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Autore: Jay_Myler    27/08/2013    0 recensioni
Solas si sentì tradito e abbandonato, era ridisceso negli Inferi per trovare la sua pace nella vendetta ed invece si era ritrovato con una scomoda verità, senza poterla condividere con nessuno; non c'era più la Morrigan che lo curava, lo aiutava e lo ascoltava. Questa volta aveva deciso di aiutarlo una volta per tutte, estirpando ciò che secondo lei poteva fargli male, per tenerlo sempre con lei, chiuso nella sicurezza delle sue braccia; mai sottovalutare gli dei della Morte, ne sanno una in più del Diavolo.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Morrigan andò a prendere l'occorrente per fare una fasciatura come si deve, mentre guardava con disappunto quel disgraziato che per l'ennesima volta si trovava in casa sua in cerca di aiuto.

«Dovresti smetterla di fare queste cretinate Solas; oggi è un'ala, domani potrebbe essere la vita».

Solas non le disse niente, non si scompose minimamente, il suo incorreggibile buon umore non lo lasciava mai, mentre continuava a sorriderle con uno dei suoi miglior sorrisi, che Morrigan avrebbe definito “un sorriso da demente”. Sistemò la stecca per mantenere la parte ammaccata dell'ala, ed iniziò a fasciare sempre più velocemente, coprendo completamente l'imprudenza del suo amico.

«La tua mezza parte umana, non riesce a far frenare questa tua imprudenza?»

Si sentiva davvero una mamma in piena regola quando sgridava Solas, ma era l'unica che poteva farlo e di certo non poteva fargliela passare liscia ogni volta; quando lo vedeva tornare con qualcosa di rotto, graffiato o semplicemente ammaccato, le veniva voglia di stringerlo a sé e di non lasciarlo più, aspettando, in quella posizione, che il suo dolore svanisse. Ma non aveva intenzione di dire una cosa simile a quell'imbranato, non avrebbe capito al volo e avrebbe dovuto fargli un disegnino per fargli capire quello che provava; quindi si limitava a guarirlo ogni volta, accontentandosi di quel minimo di contatto che avevano quando gli fasciava la parte incriminata.

«Morrigan, smettila di farmi la paternale ogni volta, so badare a me stesso» sbuffò a mo' di bambino Solas, seduto sulla poltona dove una volta a settimana la ragazza lo aiutava a sistemare le ammaccature.

«Lo conferma la tua ala mezza ammaccata. Questa volta ti è andata bene, potevi rompertela; come ti è saltato in testa di calvare un drago? É stata Kyra a convincerti, non è vero? Devi smetterla di vederla».
Morrigan detesava senza freni quella stupida Kyra, che faceva tanto l'amica con il suo Solas; è risaputo che non scorre buon sangue tra la comunità demoniaca ed i mezzi demoni, e visto che Solas apparteneva a quell'ultima, mentre Kyra era una demone a tutti gli effetti, non vedeva perché non poteva accomunarsi al resto della sua gente; quella doveva avere discendenza da una succube, era troppo lasciva e tentatrice per essere soltanto un demone di Terra.

«Essere me non è semplice, e lei è l'unica della mia razza che non mi disdegna, perché dovrei voltarle la faccia se lei non l'ha fatto a me? Dice che ho del potenziale, che dovrei far prevalere la mia parte demoniaca»

«Non dire sciocchezza Solas, essere un mezzo demone non è affatto male; se fossi stato uno di quegli stupidi demoni non ti avrei di certo dato la mia amicizia»

Solas si girò di scatto, provocandosi da solo una fitta nell'ala slogata, ma riprendendosi subito e guardando fissa negli occhi la sua amica, che stava iniziando ad arrossire lievemente sulle guance.

«A me non sembra che ti dispiaccia così tanto Andros, sai»

Morrigan si voltò di botto, dandogli le spalle in meno di un secondo, usando come scusa il mettere a posto le garze e tutto quelloc he le era servito per riparare il danno alla sua ala.

«Solas, smettila di fare l'impertinente, Andros è solo un amico di vecchia data, abbiamo lavorato insieme molti anni fa. Questo è tutto»

Il ragazzo, a ncora seduto sulla poltrona, fece spallucce ed appoggiandosi con le braccia sullo schienale iniziò a riflettere ad alta voce.

«Qualunque sia la verità, io ad Andros non vado proprio a genio: non mi sopporta minimamente. Non so cosa gli abbia fatto, ma non può vedermi»
Morrigan sapeva che era la verità, ma non le andava che Solas parlasse in quel modo di Andros, uno dei pochi demoni che forse aveva conservato un pezzo di cuore - che possedevano tutti una volta, quando le loro ali erano ancora splendide e candide - dalla ormai così lontana Caduta. Si era stupita di vedere dei sentimenti diversi dall'odio e dalla voglia di fare del male in un demone, ma Andros in un certo qual modo era riuscita a sorprenderla sotto questa luce; lui seminava la discordia, era questo il suo compito, ma una volta finito il suo lavoro, non si sentiva né appagato né tanto meno soddisfatto.

Si girò verso Solas, ammirandolo alla sola luce del camino che stava scoppiettando; non era inverno, ma quel ragazzo era abituato alle alte temperature e per metterlo a suo agio teneva sempre accesso il suo focolare. Quel mezzo demone era più che strano, non era come tutti gli altri mezzi demoni che puntavano all'essere demoni completi per essere accettati da tutti, lui puntava all'essere un qualcuno o un qualcosa che lo facesse sentir parte di gruppo, di una famiglia. Ad un demone questi pensieri non sfiorerebbero nemmeno, ma la sua metà umana gli faceva avere questo forte desiderio in fondo al cuore. I suoi capelli argentei brillavano sotto la calda luce arancione che sprigionava il camino e i suoi occhi ambrati brillavano di luce propria anche nella penonbra della camera. La sua ala stentava a stare diritta, anche con la fasciatura appena fatta: non si era rotta, ma davvero per poco non lo aveva rischiato. La ragazza si girò e si diresse nella cucina e passando per il corridioio si vide allo specchio; la sua espressione era più affranta che mai, quel ragazzo la faceva davvero stare in pena come nessun altro. I suoi lunghi capelli rosso fuoco fluttuavano dietro di lei, mentre i suoi occhi in contrasto, di un blu oltremare, fissavano la sua carnagione che se possibile, era ancora più pallida del solito. Prese le due tazze fatte con gusci di drago, il materiale più resistente e costoso che esistesse, che aveva ereditato da chissà quale parente e versò dentro il suo famoso thé scarlatto. Tutto quello che la circordava era quasi sempre di un rosso brillante e che non passa inosservato; il rosso era il colore che si abbinava meglio ad una dea della morte. Il sangue era il suo pane quotidiano, il suo lavoro, la sua vita, ed era così abituata ad averlo nella sua testa che si circondava di cose di quell'esatto colore. Rosso, esattamente come il colore delle ali di Solas, che senza accorgersene, lentamente, si stava avvicinando al diventare un demone vero e proprio; ma se da una parte, fisicamente, stava iniziando sempre più ad assomigliare ad un demone, dall'altra, spiritualmente era sempre più umano, riempiendo ogni sua frase di sentimenti veri e puri; solo un altro demone aveva dimostrato queste caratteristiche, ma in passato era stato l'angelo più buono che ci fosse, colui che donava l'Amore, che da un momento all'altro, per un'idecisione era stato scaraventato nell'abisso, decidendo con il senno di poi ad unirsi ai disertori, più per comodità che per un vero e proprio credere nella causa. Tornò da Solas, e gli porse una tazza, mettendosi a sedere di fronte a lui; le stava nascondendo qualcosa da un po' di tempo a questa parte, ma non riusciva a capire cosa.

