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Autore: IamShe    22/08/2013    17 recensioni
Non è buffo? È mio marito e padre di mio figlio, ma non conosce quel qualcuno che è la causa scatenante delle mie azioni; quel qualcosa a cui la mia vita si relaziona per essere tale. «Shinichi Kudo» dico. Non lo conosce, sa soltanto che è il mio amico d’infanzia.
Sorrido, afflitta. Di che mi lamento? In fondo è davvero così.

Ran è sposata ed ha un figlio, ma il marito e padre del suo bambino non è Shinichi. Lui è mancato per dieci lunghi anni e continua a mancare. Eppure, anche quando credeva di aver finalmente voltato quella maledetta pagina, di aver dimenticato quel nome, si ritrova a dover fare i conti col suo passato. Un passato che è più vicino di quanto voglia ammettere.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ehm... ciao ^///^
Sono tornata XD
Sì, dopo un’estate da dimenticare, sono tornata. Non so a chi possa far piacere, ma sono ancora qui XD
Questa fan fiction l’avevo in mente da un bel po’, e già durante la stesura di Your Lies avevo cominciato a scriverla. La pubblico adesso, che è già completa nel mio computer. È una fan fiction più particolare rispetto alle altre. La prima cosa che salta all’occhio è il genere. È la prima volta che mi cimento in una vera hot, dunque non ho idea del risultato. Devo ammettere che sono anche un po’ imbarazzata, di questo genere ne ho trovate davvero poche in questo fandom. Inoltre non sono ben sicura del rating: potrebbe facilmente sforare nel rosso, per questo, vi chiedo di darmi un parere per i capitoli che verranno. Se lo riterrete necessario, muterò il rating ;)
Al momento, posso dirvi che è una fan fiction molto breve – solo nove capitoli – e che è ciò che spero che NON accada in Detective Conan, essendo io un po’... come dire, sognatrice ed anche abbastanza... banale, sull’aspettativa del finale. È tutto narrato dal punto di vista di Ran, ed ovviamente ci sarà anche Shinichi. Ma non solo lui... XD Dato il rating e il genere, forse è il caso che i minorenni e i puritani non leggano... ma tanto lo so, che alla fine, un’occhiata gliela darete tutti XD
Ovviamente spero in commenti positivi, ma se avete intenzione di dirmi che sono una malata, una sadica, una pazza schizofrenica, vi accetterò lo stesso XD
E... niente. Ci vediamo di sotto. :)

 



