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Autore: _Trixie_    24/08/2013    2 recensioni
Prima classificata all'"Unoriginal summer contest" di .rie sul forum di EFP
Un giorno Drogo mi chiese cosa mi avesse legato per tanto tempo a mio fratello, che cosa mi avesse impedito di strangolarlo nel sonno, farlo uccidere, punirlo in qualche modo per il modo in cui era solito trattarmi.
Gli risposi che Viserys, per lungo tempo, era stato tutta la mia famiglia, la mia casa, il mio porto sicuro. Era un legame di sangue, il nostro, e non potevo reciderlo.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Viserys Targaryen
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Autore: _Trixie_
Betareading: -
Fandom: Il Trono di Spade
Pairing e personaggi: Daenerys Targaryen, Daenerys/Viserys
Rating: Giallo
Avvertimenti/Generi/Note: Malinconico, incest (velato)
Note dell’autore: Prima di scrivere questa shot ho consultato questa pagina (http://awoiaf.westeros.org/index.php/Daenerys_Targaryen) per essere sicura dei particolari. Il gioco di cui Daenerys parla è stato inventato da me.
La citazione è stata aggiunta al termine della storia.
Partecipa al “Unoriginal fandom contest” di .rie, classificandosi prima, in fondo trovate il giudizio,
Buona lettura :D
 

Only memories

 
 

In essa convivono il bene e il male
come in tutte le cose della vita.
-      Grimpow, Rafael Ábalos

 
 
Un giorno Drogo mi chiese cosa mi avesse legato per tanto tempo a mio fratello, che cosa mi avesse impedito di strangolarlo nel sonno, farlo uccidere, punirlo in qualche modo per il modo in cui era solito trattarmi.
Gli risposi che Viserys, per lungo tempo, era stato tutta la mia famiglia, la mia casa, il mio porto sicuro. Era un legame di sangue, il nostro, e non potevo reciderlo.
Lui non capii, ma non aveva importanza, scossi la testa con un sorriso e gli dissi che sarebbe stato meglio riposare. Era il far della sera e una leggera brezza entrava nella nostra tenda, accarezzandomi il corpo.
Solo più tardi, quando mio marito già dormiva, e la risata soffocata di un bambino raggiunse le mie orecchie, la mia mente mi riportò a un passato perduto, che credevo di non rammentare se non confusamente, mostrandomi un lato di Viserys che avevo dimenticato, sepolto dalla folle crudeltà e dalla cieca sete di potere di mio fratello.
 