«Posso volare con quest'ala ammaccata?»

Morrigan storse il naso.

Cosa gli interessava di volare, quando abitava a due passi da lei?

«Dovresti muoverla il meno possibile, altrimenti potrebbe non rimarginarsi bene la ferita; posso sapere cosa c'è di così importante che ti fa venire la voglia di volare anche in queste condizioni? O è semplice amore verso il rischiare la vita?» gli chiese in modo innaturalmente atono.

Solas si andò a sedere vicino a lei, mettendole un braccio sulle spalle.

«Morrigan, se io fossi vicino alla morte tu lo sapresti e me lo diresti. E finché non sentirò la tua voce pronunciare quelle parole io non mi preoccupo di fare niente» le disse spavaldo e concludendo la frase dandole un bacetto sulla guancia.

Lo guardò fisso negli occhi, non come prima, ma come con gli occhi di un dio della morte, ma nel suo essere mezzo demone, e mezzo umano, non riusciva a prevedere la data della sua morte.

Gli sussurrò un ''certo'', mentre sorseggiava dalla sua tazza.

«Non mi hai ancora risposto però... cosa ti spinge a voler già volare?»
«Oh, Morrigan, una forza innaturale ed implacabile, di cui non posso fare a meno; è come una droga, non posso smettere»

Il mezzo demone, mentre diceva queste parole, brillava di luce propria, splendendo come un sole e senza smettere mai di sorridere; la ragazza non l'aveva mai visto così sorridente e radioso, e voleva saperne ancora di più.

«É l'amore Morrigan» sentenziò abbracciandola più forte che poteva, sfiorandole la schiena con le sue lunghe ali; era un gesto che faceva involontariamente quando la stringeva a sé, tendeva ad avvolgerla tra le sue ali.

Morrigan sentì una fitta all'altezza dello stomaco, un misto tra stupore ed odio, verso una persona di cui non sapeva neanche l'identità; che fosse proprio Kyra, quella demone da due soldi, che alla fine era riuscita ad abbindolarlo? Chi aveva osato rubare il cuore al suo Solas?

«Ti giuro che è davvero bella come il sole, non riesco a fare a meno di stare con lei, mi fa sentire vivo come non mai»

Il clima stava lentamente diventanto più freddo, nonostante il calore che emanava il camino; quell'atmosfera di glacialità si era insinuata tra di loro; poi tutto d'un tratto Solas divenne serio.

«Sai, tu mi dici sempre di rimanere mezzo demone, per essere a pieno me stesso, mentre Kyra mi sprona a diventare un demone completo per essere davvero me stesso; ma è solo da qualche mese, che sto appurando l'idea, che forse – e dico forse eh – potrei trovare me stesso sotto forma umana»

A Morrigan gelò il sangue nelle vene.

Solas che diventa un umano significava non vederlo più per anni, fino a quando non sarebbe arrivata la sua ora, per andare a prelevare la sua anima; niente più Solas, niente più gioia, divertiemento, niente più vederlo sempre ammaccato e in cerca di aiuto, il suo aiuto. Non aveva nessuna pretesa e nessuna speranza nei suoi confronti già da anni, ma ora, davanti a questa sua pseudo-decisione, vedeva i suoi sentimenti sprofondare ancora di più, in quello che pensava fosse il fondo. Il suo sguardo si perse nel vuoto più assoluto, iniziando a fissare senza voglia uno stupido quadro che raffigurava l'Apocalisse.

«Non fare quella faccia, so a cosa stai pensando; ci ho pensato a lungo anche io e non è affatto una scelta facile: ne sto soffrendo già da ora anche se non sono ancora sicuro della strada che sceglierò. Morrigan, guardami...» le prese il viso tra le mani ed incrociò il suo sguardo. «Mi rendo conto che non potrò più vederti, toccarti, parlarti e farmi curare da te... non potrò più sentire la tue stupende paternali; non avrò più nessuno accanto a me. Tu sei l'unica persona che veramente mi è accanto, ma Morrigan, hey...»

Morrigan ebbe un fremito; sentire il suo nome pronunciato da lui, in quel modo, le scombussolava il cuore.

Sul viso di entrambi incominciarono a scorrere delle lacrime; lacrime di nostalgia e piene di affetto per Solas, lacrime piene di dolore e di amore per Morrigan.

«Mi sento completo con lei, sento di aver trovato il mio posto, mi sento vivo. Mi sento me stesso»
La ragazza stava in piena crisi di nervi, avrebbe voluto far volere tutti i mobili per aria, gridare e continuare a piangere chiedendogli di rimanere; ma non poteva fargli una cosa simile.

Gli sorrise amaramente, cercando di farlo assomigliare ad un sorriso pieno di gioia e abbracciandolo forte, gli sussurrò appena, nell'orecchio, un qualcosa simile ad un ''Congratulazioni, sii felice''.

Solas asciugò le lacrime sul viso di Morrigan, sorridendole ancora più radioso di prima - se possibile - e le disse che ancora non aveva deciso niente ed era ancora solo una delle tante possibilità.

Sciocchezze.

Se gliene stava parlando, voleva dire che nella sua testa aveva già deciso come comportarsi e che quella era la sua scelta finale.

Il ragazzo, la ringraziò per il thé, per la medicazione, per la pazienza e per tutto, la salutò e se ne uscì di corsa, per andare da...

Da chi?

Solas non aveva fatto il nome di questo fantomatico amore, così la ragazza che le stava portando via il suo amore rimaneva solo uno spettro senza forma e senza nome.