 
#1 Il mio amico d’infanzia
 
 
Sono una donna, e Dio solo sa quanto questo già questo basti a complicare le cose. Sono sposata ed ho un figlio di circa un mese, Conan. Sono la realizzazione del più grande sogno di molte adolescenti, l’incarnazione dell’invidia di molte mie coetanee. Sono una karateka affermata nazionalmente, e sono riuscita anche ad aprirmi una scuola tutta mia, dove tutti i pomeriggi formo e plasmo nuovi combattenti. Non c’è niente che manchi alla mia vita, non c’è nulla che non va nella mia esistenza. Mi chiamo Ran, e secondo mia madre, mio padre avrebbe scelto questo nome dopo essersi sdraiato in un campo di vaniglie.
Disse che erano morbide, piacevoli, rasserenanti.
«Sono orchidee» lo aveva avvisato, e lui se ne era innamorato. Delle orchidee e di me, nove mesi dopo.
I miei genitori sono particolari, credo si siano fidanzati litigando. Si sono conosciuti da piccoli, sono amici d’infanzia, ed hanno passato il resto della loro vita a vedersi crescere, l’uno con l’altro. Dicono d’odiarsi, ma conosco bene quella bugia. Gli amici d’infanzia non potranno mai farlo: sono legati per sempre nel filo fragile e indissolubile della vita, come anelli di una stessa catena. Ma loro hanno trovato il modo di arrugginirla, di spaccarla, e poi di saldarla di nuovo. Non so come abbiano fatto, eppure ci sono riusciti.
«Non si dovrebbe mai smettere di credere nell’amore, nemmeno quando è troppo tardi» dice lei, dopo aver trascorso dieci anni della sua vita lontana da lui.
E se ha incontrato altri uomini nel frattempo nessuno lo sa. E se si è innamorata di altri occhi, si è ubriacata di altri sorrisi non lo rivelerà mai, nemmeno sotto tortura. Perché gli adulti hanno la grande abilità di mescolare le carte anche quando il mazzo è già stato spaccato, anche quando il destino è già stato scritto.
Un tempo pensavo di sapere tutto della vita, credevo di essere la protagonista di una favola a lieto fine, travestita da principessa in attesa che quello lì col mantello azzurro mi venisse a salvare da una torre in fiamme. Ma la vita non è un film per bambini, la vita non è lieta in sé. È cruenta, difficile e traditrice. È tutto ciò che non vorresti mai che accadesse, tutto quello che non immagineresti mai succedesse. Eppure, in un modo o nell’altro, tutti i sognatori come me vi si rassegnano. Frenano i loro istinti, spezzano le loro ali, e si adattano.
Una volta un saggio mi disse: «non continuare a sognare, ma impara a vivere dai tuoi sogni», che tradotto per un’ingenua come me avrebbe dovuto significare più o meno “smettila di comportarti come una ragazzina, c’è il mondo lì fuori, e non è quello che credi”.
Ma perché nessuno mai te lo dice così? Tutti amano usare le metafore, i proverbi, i detti; tutti adorano rimanere sul vago. Sarebbe più facile capire le cose anziché che provare ad interpretarle. Perché ogni testa è a sé, ed ognuno crede quello che vuole credere; perché il mondo non ha proprio nulla di oggettivo, non possiede niente di universale. È tutto relativo, re-la-ti-vo. Odio questa parola, mi dà sui nervi. Relativo significa ‘in relazione di’, cioè tutto dipende da tutto. Non c’è niente che possa esistere se non collegato a qualcosa. L’angoscia. Mi sale così tanto che quasi trovo questi scatoloni di fronte a me meno deprimenti. Vi piacerebbe pensare che non possiate esistere se non dipendenti da qualcosa? Vi credete capaci di decidere, ed invece no, c’è qualcosa che decide per voi. Non è asfissiante?
Mi avvilisco al solo pensiero, perché so che anche per me è così.
Il mio matrimonio, la nascita di mio figlio, i miei studi all’università e quelli al liceo, il mio karate e le mie sofferenze, i miei dolori e le mie gioie, le mie sconfitte e le mie vittorie. Tutto, tutto quello che apparentemente potrebbe appartenermi è di proprietà di qualcos’altro, o di qualcun altro, nel mio caso.
Sento la chiave nella serratura girare e farla scattare. So che è arrivato.
Mio marito entra in casa con aria sbuffante, ma si accende alla mia vista e a quella del piccolo Conan. Si avvicina, mi dà un bacio sulla fronte e con dolcezza mi accarezza i capelli.
«Credo che dovremmo prendere in considerazione l’idea di prendere la roba dagli scatoloni» dico. Effettivamente dovremmo. È una settimana che è lì, abbandonata dalla nostra frenetica e problematica vita e dall’inguaribile pigrizia che lo contraddistingue.
«Non abbiamo fretta» mi dice, deludendomi un po’.
«Abbiamo tutta la vita davanti, no?»
Lui sorride, rinfrancato. «Sì» e mi dona un bacio sulle labbra.
Ci si può fare l’abitudine ai baci, alle labbra, alla lingua di una persona? Credo sia normale dopo un po’ mettere da parte tremolii e tachicardie varie, almeno penso che quando si è vicini ai trent’anni lo sia. Almeno credo.
«A proposito», lo vedo posare le chiavi su uno scatolo, togliersi le scarpe e sedersi sul letto insieme a me e Conan. Accanto a noi un cuore con due iniziali “S e R” appoggiato ad uno scatolone bianco dallo scotch nero. «Ha chiamato Kaori, sai, quello che lavora al comune. Mi ha detto che ci troverà un buco la settimana prossima per andare a firmare.»
Già, dobbiamo ancora farlo. Deglutisco, accarezzando il viso addormentato di mio figlio. Se sono riuscita ad abituarmi ai baci di mio marito, di certo non finirò mai di stupirmi della sconfinata bellezza del mio bambino.
«Perfetto» dico, distratta. Gli occhi sono a Conan: piccolo, fragile ed indifeso. Occhi azzurri e capelli spettinati, un po’ ribelli, di un profondo nero. Apre le palpebre lentamente, quasi con stanchezza. Stringe le mani in deboli pugni, e nel guardarmi mi sorride.
«Ciao tesoro» lo saluto, baciandolo sulla fronte leggermente sudata. Mezz’ora fa ha avuto un’altra crisi di pianto. Ma adesso sguazza, felice, e mi fa battere il cuore all’impazzata.
«Credo che sia l’unico neonato che appena sveglio sorride.»
Io annuisco, fiera. Ha ragione: Conan non fa altro che ridere quando è sveglio. I muscoli del suo piccolo e meraviglioso viso si contraggono in un’espressione favolosa, che metterebbe il buon’umore a chiunque. 
«Però prima mi ha fatto preoccupare. Non la smetteva più di piangere.»
«Forse aveva fame.»
Io scuoto il capo. «No, l’ho allattato mezz’ora prima.»
Mio marito fa un sospiro, socchiudendo gli occhi.
«Ah, sono comparsi ancora...» appoggia la testa sul cuscino, ridendo quasi.
«Cosa?» chiedo, mentre Conan protrae le sue braccia verso l’alto, quasi come se volesse toccare qualcosa. I suoi ditini si avvolgono intorno al mio mignolo destro, e facendolo dondolare un po’, permetto che rida di nuovo.
«I biglietti anonimi.»
Lo guardo, inarcando un sopracciglio. «Cosa diceva l’ultimo?»
«“E smettila di giocare sognatore, il tuo cervello ti porterà alla realtà. Figlio, guarda, il gioco finisce ora. Alza gli occhi: una stella a cinque punte ti illumina ed oscura per te ciò che non dovresti vedere.”»
Sbatto più volte le palpebre, stranita. Ma che razza di indovinello è?
«Chi sarà il pazzo che pensa a queste cose...» dice poi, guardandomi.
«Un tipo che non ha nulla da fare» rispondo io, scettica.
«Bah» si lamenta. «Sai, casomai le cose andassero male, avevo intenzione di chiamare quel tuo amico.»
Una fitta mi apre il cuore e lo lacera da dentro, così che sia impossibile da guarire.
«Mio amico?» deglutisco a fatica, avvertendo le braccia indebolirsi. Ma non posso cedere. La ragione della mia vita è tra le mie braccia.
«Sì, sì... quel tuo amico d’infanzia» dice lui, abbandonandosi di nuovo al materasso. «È un detective, no? chiederò a lui... casomai.»
Già, anche io ne ho uno, di amico d’infanzia; siamo cresciuti insieme, proprio come i miei genitori. Ma io non lo vedo da quasi un anno, e l’ultima volta che ci siamo incontrati, è stato dopo dieci lunghi anni di assenza da parte sua. Dieci anni.
«Certo, Shirai. Puoi... puoi chiamarlo.»
Io deglutisco, timorosa, pare gli stia dando un ordine. Stringo sempre più forte a me Conan. Mi nutro del suo profumo, mi innamoro del suo battito; ripulisco il mio cuore e ci pianto dentro il viso del mio piccolo. Il mio braccialetto col pendente ad infinito struscia sul suo viso. Conan lo prende e ci si mette a giocare. Ho un brivido di freddo, e sono costretta a spostarmi per non imbambolarmi a fissare il diamante che vi è infisso sopra. Mi procura solo dolore. Solo immenso dolore.
«Allora vado a prendere l’elenco telefonico...» si allontana leggermente Shirai, e poi mi sorride: «come si chiamava?»
La relatività del mondo, ecco l’esempio lampante. Lui non ricorda quel nome ed io non riesco a scordarlo. Non è buffo? È mio marito e padre di mio figlio, ma non conosce quel qualcuno che è la causa scatenante delle mie azioni; quel qualcosa a cui la mia vita si relaziona per essere tale. 
«Shinichi Kudo» dico.
Non lo conosce, sa soltanto che è il mio amico d’infanzia.
Sorrido, afflitta. Di che mi lamento? In fondo è davvero così.

