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Autore: Lux_daisy    22/08/2013    5 recensioni
Dal capitolo 3:
-- Sei fastidioso, feccia. Ti conosco a malapena e già mi verrebbe voglia di massacrarti fino a farti urlare pietà, perciò ti avverto: non continuare a provocarmi --. La sua voce si era ridotta a un sussurro: si insinuò nella pelle di Squalo, strisciando come un serpente e scavò fino a raggiungere la carne e i muscoli e le ossa per poi incidersi nell’anima e mozzargli il respiro. Squalo sgranò gli occhi e per la prima volta in vita sua si accorse di provare paura di fronte a un avversario.
In una prestigiosa Accademia si incrociano le vite di due ragazzi dal passato difficile. Xanxus e Squalo si odiano e si scontrano, si respingono e si attraggono, come le falena di fronte alle fiamme, senza capire quant'è grande il pericolo di bruciarsi.
Genere: Azione, Drammatico, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Dino Cavallone, Superbi Squalo, Xanxus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti ^^ senza dilungarmi troppo, voglio solo dire che questa è la fiction delle mie prime volte: è la mia prima long, la mia prima AU e la prima drammatica che scrivo u.u e beh, non potevo non dare l'onore (?) di accompagnarmi in questa avventura ai miei amori, ovvero Xanxus e Squalo <3 con l'aggiunta di un giovane Dino Cavallone. Spero che questo primo capitolo vi piaccia e che non vi risulti troppo lungo, ma non potevo abbreviarlo perchè il meglio viene alla fine ^^ buona lettura!
 

Il primo giorno



L’Accademia Galileo Galilei, una prestigiosa scuola privata dotata di tutti i privilegi e comfort possibili a disposizione degli studenti provenienti dalle più ricche e facoltose famiglie italiane: dormitori di lusso, alta cucina, servizio di lavanderia, stimati professori pronti a mettere a disposizione la loro esperienza per formare e plasmare le menti dei giovani studenti.

“Che diavolo ci faccio io in un posto del genere?”. Per l’ennesima volta da quando si era svegliato poche ore prima, la domanda si affacciò nella sua mente, mentre, fermo davanti all’elegante cancello in ferro battuto, osservava l’edificio davanti a sé, l’aria spaesata e lo sguardo un misto tra l’incredulo e lo scocciato. Rimase immobile in quella posizione per lunghi minuti, gli occhi persi ad ammirare quel luogo che sembrava essere di un altro tempo e non fece caso agli studenti vicini che continuavano a lanciargli occhiate furtive e a bisbigliare tra di loro, chiedendosi chi fosse quello strano ragazzo. Solo quando riemerse dalla sua contemplazione se ne accorse e non poté biasimarli: lui, con i corti capelli di uno strano colore argentato e con indosso un jeans nero strappato, stivali di pelle borchiati e una maglietta bianca decorata da diversi teschi, dava decisamente nell’occhio, considerando soprattutto il fatto che gli altri ragazzi portavano le eleganti uniformi con i colori della scuola, blu notte e bianco. Avevano tutti l’aria dei classici figli di papà pieni soldi e dato l’alto livello di prestigio dell’Accademia e la cifra che bisognava sborsare per entrarci, il nuovo arrivato non dubitò della sua prima impressione.

