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Autore: alpha_omega    26/08/2013    5 recensioni
In quel momento Ludwig si rese conto di tre cose:
la prima era che quel ragazzo non era umano
la seconda era il fatto che gli aveva appena salvato la vita
mentre la terza, ma non meno importante
non riusciva a smettere di guardarlo.
Possono due mondi diversi come i loro imparare ad amare?
entrambi avevano paura di scoprirlo.
Genere: Erotico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La stampa non ci aveva messo molto a farsi sentire: erano passate si e no quarantott'ore e la notizia della cattura aveva già fatto il giro del mondo. Non c'era un singolo angolino in cui nessuno non avesse pronunciato la parola “sirena”. I fondi che erano stati messi a disposizione erano praticamente illimitati. I giornalisti di tutto il mondo erano venuti a documentare quell'evento: era un bene che la squadra di scienziati fosse multietnica, o non sarebbero mai riusciti a stare dietro a tutte quelle domande in lingue diverse.
Erano passate solo un paio d'ore dall'inizio dell'intervista e Francis era così nervoso che si sarebbe fatto volentieri una bella dormita: non solo avrebbe dovuto lavorare fianco a fianco con il suo ex, Arthur; ma i suoi “meravigliosi” colleghi l'avevano lasciato lì da solo a rispondere a quella marea umana di gente. Si sistemò una ciocca di capelli dietro un orecchio: lo faceva spesso quando era frustrato. Per sua fortuna la giornalista belga di fronte a lui era piuttosto carina, forse quell'esperienza non sarebbe stata tutta da buttare.
-Salve- parlava francese -mi chiamo Laura, lavoro per un giornale itinerante del mio paese: permette qualche domanda?-
-Ma certo- il suo sorriso era smagliante mentre con la coda dell'occhio le dava una sbirciata nella scollatura: non era per niente male.
Lei prese un foglietto dove aveva scritto le domande e iniziò a leggere -Dunque, che cosa avete intenzione di fare ora che avete scoperto una nuova specie? Dalle foto e dai filmati sembrano delle creature dotate di ragione. No?
-Non lo so: siamo certi che siano dotati di un'intelligenza superiore a qualsiasi animale presente sul pianeta, ma non siamo ancora sicuri che possano competere con l'intelligenza umana. 
-Quando avete intrapreso le ricerche? Cosa vi ha fatto capire che non siamo soli?-
Francis sospirò, odiava quella domanda, o meglio, odiava la risposta -Vede signorina, sono parecchi anni in cui in questo pezzo di mare si verificano strani casi di decesso: i corpi delle vittime venivano ritrovati con uno strano sorriso in volto, e i medici legali dichiaravano che la morte non era avvenuta per annegamento, ma per cause sconosciute. Dopodichè è stata catturata una di quelle creature. Non c'è voluto molto a fare due più due.
La ragazza aveva un'espressione sbalordita -Vorreste dire che...-
-Mi dispiace, ma ogni singola prova suggerisce che siano stati loro la cuasa dei decessi. Ne stiamo studiando alcuni esemplari, e più di uno ha cercato di attaccare i propri custodi.
Era vero: il tritone che gli avevano assegnato non era per niente socievole, un ragazzo biondo gigantesco che non aveva fatto altro che mostrare i denti per poi sorridere amabilmente a quelli della sua specie, come una doppia personalità. Se ne era occupato Esteban, gli aveva detto di non preoccuparsi, dopo avergli affidato un altro tritone che si comportava come se non esistesse, ma le poche volte che riusciva a parlarci si meravigliava che fosse così così timido e riservato. Gli aveva detto solo il suo nome. Mattew.
 