*

 
Ricordai un gioco, che amavo fare nella casa dalla porta rossa, durante le calde giornate estive sotto il cocente sole di Braavos.
Chiedevo dei vecchi scampoli di stoffa ai servi e li facevo cucire in modo che avessero le fattezze di una palla sgonfia. Nel frattempo trascinavo dei catini di legno fino al vecchio pozzo e con pazienza calavo il secchio per portare l’acqua in superficie e riempirli fino all’orlo. Una volta pieni diventavano terribilmente pesanti e la fatica che facevo per portarli nel cortile e sparpagliargli in diversi punti mi pareva degna di un drago, un drago vero, come quelli delle storie di mio fratello. Lui non giocava mai con me, diceva che l’acqua avrebbe rovinato il suo sangue di drago. A nulla valevano le mie proteste, ma avrebbe dovuto saperlo che l’acqua non avrebbe potuto danneggiarlo.
Così, quando tutto era pronto, chiamavo i giovani figli dei servi e chiedevo loro di giocare con me. Sotto il sole rovente davo ad ognuno una palla di stoffa, conservandone una per me. Loro conoscevano le regole del gioco, tutti i bambini di Braavos le conoscono, così quando gridavo via ogni giocatore iniziava a correre per raggiungere un catino, immergervi la stoffa ed estrarla ricolma d’acqua, pronta per essere usata come arma. Bastava qualche secondo per prendere la mira e lanciare la palla con tutta la forza che avevi in corpo. Nel tragitto molta dell’acqua contenuta, se non tutta, finiva per uscire dalle cuciture mal fatte facendo cadere spruzzi d’acqua sui bambini sottostanti, ma almeno, quando infine la palla rudimentale colpiva il bersaglio prescelto, l’urto non era poi molto doloroso, anche se a volte scovavo lividi verdi e giallognoli sul mio corpo.
Nonostante questo amavo quel gioco, amavo la sensazione dell’acqua sulla mia pelle, di quelle piccole gocce che, cadendo, sembravano sfrigolare sul mio corpo, stendersi e poi ritirarsi, fino a scomparire per sempre.
Avevo come l’impressione che l’acqua, colpendomi, asciugasse più velocemente rispetto a quanto accadeva agli altri bambini, ma allora la ritenni la sciocca impressione di una bambina.
Fu durante uno di quei giochi, sul far del tramonto, che il cielo si rannuvolò improvvisamente portando con sé uno di quei repentini e violenti temporali estivi.
La pioggia iniziò a scrosciare improvvisamente e io mi misi a correre diretta al porticato, per trovar riparo dalla violenza dell’acqua. Gli altri bambini si dileguarono, probabilmente in cerca di qualcuno che potesse dar loro protezione: sapevo che molti miei coetanei erano terrorizzati dai temporali, ma non ne capivo il motivo. Io non li temevo per nulla, ma forse questo dipendeva dal fatto di essere nata in una tempesta.
Anche Viserys, che era rimasto seduto tutto il pomeriggio a leggere non so quale libro riguardante i Sette Regni, mi raggiunse dopo pochi passi. Mi prese per mano e, tenendo il libro sottobraccio, mi accompagnò all’asciutto in casa.
Mi piaceva stare in compagnia di Viserys, nonostante il suo latente umore tetro. In quei casi andavo da lui, e dicevo un’assurdità, fingendo di esserne convinta e lasciavo che lui sorridesse della mia ingenuità.
«Viserys, è vero che i piccoli draghi appena nati viaggiano sui cavalli per non stancarsi e, quando sono grandi, ricambiano il favore trasportando il cavallo sulla loro schiena?»
«Viserys, è vero che anche i Targaryen nascono dalle uova, come i draghi?»
«Viserys, è vero che ogni volta che un nuovo drago nasce, i draghi più anziani tendono la loro coda e la suonano come se fosse la corda di un’arpa?»
Facevo questo genere di domande con tutta la serietà del mondo, ma la maggior parte delle volte le inventavo di sana pianta, solo per rallegrare mio fratello, altre invece, come quelle riguardanti il grande mistero della nascita di un bambino, erano del tutto spontanee.
Allora lui rideva, mi prendeva in braccio e mi posava sulle sue ginocchia, pizzicandomi delicatamente il naso e scuotendo la testa.
«Quanto sei piccola e ingenua, Daenerys» sospirava, con uno sguardo così dolce da inebriarmi.
Lo fece anche durante quella tempesta, nel bagno della mia camera dove mi aveva portata, prendendomi sotto le ascelle e sistemandomi sulle sue gambe. Poi allungò la mano e afferrò un asciugamano, con il quale mi strofinò energicamente facendomi il solletico e strappandomi dei gridolini divertiti.
Mi pizzicò il naso e io tentai di scendere dalle sue gambe e scappare, ma lui mi trattenne e mi baciò la guancia, prima di arrossarla con un leggero morso.
«Ti ho presa, Deanerys Targaryen, ti ho presa» ululava, soffocando la voce nella mia pelle, mentre io mi fingevo spaventata e continuavo a tentare la fuga.
Smetteva solo quando capiva che non avevo più fiato per ridere e allora mi lasciavo andare, ansimando, tra le sue braccia. Quando allentava la presa, scappavo, veloce, con le ultime energie rimaste.
 

*

 
Mi accorsi di aver voluto bene a Viserys, come a un vero fratello. Era un ricordo così innocente, un ricordo così lontano da me, che avrei potuto credere che fosse successo a qualcun altro. Era qualcosa di prezioso, che decisi di conservarlo nel cuore, come quando si porta al collo un vecchio cimelio di famiglia, per sentirlo sulla propria pelle.
C’era poi un altro episodio, più recente, così simile al mio ricordo infantile che quasi le immagini si sovrapposero, facendomi girare la testa, confusa.
 

*

 
«Daenerys, ti ho presa!» gridò Viserys, con il viso contratto dall’ ira.
Mio fratello mi afferrò un polso, strattonandolo, e attirandomi a lui. Strinse i miei capelli con l’altra mano, obbligandomi a sollevare il mio viso verso il suo.
«Ti ho detto che non ti devi allontanare da me, maledizione!» urlò, mentre io gemevo per il dolore della sua stretta. Più tentavo di sottrarmi a lui, di divincolarmi e scappare, maggiore era la forza con cui le sue mani si serravano su di me.
«Volevo solo…» tentai di giustificarmi, senza fiato, terrorizzata dal suo sguardo che poteva avere un solo significato: avevo risvegliato il drago.
«Non mi importa ciò che vuoi!»
Mi sputò addosso, poi mi lasciò andare, spingendomi con forza lontana da lui. Barcollai e caddi. Calde lacrime solcavano già il mio viso.
Mi massaggiai il polso, sussurrai delle scuse, mi domandai chi fosse quel ragazzo con l’aspetto di mio fratello Viserys.
 

