era quello. Di rimanere sola.
Zitella in pratica, o come dicono gli americani per camuffare la loro solitudine, single, e pensate che c‘è gente che è single per scelta! Ma dico io sei bella e hai tutta la vita davanti e tu dici “No io preferisco rimanere single perché non ho voglia di impegnarmi!” Pazza! Idiota, se ero al posto tuo io altro che single per scelta, io adesso ero single costretta.
E ancora la mia testolina faceva strani pensieri : “Per chi proverò amore adesso?” Per la mia famiglia? Quello l’ho sempre provato ma io voglio un amore diverso di quello che provo per i miei famigliari, per le mie amiche? Stessa storia. E allora adesso chi dovevo amare? A chi dovevo stare accanto tutta la mia vita? A chi dovevo dire ti amo ogni singolo giorno della mia esistenza?
Semplice.
A nessuno.
Ormai nessun’altro poteva prendere il SUO posto, ormai lui non era più MIO, non era più il MIO futuro, il MIO destino, che con lui sicuramente avrebbe di certo alzato la media della mia bassa percentuale di fortuna che avevo, insomma avevo perso per sempre il mio tutto.
Rimanevo lì seduta su quel sedile del bus maledettamente freddo a pensare a quell’idiota. Adesso LUI aveva LEI, quella che era single per scelta e aveva magicamente incontrato l’amore della sua vita, LEI che aveva delle Chanel ai piedi che costavano più della mia casa!
Stupido idiota mi ripetevo.
Semmai il contrario, mi dice la mia stronza vocina interiore. L’idiota ero io. Non potevo competere con la mia sfiga, l’avrebbe vinta sicuramente lei, come sempre. Forse dovevo dare ascolto a quella pazza di mia zia: “Nipotina mia quel mondo è troppo diverso dal tuo! Da retta alla tua zietta preferita lascialo ed è meglio per entrambi! Tu non soffrirai e nemmeno lui”
Già era meglio per entrambi. E io che faccio? Mando gentilmente a quel paese quel preziosissimo consiglio. Almeno lei me lo aveva dato! Non come mia madre che appena aveva sentito il cognome di LUI mi salta al collo tutta eccitata e mi dice : “A quando le nozze?“ .
Mi ero avvicinata troppo al fuoco e adesso mi sono bruciata la mano. Non dovevo parlargli quel giorno, no avevo sbagliato del tutto, non dovevo dargli corda e così non sarei distrutta tanto da piangere ogni volta che vedevo una coppietta felice come quella che ho a due sedili di distanza davanti a me che si sbaciucchia senza vergogna e si coccola amorevolmente. Di certo trasudavano amore da tutti i pori.
Tre giorni fa avrei detto a LUI :”Amore guarda come sono carini! Sono proprio felici come noi due!” e LUI mi avrebbe sorriso amorevolmente dicendomi : “Già mia testolina buffa”.
Alla fine dovevo rimanere sola, come la mia zietta, sicuramente una cosa ereditaria, lei era una di quelle donne che si definivano single per scelta.
E io stavo facendo la sua stessa fine.
Sola.
Sola davanti alla finestra, con lo scialle di lana della zia ad allisciare il pelo al gatto randagio, trovato davanti casa mia vicino al bidone della spazzatura, a pensare a LUI bello felice e contento con la sua moglie sexy con due mongolfiere per seno con un conto in banca da far competizione all‘attrice più pagata al mondo.
Cavolo ero maledettamente sola. Nel senso nessuno a cui dire amore ti amo con tutta la mia vita, nessuno con cui poter soddisfare quelle voglie….insomma.
Una vita da sola.
Dopo tutte le volte che dicevo sola, sola, sola, quell’idea non era niente male….
Ma mi sbagliavo. Certo, come sempre.
Non ero sola. Non più ormai. L’avevo appena scoperto per caso.
Una parte di LUI infinitamente piccola, era dentro di me come a dire “Non è stata colpa sua ma ci sono io adesso, potrai amare me come hai amato LUI“.
  L’unica cosa che riusciva a tenermi lucida e soprattutto viva era quel piccolo puntino che si vedeva in quella strana fotografia che non capivo, in bianco e nero, che avevo nel mio portamonete  a ricordarmi che non ero assolutamente sola,  adesso il mio puntino poteva essere amato con tutto il mio cuore, avrei amato quella parte come se fosse lui perché se non potevo avere lui accanto, almeno potevo avere il mio futuro…
 
 
   
 
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