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Autore: Greenflares    24/08/2013    4 recensioni
- “Ti ricordi quando avevamo quindici anni- prima del morso, prima di tutto questo?” domandò Scott, interrompendolo e guadagnandosi uno sguardo perplesso da parte sua. “Ti ricordi la festa a casa di Jackson?” -
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Isaac Lahey, Scott McCall
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Seven Minutes

AutoreGreenflares  http://www.fanfiction.net/u/3159999/Greenflares

Traduzione: Andy2412 

Parole: 3500 parola più parola meno

Disclaimer:  niente di quanto riportato qua sotto mi appartiene ecc. , stessa cosa per l'autrice della storia. 

Autorizzazione per tradurreI'm perfectly happy with you translating it and posting it, just so long as I'm credited as the original author, like you said.
If/when you post it, I'd love a link to it just so I can check it out!




“Siete avvisati,” esclamò Jackson rivolgendosi a tutto il cerchio, “chiunque entrerà in quel ripostiglio, sarà meglio che tenga le mani a posto, o dovrà vedersela con me.” Lanciò a tutti uno sguardo di avvertimento.
 
“Perché non batti i pugni sul petto un altro po’, Tarzan?” lo rimproverò Lydia, alzando gli occhi al cielo. Strisciò più vicino alla bottiglia di vodka vuota che si trovava in mezzo al cerchio e allungò una mano. Gli occhi chiari vagarono tra il gruppo, Scott deglutì sentendosi valutato attentamente. “Ecco qua,” sussurrò, tutta zucchero e miele, facendo  ruotare la bottiglia con uno scatto del polso.
 
Tutti sembrarono sporgersi in avanti, osservando curiosi. Stiles, che sedeva accanto a Scott, stava sussurrando deboli preghiere sottovoce.
 
La bottiglia girò ancora e ancora, fino a diventare uno scintillio di vetro sfocato, poi rallentò. Si fermò puntando esattamente su Danny, che scoppiò a ridere.
 
“Andiamo,” disse bonario, alzandosi in piedi e offrendo una mano a Lydia, “il paradiso ci aspetta, baby.” 
 
“Dopo di te,” rispose Lydia, le labbra color ciliegia a formarono un ghigno e, con una risatina, lo seguì dall’altra parte della stanza, verso la porta socchiusa del ripostiglio.
 
“Tenete a posto le mani!” ricordò loro Jackson, nonostante stesse sorridendo e sembrasse sollevato.
 
“Come ti pare.” rispose Lydia da sopra la propria spalla, per poi scostare i capelli con fare teatrale e svanire nello stanzino dietro a Danny. La porta si richiuse alle loro spalle con un click.
 
La gente ricominciò a parlare attorno a loro e Scott si voltò verso Stiles. “La prossima volta sarai più fortunato, amico.” gli disse solidale.
 
Le labbra di Stiles tremolarono in modo drammatico ed emise un lungo, malinconico, sospiro. “Hai visto quanto ci sono andato vicino?” domandò. “La bottiglia si è fermata a sole 5 persone da me.” Lanciò uno sguardo triste oltre la propria spalla, verso la porta.
 
“Forza, amico,” lo incoraggiò Scott, cercando di confortarlo dandogli una pacca sulla spalla, “ hai ancora una possibilità. Devi far girare la bottiglia, ricordi? Potrebbe fermarsi su di lei.” 
 
Negli occhi di Stiles si accese una scintilla di speranza e guardò di fronte a se chiaramente immaginandosi la scena. “Hai ragione,” si riprese, “Posso ancora farcela. Se la faccio girare come si deve, posso farla finire su di lei.” Fece un gran sorriso e tornò a guardare Scott . “Quindi tu su chi speri che finisca?” chiese.
 
Scott si stava facendo la stessa domanda da quando avevano iniziato il gioco. Diede una leggera scrollata di spalle e si guardò attorno, metà del cerchio erano membri della squadra di Lacrosse e l’altra metà gente che frequentava le sue stesse lezioni. Era una festa che Jackson aveva dato per celebrare la vittoria in campo, e anche se Scott era rimasto in panchina per tutta la partita, il ragazzo aveva detto esplicitamente che erano tutti invitati. Cavolo, era salito in piedi su una delle panche e aveva urlato l’invito a pieni polmoni.
 
