Come sei bella
Kanata aprì
gli occhi. Per un attimo fu seriamente convinto che fosse stato tutto solo un
sogno. Non era accaduto davvero. Ora si sarebbe alzato, avrebbe attraversato il
corridoio, sarebbe arrivato in cucina e li avrebbe trovati tutti lì. Miyu,
il piccolo tenero alieno e il suo buffo alien-sitter. Tutti
insieme, come la più strampalata delle famiglie, come sempre,
com’era giusto che fosse.
Ma non era
come sempre.
Non era
stato solo un sogno.
Si
passò una mano sul viso. Gli avvenimenti della notte appena trascorsa
gli piombarono addosso come pietre, pesanti e dolorosi.
Lou e Baumiau erano tornati sul loro pianeta. Ed era così che doveva
essere. E niente avrebbe potuto farli tornare indietro.
E niente
era più come prima.
Si
alzò con un gemito, scoprendo che si era addormentato completamente
vestito. Percorse lentamente la lunghezza della sua stanza, fermandosi appena
prima di aprire la porta. Si chiese se Miyu fosse già in piedi. Se fosse
riuscita a dormire, almeno lei.
Attraverso
il muro della casa silenziosa, l’aveva sentita muoversi per un tempo
infinito. A tratti aveva creduto di sentirla piangere. Era rimasto così,
immobile, ad occhi aperti, chiedendosi se non dovesse andare da lei,
consolarla, dividere la sua tristezza. Ma non era riuscito a decidersi a
varcare quelle due porte, e aveva deciso che forse era meglio lasciarla sola.
Vigliacco.
Cosa
avrebbe dato, ora, alla luce del sole, per tornare indietro di qualche ora.
Con un
sospiro aprì la porta e si incamminò verso la cucina.
Come sei bella, come
sei bella
Come sei bella, come
sei bella
Miyu era
seduta al tavolo, davanti ad una tazza piena di latte fumante, senza toccarla
né guardarla. Anche prima di entrare nella stanza, Kanata vide il suo
viso stanco, i suoi occhi cupi, e capì che nemmeno lei aveva dormito.
Eppure
anche così era bellissima.
Come al solito si sentì stupido, e represse sul nascere
quello stato d’animo che gli attanagliava lo stomaco ogni volta che la
guardava. Non poteva, semplicemente non poteva pensare a lei in quei termini.
Era un’amica, un’amica con cui aveva vissuto un’avventura fuori dall’ordinario, un’amica che era la sua
famiglia. Lei non gli piaceva, in quel senso. Niente affatto.
Però…
Fermo sulla
soglia della cucina, si soffermò con lo sguardo su di lei, sui lunghi
capelli biondi che le scivolavano sulle spalle e sulla schiena, sugli occhi
verdi abbassati e tristi. All’improvviso, Miyu alzò lo sguardo e
lo guardò.
E lui non
fu più sicuro di niente.
Ogni giorno che passa
mi piaci di più
Soprattutto mi piace pensare
che tu
Come me non ti senti
mai schiava del tempo
E sai essere unica in
ogni momento
Lei
scattò in piedi. Kanata si accorse che era arrossita.
«Kanata…
Non ti ho sentito arrivare.» Si passò una mano su una guancia,
portando via tracce di stanchezza e di pianto, e cercò di sorridere.
«Vuoi fare colazione?»
Kanata si
avvicinò al tavolo.
«Magari
più tardi.»
Lei lo
fissava, sempre sforzandosi di sembrare allegra.
«Beh,
nemmeno io ne avevo molta voglia.»
Con quelle
parole, Miyu prese la tazza intatta di latte e la posò sul lavello, per
poi iniziare a muoversi e a parlare in fretta, come per nascondere tutto il
dolore dietro la sua solita vitalità.
«Sai,
dovremmo fare la spesa, siamo rimasti un po’ a corto di provviste. E poi
stavo pensando che appena possibile dovremmo
organizzare una bella festa in onore di Christine, Santa e tutti gli altri,
visto che in questo periodo ci hanno aiutato tanto, con… con tutti i
problemi che avevamo. Magari questo fine settimana, che ne dici? No, aspetta,
non so se ce la facciamo in così poco tempo…»
Kanata la
seguì con gli occhi. Avrebbe avuto voglia di alzarsi, afferrarla per le
spalle e urlarle in faccia quella domanda…
“Ma
come fai a comportarti così?”