 
Esteban Castro non era mai stato un uomo paziente; come non aveva mai sopportato le persone poco collaborative. Ivan, gli stava offrendo entrambe  le cose.
Il gigantesco tritone era chiuso in una teca di vetro piena d'acqua: la stessa che avevano usato per Kiku, solo che ci stava molto più stretto. Lo guardava con occhi pieni di rabbia.
-In quanti siete?- Era la stessa domanda che gli porgeva da diverse ore; prima o poi avrebbe ceduto. La bara d'acqua era collegata a diverse macchine e monitor, e il valore dell'ossigeno nell'acqua era pericolosamente basso.
Si chinò sul ragazzo, i loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro. -In quanti siete?- ripetè.
L'altro mostrò i denti: le sirene avevano una strana dentatura; davanti c'era una fila di denti umani, mentre la seconda fila era una chiostra di piccoli denti affilati, da squalo. Faceva davvero paura.
Spense il sigaro sul vetro, lasciando un'alone di cenere sulla superfice lucida. -Come vuoi, ma non potrò garantire nulla sulla tua incolumità-.
Detto questo lasciò la stanza. Il livello dell'ossigeno scese a zero.
 
 
 
Alfred si era sempre considerato un eroe; quando poteva ancora trasformarsi andava sempre a sfogliare i fumetti nelle sue librerie preferite: una volta aveva provato a portarne uno con se, ma si era sciolto subito non appena era entrato in acqua. Sognava di poter salvare la sua gente da quei giganteschi mostri armati che si vedevano nelle vignette. Quando lo avevano imprigionato si aspettava di trovarsi davanti ad un alieno venuto dallo spazio pronto per invadere la terra.
E invece si era ritrovato un sopracciglione biondo con la mania per il the: lo fissava al di là del vetro, bevendo a piccoli sorsi dall'immancabile tazza con su scritto earl grey su un lato. Gli stava davvero dando sui nervi.
-Hey, ma è davvero così buona quella roba? A me sembra semplice acqua-.
Lui era indignato -Non-è-semplice-acqua- ringhiò.
-E' una cosa magica? Prima parlavi con un unicorno invisibile, sicuro di stare bene?
-Che cosa vorresti dire con quest'insulto?:  ti ho visto, sai, mentre dicevi quelle frasi sconclusionate nel sonno, credi davvero che esista un cretino in calzamaglia che vola con le mutande sopra i pantaloni?-.
Adesso Alfred era davvero arrabbiato; non solo lo aveva spiato nel sonno, ma aveva anche insultato Superman. -Come lo hai chiamato?-. Diede un pugno alla parete di vetro -Perchè non entri qui dentro, così risolviamo la faccenda da uomo a uomo?-. Cercò di fare l'aria più minacciosa che aveva, ma il suo atteggiamento fece ridere a crepapelle il ragazzo. -Oh dear, tu non sei un uomo, se lo fossi non saresti qui-.
-Ti sbagli; io sono l'eroe!-
-Come no- rise di cuore e finì il suo the con un ultimo sorso -Quale eroe permetterebbe degli omicidi così efferati? Non penso che vi siate fatti scrupoli ad uccidere gli umani.
Alfred strinse i pugni: era vero, ma lo aveva fatto per necessità, senza sarebbe morto -E' vero, ma a noi serve l'energia vitale degli umani per sopravvivere: voi che scusa avete per sterminare la nostra specie?-
L'inglese parve un attimo in difficoltà; poi si ricompose -E' una questione di sopravvivenza, ragazzino: vince la specie più evoluta- fece unna pausa, in cui un'ombra di rabbia scese sul suo viso. -E voi avete perso; conoscendo Esteban verrete tutti vivisezionati; ti piace l'idea?.
Si accasciò sul fondo della vasca e pianse tutte le sue lacrime: anche se non lo guardava poteva benissimo percepire lo sguardo dell'uomo su di se. Non si era mai sentito così tanto la sua impotenza; la striscia di plastica col numero ventitrè applicata al suo braccio era la prova che la sua vita non gli apparteneva più. Però c'era qualcosa che poteva comunque fare. Se non poteva salvare se stesso poteva almeno alleviare le sofferenze delle persone che amava. Si girò verso lo scienziato. -Senti, so perfettamente che per te la nostra vita vale meno di zero; ma se è vero che volete semplicemente fare giustizia allora c'è una cosa che dovete sapere: le sirene che non si sono mai nutrite della vita di un essere umano mutano forma una volta uscite dall'acqua. Se gli farete del male torturerete degli innocenti-
-Cosa vorresti dire? In che senso mutano?- l'inglese era visibilmente interessato.
-Lo scoprirete quando lo farete: portate ogni sirena fuori dall'acqua e aspettate; capirete subito chi è colpevole e chi no-.
-E come posso essere sicuro di ciò che dici- Il suo aguzzino era scettico.
-Per me non farà differenza, io mi sono già nutrito, ma molti di quelli che avete catturato no, una sirena può uccidere solo se è dentro l'acqua; non potranno farvi niente una volta fuori. Anche se non credi alle mie parole potete sempre provarci-.
Suo fratello sarebbe stato salvo.
 