“Non lo so,” rispose alla fine, riportando lo sguardo su Stiles che stava di nuovo sbirciando preoccupato verso lo sgabuzzino. “Non m’importa un gran che.” 
 
“Non c’è nessuno con cui vorresti passare sette minuti in paradiso?” domandò l’amico con le sopracciglia sollevate per la sorpresa.
 
Scrollò le spalle. “No.” 
 
“Un giorno troverai anche tu la tua Lydia Martin.” gli disse Stiles, in tono rassicurante e Scott si sforzò di sorridere. “Fino ad allora, puoi incrociare le dita e sperare che al mio turno la bottiglia finisca su Lydia.”
 
“Certo,” rispose Scott ridendo, “Posso fare questo per te, amico.” 
 
“Tra solo-” Stiles sbirciò lungo il cerchio, contando sottovoce, “- due giri sarà il mio turno.” Saltellò appena sul posto, dove stava seduto a gambe incrociate sul tappeto. 
Lo sguardo fremente per l’eccitazione.
 
Scott guardò il posto vuoto di Lydia dall’altra parte del cerchio, accanto era seduto Isaac Lahey, le gambe attentamente incrociate davanti a se. Aveva un’espressione tranquilla, una di quelle che erano allo stesso tempo tristi e dolci e Scott raddrizzò la testa per studiarlo meglio, curioso. Isaac stava guardando esitante da una parte all’altra del cerchio, controllando le facce dei suoi compagni. Con i denti si torturava incessantemente il labbro inferirore, senza preoccuparsi della carne e Scott fu sicuro che era nervoso.
Era terribilmente ovvio che Isaac fosse preoccupato su chi avrebbe fatto finire la bottiglia- e di come avrebbero reagito.
 
Fu in quel momento che lo sguardò del ragazzo si posò su Scott, e si guardarono, entrambi sorpresi di essere stati scoperti a fissare l’altro. Si agitarono per un momento, prima che Scott riuscisse a sorridere. Sperava di tirarlo un po’ su di morale e farlo sentire meglio riguardo a tutto il resto.
 
Isaac distolse lo sguardo, rosso in volto, e Scott fece lo stesso.
 
“Il tempo è scaduto!” annunciò Jackson, per poi correre subito verso lo stanzino e bussare. 
 
La porta si aprì e Danny e Lydia ne uscirono, entrambi sorridevano allegri.
 
“Sarà meglio che tu faccia attenzione, Jackson,” disse Danny, dandogli una spallata in modo scherzoso, “o potrei rubartela.” 
 
Lydia incrociò le braccia al petto e stores il naso, “Voglio proprio vedere qualcuno che prova a rubarmi.” disse minacciosa. Con una scrollata di capelli e i tacchi che risuonavano sul pavimento, si allontanò da loro impettita e tornò al suo posto nel cerchio.
 
“E’ il tuo turno, Lahey,” gli disse Jackson mentre si sedeva. “Fai girare quella stronza.” 
 
Isaac sollevò lo sguardo, lo sguardo che vagava tra i presenti. Alla fine deglutì dolorosamente per poi allungare una mano e far ruotare la bottiglia con un gesto deciso.
 
Mentre la bottiglia girava tra di loro, Scott sperò che su chiunque si fermasse non creasse casini. Non voleva vedere l’espressione di Isaac se avessero calpestato i suoi sentimenti. Inoltre, se avessero respinto Isaac- che era di una bellezza genuina, con quegli occhi chiari e la mascella squadrata - Scott aveva ragioni più che sufficienti per preoccuparsi della reazione degli altri quando sarebbe toccato a lui girare la bottiglia.
 
La bottiglia cominciò a rallentare e gli occhi di Isaac si sbarrarono al quella vista. Scott lo stava osservando, aspettando la sua reazione quando la bottiglia si fosse fermata. Gli occhi di Isaac scattarono verso l’altro per incontrare quelli del ragazzo, e fu in quel momento che Scott guardò in basso e vide che la bottiglia puntava dritto verso di lui.
 
Il suo cuore perse un battito.
 
“Aw, ragazzi andateci piano,” disse Samantha della classe di storia, che aveva già limonato con tre diversi giocatori.
 