Proprio non
riusciva a capire. Miyu sapeva bene che era cambiato tutto, che non
c’erano più Lou e Baumiau, che lei stessa tra pochi giorni sarebbe
dovuta partire per tornare con i suoi genitori in America; eppure si ostinava a
continuare come prima, come se niente fosse, con quel suo sorriso, con quella
sua solarità, con quella sua adorabile testardissima faccia tosta…
Gli dava
fastidio, quel suo atteggiamento. Gliel’aveva anche detto, che
così peggiorava la situazione, perché si teneva dentro ogni cosa,
mascherandola. Eppure, per certi versi, non riusciva a non ammirarla. Quello
non era un semplice nascondersi; quella era la forza di andare avanti, di non
cedere alla tristezza, di non cedere al tempo che, passando veloce, avvicinava il
momento in cui si sarebbero divisi. E in questo senso lei era molto più
forte di lui. Forse proprio quella forza era ciò che c’era di
più speciale e unico in lei, ciò che più gli piaceva di
lei.
E ormai gli
piaceva sempre più…
È perché
nei tuoi occhi rivedo me stesso
E mi sento già
libero da ogni complesso
Ormai
l’aveva capita. Aveva imparato a leggerle dentro. Nonostante
quell’ostentata euforia, Miyu era come lui. Soffriva in silenzio.
Solo che
non si rifugiava in se stessa, ma nel mondo circostante.
Però
era come lui. Per questo, quando la guardava negli occhi, soprattutto da
qualche tempo a questa parte, riusciva a scorgervi tutto il proprio turbamento,
le proprie paure, la propria sofferenza.
Stava per
finire tutto, anche quel poco che era rimasto, e lo sapevano entrambi.
Se la
guardava poteva superare la sofferenza, le paure, il turbamento, perché
insieme acquistavano nuova forza. Ma come poteva continuare a guardarla negli
occhi, sapendo che presto anche quel conforto gli sarebbe venuto a mancare per
sempre?
Miyu si
voltò verso di lui, continuando a parlare.
«Senti,
Kanata, facciamo così, ora ci penso io. Vado per prima cosa a fare la
spesa, d’accordo? Poi pensiamo al da
farsi.»
Kanata
ricambiò lo sguardo, battendo gli occhi.
«Al da farsi riguardo cosa?»
«Ma
riguardo la festa, no? Sveglia, Kanata, il sole
è alto!»
Con una
risata, Miyu si allontanò lungo il corridoio. Lui continuò a
sentire quella risata finché non fu arrivata nella sua stanza, e prima
dello schianto della porta che si chiudeva gli sembrò di sentire il riso
morire e il nascere di un singhiozzo.
Perché a te non
importa di avere difetti
Ma ti piaci lo stesso,
anche per questo sei bella
Come sei bella, lo
vedi come sei bella, come sei bella
«Ah,
accidenti, ho un aspetto spaventoso!»
Il
singhiozzo fu subito rimpiazzato da un’esclamazione stizzita. Kanata si
ritrovò a sorridere. Miyu doveva essersi appena guardata allo specchio e
aver scoperto il riflesso dei suoi occhi in astinenza da sonno.
Se la immaginò mentre si precipitava a sciacquarsi il viso,
a pettinarsi, a scegliere magari qualcosa di carino per uscire. Ma in realtà
sapeva che anche quella sarebbe stata solo una maschera. Quel giorno per lei
truccarsi il viso sarebbe equivalso a truccarsi l’umore.
Perché
lei era così, Kanata lo sapeva. All’apparenza sembrava tanto
infantile, tanto spensierata, e a volte superficiale, come la maggior parte
delle ragazze della loro classe; ma era sempre e solo nascondersi dietro qualcosa. Dentro era diversa. Dentro contavano più i
sentimenti di tutto il resto. Dentro era…
Era
così bella.