 
 
 


 
Rieccomi! Sconvolti, turbati, straniti? Lo so, ne ho combinata un’altra delle mie XD Pensate che il mio ragazzo mi ha chiesto “cosa t’hanno fatto di male ‘sti due?”, ed io gli ho semplicemente detto che sono la coppia più bella del mondo, e che non era di certo colpa mia. Non mi è sembrato contento comunque. Bando alle ciance, e pensiamo alla fan fiction XD
Questo può essere considerato come prologo, infatti è molto più corto rispetto agli altri. So che può sembrare strano pensare a Ran sposata con un altro e con un figlio da un altro, ma spiegherò tutto nel corso dei capitoli. Anche perché il bimbo si chiama Conan, che lo so, può sembrare ancora più strano!
La storia si sviluppa tra presente e passato, e attraverso i pensieri di Ran capiremo che fine abbia fatto Shinichi. Dato che la storia è già tutta scritta, pubblicherò ogni 5 giorni, e alla fine di ogni capitolo metterò uno spoiler del seguente. Poi vedrete ;)
Be’, spero solo che vi piaccia abbastanza. Con le altre sono stata fortunata, che la dea bendata mi assisti anche adesso. :)
La dea bendata però siete solo voi, che mi avete sempre sostenuta. Quindi, vorrei mandare un grande bacio a tutti i recensori di Your Lies e a quelli delle altre fan fiction. Grazie, vi voglio bene.
Vi lascio allo spoiler, buon proseguimento di vacanze. 



#2 Il pediatra

«So che non sono fatti miei» esordisce Shinichi, con ancora in braccio il mio Conan. Siamo in auto, in ritorno verso casa, con il Sole che va a nascondersi dietro i grattacieli di Tokyo. «Ma posso farti una domanda?»
Io annuisco, stringendo più forte le mani sul volante in pelle nera. «Certo, dimmi.»
«Credevo che i primi mesi di matrimonio fossero i più belli...», lo sento appoggiare il capo al poggiatesta. «Ma a guardarti non si direbbe. Come mai?»





A martedì 27 agosto,
Tonia
   
 
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