Scott tentò un sorriso e annuì. Una risatina nervosa gli scappò dalle labbra. “Certo,” rispose. Si sentiva imbarazzato e a disagio, si sentiva esposto.  
 
Si alzò e Isaac lo seguì . 
 
“Sette minuti, ragazzi,” Jackson urlò dietro di loro, “usateli bene!” 
 
Scott portò gli occhi al cielo quando Jackson non poté vederlo ed entrò nello sgabuzzino. Isaac lo seguì un attimo dopo, esitazione e panico visibili sul suo volto.
 
Quando la porta si chiuse e l’oscurità diventò assoluta, Scott sentì il ragazzo ansimare.
 
“Hey, tutto bene?” chiese sinceramente preoccupato. Non si vedeva niente e si sentiva stupido a stare li in piedi con gli occhi spalancati, nonostante questo si sentiva altrettanto strano a tenerli chiusi. 
 
“Sì,” rispose Isaac, con la voce tremante appena udibile, “Sto bene.” Fece una piccola risata, ma suonò imbarazzata e forzata. Scott poteva sentirlo agitarsi di continuo e il rumore dei suoi vestiti. 
 
“Sei -” 
 
In quel momento ci fu un gran baccano perché Isaac era inciampato in qualcosa che si trovava nello stanzino con loro, entrambi cercarono di afferrarlo chinandosi nello stesso momento. Le loro fronti si scontrarono con un’esplosione accecante di dolore e Scott emise un sibilo a cui fece eco un altrettanto doloroso guaito di Isaac.
 
“Oh mio dio,” rantolò Scott, premendosi entrambe le mani sulla fronte, sul punto in cui si erano scontrati. 
 
“Merda,” sibilò Isaac, “ Mi dispiace così tanto!” Adesso la sua voce tremava molto, come se volesse piangere. 
 
“No, va tutto bene, è tutto okay,” gli disse Scott, ed era vero, non era ferito. Era stato solo il dolore dell‘impatto, niente di più. “Non si è nemmeno rotta la pelle.” Si fermò un momento prima di chiedere “Stai bene? Non stai sanguinando?” 
 
“Sto bene.” rispose Isaac. 
 
Scott non era convinto. Poteva sentire i piedi del ragazzo striciare sul pavimento mentre si agitava e il suo respiro era accellerato e debole. “Amico, sei sicuro?” gli domandò. “ Perché sembra che tu stia andando un po’ fuori di testa.” 
 
Il respiro di Isaac si intensificò, sempre più agitato, e Scott allungò un braccio per provare a calmarlo in qualche modo, ma le sue dita trovarono il suo polso. 
 
“Isaac,” Scott intensificò la stretta attorno al suo polso, per ssicurarsi che fosse ancora con lui, “hai paura del buio?” 
 
“No,” sibilò Isaac, c’era una nota di divertimento delirante nella sua voce, come se aver paura del buio fosse una cosa ridicola, da niente. “Solo - solo degli spazi piccoli.” 
 
Scott deglutì rumorosamente, “Sei claustrofobico?” non riusciva a capire per quale motivo Isaac avrebbe dovuto accettare di partecipare al gioco se fosse stato così. 
 
“E’ quello che ho detto, no?” scattò, strappando il polso dalla presa di Scott, che lo lasciò andare sentendosi in colpa. 
 
“Scusa,” mormorò, si sentì goffo e impacciato - un idiota. 
 
Isaac respirò rumorosamente per un lungo momento prima di sembrar raggiungere una decisione. “No, no, scusa, non avrei dovuto scattare in quel modo. Solo che - oddio - non piacciono gli spazi chiusi come questo.” Tremò e Scott se ne accorse.
 
“Adesso usciamo di qui,” gli disse, raggiungendo la maniglia, ma improvvisamente Isaac lo spinse indietro, tra i cappotti e le giacche appesi dietro di loro. 
 
“No,” disse con voce stridula e agitata e Scott potè sentire il suo respiro caldo sulla pelle, “non farlo.” 
 
“Ma-” 
 
“Non vengo invitato spesso a cose come questa, Scott,” si lamentò, la voce rafforzata dalla determinazione. “Se esco fuori adesso, se capiscono che ho paura di fare uno stupido gioco di sette minuti in paradiso, non lo dimenticherebbero mai e non sarei mai più invitato.” 
 