 
Arthur non si era mai pentito di come aveva trattato le sirene: all'inizio era stato difficile per lui ricordarsi ogni volta che quelle non erano persone, ma col tempo aveva imparato a trattarli alla stregua degli animali. Non poteva perdonarli; non dopo quello che avevano fatto al suo fratellino. Peter Kirkland era venuto con lui all'inizio dell'estate; poche settimane dopo il suo corpo senza vita era stato ritrovato tra gli scogli. Era giusto che pagassero. 
Ma per quanto disprezzasse quelle creature non poteva sopportare l'idea di uccidere degli innocenti.
-Ti ringrazio per l'informazione, numero ventitrè-. 
-Mi chiamo Alfred-.
-Davvero?- non aveva mai pensato che avessero dei nomi, e nemmeno gli interessava saperlo.
Forse perchè se lo avesse saputo si sarebbe dimenticato che non erano umani.
 
 
-Ma che volete fare!? Lasciatemi subito, bastardi!- Lovino venne accerchiato da una messa dozzina di sub che tenevano chi una rete chi delle corde: al dì là del vetro il ragazzo che si chiamava Antonio guardava l'intera scena senza poter intervenire in alcun modo. 
Qualcuno lo immobilizzò da dietro. Lo avvolsero nella rete e lo tirarono su con le corde, lasciandolo appeso a pochi centimetri dall'acqua. Poi, lentamente lo adagiarono ansimante sul pavimento. Uno tagliò le corde, permettendogli di respirare con più facilità.
Non capiva quello che stava succedendo, quando cominciò; una fortissima fitta lo attravarsò da capo a piedi. Emise un gemito, poi urlò, sentendo che il dolore aumentava sempre di più, fino a raggiungere livelli impossibili. Il suo corpo si paralizzò completamente diventando insensibile, guardò con occhi sbarrati il soffitto.
La faccia di Antonio riempì completamente la sua visuale: si sentì stringere la mano e si accorse di essere avvolto da qualcosa di caldo: era quella la morte? Se non fosse stato per lo strano formicolio nella coda sarebbe stato felice di andarsene così.
Ma non stava morendo. Piano piano recuperò il controllo del suo corpo,sbattè le palpebre piu volte.
-Ecco, così, bravissimo; avevo pensato che fossi morto-  Antonio gli diede una pacca su una spalla. 
-Come ti senti? ti fa ancora male?-
Lovino non aveva ancora smesso di tremare -Cosa?...-
E poi vide le gambe che gli spuntavano al posto della coda -No- mormorò.
E poi montò la rabbia -CHE COSA MI AVETE FATTO BASTARDI!?- -Non voglio essere come voi, perchè lo avete fatto?!-. Si rese conto di essere appoggiato contro Antonio: era lui che lo aveva sorretto durante la mutazione. 
-Perchè?- sentì le lacrime bagnargli il viso, ma non c'era acqua intorno a lui che potesse cancellarle, chiuse gli occhi: non voleva guardare cosa era diventato. Lo spagnolo lo circondò con le braccia in un aspecie di abbraccio. -Va tutto bene Lovinito: non siamo stati noi; vuol dire che non hai mai fatto del male a nessuno.
-Siete voi che state facendo del male a me, bastardi-. Fortunatamente per lui nessuno a parte il ragazzo lo sentì. La sua voce si era affievolita per la stanchezza.
Nella sala entrò un uomo che stringeva tra i denti un sigaro, sorrise quando lo vide -Eccone un altro! Chi è?- domandò ad uno degli assistenti.
-E' il numero undici, signor Castro.