«E così la povera Morrigan è davvero innamorata, ma è stata barattata per un donna prelibata»

«Smettila Orfeo, non è il momento»
Lo spettro di Orfeo le fluttuava intorno, senza darle tregua nemmeno un attimo.

«Povera Morrigan, sola soletta se ne sta e così negl'Inferi abbandonata sarà»

«Smettila Orfeo, non vedi che sta già soffrendo abbastanza?»

Una mano incorporea e nivea si appoggiò sulla spalla di Morrigan.

Quello spettro di donna abitava la sua casa da molto prima di lei e nonostante fossero passati molti secoli ancora non aveva capito di chi si trattasse; ogni volta che era in difficoltà quest'anima veniva a darle conforto e non capiva affatto come un'anima così buona potesse essere rimasta sotto forma di fantasma senza arrivare alla luce eterna.

«Suvvia Morrigan, non stare a sentire Orfeo, stupido cantastorie fin tropp stagionato, anche lui ha avuto il ben servito; il tuo Solas sta trovando la sua strada, non essere triste per questo, anzi dovresti essere ben più che contenta»

Le parole di quello spettro così buono quella volta non le furono di nessun tipo di aiuto e come si fa molto spesso con i propri fantasmi, Morrigan la ignorò, come se non l'avesse proprio vista né sentita. Cosa può saperne un fantasma di quello che una dea della Morte può provare? Non sono gli stessi sciocchi sentimenti di un essere umano, ma ormai doveva rassegnarsi a questa triste idea.

La vita era sua e poteva farne ciò che voleva, senza dare conto a nessuno; chi era lei in fondo? Solo l'unica persona che gli era stata accanto in tutto questo tempo, ma cos'era in confronto all'Amore?

Era decisa a non pensarci più a farsi un volo su sul drago, anche lui rosso, di cui non aveva mai accennato l'esistenza a Solas per non perdere la sua fama di persona calma e coscienzosa; uscì di casa continuando ad ignorare i due spettri che le aleggiavano intorno, che si rassegnarono sparendo nel nulla così come erano apparsi, mentre lei chiudeva con un botto la porta di casa alla sue spalle.

Una dea della Morte che piangeva.

Ridicolo, semplicemnte ridicolo – si disse tra sé e sé mentre continuava senza sosta a camminare a testa bassa senza rallentare mai.

Con la testa piena di pensieri e gli occhi pieni di lacrime, si sentì presa per un braccio e fermata, per poi essere presa ed abbracciata senza un perché, senza sapere da chi; sentì le braccia cingerla completamente, in un abbraccio silenzioso e caldo, con le ali che le sfioravano la schiena. Ma non era Solas, non era un suo abbraccio quello, questo era simile, ma con uguale: questo aveva un qualcosa in più che Solas non le poteva dare, che in lei provocava un mare di emozioni ma mai quante glie ne dava il suo mezzo demone, con un semplice abbraccio da amico.

«Deve averla fatta grossa per aver fatto piangere una dea della Morte»
Andros era l'unico che capiva al volo che cosa le succedeva, senza aver bisogno di spiegargli niente.

«Vuole andare via, vuole lasciarmi»

Andros la guardò, con i suoi occhi verde smeraldo, mentre una ciocca di capelli color del grano gli scendeva sul viso.
«Morrigan lo sai come la penso, lascialo perdere, non fa per te»

«Andros, per piacere, portami via»

Senza aggiungere una parola in più, il demone la strinse ancora di più tra le sue braccia e librandosi in aria, iniziò ad allontanarsi il più possibile da lì.

Nel frattempo Solas, tra un battito di ali doloroso ed un altro, si avviava sempre più su, verso la Terra, per andare a vedere la donna che tanto lo rendeva felice.

«Dove va questo piccolo uccellino con un'ala ferita?»

Una voce lo derise con ambiguità, una voce da donna, calma e pacata, così bassa che a volte era impercettibile.

Kyra si trovava affianco a lui, con la sua solita faccia tosta, da demone bello e finito, che ne sapeva sul mondo; era seduta su una sporgenza acuminata, con le gambe accavallate e le braccia conserte. I suoi occhi rossi lo squadravano da testa a piedi, mentre una cascata di capelli neri come la pece seguivano i suoi sinuosi lineamenti.

«Sei andato dalla mamma a farti aggiustare l'ala? Sei proprio una persona crudele, saresti un ottimo demone»
«Lasciami stare Kyra, sono occupato adesso, non ho tempo di rispondere alle tue provocazioni»
La diavolessa aprì le ali in tutta la loro estensione ed una pioggia d'oro e di nero invase gli occhi ambrati di quel povero mezzo demone. Le sue ali, in confronto a quel capolavoro di Kyra, non erano assolutamente niente.

«Non so di quali provocazioni stai parlando; è un dato di fatto che tu sia crudele»
Solas raggiunse la sua interlocutrice con non poca fatica, poi si mise a sedere vicino a lei.

«Non capisco, a cosa ti stai riferendo»

Kyra scoppiò in una fragorosa risata.

«Far piangere un dio della Morte non è dono da pochi, mio caro. Se poi quel dio in realtà fosse una lei, e fosse innamorata di te, e tu mentre ti approfitti delle sue cure e del suo amore le avessi confessato di amare un'altra, che dire... sarebbe il massimo, non trovi?» esordì passandogli maliziosamente una mano sul viso.

«Non dire sciocchezze, Kyra, inventatene un'altra»

Il ragazzo non sentiva veritiere quelle affermazioni, sapeva che quella demone sapeva il fatto suo e che da brava creatura degli Inferi era atta a creare Caos e ad inventarsi scuse per crearlo; senza dare peso alle sue parole, risprese il volo, continuando a salire, sempre più su.

«Vai, corri da Selene, dal tuo vero amore»
Solas si fermò di botto, rischiando di cadere per un cedimento dell'ala ammaccata, ma riprendendo subito l'equilibrio.
«Cosa ne sai tu di Selene?»

Kyra iniziò a volare molto lentamente e sensualmente fino ad arrivare al suo fianco.

«Oh, piccolino, tutti sappiamo di Selene, l'unica che non lo sapeva ancora era la tua adorata Morrigan»

«Non ti accontenti mai, vero Kyra? Cosa vuoi da me? Prima usi Andros come tuo amante, poi vieni da me a seminare il caos. Smettila, lascia stare me, e lascia stare Andros, non ti appartiene, appartiene ad un'altra donna»
«Non ti creare di questi problemi... hai ragione, Andros non è mio, ma la donna a cui appartiene non interessa affatto, preferisce... i meticci. In quanto a te, goditi Selene... finché puoi!»