*

 
Mi accorsi di essere sudata e cercai la mano di Drogo steso accanto a me. Provai a rallentare il mio respiro, adottando il ritmo di quello di mio marito.
Sorrisi, nel far scorrere lo sguardo sul profilo di Drogo, mentre una lacrima, una sola, cadeva dalla mia guancia, in ricordo di Viserys, quel fratello che tanto avevo amato, prima che la pazzia lo portasse via.
Sapevo, da tempo, che Viserys era morto nella casa dalla porta rossa, insieme a William Darry e con loro era morto il mio amore da bambina, la mia adorazione e ammirazione, lasciando posto nel mio cuore al terrore per il fantasma di mio fratello, che Drogo aveva ucciso.
Forse, pensai, impazzire fu l’unico mezzo che rimase a Viserys per rimanermi accanto, dopo aver visto morire anche l’ultima persona che l’aveva protetto e, con lui, anche la speranza di tornare a casa, nei Sette Regni.
Qualunque fosse la spiegazione, lui era stato il mio tutto, amore e odio, gioia e dolore, e questo non avrei mai potuto dimenticarlo, nel bene e nel male.
Così riposi anche quel secondo ricordo nel mio cuore, accanto al primo, e lasciai che si intrecciassero l’uno all’altro, mentre il viso di Viserys danzava davanti ai miei occhi, ora lieto, ora trasfigurato dalla pazzia, e la notte calava su di me.
 
 
 



 
#1 Classificata
Only Memories [di _Trixie_]


Grammatica e Ortografia (7.87/8)
- non aveva importanza, -> la virgola non occorre [-0.01];
- fu l’unico mezzo che rimase a Viserys -> “era stato l’unico mezzo che era rimasto”, dovevi seguire il tempo verbale del resto del racconto [-0.1];
- Era qualcosa di prezioso, che decisi di conservarlo -> “conservare”, il soggetto c’è già e il pronome è un errore non grossolano ma quasi[-0.02]..
Fluidità del testo (3.98/4) 
- nata in una tempesta -> “durante una tempesta” renderebbe più fluido questo passaggio [-0.02];

Il resto scorre liscio e senza intoppi di alcun genere, risulta piacevole e delicato. Non ti perdi in strani girigogoli e questo ti fa onore, oltre al fatto che è uno stile che rispecchia in pieno Dany.
Credibilità del personaggio (4/4) 
Penso tu abbia letto i libri perché qui c’è una Daenerys che nella serie tv non si è mai vista: quella che ha amato suo fratello, che continua a sognare il loro rapporto, a ricordarlo tinteggiato di colori più caldi di quanto appaiano in realtà.
Questa è Dany, la giovane ragazza di quattordici anni che mi ha fatta innamorare di sé – in modo del tutto figurato, eh! :P – e che continua a stupirmi ogni volta che riprendo i libri o la serie tv tra le mani!
Un’ottima introspezione, hai sviscerato le emozioni e i pensieri del personaggio fino in fondo. Il tuo approccio nei confronti del rapporto tra lei e il fratello è talmente delicato che conferisce all’intera storia un aspetto etereo – ben lontano da quello più crudo tinteggiato da Martin ma ugualmente bello! -
Attinenza al regolamento di EFP e del contest (2/2)
Parere personale (3/3)
Mi hai letteralmente conquistata!
Hai uno stile così bello e morbido da incantare le persone. Riesci a mantenere viva l’attenzione e a mantenere il mirino puntato sul nocciolo della questione: non divaghi, non sgusci via, colpisci e basta.
Ho adorato Daenerys e quella malinconia sempre presente nei momenti in cui parla di Viserys, quei ricordi comuni ma così vivi! Ottimo, davvero.
Non saprei che altro dirti perché, davvero, è tutto fantastico! Spero tu non ti offenda se il giudizio è breve ma se non si ha niente da dire è difficile trovare le parole “per far volume”.
Complimenti, ottimo lavoro!
Totale: 20.85/21
 
   
 
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