L'uomo gli sorrise, faceva paura; lo metteva in soggezione. Poteva sentire la puzza di fumo che emanava; distolse lo sguardo, aggrappandosi ad Antonio e cercando di nascondere il viso. Lo aveva già visto la prima volta che era arrivato lì. Era quello che aveva ordinato la loro morte.
-Carriedo, tu rimani qui; tutti gli altri possono andare. Mettigli qualcosa addosso: ha tre ore per ambientarsi, preparalo per il tubo. Non voglio altri attacchi di isteria, o dovremo insegnargli a stare al suo posto. Chiaro?
Lo spagnolo chinò la testa -Chiarissimo, signore-.
Esteban se ne andò insieme agli altri, erano rimasti solo loro due.
Il ragazzo lo fece distendere sul pavimento, usando la sua giacca come cuscino -Vado a prenderti dei vestiti. Aspettami qui.
Tornò con un completo da ospedale bianco e lo aiutò ad indossarlo: era composto da dei pantaloni e una maglietta di tessuto leggero sterilizzato, poi parve ricordarsi di una cosa improvvisa. -Ah, ho un regalo per te- Gli porse una palla rossa e lucida -E' un pomodoro, li coltivano qui vicino. Se ti piacerà te ne porterò altri-.
Lo prese titubante e lo annusò; aveva un buon odore, lo stesso che aveva Antonio; lo addentò. Sentì il sapore invadergli la bocca. Lo finì in pochi morsi -E' buonissimo.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto- gli sorrise e gli porse un cestino che fino a quel momento aveva nascosto abilmente dietro la schiena -Per questo te ne ho portati altri.
Si ingozzò fino a che non ne rimase che una manciata, ne porse uno ad Antonio -Non mangi?-
-No, grazie- lo osservò mentre finiva di mangiare. Lovino prese in mano l'ultimo pomodoro e glielo porse -Sicuro?.
L'altro sorrise -Se proprio insisti-. Lo prese lo mangiò a piccoli morsi.  -Sono felice che ti piaccia; te li porterò ogni giorno.
Lovino rimase un attimo in silenzio -Ma perchè?-
-Cosa?-
-Perchè mi aiuti? Mi tratti diversamente da come mi trattano tutti gli altri. Perchè?-.
Antonio sorrise e gli scompigliò i capelli ancora bagnati -Non sono l'unico a pensare che Esteban sia un pazzo, e non riesco a vedervi come nemici, sinceramente credo che siate più umani di quanto sembri a un primo momento; ve ne abbiamo fatte passare tante, e non voglio che stiate ancora più male.
-Capisco...- Non sapeva se sentirsi lusingato o offeso dal fatto che lui lo avesse definito umano, ma sorrise lo stesso. Lo spagnolo gli stava sempre più simpatico.
 
 
Gilbert non si era ancora abituato alla presenza di Feliciano in casa; la cosa un po' lo infastidiva, perchè con il ragazzo in casa le attenzioni di Elizaveta  erano tutte per lui: era piuttosto geloso.
-Possibile che il magnifico me sia superato da un ragazzino con la coda?- sbottò, rivolto al fratello. 
Quello gli diede una pacca sulle spalle -E' solo contenta di aver trovato qualcuno come lei; tutto qui.
-Si, si, come no- ringhiò mentre andava a raccogliere la posta appena ricevuta: prese il giornale del mattino.
Sbiancò; il poco colore che gli era concesso dall'albinismo se ne andò via tutto d'un fiato. -Lud!- urlò -Accendi il telegiornale-.
 
 
ANGOLO AUTRICE
scusate per il ritardo; spero di aver fatto un buon lavoro e ringrazio tutti quelli che hanno recensito =)
spero che vi sia piaciuto;
a presto
alpha_omega
  
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