“Questo posto non fa per me”. Si voltò e stava quasi per andarsene, pur consapevole delle conseguenze di un simile gesto, quando una voce squillante che chiamava il suo nome lo costrinse a voltarsi nuovamente.
<< Squalo! >>. Pochi secondi dopo, davanti a lui si fermò un ragazzo biondo con gli occhi di un caldo castano e un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. Indossava i pantaloni blu e la camicia bianca dell’uniforme, ma mentre quella degli altri era perfettamente abbonata e corredata di cravatta, la sua ne era priva e i primi bottoni erano slacciati; inoltre le maniche erano arrotolate fino ai gomiti e gli davano un’aria più trasandata rispetto al resto degli studenti.
<< Tu sei Squalo, vero? >> gli chiese senza smettere di sorridere, << io sono Dino Cavallone. Benvenuto alla Galilei! >>. Squalo guardò la mano dell’altro tesa verso di lui e solo dopo qualche secondo gliela strinse poco convinto.
<< Grazie >> borbottò, senza ben sapere cos’altro aggiungere.
<< Le tue cose sono già state portate nella tua stanza. È la 104 al secondo piano del dormitorio. Ti faccio vedere dov’è, così puoi cambiarti, anche se è un peccato: il tuo look mi piace molto. Qua purtroppo bisogna andare in giro con l’uniforme per tutto il giorno; solo dal tramonto in poi e per tutta la Domenica siamo liberi di vestirci come ci va. A proposito di questo… >>. Pochi minuti dopo, durante il tragitto verso il dormitorio, Squalo si rese conto con un certo fastidio che Dino era il tipo di ragazzo in grado di parlare a macchinetta senza apparentemente aver bisogno di prendere aria o comunque di fermarsi per assicurarsi che l’interlocutore lo stesse almeno ascoltando, cosa che lui non stava facendo con particolare attenzione. Il biondo cercò di spiegargli dove si trovassero le aule e altri luoghi, ma Squalo si sentì decisamente perso dopo i primi minuti. L’unica cosa che gli fu chiara fu il fatto che quel posto fosse davvero enorme: l’edificio centrale raccoglieva le aule, la mensa, la biblioteca, l’infermeria e l’ufficio del Preside; i dormitori e la palestra erano in due edifici separati ma contigui. Per spostarsi da una struttura all’altra bisognava attraversare i curatissimi giardini, ricchi di alberi, panchine e persino fontane. Più che un’Accademia sembrava uno di quei college americani che si vedono in tv, tipo Harvard o Yale. Una volta giunti a destinazione – Dino non aveva smesso di parlare neanche per un attimo- Squalo si rese conto di aver già dimenticato la strada percorsa.
“Forse dovrei farmi dare una mappa” si disse mentre il biondo apriva con una chiave la porta della stanza 104.
<< Ecco la nostra camera! >> annunciò allegro.
Squalo lo guardò confuso. << Nostra? >>.
Dino entrò e gli sorrise. << Certo! Da oggi saremo compagni di stanza! Sono sicuro che diventeremo ottimi amici! >>.

