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Autore: Nebula216    23/08/2013    3 recensioni
"Cercò le chiavi di casa, notando solo in quel momento la porta aperta…
-Ma cosa…-
La sua felicità andò dietro le quinte, lasciando la scena all’adrenalina e alla preoccupazione: oltretutto, le luci erano spente e, chissà per quale motivo, Demon non le era corso incontro alla porta.
Con il sangue freddo, prese una delle sue colt dal borsone, entrando con lentezza nell’atrio e pigiando sul pulsante per accendere la luce.
Click.
Buio totale. [...]
Si preparò a caricare uno dei sui calci, quelli che un tempo era solita definire “Riflessi anti-stupro”, quando uno strano formicolio a livello dei fianchi la fermò. Percepì le labbra tremare e, in seguito, una risata incontrollata uscirle dalla bocca.
-DANNATO IMBECILLE! AHAHAHAH! SMETTILA! MI HAI… AHAHAHA!!! FATTO PREOCCUPARE!-
-Sì, anche tu mi sei mancata Scarlett.-"
Nebula216 torna alle origini con il sequel! ^^
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Hidan, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Coinquilini ed omicidi II

 
 
Capitolo 1:Quando serve un orologio…
 

Ok.
Non doveva esser difficile.
Poteva farlo chiunque.
Perché lasciarsi prendere dal panico?
Non era da lui, aveva sempre fatto cose di quel genere.
Questo affare sarebbe andato a gonfie vele, avrebbe avuto nel suo database il più avanzato sistema di spionaggio, il tutto per una modica cifra, nulla in confronto alle precedenti.
Impaziente, prese a tamburellare, con le dita coperte dai guanti di morbida pelle marrone cognac, il poggia-braccio del sedile posteriore della macchina, una Audi A4 berlina grigia metallizzata con tanto di finestrini oscurati. L’autista, distinto nella sua divisa blu notte, osservava la strada di Varsavia fin troppo trafficata, scusandosi quando possibile con il suo datore di lavoro; inutile dire che quest’ultimo, ancor più nervoso, sbuffò sonoramente, prendendo dalla tasca del cappotto invernale una scatoletta argentea con, al suo interno, delle sigarette pronte soltanto per esser consumate. Con eleganza e nervosismo, estrasse un accendino placcato d’oro dalla tasca dei pantaloni di morbido e caldo cotone, accendendo la cicca e inspirando il fumo acre del tabacco.
Varsavia, illuminata dalle varie luci serali, era avvolta da una cappa di nubi cariche di pioggia, le quali rendevano ogni angolo della città umido e simile a una natura morta: quella sera si sarebbe tenuto uno spettacolo di danza con orchestra incorporata al Teatr Narodowy, il solito balletto de “Il lago dei cigni”.
Non poteva certo immaginare che Andrey Iljich Cechov, mercenario ucraino della peggior specie, amasse il teatro: si sarebbe aspettato da parte sua, invece, un qualche incontro di lotta libera, magari tra ragazze.
Ancora non aveva avuto modo di vederlo, ma da quello che aveva sentito dire congelava chiunque con i suoi occhi autoritari, il più delle volte si pensava che avesse già deciso come ucciderti, a seconda dell’occhiata.
Inspirò nuovamente il tabacco della sigaretta, ottenendo l’effetto placebo tanto desiderato: i suoi nervi si rilassarono, calmandolo come era sempre successo in quegli anni; aveva già avuto a che fare con contrabbandieri, ma Andrey Iljich Cechov, detto “Il Furbo” tra la sua gente, era fatto di tutt’altra pasta.
Non capiva ancora come lui, Damien Legrand, avesse potuto fissare un incontro a teatro con quell’individuo: se avesse dovuto metterlo in una piramide gerarchica, l’avrebbe sicuramente posto all’apice, vista la sua pericolosità e, soprattutto, la sua imprevedibilità. Morse con nervosismo il filtro della sigaretta, non rendendosi conto che quest’ultima stava finendo in un cumulo di cenere: troppi pensieri, troppe paure… poche certezze.