Tra le risa isteriche di Kyra, Solas continuò a volare verso la luce, girandosi di tanto in tanto verso quel demone così astuto ed infingardo, temendo di essersi cacciato in un brutto guaio.

Non aspettò molto, per capire che effettivamente, quella che gli era parsa la più semplice delle cose, si rivelasse più problematica del previsto e per la seconda volta fu bloccato durante il suo cammino; ma a bloccarlo non era più una diavolessa tentatrice che non si accontentava mai di nulla, era un diavolo che era grande due volte lui, con una muscolatura perfetta, ali rosse come il fuoco frastagliate di venuzze dorate, con una carnagione olivastra, due occhi verdi come smeraldi e i suoi capelli color del grano, completamente in contrasto con il resto e con l'idea che una persona può avere di demone. Nella mano destra brandiva una spada dorata, cosparsa di smeraldi, e gliela stava puntando contro.

«Andros, cosa ti prende?» gli gridò dietro Solas, in preda al panico:lui era un mezzo demone ed era più forte degli umani, ma non pensava di riuscir a tenere testa ad un demone come Andros; un demone di un rango superiore lo stava minacciando con una spada, a lui, che era una demone solo per metà.

«Sparisci Solas, questo non è il tuo posto, quante volte dovrò dirtelo? Vattene, non mettere più piede qui, scordati di chiunque tu abbia incontrato quaggiù e vivi la tua vita con l'umana Selene o chi preferisci, ma vettene o te ne pentirai amaramente»
Solas cercò di risponderlo, ma si trovò la spada di Andros più vicina al petto, mentre un drago rosso scarlatto stava alle sue spalle, come se fosse uscito dal nulla, venuto a dare una mano e quel demone già spaventoso di suo.

«Forza mezzo demone, sparisci dalla mia vista, o neanche tu avrai la tua felicità e rimarrai per sempre da solo»

Questa era una minaccia che non aveva capito in pieno: gli aveva detto che se non se ne fosse andato neanche lui avrebbe avuto la sua felicità... chi altro non l'aveva avuta? Che si riferisse a lui stesso? Ma non c'era il tempo di cercare di darsi delle spiegazioni a quelle parole, doveva solo allontanarsi il più possibile perché Andros era arrabbiato come mai. Aveva ragione Kyra, tutti sapevano di Selene, solo Morrigan non ne era a conoscenza; in un certo senso sentiva di averglielo nascosto, senza capire il perché; non aveva motivo di mentire o di omettere qualcosa a lei, era l'unica persona che gli era stata vicina in tutto quel tempo e lui per ripagarla di tutto ciò aveva deciso di dirgli di esseresi innamorato mesi dopo averlo scoperto.

Bell'amico che era.

Si girò un attimo indietro e vide che Andros era ancora lì, dove lo aveva lasciato, ma stava parlando con qualcuno, che da lontano riconobbe come Kyra, li vide discutere animatamente, poi vide volare uno schiaffo da parte di lei; ma Andros non reagì, semplicemente si girò ed iniziò a volare via, mentre per la prima volta vide Kyra abbandonata da qualcuno. Non aveva sentito di cosa stessero parlando, ma non aveva intenzione di tornare indietro per chiedere cosa fosse successo; non capiva molte cose, non sapeva che Andros avesse un drago, non aveva capito appieno le sue parole, non capiva cosa fosse successo tra lui e Kyra. Erano anni che Andros lo trattava male e senza rispetto, ma non si era mai spinto così oltre; e pensare che lui se ne era accorto di quanto amasse Morrigan e che avesse messo per lui più di una buona parola. Vedeva Andros come un ottimo compagno per Morrigan, che generalmente non sopportava i demoni, ma per lui aveva fatto un'eccezzione; sapeva che Morrigan provava qualcosa per lui, lo vedeva e lo sentiva quando parlava di lui e quando ricordava il tempo in cui avevano collaborato. Era proprio grazie alla passione e all'Amore con il quale Morrigan parlava di Andros che aveva riconosciuto il suo amore verso Selene, così diverso dal loro, ma pur sempre amore. La prima volta che aveva sentito il nome di Andors uscire dalle labbra della sua unica e fedele amica, aveva sentito il brivido che le percorse l'animo ed un bagliore sprigionarsi dai suoi occhi blu; chissà se anche lui quando parlava di Selene si illuminava così tanto. Eppure, quel demone lo aveva trattato così male e lo aveva addirittura minacciato, intimandogli indirettamente di non farsi vedere più da nessuno, Morrigan compresa; ma lei era la sua ancora di salvezza, la sua confessora, è lei che lo aveva cresciuto e sopportato per tutto questo tempo, era come una sorella per lui. Una cosa era prendere con la propria testa la decisione di allontanarsi da lei, un'altra era quella di subire la minaccia bella e buona da un demone geloso. Geloso di cosa poi, visto che il loro era un rapporto del tutto fraterno; era del tutto impossibile che Morrigan, la stessa Morrigan che ogni volta gli curava le ferite e lo sgridava, potesse essere innamorata di lui.

Che sciocchezza.

Ma la faccia seria di Andros non lasciava ben sperare, quindi se questa era l'ultima volta che metteva piede negli Inferi, doveva andare a dirle un addio come si deve alla sua benefattrice; anche se questo avrebbe significato sfidare apertamente un demone di grado e di stazza nettamente superiore alla sua. Scese in piacchiata, quando avvertì una fitta, ma non all'ala ferita, come si sarebbe aspettato, ma al petto, una fitta profonda e che gli aveva mozzato il fiato. Chiuse gli occhi per un secondo, e si sentì strano, incompleto, una strana stanchezza stava prendendo il sopravvento e sentiva come se il respirare non fosse più necessario. Mancavano pochi metri all'abitazione di Morrigan, ne vedeva già da lontano la sagoma e vide lo stesso drago che pochi minuti prima sostava dietro Andros girarci intorno come a fare la guardia; quel demone non si era fatto mancare niente. Ma non lo fermò la vista di quel drago dall'andare a trovare per un'ultima volta la ragazza, ma un specie di presentmento, quella strana sensazione di prima, che gli disse di andare immediatamente da Selene. Mentre si librava nell'aria, fendendo i chilomentri che lo separavano dalla sua amata sentiva il dolore che prendeva il sopravvento e l'ala ferita farsi sempre più pesate; la fasciatura di Morrigan iniziava a cedere sotto il peso della velocità che aveva preso in volo, fino a quando non si sciolse del tutto precipitando verso il basso senza niente che frenasse la sua caduta. Con le orecchie piene solo del rumore del vento che gli sferzava il viso, sentì distintamente una voce, come se venisse direttamente da dentro il suo orecchio.