“Io non ne sono così sicuro” si ritrovò a pensare Squalo, varcando la porta. Non che Dino gli stesse antipatico o chissà che, ma lui tendeva a non andare molto d’accordo con le persone troppo chiacchierone o espansive. E Dino gli sembrava proprio quel tipo di persona.
Mentre la sua parte di stanza era spoglia e vuota, con la sua sola valigia ai piedi del letto, il lato di Dino era l’apoteosi del caos: vestiti buttati dovunque, libri e riviste sparsi non solo sulla scrivania e sul letto ma anche per terra, resti di cibo non meglio identificati qua e là. L’unico elemento perfettamente ordinato che stonava in quel luogo era una chitarra elettrica nera e bianca appoggiata al suo supporto alla parete vicina al letto.
<< Ahahah, scusa il disordine! >> esclamò Dino accarezzandosi la nuca, << ma non ho avuto tempo di mettere a posto >>.
Squalo si spostò verso il suo lato della stanza. << Non preoccuparti >> disse sedendosi sul materasso. Del resto neanche lui era un tipo molto ordinato.
<< Visto che sono le quattro del pomeriggio, le lezioni sono finite e adesso ci sono le attività dei club. Se ti interessa, ci sono tante cose interessanti da fare: calcio, basket, tennis, arti marziali, teatro, musica, danza… beh, immagino che di sicuro non ti metterai a ballare >> concluse ridendo divertito.
Squalo gli lanciò un’occhiata, pensando che quella battuta non fosse per niente divertente, ma tenne la considerazione per sé. << Tu in quale club sei? >> gli chiese invece.
Dino sorrise di nuovo e si illuminò tutto. << Io sono nel club di musica! >> dichiarò afferrando la chitarra, << insieme ad altri stiamo cercando di mettere su una band. Tu suoni qualche strumento? >>.
<< Una volta suonavo la batteria… >> rispose mesto, pensando ai giorni in cui il suo sogno era quello di diventare il batterista di una rock band. Si sentì quasi ingenuo, rendendosi conto di com’era la sua vita prima che tutto si distruggesse e cambiasse per sempre. Non era più lo stesso ragazzo di allora.
<< Wow! Fantastico! Allora potresti unirti a noi! >> gli propose allegro Dino.
<< Non so… ci penserò su… >> tagliò corto l’altro. Non aveva voglia di discutere di certe cose. Al biondo si smorzò subito l’entusiasmo, ma sembrò capire l’antifona perché con un sorriso gentile disse: << Oh, certo capisco. Sei appena arrivato, devi ancora ambientarti. Non c’è nessuna fretta: hai tutto il tempo per decidere >>.
<< Mmh >> mugugnò Squalo in assenso, << quindi ora vai al club? >>.
Dino annuì. << Sì. Le attività durano circa due ore, quindi per le sei dovrei aver finito. Se hai bisogno di qualcosa… >> si interruppe e prese a tastarsi i pantaloni in cerca di qualcosa, << ecco qua! >> esclamò avvicinandosi. Gli diede un pezzo di carta con dei numeri scritti sopra, << è il mio numero di cellulare: per qualsiasi problema, chiamami >>.
Squalo lo prese e borbottò un grazie.
<< Ottimo! Ora vado, ma quando torno, ti faccio fare un giro dell’Istituto. Se vuoi uscire ricordati di indossare l’uniforme: qua sono molto rigidi con le regole >>. Detto questo, con ancora la chitarra in mano, uscì dalla stanza, lasciando Squalo da solo con i suoi pensieri. Si alzò dal letto e decise di disfare i bagagli, anche se non aveva portato molte cose con sé. Come Dino, aveva a disposizione un letto con comodino, una scrivania, un armadio e una libreria, il tutto in quello che a Squalo sembrò un legno pregiato e costoso. La stanza aveva due finestre che davano su uno dei giardini dell’Accademia: in quel momento era completamente vuoto e gli unici rumori che si sentivano erano il suono degli uccelli e lo scroscio dell’acqua della fontana.

“Saranno tutti impegnati con i club o a studiare” si disse, mentre lasciava che un leggero venticello gli scompigliasse i capelli. Chiuse gli occhi e per qualche istante cercò di non pensare a dove si trovasse e soprattutto al perché: se si fosse lasciato trasportare dai ricordi e dai sentimenti, non era sicuro di poter trattenere la rabbia e le lacrime. Si riscosse e una volta tornato al letto, fu costretto ad affrontare ciò che da quando era entrato si era sforzato di ignorare. Pantaloni blu scuro dal taglio classico, camicia bianca con ricamato sul taschino lo stemma della Galilei, cravatta della stessa tonalità di blu e orrende scarpe color cuoio. Un brivido di ribrezzo gli attraversò l’intera colonna vertebrale al pensiero che avrebbe dovuto abbandonare il suo look costruito negli anni per indossare quella roba. Se c’era una cosa che Squalo ancora amava della sua vita passata era l’immagine che si era costruito: per molti poteva essere quella di un teppistello o di uno che si atteggiava a rockettaro indossando pelle, borchie e teschi, ma per lui era una parte di sé. Amava la musica rock fin da piccolo: suo padre gli aveva fatto conoscere artisti come Sex Pistols, Pink Floyd, Led Zeppelin, Ramones e Squalo li aveva divorati, bisognoso di conoscere sempre di più. Si era innamorato dei Nirvana, Guns ‘n’ Roses per poi arrivare ai Metallica, agli Skillet, ai Red, ai Breaking Benjamin e a tantissime altre band che era impossibile nominare tutte. Spaziava da un tipo di rock all’altro, assaporando la musica, i testi e gli assoli e ogni volta che scopriva una nuova band, era sempre di curioso di conoscerla a fondo e di scoprirne l’intera discografia. Così col tempo aveva sviluppato il desiderio di non limitarsi ad ascoltare il rock, ma di farne parte, anche nel suo piccolo e, dopo aver trasformato il suo look, aveva deciso di imparare a suonare la batteria.

Tutto questo prima di quel fatidico e terribile giorno in cui aveva perso i genitori e la sua vita era stata stravolta. Ora che si ritrovava in quella scuola, avrebbe dovuto dire addio anche al suo look.