-Monsieur, siamo arrivati.-
Il trentaseienne annuì, ringraziando l’autista e scendendo davanti all’immensa e bellissima entrata del teatro, somigliante in tutto e per tutto ad un antico Pantheon color crema. Camminò, ben stretto nel cappotto pesante color sabbia, verso l’entrata, mostrando alla giovane impiegata il biglietto e un mezzo sorriso sornione, quanto bastava per lasciarla senza fiato e farle tremare la voce d’imbarazzo.
Si diresse verso la rampa di scale che lo avrebbe condotto al palchetto prenotato dal venditore: sinceramente amava poco il teatro, preferiva un ristorante elegante oppure una serata in un locale di suo gradimento; non lo disprezzava fino al midollo, ma non gli interessava, tutto qui.
I corridoi, ben riscaldati dai termosifoni, lo accolsero come l’abbraccio di una madre, anche se non poteva dire altrettanto delle pareti scarlatte che lo circondavano: troppo simili a muri tinti di sangue.
Reprimendo un brivido, continuò a camminare, raggiungendo finalmente il palchetto: con un gesto secco e timoroso della mano, aprì la porta, vedendo un uomo dai capelli brizzolati osservare il palco con aria seria e distaccata. Le sue iridi, puro ghiaccio intrappolato in sfere di cristallo, si spostavano con una calma felina dal sipario al programma e viceversa; nel suo completo grigio fumo faceva pensare a tutto: avvocato, manager, direttore di un’azienda d’importanza mondiale… nessuno lo avrebbe mai visto come un mercenario.
Toltosi il cappotto, Damien si sedette vicino a Cechov, ricevendo un’occhiata appena accennata da quest’ultimo: probabilmente non pensava che il francesino si presentasse, per giunta puntale; se c’era una cosa che, però, caratterizzava il castano era proprio questo… la sua presenza costante agli appuntamenti fissati.
La sua puntualità.
-Buonasera signor Legrand. Spero non abbia trovato troppo traffico.-
Esordì l’ucraino, versando del vino rosso costoso in due calici, uno dei quali andò al francese. Quest’ultimo accettò, più per educazione che per piacere: era così teso che le corde di uno Stradivari non sarebbero state niente a confronto; sentiva le mani parecchio sudaticce e, inoltre, lo sguardo di Cechov non lo aiutava a calmarsi.
Un mamba gli avrebbe fatto meno paura, ne era sicuro.
Bevve un sorso di vino, appena in tempo per vedere le luci calare e lo spettacolo iniziare: ebbe modo di notare, a distanza di quatto palchetti, una ragazza in compagnia di quello che sembrava un collega di lavoro, se non di più. Avvolta in un abito che le aderiva perfettamente al corpo snello, osservava il palco e parlava con l’amico, un giovane moro dall’aria tanto aristocratica quanto malinconica occupato a leggere il programma dello spettacolo.
Non si soffermò molto sull’accompagnatore, si limitò a studiare attentamente quel bocciolo di rosa che si sistemava, sulle spalle nude, uno scialle abbinato al vestito di raso argenteo: non riuscì a vedere altro, poiché le luci calarono del tutto e avvolsero l’immensa sala a forma di ferro di cavallo nell’oscurità totale.
-Signor Legrand…-
Esordì Cechov con una calma gelida.
-Siamo qui per parlare di affari no?-
-Sì, signor Cechov. Sono interessato a comprare quel sistema di spionaggio.-
L’ucraino bevve un sorso di vino, non staccando mai le sue iridi glaciali dalle ballerine occupate ad eseguire la coreografia perfetta. Damien deglutì un groppo di saliva, bevendo a sua volta dal calice offertogli precedentemente: da quel momento si giocava tutto…
Anche la vita.