«E così la donzella che per anni aspettò, con un palmo di niente e senza il suo amato restò; povera Morrigan, che per strada errava, senza una meta lei camminava. Aspettava con ansia non dolci parole, ma il ritorno immediato del suo vero amore. Così sarà Orfeo a darle la mesta notizia, il ragazzo da lei scelto se ne sta andando con gioia e letizia; voleva tornare per prenderla ancora in giro, ma in un battito d'ali ha scelto il ritiro»

Solas riconobbe immediatamente il modo di parlare e le composizioni di Orfeo, uno dei fantasmi che faceva compagnia a Morrigan in casa; cercò di scrollarselo di dosso, muovendo la mano vicino all'orecchio, come se volesse scacciare via una mosca, ma non era così facile liberarsi di uno spettro. E così per tutto il viaggio fino alla luce, Orfeo lo riempiì delle sue ballate e composizioni arcane quanto fastidiose; gli sembrò un'eternità, ma alla fine riuscì ad emergere dagli abissi infernali, beandosi della luce naturale del sole, una cosa del tutto inesistente nel posto da cui veniva. Orfeo si era ammutolito, aveva deciso di fare un voto di silenzio probabilmente, ma non si staccò da lui e continuò a seguirlo, taciturno.

In pochi minuti Solas arrivò nel punto in cui ogni giorno si vedeva con Selene, ma quel giorno qualcosa non andava; lei non c'era e non era il tipo che fa ritardo. Forse era lui in ritardo e lei, stanca di aspettare, se ne era andata via; riprese a volare, più in alto che poteva, in mezzo ai banchi di nuvole per non farsi vedere dal basso e con al seguito lo spettro Orfeo, mettendosi alla ricerca di Selene, deciso a raggiungerla a casa sua.

Se lui aveva una strana sensazione, mentre si librava nell'aria, con un misto di sofferenza sia fisica che morale, giù negli Inferi la situazione non era di certo migliore; Andros camminava senza sosta alla ricerca di Morrigan, che per qualche ragione aveva deciso di allontanarsi mentre lui non c'era, senza poi tornare sui suoi passi. Non poteva fargli questo, non ora che finalmente quel mezzo demone se ne era andato una volta per tutte. Erano anni che aspettava questo momento: sapeva benissimo i sentimenti che provava Morrigan nei confronti di quel meticcio, ma lui sapeva di amarla davvero e che avrebbe aspettato la sua occasione, ed eccola ora, dopo anni di impazienza piombargli addosso del cielo; erano finiti gli anni di attesa, di agonia e di amanti. Aveva chiuso per sempre con Kyra, che a suo dire aveva abbandonato dell'oro per del semplice ferro; ma cosa ne poteva sapere una mezza succube, una demone tentatrice, dei sentimenti che poteva provare lui? Un tempo era stato uno degli angeli più belli mai visti, con le ali iridate e screziate d'oro, e lui donava l'Amore a chi ne aveva bisogno; ma dopo la rivolta lui era stato costretto a decidere, ma non era pronto, voleva del tempo per capire al meglio, per poter decidere coscienzosamente e con cognizione di causa. Ma questo suo voler capire meglio fu percepito come indecisione insensata e per questo fu scacciato via da Lassù; la sua natura di angelo che donava amore però, non si era mai spenta, e costretto ad essere ormai uno spirito errante senza forze, decise di unirsi alla controparte celeste, per rimettersi, almeno in parte, in forma. Così facendo, però, non aveva perso la sua vena sentimentale, il suo carattere non era stato intaccato e per questo motivo si era sempre isolato dal resto dei demoni, rientrando nella categoria dei demoni di fuoco. Mentre camminava si mise a ripensare a quel giorno in cui il suo universo era cambiato, quando ebbe la seconda svolta nella sua vita, questa volta in positivo: quando per la prima volta aveva incontrato Morrigan; non era nulla di più che una dei tanti galoppini che servivano la Morte, andando per conto di essa a raccogliere le anime che erano pronte per il passo finale. Per una fortuita coincidenza, se così la si vuol chiamare, Andros si trovò a “collaborare” con la dea della morte, trovandosi entrambi sul luogo del disastro: uno per crearlo, l'altra per raccogliere le anime dei defunti e smistarle. Avevano iniziato a discutere come due colleghi di lavoro con mansioni opposte, criticando l'uno il lavoro dell'altro, per poi finire a parlare come dei buoni amici; di solito non scorre buon sangue tra le creature demoniache e gli dei della morte, ma Morrigan aveva capito che in lui c'era qualcosa di diverso, che lui non amava ciò che faceva, che lui non si nutriva del dolore e della paura che incuteva con le sue azioni. Aveva intravisto in lui qualcosa di diverso, che lo differenziava dal resto della massa degli stupidi demoni, bestie feroci che uccidono per il gusto di farlo e quasi mai per fame; per secoli avevano passato il loro tempo libero insieme, diventando sempre più intimi ed avvicinandosi sempre di più, fino a quando non era spuntato in mezzo alle loro vite, quel grullo di Solas, un mezzo demone di seconda categoria, una mezza cartuccia che aveva attirato l'attenzione e la pietà di quella dea della Morte così imprevedibilmente volubile. Eppure, così come Solas correva da Morrigan quando qualcosa non andava, anche Morrigan spesso e volentieri correva da Andros, per parlare, piangere, sfogarsi o semplicemente stargli abbracciata. Fino al giorno in cui non scoprì la relazone che Andros, aveva creato con Kyra in quegli ultimi vent'anni; non capiva il perché ma la ragazza se ne era andata via senza spicciare parola, riferendogli più tardi che per lei non c'era alcun problema, ma nonostante le sue parole, il demone vide scorrere tra di loro un pesante e spesso strato di gelo che piano piano iniziò a far intorpidire il loro rapporto una volta caldo e scoppiettante come le fiamme con cui lui devastava. Pensando ed avendo nostalgia del loro vecchio rapporto, vide seduta sul ciglio dell'ultimo girone Morrigan, con le gambe a penzoloni verso l'Abisso sotto di lei; si era allontanata di molto, visto che come lui abitava distaccata dal resto degli altri demoni. Gli dei della Morte hanno un posto dove stare, ma lei era diversa anche dai suoi simili, era un carattere solitario e complicato, che come Andros andava accettato e non per forza compreso; da quando si erano conosciuti, lei si era trasferita nella “Periferia Infernale”, per stargli sempre vicina. Quel gesto, che poteva sembrare stupido ed irrilevante, aveva un valore particolare nel cuore di Andros, che custodiva questo accaduto molto gelosamente nella sua testa. Con un frullare di ali, breve ma mirato, riusci a sedersi accanto a lei, coprendole la schiena con la sua ala sinistra, cingendola completamente in quell'abbraccio alato. Morrigan sentiva la dolcezza che voleva trasmetterle quel gesto, anche se le ali di un demone non sono risapute per la loro morbidezza: in effetti quel tocco era un qualcosa che non si poteva esprimere con gli aggettivi esistenti, il tatto non possedeva abbastanza qualità per poter definire il tipo di sensazione che quelle ali demoniche le davano sfiorandole la pelle. Avendo a disposizione un intero vocabolario, avrebbe usato la parola aspro, per descriverla; parola strana e non specifica per una sensazione tattile, ma era la migliore che poteva esprimere, almeno vagamente quella sensazione. Eppure dietro l'ingenua interpretazione e sensazione fisica del contatto con quelle ali, c'era completamente un altro senso, del tutto rinnovato e dal contatto di quelle ali scarlatte e dorato con la sua carnagione pallida, sentiva affiorare una strana sensazione di calma e di tranquillità. Ma Morrigan era proprio l'ultima persona che sentiva sue la calma e la tranquillità, era convinta che in quel momento fossero le sue nemesi, in quanto aveva deciso di abbandonarla da un momento all'altro, lasciandola a penzoloni su un baratro nero, del quale non si scorgeva la fine – letteralmente. Iniziarono a scenderle le lacrime, senza motivo, mentre stringeva forte la parte bassa del suo vestito, tenendo strette le mani intorno al tessuto, che in quel punto era di un bianco niveo, in contrasto con il resto rosso cremisi, con le mani serrate in mezzo alle gambe.