“Di sicuro sembrerò un idiota con questa roba addosso” si disse rassegnato, mentre osservava l’uniforme ancora stesa sul letto. Subito dopo si disse anche che era stanco e non aveva nessuna voglia di andarsene in giro come un’anima in pena, senza togliere il fatto che era sicuro di perdersi se avesse gironzolato senza un guida. Così sistemò la divisa nell’armadio e, dopo essersi tolto solo gli stivali, si buttò sul materasso e prima di rendersene conto, stava già dormendo profondamente.
 
 
Che cosa ne facciamo del ragazzo?
Io non voglio averci a che fare! Avete visto come se ne va in giro?
Ho sentito dire che è stato coinvolto in diverse risse e che ha rischiato di farsi espellere dalla scuola.
Io non ho intenzione di prendermi un delinquente in casa!
Ma è il figlio di tua sorella!
E allora! Mia sorella avrebbe dovuto allevarlo meglio! E se poi portasse sulla cattiva strada mia figlia? Non posso rischiare! Se ne occuperanno i servizi sociali!
 
 
Luigi Cavallone? E chi è?
È il Preside dell’Accademia Galileo Galilei, quella scuola per ricconi snob.
E perché all’improvviso vuole prendersi cura di Squalo?
Sembra che fosse un caro amico dei suoi genitori…
Quindi gli permetterà di frequentare quella costosissima scuola senza sborsare un soldo?
A quanto pare…
 
 
<< Squalo! Squalo, svegliati! >>. All’improvviso le voci del suo sogno si affievolirono fino a scomparire del tutto, sostituite dalla voce squillante di Dino. Squalo sbatté gli occhi un paio di volte prima di mettere a fuoco il volto allegro del biondo, corredato dal solito sorriso che sembrava essere una parte indelebile della sua persona.
<< Finalmente hai aperto gli occhi, principessa! >> scherzo l’altro, scompigliandogli affettuosamente i capelli. Per tutta risposta Squalo gli lanciò un’occhiataccia omicida che fece indietreggiare l’altro di un passo.
<< Ahahah, non te la prendere! >> esclamò con una risata nervosa, << stavo solo scherzando. Il fatto è che ho provato a svegliarti diverse volte, ma senza risultato. Dovevi essere proprio stanco morto… sembravi la Bella Addormentata >> concluse, le mani alzate in segno di resa.
Squalo emise uno sbuffo che somigliava più a un ringhio, ma si trattenne dal rispondergli per le rime. “Che mi succede? Una volta avrei picchiato qualcuno per molto meno…”. In effetti era ormai da tempo che aveva perso la voglia di combattere e di attaccar briga, così si limitò a mettersi seduto sul letto e a stiracchiarsi come un gatto.
<< Alloraaa… >> esordì il biondo, prolungando apposta l’ultima vocale, << visto che sei sveglio, ti fa di fare un giro? Ti mostro la scuola! >>. Era di sicuro più emozionato lui di Squalo.
<< Ok. Dammi solo il tempo di farmi una doccia >> rispose, alzandosi in piedi e dirigendosi verso il bagno: come gli aveva spiegato Dino al suo arrivo, ogni stanza disponeva di un bagno personale, un po’ come le camere degli alberghi. “Qua non conoscono proprio il significato del verbo risparmiare” si disse, mentre si ficcava sotto il getto d’acqua. Dopo pochi minuti era sveglio, pulito, riposato e pronto per il tour della scuola.

Adesso che tutte le lezione e le varie attività erano concluse, anche Dino, come tutti gli altri studenti, aveva smesso l’uniforme e indossava un pantalone taglio militare color beige, un paio di sneakers bianche e una maglia verde scuro con un particolare disegno di fiamme stilizzate. Nell’insieme stava davvero bene, notò Squalo e non fu il solo. Durante il tragitto, il nuovo arrivato cercò di prestare attenzione a tutti i dettagli dell’ambiente circostante, nel tentativo di imprimersi nella mente i luoghi e i percorsi, sperando così di non perdersi in futuro. Ogni volta che passavano vicino a un gruppo di ragazze, queste interrompevano le loro attività e si voltavano a fissarlo con aria estasiata, sorridendo e bisbigliando tra loro. Alcune trovavano anche il coraggio di salutarlo e Dino rispondeva con uno dei suoi soliti sorrisi, provocando nell’interessata un aumento esponenziale del rossore in viso.