Andrey si grattò lievemente il pizzetto, un gesto che testimoniava la sua attesa: senza pensarci due volte, il francese prese dalla tasca dei pantaloni un biglietto, dispiegandolo e porgendolo al venditore; quest’ultimo prese il pezzo di carta, leggendolo quasi con disinteresse.
-E’ una cifra fattibile signor Legrand. Attendiamo l’intervallo per discuterne meglio fuori.-
Il trentaseienne riprese a respirare, finalmente con il cuore leggero: la prima parte delle trattative era andata, adesso doveva soltanto godersi lo spettacolo ed attendere il tanto agognato intervallo. Lanciò occhiate veloci al palchetto dove aveva visto la ragazza: stava ascoltando l’amico con interesse e rispondeva a voce bassa a dei possibili quesiti… se la Bella Addormentata era come lei altro che bacio, si ritrovò a pensare con un ghigno malevolo sulle labbra.
Dopo quasi un’ora, le luci si riaccesero, annunciando ancor prima del presentatore il tanto atteso intervallo, durante il quale la gente poteva benissimo fare un piccolo aperitivo offerto dal teatro stesso: offrivano quando c’era gente di spicco, si ritrovò a pensare Damien mentre seguiva “Il Furbo” lungo le gradinate che li avrebbero portati alla hall. Fu in quel frangente che la vide meglio: molto più in avanti di lui, stava vicina al ragazzo dai capelli mori raccolti in un codino e parlava in un inglese a dir poco perfetto. La chioma, raccolti in uno chignon e di un nero bello intenso, erano fermati da due bacchette d’argento, soltanto qualche boccolo ricadeva sul volto dolce… un volto che avrebbe baciato volentieri.
Ascoltò attentamente le condizioni del signor Cechov, accettandole tutte quante con una certa fretta: la ragazza dal vestito argentato stava uscendo con il suo accompagnatore, evidentemente si erano scocciati di assistere a quel balletto che stava facendo venire i conati anche al giovane francese.
Quando uscirono, si diressero verso un vicolo controllato da dei body-guards dell’ucraino: parcheggiata nell’oscurità della notte, stava una Porsche nera dai lineamenti eleganti e i finestrini oscurati… il sistema era lì dentro. Uno scagnozzo aprì la bauliera, prendendo un’anonima ventiquattrore color mogano: senza esitare, Damien chiamò il suo autista, riferendogli di portare la cifra per quello scambio.
Suo… quel sistema di spionaggio sarebbe stato solo suo…
Suo.
Ghignò, appena in tempo per vedere le guardie del corpo del signor Checov crollare a terra a causa di dardi soporiferi.
-Ma che cazzo…-
I fari della sua macchina illuminarono il vicolo: appena in tempo, pensò nervoso fino all’ultima cellula del suo corpo. Aprì lo sportello posteriore, lanciando al Furbo la ventiquattrore color cognac contenente i soldi e prendendo quella col sistema, per poi entrare nell’Audi A4.
-Parti! CAZZO PARTI!-
Fu l’ordine che impartì all’autista, il quale silenzioso annuì, ingranando la retromarcia e partendo a tutto gas: non gli interessava di Checov, non gli importava la sua sorte… lui voleva salvarsi le penne… lui doveva salvarsi la pelle.
Soltanto quando furono abbastanza lontani, si stese rilassato sul sedile posteriore, cercando con stanchezza l’accendino e le sigarette nella tasca del cappotto sabbia: aveva bisogno di fumarsi una cicca, il suo corpo richiedeva la dose di tabacco.
Aprì lo zippo, quando l’autista frenò all’improvviso nel mezzo del traffico, facendolo sobbalzare.
-Cazzo fai Victor!?-
Sbraitò con gli occhi fuori dalle orbite, appena in tempo per gelarsi: riflessi nello specchietto retrovisore non vide gli occhi nocciola del suo vecchio autista, bensì uno sguardo smeraldino chiaro e limpido… uno sguardo giovane e alquanto serio.