Scott prese un respiro incerto. Lo capiva- dio, se lo capiva. Ogni volta si doveva fermare durante l’allenamento per tirar fuori l’inalatore, ogni volta il coach lo guardava e lo mandava in panchina per riprendere fiato, aveva paura che quelcuno lo vedesse e pensasse che fosse debole. Aveva un disperato bisogno di sentirsi integrato.
 
“Okay,” sussurò, chiudendo gli occhi nell’oscurità. “Posso- c’è qualcosa che posso fare per aiutarti?” 
 
Isaac si mosse nervoso, ma il suo respiro aveva rallentato un po’. 
“Continua a parlare,” rispose “ tutto qui.” 
 
Scott si umettò le labbra e aprì gli occhi, l’oscurità sembrò diminuire. Il viso di Isaac era quasi visibile nel buio dello stanzino.
 
“Mia madre fa i turni di notte all’ospedale,” disse piano. “A volte torna a casa solo dopo colazione.” Deglutì. “Non la vedo molto spesso.” Non lo aveva detto nemmeno a Stiles, ma aveva pensato che se Isaac era stato così sincero, allora gli doveva almeno quello in cambio.
 
“Mi dispiace,” disse Isaac gentilmente. La sua mano sfiorò quella di Scott.
 
“Non devi,” mormorò l’altro. Aveva sentito dei problemi famigliari di Isaac- niente madre e un fratello perso in guerra - e i suoi a confronto sembravano stupidi. “Va tutto bene, davvero. E’ solo che ogni tanto mi preoccupo per lei, tutto qui.” Mandò giù il nodo che aveva in gola.
 
Il respiro di Isaac si era stabilizzato. “Sei un bravo figlio,” c’era tristezza nella sua voce, “e lei è una brava madre.” 
 
Rimase in silenzio per un momento. Scott sentì i propri occhi farsi pesanti. “Credo che i sette minuti siano quasi scaduti,” disse sperando di tirarlo su di morale all’idea di poter fuggire dalle strette pareti di quello sgabuzzino.
 
Prima che riuscisse a realizzare cosa stava succedendo, Isaac si avvicinò e lo baciò, un bacio dolce e casto. Gentile. 
 
Scott emise un verso di sorpresa. Non era mai stato baciato prima- non aveva nemmeno mai tenuto la mano di qualcuno- eppure adesso era lì, avvolto nell’oscurità con le labbra di Isaac Lahey sulle sue. 
 
Il bacio si interruppe e rimasero vicini l’uno all’altro, un silenzio scioccato cadde tra di loro, c’era giusto abbastanza luce nello sgabuzzino da permettere a Scott di vedere gli occhi dell’altro puntati su di se. 
 
“Il tempo è scaduto!” l’urlo attutito di Jackson li raggiunse dal salotto, così la porta si aprì lasciando entrare la luce.
 
Scott strizzò gli occhi e sbattè le palpebre, per poi barcollare fuori dietro ad Isaac. Lo sentì prendere profondi respiri , inalando aria fresca, tranquillizzandosi grazie allo spazio attorno a se. Nessuno sembrò accorgersene o preoccuparsene.
 
Tornò al suo posto nel cerchio, continuando ad osservare Isaac senza farsi notare.
 
“Com’è andata?” domandò Stiles in modo colloquiale, non aspettandosi minimamente che si fossero davvero baciati là dentro.
 
“E’ stato…” Scott scrollò le spalle.
 
Stiles, troppo distratto dall’avvicinarsi del suo turno, sembrò non sentirlo.
 
Dall’altra parte del cerchio, Isaac se ne stava seduto con la faccia rossa come un pomodoro e un’espressione leggermente traumatizzata. Scott lo guardò e premette forte le proprie labbra insieme, domandandosi se non si fosse immaginato tutto. 
 
                                                   DUE ANNI DOPO
 
Erano passate tre settimane da quando Isaac era arrivato, bagnato fradicio sul tappeto di Scott, chiedendogli se poteva restare. Non gli aveva dato il tempo di elaborare la cosa, e Scott sapeva che non ce n’era stato. Derek lo aveva sbattuto fuori.
Isaac non lo aveva detto a nessuno, sapeva che sarebbe stato un po’ un casino; allora, senza nessun altro posto dove andare, era andato da lui. Senza sapere quando se ne sarebbe andato.
 