Come collegati da un filo invisibile, se Morrigan piangeva stringendosi i vestiti, lo stesso stava facendo Solas, in preda al pianto più assurdo e disperato che avesse mai provato stringendo le mani intorno ai suoi vestiti e stringendo i denti fino a quasi romperli; la rabbia iniziò a pervaderlo dalla cima dei capelli, fino alla sua più piccola molecola, che ardeva anch'essa di un fuoco mordace, diverso da quello che ci riscalda di inverno, più simile a quello di un vulcano che erutta distruggendo incurante la vita di molte persone.

Così tutto il paesaggio iniziò a tremare, con un sibilo molto flebile ed acuto, il cielo iniziò ad oscurarsi, gli uccelli volarono via dai loro nidi cercando un riparo più sicuro, il mare iniziava ribollire anche lui di rabbia, iniziando ad avvilupparsi su sé stesso, fino a creare un enorme vortice che faceva colare a picco qualunque cosa gli si parasse avanti. Delle ali dorate sporche di un rosso non loro, si estesero in tutta la loro maestosità, delle piume volarono in aria dopo quel risveglio tanto atteso, cadendo come foglie dai rami, brillando sotto una luce inesistente; due occhi color dell'oro fuso si spalancarono in un secondo, dando vita alla peggior ipotesi che poteva avverarsi.

Morrigan continuava a stringersi le mani nelle vesti, senza accennare a lasciarne i lembi che ormai erano umidi; nel mezzo del loro silenzio, piombò una voce addosso a loro, improvvisamente, come se provenisse dal profondo abisso sotto i loro piedi, mentre la fonte era molto più vicina di quel che credevano. Alle loro spalle si ergeva una figura che non avevano mai visto, forse immaginato, ma che non era mai parata davanti ai loro occhi fino a quel momento; proprio da quella figura, così alta e maestosa, che si ergeva di fronte a loro, proveniva la voce di prima che, bassa e soffocata, sembrava più che altro un rantolio, così sommesso e profondo che non si distingueva una parola dall'altra. Era una vera e propria bestia furente, nel pieno della sua rabbia, forse faceva parte dei titani, forse era un arcidiavolo, se non Lucifero in persona e la sua brama di sangue e vendetta era quasi tangibile. La sua furia era mirata ad uno di loro due ed a giudicare dal suo sguardo doveva avercela con Andros. Quello era sicuramente il demone peggiore che si fossero mai trovati davanti fino a qual momento; i suoi occhi color oro brillavano di una luce cupa e le sue palpebre non sbattevano mai. In braccio aveva qualcosa che in un primo momento non seppero riconoscere, si trovava troppo in penonmbra e, come se li avesse letti nel pensiero, quel demone furioso fece due passi in avanti, lasciando cadere a terra, con imprevista gentilezza il fardello che portava tra le braccia. Rotolò a terra il corpo esanime di una giovane ragazza, con i capelli neri che le scendevano sul viso, un viso scavato dalla paura e con gli occhi innaturalmente aperti, pieni del terrore che aveva preceduto la sua morte.

«Tu hai ucciso Selene!»

Tuonò di nuovo quella voce, come se provenisse dalle pareti che li circondavano, questa volta più lenta e scandendo bene ogni singola parola, calcando il nome della ragazza.
Negli occhi di Morrigan affiorò un senso di paura misto a stupore, non sapeva il nome della ragazza che aveva rubato il cuore del suo amore, ma nello sguardo di quel demone infuriato rivide gli occhi sorridenti del suo amato Solas.

Non era possibile, cosa gli era successo?
Voleva accertarsi se fosse lui o meno, ma non riusciva a muovere un passo in avanti e stringendo ancora di più il suo vestito iniziò a tremare.

«Solas... sei tu?»

Il demone spalancò le sue ali dorate, sporcate dall'impuro scarlatto del sangue versato ingiustamente dalla sua amata; il suo sguardò roteò in meno di un secondo da Andros a Morrigan, che non riusciva più ad emettere un suono. Ma quel demone non le rispose, si limitò a ricambiare il suo sguardo per un istante per poi riprendere a guardare con odio il suo nemico.

Andros non sapeva di cosa stesse parlando e, anche se intimorito dalla vista di quel demone così possente, riconobbe in lui un'aria di familiarità, proprio come poco prima aveva fatto Morrigan.

«Solas, ascoltami, non so cosa sia successo a Selene, ma io non centro»
Solas sbuffò come un drago, emettendo anche fumo dalle narici, guardandolo ancora più sprezzante.

«Tu!» tuonò fin nella bocca dell'Abisso. «Tu mi minacciasti di togliermi la mia felicità e così hai fatto ed ora sono qui, a riscuotere il mio risarcimento» la sua voce era sempre più profonda e cupa, come se provenisse dal punto più profondo e lontano di un oceano.

«E così sei diventato un demone, me lo aspettavo; avevo detto che avevi del potenziale» sentenziò una voce ammaliante alle spalle di Solas che di ricambio non si degnò nemmeno di girarsi a vedere chi fosse. Aveva riconosciuto la voce, ma non aveva il tempo di “salutare le vecchie amicizie”.