“È davvero popolare” pensò l’altro, osservandolo con la coda dell’occhio, “e non solo perché è il figlio del Preside”. Pur controvoglia, Squalo dovette ammettere che Dino non era per niente il tipo snob, presuntuoso e arrogante – e dire che ne avrebbe anche avuto i motivi, visto di chi era figlio e visto il suo successo con le ragazze. Invece sembrava proprio non fare neanche caso al modo in cui veniva guardato, continuando a parlare a ruota libera come al solito, intento a mostrare a Squalo la scuola e a dargli qualsiasi informazione ritenesse utile. Molte delle quali non si sarebbero potute definire tali e Squalo pensò più volte di farglielo notare, ma alla fine si convinse che lo stava facendo solo per essere d’aiuto e sperò in cuor suo che, una volta passato quel primo periodo di ambientamento, avrebbe smesso di riempirgli la testa di chiacchiere inutili.
 
Alla fine il tour della Galilei fu così lungo che i due ragazzi si ritrovarono stanchi e affamati e, controllando l’orologio, si accorsero che era già ora di cena. La mensa era aperta dalle 20:00 alle 21:30 e visto che erano già le otto passate, Dino e Squalo tornarono verso l’edificio centrale.
La mensa si trovava al piano terra e si costituiva di una grande sala quadrata occupata da dozzine e dozzine di tavoli di legno chiaro disposti in modo perfettamente ordinato; alla destra dell’ingresso c’era il lungo bancone dov’erano esposte le prelibatezze preparate dai cuochi e solo il profumo che si respirava fece venire a Squalo l’acquolina in bocca.

Dopo aver preso i vassoi ed essersi serviti, Dino e Squalo si spostarono alla ricerca di un tavolo libero. La mensa era già gremita di studenti e la maggior parte dei posti erano occupati; così Squalo si sedette ad uno dei tavoli vicino la finestra che era stato stranamente lasciato libero. Nell’istante in cui posò il vassoio e si accomodò, sentì il vociare diminuire di colpo e percepì addosso gli occhi di molti.
<< Squalo, alzati! Non possiamo sederci qui >> gli disse Dino con tono ansioso. Squalo inarcò un sopracciglio e sbuffò scocciato.
<< Perché no? È un tavolo come un altro! E poi io ho fame >> tagliò corto il ragazzo, afferrando la forchetta. Non capiva davvero perché stesse facendo tutte quelle storie per un tavolo e soprattutto con quella faccia spaventata.
<< Squalo, ti prego! >> lo supplicò il biondo, << non puoi restare lì >>.
Squalo lasciò andare la posata e fissò Dino con aria di sfida. << Perché no? >>.