Così Isaac era rimasto con loro per le ultime tre settimane e dopo un po’ avevano smesso di considerarlo come un’ospite. La sue era diventata una presenza sicura e famigliare, proprio come la casa. 
 
Era un sabato, una serata fiacca- un evento piuttosto raro. Non c’erano scontri a cui prendere parte e gli alpha per una volta erano tranquilli. Sembrava quasi come essere in vacanza.
 
La madre di Scott aveva il turno di notte all’ospedale, così avevano approfittato della sua assenza per vedere tutti i film dei quali lei non faceva altro che lamentarsi.
 
“Qual è il tuo hobbit preferito?” domandò Isaac seduto accanto a lui sul divano. Dal modo in cui era afflosciato sembrava che non avesse ossa, con il mento che toccava il petto, gli occhi però erano fissi sullo schermo. “Credo che Merry sia quello che preferisco, ma potrebbe essere a causa dei miei sentimenti nascosti per l’attore.” Si voltò verso Scott, “Hai mai guardato LOST?” 
 
“Per rispondere alla tua prima domanda, Frodo è il mio preferito.” disse Scott mentre Aragorn, agitava la spada attraverso il televisore. “e per la seconda, no. Non l’ho mai guardato.” 
 
“Aw,” Isaac sospirò tristemente, deluso. “Mi piaceva.” 
 
“Guardi Breaking Bad?” domandò l’altro, torcendo il collo per vedere la sua reazione.
 
Scosse la testa con un sorriso. “Ho sentito che ne parlano bene, però.” 
 
“Dovresti cominciarlo,” gli disse Scott, “è bello.” 
 
Isaac annuì pensieroso, “ Sì, lo farò”. 
 
A volte Scott era spaventato da quanto le cose fossero semplici con Isaac. Le conversazioni non erano mai forzate e avevano anche un modo di parlare e capirsi tutto loro, che credeva possibile solo con Stiles, che conosceva da sempre.
 
Era spaventoso, quanto velocemente avesse iniziato a piacergli, anche perché fino a poco tempo fa, prima che venissero morsi, non si erano mai parlati. 
 
Tranne. 
 
Smise di respirare per un secondo e sperò che Isaac pensasse fosse una reazione dovuta al film. 
 
Erano passati anni - veri anni - da quando avevano parlato bisbigliando, chiusi nello sgabuzzino a casa di Jackson Whittemore. Cappotti e scatoloni li avevano bloccati, ad Isaac mancava l’aria e Scott gli aveva parlato per calmarlo- non riusciva nemmeno a ricordarsi di cosa. Si erano baciati. Non era stato un gran bacio, solo un leggero tocco di labbra, ma li aveva riempiti di brividi e si era sentito le labbra bruciare per una settimana.
 
Dopo la festa aveva cercato Isaac in corridoio a scuola e aveva cercato di trovare posto nel banco accanto al suo, durante le lezioni. Voleva dirgli qualcosa, capire cos’era successo, ma non aveva mai detto una parola. Il ragazzo aveva incontrato il suo sguardo una volta o due arrossendo subito, ma nessuno dei due aveva mai fiatato. Dopo un po’ Scott aveva smesso di aspettarsi qualcosa, di guardarlo, di cercarlo alle feste, ed era andato avanti. Prima di accorgersene era già stato morso, poi era arrivata Allison con il suo sorriso dolce. Dimenticare era diventato facile. Aveva cominciato a pensare che forse si era immaginato tutto. 
 
Non capiva perché ci stava ripensando adesso, però. Forse perché Allison non c’era più, o forse perché c’era Isaac. Isaac che dormiva nella stanza accanto alla sua e qualche volta parlava nel sonno. Isaac che era spalmato sul divano accanto a lui, ciarlando di LOST senza accorgersi che Scott non aveva sentito una parola di quel che stava dicendo. Isaac con quelle labbra così perfette e quegli occhi così chiari. 
 
Il ragazzo sbadigliò, chiudendo gli occhi per un momento, poi riprese a parlare ad una velocità impressionante.
 
“Ti ricordi quando avevamo quindici anni- prima del morso, prima di tutto questo?” domandò Scott, interrompendolo e guadagnandosi uno sguardo perplesso da parte sua. “Ti ricordi la festa a casa di Jackson?”
 