Una Kyra, ancora più subdola e tentatrice del solito, passò nel mezzo di quei due schiaramenti, avvicinandosi a Solas senza preoccuparsi del suo cambiamento; fece altri due passi in avanti, verso il suo vecchio amante Andros, quando incappò in qualcosa che le impediva il passaggio. Una gelida mano le sfiorava appena uno dei suoi stivali di pelle: abbassò lo sguardo e solo allora capì in che razza di guaio si trovavano.

Nella mente di Solas, annebbiata dal desiderio più puro di vendetta su chi avesse commesso un omicidio così basso, riaffiorarono le parole di Kyra, che le aveva detto di godersi la sua amata fin quando poteva che era sfociato in un assolo di risate piene di cattiveria. Lei centrava qualcosa in tutto questo, non sapeva che parte avesse, se fosse l'artefice o la mandante, se fosse il braccio o la mente, ma lei ed Andros, gli amanti perfetti, avevano progettato di farlo soffrire in questo lurido modo. Ma perché avrebbero dovuto farlo? Andros per il puro piacere di vederlo star male, mentre Kyra così facendo, avrebbe raggiunto il suo obiettivo di farlo diventare un demone completo.

Brava Kyra, ci sei riuscita – pensò tra sé Solas in un vago momento di lucidità- ma non sai in che guaio ti sia invischiata.

Solas scattò, Kyra si gettò di lato, scansando agilmente quel colpo improvviso di Solas; la sua velocità era seconda solo alla sua voglia di vendetta e di vederli morti, proprio come la sua amante umana. Andros passò subito sulla difensiva, facendo apparire la sua spada dorata tempestata di smeraldi; quella spada che poche ore prima aveva fatto tremare Solas ora non era altro che uno stupido giocattolo dietro il quale quel demone stupido cercava di nascodere la sua vita. Iniziarono a librarsi in aria; Kyra cercava un riparo da qualche parte, pensando unicamente alla sua incolumità, mentre da terra Morrigan non riusciva a smettere di fissare quei demoni così agguerriti che si stavano sfidando senza tregua. Solas non lasciava un attimo di respiro ad Andros, che non aveva un momento per riprendersi, costretto tra lo schivare i colpi e tentare qualche fendente per passare in vantaggio; ma l'agilità e la forza di quell'ormai ex mezzo demone, erano aumentate esponenzialemnte dopo il suo cambiamento finale, portando un demone del calibro di Andros a boccheggiare tra uno schivare ed una parata. Non riusciva ad avvicinarsi a lui neanche di mezzo centimetro, i suoi movimenti era infinitesimamente più lenti di quelli del demone Solas e anche se metteva il massimo della sua forza non riusciva a mettere a segno un attacco; Solas sparì in un batter d'ali e poi eccolo lì alle spalle del suo nemico: gli strappò la spada dalle mani e gliela mise a stretto contatto con il collo. Il freddo gelido della lama si stava lentamente surriscaldando, lasciando un segno ben visibile sul suo collo; ma non era così infimo lui, lo lascò andare e disarmato il nemico, con la spada dalla sua, gli si parò davanti, aspettando un movimento di Andros. Ma ormai, stanco delle inutili battaglie e stanco di dare spiegazioni a chi ha frainteso le sue parole si rassegnò al suo destino, spalancò al meglio le ali e con esse le braccia, pronto ad accogliere quella spada, pronto ad essere il fodero finale della sua spada; lui era uno dei pochi demoni che possedeva un'arma capace di uccidere un proprio simile: con l'elsa a forma di croce e bagnata con l'acqua santa, quella spada poteva togliere la vita a qualsiasi tipo di demone. Solas non attese un secondo di più, il suo nemico aveva dato la resa, era pronto a scontare la sua pena, e senza indugiare affondò quella spada benedetta nello stomaco nemico.

Cadde al suolo, ormai privo di vita, inerme, come ore prima gli era caduta la fasciatura all'ala, solo che questa volta, a frenare la caduta del corpo c'era un terreno ben assestato, che con un gran tonfo accolse la fine di quel demone. Andros aprì gli occhi, non aveva un solo graffio addosso, il suo nemico lo stava ancora guardando con la sua spada in mano, ma a differenza di un minuto prima questa, ora, era sporca di sangue; un sangue verde che caratterizza i demoni di Terra. Ed infatti era un demone di Terra che giaceva accanto al cadavere di Selene: due bellezze diverse, riverse su un terreno roccioso e bollente, entrambe con i capelli neri e lunghi, una con l'espressione terrorizzata, una con un'espressione beata, una un'umana, l'altra un demone.

Andros planò al suolo, prendendo tra le braccia il corpo esangue di Kyra, che con un minimo di fiato in corpo gli sorrise, tossì sangue per poi crollare per sempre nell'oblio che circonda i demoni al loro trapasso. Morrigan guardò lentamente la demone sgretolarsi tra le braccia di Andros, facendo insudiciare il corpo di Selene di cenere nera e grigia; senza più niente tra le braccia, il demone, che si trovava nettamente in svantaggio, si alzò, girandosi verso Morrigan che lo guardava piangendo, e con le mani barricate nel vestito; gli accennò un addio appena sussurrato, muovendo appena le labbra; il demone non ebbe né il tempo né la voglia di agire, e in pochi secondi l'ultima immagine che gli si impresse nei suoi occhi fu quella della sua amata, che con un dolce addio gli aveva dato l'estremo saluto. Non aveva avuto l'occasione di dirle cosa provava, cosa sentiva, di dimostrale che era diverso dagli altri; non aveva avuto l'occasione di inebriarsi delle sue dolci labbra, le stesse che dolcemente lo avevano avvertito del salto finale.

Solas ansimava, ormai completamente libero dall sua smania di vendetta e di sangue; con Andros che gli si sgretolava ai piedi, guardò amorevolemte Morrigan, che per tutti il tempo non gli aveva tolto gli occhi di dosso. Gettò la spada a terra e tentò di spiegare.

«Mi hanno tolto la felicità, mi hanno negato la vita; mi hanno tolto il desiderio di felicità ormai, un demone non ne sente il bisogno»
Morrigan continuava a fissarlo negli occhi, stringendosi ancora di più il vestito tra le mani.

«L'hanno uccisa con un'arma demoniaca, ed entrambi ne possedevano una, sia di arma, sia di motivazione per ucciderla, anche se... anche se un demone non ha per forza bisogno di un motivo per uccidere, a volte lo fa e basta, per gusto, per divertiemento...