<< Perché quello è il mio tavolo, feccia >>. Squalo vide l’amico sgranare gli occhi e quando questi si spostò per guardarsi alle spalle, entrambi poterono osservare il proprietario di quella voce cavernosa e profonda. D’un tratto un silenzio pesante calò sull’intera sala e tutti gli occhi dei presenti si fissarono sulla figura del nuovo arrivato. Un ragazzo alto dalla pelle scura, con corti capelli neri rasati vicino alle orecchie e gli altri lasciati più lunghi e spettinati ad arte; gli occhi erano rossi e una cicatrice simile a una grande voglia marrone dai bordi irregolari faceva bella mostra di sé sulla guancia sinistra. Indossava un pantalone e un paio di stivali, entrambi neri e una camicia rosso scuro, portata col colletto slacciato e le maniche arrotolate, che mettevano in mostra le braccia muscolose segnate dalle stesse strane cicatrici del suo volto. Il suo sguardo era palesemente infastidito e tutta la sua figura esprimeva una tale rabbia e potenza che Squalo non poté non sentirsene sorpreso. Era certo di poter dire di non aver mai incontrato qualcuno come lui. Solo allora si accorse che tutta la mensa era ammutolita e li fissava con sguardi angosciati.
Il moro spostò malamente Dino, rischiando di farlo cadere con tutto il vassoio e si avvicinò al tavolo, puntando i suoi occhi di fuoco su Squalo, che gli restituì l’occhiataccia.
<< Non mi hai sentito prima, feccia? Ti ho detto che questo è il mio tavolo. Levati! >>. La sua voce era fredda e glaciale, ma al tempo stesso emanava un alto livello d’ira.
“Feccia? Ma chi cazzo pensa di essere?”. La sorpresa di Squalo lasciò il posto ad altrettanta rabbia: nessuno si poteva permettere di parlargli in quel modo. Appoggiò le spalle alla sedia e incrociò le braccia al petto, lanciando all’altro un sorriso di sfida.
<< Scusa, ma non mi pare che ci sia il tuo nome scritto qua sopra, qualunque esso sia, quindi perché non ti levi dai piedi e vai a sederti da qualche altra parte? >>.
Gli occhi del moro si affilarono e tale divenne il silenzio nella sala che si riuscivano a sentire i sospiri angosciati degli altri studenti.
<< Squalo! >> soffiò Dino in tono sempre più spaventato.
<< Forse non ti rendi conto con chi stai parlando, feccia >> replicò il moro, poggiando le mani sul tavolo e avvicinando il volto a quello di Squalo, << per il tuo bene ti conviene spostarti all’istante >>.
L’altro gli rispose con una breve risata. << Spiacente, non prendo ordini dagli idioti >>. Un ghigno si dipinse sul volto, mentre il resto degli studenti lo fissava come se avesse appena estratto una pistola e minacciato tutti loro. Alcuni ebbero addirittura la sensazione che il tempo rallentasse, mentre aspettavano la reazione del moro. Questi si risollevò, togliendo le mani dal tavolo e scoppiò in una grossa risata che risuonò per tutta la mensa. << Hai le palle, feccia; lo apprezzo >> gli disse piantandogli gli occhi addosso, mentre un sorriso ferino si apriva sul suo volto, << ma questo non vuol dire che non te la farò pagare per la tua insolenza >>.

Neanche il tempo di pronunciare queste parole che, con un movimento fulmineo, afferrò la testa di Squalo e la spinse con forza contro il piatto di pasta sul suo vassoio, facendola cozzare con un rumore che rimbombò per lunghi secondi. Tutto il locale sembrò trattenere il respiro; persino Dino era rimasto inchiodato al suo posto, gli occhi sgranati e le mani che ancora tenevano il vassoio.
<< Vooooooooi! >>. Squalo rialzò di scatto la testa, il volto ricoperto dei resti della sua cena e uno sguardo furioso puntato sul moro. << Che cazzo ti salta in mente? >> gridò ancora, alzandosi in piedi. Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche, mentre sentiva la rabbia invadergli ogni arteria, ogni nervo, fino ad arrivare al cervello. Nessuno aveva mai osato umiliarlo in quel modo.
<< Ho solo migliorato il tuo aspetto, feccia. Dovresti essermi grato >> rispose l’altro con arroganza e con il ghigno di prima che non aveva lasciato le sue labbra.