Gli occhi del ragazzo si allargarono leggermente e sembro irrigidirsi sul posto. Era teso e allerta. Scott trovò un po’ più facile respirare, sapendo di non esserselo immaginato- non si ingannato credendo in un sogno. 
 
“Non lo so, amico,” Isaac rispose, ridendo un po’, nel buio del salotto, Scott riusci quasi a immaginare di trovarsi di nuovo nello sgabuzzino. “E’ stato molto tempo fa.” 
 
Scott ruotò la testa di lato e si mise a guardarlo, studiando il suo profilo. Poteva sentire il rumore delle scene di lotta provenienti dalla tv, ma non gli importava. Aveva visto il film milioni di volte e conosceva le battute a memoria, mentre c’era semre qualcosa da memorizzare nell’espressione di Isaac.
 
“Già,” concordò, “Un’intera vita fa. Ma quella festa mi è sempre rimasta impressa.” 
 
Isaac deglutì e Scott osservò il suo pomo d’adamo fare su e giù per la sua gola. “Quella è stata l’unica festa alla quale Jackson mi abbia mai invitato.”disse piano, quasi come una confessione, come se fosse qualcosa da tenere segreto. 
 
“Lo so,” disse e l’altro si voltò a guardarlo con le sopracciglia sollevate, curioso e confuso. Scott spiegò, “ Ti ho sempre cercato, dopo quella volta.” 
 
“Oh,” sussurrò, con gli occhi grandi e lo sguardo vulnerabile.
 
Scott provò a sorridere “Già.” 
 
La conversazione cadde e diede un’occhiata alla tv. Gandalf stava cadendo. 
 
“Quello è stato il mio primo bacio sai?” disse Isaac piano. La debole luce proveniente dal televisore illuminava i contorni del suo volto, e Scott sapeva che stava arrossendo. 
 
“Anche il mio.” Scott ammise in un sussurro. “E’ stato piuttosto forte come primo bacio.” aggiunse pensieroso. 
 
L’altro rise in modo isterico, sembrando totalmente in balia dell’adrenalina. Riusciva a sentire il cuore battergli furiosamente nel petto. Si domandò se anche il suo cuore facesse tutto quel rumore.  
 
“Già,” concordò Isaac, le labbra piegate in una morbida curva, “lo è stato.” 
 
Stava sorridendo, rosso in volto, gli occhi chiari che scintillavano alla luce della tv. 
Scott lo osservo, completamente rapito.
 
Con un movimento fluido si allungò sul divano, fermandosi con la bocca a un soffio da quella di Isaac. Lo guardò negli occhi, rischiando di diventare strabico talmente erano vicini e controllò che andasse bene, se poteva. 
 
Le ciglia di Isaac si abbassarono quando il suo sguardo cadde sulla bocca di Scott. Quando guardò di nuovo su, i suoi occhi erano scuri, le pupille dilatate. Annuì.
 
Le loro bocche si sfiorarono, calde ed esitanti, mentre la mano di Scott si fece strada fino al bicipite di Isaac. Il ragazzo inclinò la testa e approfondì il bacio, facendo scorrere la lingua sulla parte interna delle labbra dell’altro, esplorando. Scott gemette a quella sensazione, facendo accelerare ancora di più cuore di Isaac.
 
Si allontanarono lentamente dopo qualche momento, Scott era sicuro di star per svenire. Isaac si portò un dito al labbro inferiore, toccandolo delicatamente, sbalordito.
 
“Questo era per recuperare i due anni persi,” sospirò Scott, rubando la mano di Isaac tenendola stretta, tenendolo stretto. 
 
“Allora abbiamo molto da recuperare,” disse Isaac con un sorriso sornione e Scott si avvicinò di nuovo, con la sicurezza che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo. 
 
Beh, almeno avevano molto più di sette minuti. 





N.d.T.  Ok gente ! questa è la seconda oneshot , spero vi piaccia!
Personalmente non sono una gran fan delle Scisaac ma questa ff era più dolce dello zucchero filato, inoltre la mia cara beta TheCatUnderTheSofa adora Isaac quindi questa ff è un po' anche per lei XD Presto arriveranno altre due Sterek XD 

Baci -A.
  
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