Nervoso, aprì lo sportello dell’Audi, lanciandosi a tutta velocità verso un vicolo secondario e percependo, con suo dispiacere, lo sportello del guidatore aprirsi e chiudersi: lo stava seguendo, chiunque fosse lo stava rincorrendo!
Gettò a terra dei bidoni della spazzatura, intravedendo con la coda dell’occhio la figura togliersi gli abiti da autista e restare con una strana tuta color piombo: merda, non serviva davvero!
Quando tornò ad osservare la strada davanti a sé, fu costretto a fermarsi all’improvviso: un cancello con ben tre catene chiuse da lucchetti massicci gli sbarrava il passaggio, rendendolo molto più simile ad un topo in gabbia che ad un predatore. Percepì il suo inseguitore fermarsi a pochi passi da lui: no, non voleva finire in prigione… avrebbe lottato per restare libero.
Con un urlo, si girò, nel tentativo di tirare un pugno all’uomo che lo stava rincorrendo: per sua sorpresa, non era un uomo, bensì una giovane ragazza castana, ventenne a prima vista, dai lineamenti delicati, occhi verdi come smeraldi e un corpo che, con quella tuta argentea, lo richiamava ai suoi istinti primordiali.
Come quella ragazza a teatro…
La medesima che gli si presentava davanti in quel momento.
Ghignò.
-Come mai una bella ragazza come te indossa questa divisa dell’esercito? Ti ho vista nel teatro e devo dire che meriti davvero con un abito di quella fattura… peccato per i capelli che non sono davvero neri.-
-Sinceramente francesino… non sono affari tuoi. E…-
Rispose questa, rifilandogli una ginocchiata alla bocca dello stomaco che lo fece restare senza fiato, seguita a ruota da una gomitata a livello delle vertebre cervicali: così cadde svenuto Damien Legrand, giovane magnate francese che aveva avuto la sfortuna di incrociarla.
-…Se permetti io mi piaccio castana. Ma te guarda se mi devo far dire come avere i capelli!-
Sbuffò alquanto irritata per i commenti del riccastro, mentre digitava su un telefono touch-screen un numero: subito, lo schermo divenne un piccolo rettangolo nero, con scritte color ghiaccio che le ordinavano di inserire un codice personale, una password e un’altra serie di numeri ai fini della missione.
Attese con pazienza che il caricamento fosse completato, osservando quello che sembrava un file di Word: digitò altre parole, stupendosi del timore che avevano i suoi superiori per queste faccende da poco.
Proprio quando stava per inserire l’ultimo numero, fu interrotta da una chiamata: Nagato Rin’negan.
Premette un tasto del touch-screen, vedendo il volto pallido e serio del generale fissarla con i suoi occhi color piombo.
-Scarlett, come è andata la missione?-
-Tutto regolare generale. La missione si è conclusa come avevamo previsto.-
-E il sistema di spionaggio?-
La castana si sistemò i capelli, tenendo un piede ben saldo sulla schiena del francese.
-E’ al sicuro.-
Il generale non sembrava intenzionato a chiudere la chiamata.
-Scarlett… non ti stai dimenticando qualcosa?-
Lara, presa alla sprovvista da quella domanda, ebbe un dubbio atroce.
Deglutì.
-Oh merda…-
Dall’altro capo dell’apparecchio le sembrò di sentire Nagato sghignazzare.
-Kakuzu, Itachi e Kisame stanno arrivando in elicottero, preparati ad esser caricata sopra.-
La ragazza si lasciò andare un sospiro: il generale aveva sempre almeno quattro assi nella manica per ogni evenienza…
Poteva tranquillamente dire che l’organizzazione era la sua passione principale.
-La ringrazio generale!-


Angolo Autrice: Avevo promesso un sequel... ed eccolo qui!
Spero di non deludervi gente! Hidan e Lara tornano alla carica!
Bacioni!
Nebula216 <3
   
 
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