Ma tu sei diversa Morrigan, tu mi capisci, vero?»
Morrigan gli sorrise, amara.

«Tu adesso la vedi, vero? Vedi la data della mia fine? É vicina?» Esordì Solas in un fil di voce.

Morrigan fece cenno di si con la testa, così impercettibilmente che per un attimo, il ragazzo,pensò di esserselo immaginato; senza dire altro Solas le si avvicinò, le prese le mani che erano imprigionate nel vestito e gliele strinse.

Si sentì un rumore metallico, ma nessuno dei due ci fece caso.

«Sarai tu a raccogliere la mia anima, vero?» le chiese come se in una risposta positiva potesse trovare un sorta di ristoro per la sua anima ormai persa.

Morrigan fece segno di no, poi senza scomporsi chiuse gli occhi.

«Non odiarmi Solas, dovevo farlo»
Solas non riusciva a capire le sue parole, sentiva una strana aura che emanava la sua Morrigan, ma non capiva di che genere, sentiva solo le sue mani scivolargli via; dovevano essere piene di lacrime quelle mani che fino a poco prima si erano abbarricate così forti al vestito.
Le loro mani si separarono, Morrigan continuava il suo silenzio ad occhi chiusi, aprendoli all'improvviso e sfoderando tutto il loro fascino mortale.

«Lei ti stava portando via, non potevo permetterglielo»

Da dietro di lei si innalzò un muro di anime perse, che iniziò a volare tutte intorno a loro, rendendo l'aria piena di tristezza e di un bianco pallido.

Con quel candore pallido intorno a loro Morrigan splendeva nel suo scarlatto, capelli, vestito, anima ma i suoi occhi... i suoi occhi erano diventati ipnotici. I suoi capelli rossi vibravano nell'aria come serpi che non trovavano una preda da mordere, le sue vestiti iniziarono ad ondeggiare in preda alle onde di anime che li travolgevano di secondo in secondo; vide la gonna in balia del vento ectoplasmatico volteggiare come le fiamme in un camino, mentre notava che oltre al suo cremisi sfoggiava delle macchie scarlatte che rendeva il tutto più impensabile. Solas si guardò le mani che poco prima stringevano le sue, le vide anche esse colorate di un rosso vivo e scarlatto, un rosso che solo la gioventù possiede; guardò le mani di Morrigan ed anche loro, pur se avevano cercato riparo nel vestito erano rimaste macchiate di quel crimine commesso. Il tempo di abbassare lo sguardo per vedere cosa era caduto un istante dopo aver preso le sue mani tra le sue, e vide che tra i loro piedi si era collocato uno stiletto, non è un'arma demoniaca ma era pur sempre l'arma che aveva tolto la vita alla sua Selene. Non ebbe l'occasione di chiederle conferma, perché Morrigan non c'era più davanti a lui.

Con quel gesto aveva deciso di infrangere le regole del suo lavoro, di cadere in un baratro senza fine, nel buio più assoluto.

E così aveva voluto terminare la sua vita terrena, buttandosi ad occhi chiusi dal baratro che la separava dalla sua dannazione infinita.

Solas si sentì tradito e abbandonato, era ridisceso negli Inferi per trovare la sua pace nella vendetta ed invece si era ritrovato con una scomoda verità, senza poterla condividere con nessuno; non c'era più la Morrigan che lo curava, lo aiutava e lo ascoltava. Questa volta aveva deciso di aiutarlo una volta per tutte, estirpando ciò che secondo lei poteva fargli male, per tenerlo sempre con lei, chiuso nella sicurezza delle sue braccia; mai sottovalutare gli dei della Morte, ne sanno una in più del Diavolo. Loro, con le loro liste e le loro falci per mietere le anime, sapevano tutto a prescindere se una persona gliela dicesse o meno; si trovavano in una posizione dove né Satana né Dio potevano influenzarli o fermarli. Erano la bilancia che manteneva in equilibrio il Destino, e Morrigan si era dannata l'anima, ancora prima di morire, mettendosi contro l'ordine delle cose, prendendo una decisione con il libero arbitrio, facendosi trasportare da ciò che gli dei della Morte temono e cercano di domare: i sentimenti. Ma adesso... non c'era più ragione di capire le dinamiche di ciò che era successo, non aveva senzo rimuginare sull'accaduto, visto che non poteva parlarne più con nessuno; era rimasto solo lui e sentiva la solitudine che gli premeva il cuore, ma non quella solutidine che ti prende all'animo quando stai male, ma quella che ti trascina con sé nel suo oblio.

Solas era solo.

Da solo non riusciva a trovare una soluzione... le persone che lo aiutavano in momenti difficili non c'erano più, erano sparite dalla sua vita, senza dare nessun preavviso.

Ma doveva andare avanti, doveva trovare una soluzione, una via di fuga, un “lieto fine”; si guardò intorno e il paesaggio brullo brulicava di cenere di Demone, coprendo il cadavere della sua Selene di una leggera patina grigiastra, che rendeva il tutto ancora più irreale. Si avvicinò al corpo di quella che una volta era stata la sua amante, sfiorandole leggermente il viso e sconstandole una cioccia di capelli dagli occhi; la morte non aveva ancora prevalso sulla sua infinita bellezza. E fu allora, che nel buio degli Inferi, la soluzione gli si presentò sotto agli occhi, gli scintillò sotto un misero raggio di luce infernale, che la fece brillare per un secondo: a pochi passi da lui, c'era la spada con cui aveva estripato violentemente la vita dei due Demoni che aveva decretato come colpevoli, senza un minimo di prove; nonostante fosse impregnata di sangue, la sua bellezza non era intaccata, e gli smeraldi brillavano ad intermittenza, come ad invitarlo ad avvicinarsi. Senza pensarci oltre prese la spada tra le mani e lentamente ne percorse i contorni, bruciandosi le punte delle dita sulla lama che era stata bagnata con acqua santa. Una delle poche armi che era in grado di uccidere un demone si trovava esattamente tra le mani di un demone.

Ma quel calore che si sprigionava dal contatto con la sua pelle, quel bruciare lento di sofferenza, lo faceva stare bene, in pace con sé stesso; e così arrivò alla conclusione finale.

E con ancora in mano la spada di Andros, che gridava vendetta per il torto subito, capì che aveva trovato chi, finalmente, sarebbe riuscito a dargli la pace tanto agognata, che gli avrebbe donato – magari non lieta ma comunque – la sua fine.

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Questo breve racconto ha partecipato al concorso letterario del FantaExpo 2013;
Ma non ha vinto ç___ç
Spero comunque vi piaccia.
C. Jay Myler 
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