Squalo scattò in avanti come una furia e afferrò il colletto della camicia dell’altro; gli altri studenti li fissarono in preda alla paura e all’incredulità. Nonostante i diversi centimetri di altezza che li separavano, Squalo non si lasciò intimidire: aveva messo al tappeto tizi anche più grossi. Il ghigno sul volto del moro sparì all’istante, trasformandosi in un’espressione di rabbia che riuscì a far vacillare l’altro per un istante. Nel fissare i suoi occhi rossi, Squalo ebbe la sensazione di osservare le fiamme dell’inferno danzare e ne restò rapito e terrorizzato allo stesso tempo. Era come guardare un pezzo della sua anima e tutto quello che riusciva a scorgere era fuoco, sangue e ira.
“Chi diavolo è questo tipo?” si chiese un angolo della sua mente.
<< X-xanxus, ti prego, lui è nuovo, è arrivato solo oggi… >> intervenne Dino, sperando di riuscire ad evitare il peggio. Era compito suo occuparsi di Squalo: non poteva lasciare che venisse coinvolto in una rissa proprio con Xanxus.
Il moro guardò l’altro con la coda dell’occhio, ma lo ignorò subito dopo, riportando la sua attenzione al ragazzo che ancora lo teneva per la camicia e lo fissava con odio. Una parte di lui non poté non restarne sorpresa, dato che mai nessuno fino ad ora aveva mai dimostrato tanto coraggio o inconscio desiderio di morire. Gli strinse il polso fino a provocargli una smorfia di dolore, ma il nuovo arrivato non sembrava avere intenzione di cedere tanto facilmente.
<< Squalo, per favore, lascialo andare! >> esclamò allora Dino con tono serio.
<< Dovresti ascoltare il tuo amico, Squalo >>. L’intonazione che mise nel pronunciare il suo nome, derisoria e con una punta di disprezzo, lo fece imbestialire così tanto che per un attimo gli sembrò che tutto quello che lo circondava sparisse, lasciando soli lui e Xanxus. Senza lasciare la presa sulla camicia dell’altro, strinse l’altro pugno e si preparò a colpire, ma una mano gli afferrò il polso per poi tirargli indietro il braccio, costringendolo ad allontanarsi dal moro. Convinto che Dino o qualcuno degli studenti avesse deciso di intervenire, Squalo stava per urlargli di non mettersi in mezzo, ma, voltatosi, le parole gli morirono in gola. Davanti a lui, con indosso un pantalone marrone e una camicia bianca, un uomo con corti capelli castani e un accenno di barba lo fissava severo. Era il professor Verelli: lui e Dino l’avevano incontrato neanche un’ora prima durante il giro della scuola e il biondo gli aveva detto che insegnava matematica e fisica e che era un tipo molto rigoroso e ligio al dovere.

 << In questo istituto i comportamenti violenti non sono tollerati, signor Superbi, perciò, se non vuole iniziare la sua permanenza alla Galilei con una visita all’ufficio del Preside, Le consiglio vivamente di tornare alla Sua cena >>.
“Che cazzo! Come se fosse colpa mia!” pensò furioso e aveva tutta l’intenzione di replicare, quando Dino si frappose tra lui e l’uomo e con un sorriso forzato disse: << Ci scusi, professore. È stato solo un equivoco! Le prometto che non succederà più >>.
Verelli lo scrutò per alcuni istanti e sospirò spazientito. << Lo spero bene anche per Lei, signor Cavallone. Essere il figlio del Preside non La esime dal tenere un comportamento impeccabile come tutti gli altri studenti >>.
“E a questa arrogante testa di cazzo non dice niente? È stato lui ad iniziare!”. Squalo lanciò un’occhiataccia rabbiosa al professore, ma quello si era già voltato per tornare al suo tavolo.

Una volta che l’uomo fu lontano e gli altri studenti si rasserenarono, Xanxus superò Squalo spintonandolo, ma nel farlo avvicinò rapidamente la bocca all’orecchio dell’altro e in sussurro disse: << Considerati fortunato, feccia. Se avessimo continuato, ti avrebbero dovuto raccogliere con il cucchiaino >>. Poi si sedette al tavolo e, dopo aver spostato il vassoio di Squalo con la punta dello stivale, incrociò i piedi sulla superficie, fissando i due ragazzi con un ghigno divertito.
<< Brutto… >> iniziò Squalo, ma Dino lo strattonò per un braccio, intimandogli con lo sguardo di non ricominciare. Non riprese neanche il suo vassoio e si allontanò furioso. Per la prima volta dalla morte dei suoi genitori desiderava picchiare di nuovo qualcuno.



Oh mammina, se siete arrivati fin qua innanzitutto vi ringrazio *inchino* spero che questo inizio non vi abbia annoiato e anzi vi abbia fatto venir voglia di leggere il seguito ^^ ora più che mai i vostri commenti sono fondamentali (se la storia non piace che la continuo a fare, no?) quindi fatemi sapere che ne pensate ;) alla prossima
PS: ho già alcuni capitoli quindi gli aggiornamenti dovrebbero essere regolari -almeno per un pò u.u

 

  
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