Nella luce sottile del
sole al mattino
Rovistando con ordine
nel tuo casino
Quando fissi il tuo
viso riflesso allo specchio
E ti passi col dito
sulle labbra il rossetto
Kanata si
alzò, stiracchiò i muscoli intorpiditi. Aveva bisogno di una
doccia. Meglio se gelida. Lo avrebbe svegliato a dovere, e lo avrebbe distolto
da quegli strani pensieri sulla sua coinquilina.
Percorse di
nuovo il corridoio, verso la porta del bagno, ma prima che potesse arrivarci
dovette spostarsi per non essere investito da Miyu, che uscì dalla porta
della sua stanza, sulla destra, e corse davanti a lui.
«Scusa,
Kanata, ma ho la precedenza!»
Kanata la
vide sorridere ed entrare in bagno, lasciando la porta aperta. Continuò
a camminare e si fermò appena fuori della porta.
La finestra
spalancata lasciava entrare un fiotto di luce che splendeva innaturalmente sui
capelli biondi di Miyu. Lei era lì, davanti allo specchio, intenta a
rovistare attentamente nel disordine della sua borsa dei cosmetici. Proprio
come aveva immaginato, la maschera metaforica stava diventando reale.
Kanata rimase
immobile a osservare Miyu che alzava gli occhi sul proprio riflesso, si
pettinava con le dita e con l’altra mano si passava appena un velo di
colore sulle labbra. Quel movimento lo ipnotizzò. Lenta, attenta, la
mano di Miyu definiva i contorni della bocca. E quella bocca… Quanto
avrebbe voluto…
Ma che cosa
gli prendeva, adesso?
E mi piace guardarti
che non te ne accorgi
E spostare lo sguardo
se poi tu mi guardi
Per non farti cadere
nella timidezza
Quello strano timore
di non essere bella
Nel sorriso rubato alla notte, vedi come sei bella, come sei bella
La
guardò finché Miyu sorridendo tornò a chiudere la borsa,
non visto, nascosto per metà dalla parete. Accidenti, non riusciva a
capire perché si sentisse così strano. Solo due
minuti prima era distrutto, la mente fissa nel pensiero di Lou e della
ormai prossima partenza di Miyu. Ma ora? Ora perché sentiva quel vuoto
allo stomaco? Ora perché aveva voglia di avvicinarsi a quella ragazza e
a quelle labbra e…?
Di colpo,
nello specchio, gli occhi di Miyu incontrarono i suoi. Kanata distolse subito
lo sguardo, sentendosi come sorpreso con le mani nel sacco.
«Kanata,
che hai?» La voce di Miyu era imbarazzata. «Non ho per caso…
esagerato?»
Kanata la
guardò di nuovo. No, avrebbe voluto dirle, non aveva esagerato. Era
bellissima. Come sempre…
Però
gli uscì detto qualcos’altro.
«Cos’è,
hai paura di non essere al meglio?»
Si morse le
labbra, ma ormai era fatta. Non poteva impedirselo. Ogni volta sbagliava, con
lei, lanciandole un commento inopportuno. Come, come spiegarle che era solo
stupido orgoglio di fronte a ciò che lei gli faceva provare?
«Sei
sempre il solito maleducato», sbuffò Miyu, sbattendo la borsa sul
piano del lavandino. «Proprio non riesci a essere delicato, con le
ragazze, una volta tanto?»
Gli
passò accanto come un fulmine e uscì nel corridoio. Arrivò
all’uscio di casa, lo aprì e se lo
richiuse alle spalle senza un saluto.
E come
tante altre volte, Kanata rimase solo, con i suoi dubbi, i suoi ripensamenti, i
suoi rimorsi e la sua confusione.
Perché segui
l’istinto più della ragione
Perché sai
perdonare ogni mia distrazione
Perché sei naturale anche se stai tra la gente
Non ti lasci
confondere dalle apparenze
Alla fine
era riuscita ad organizzarla davvero.
Kanata se
ne stava con le spalle al muro, un bicchiere in mano, sorridendo vagamente ai
suoi amici. Santa, Christine, Nozomu, Nanami, Aya e Momoka erano raggianti mentre Miyu diceva loro quanto gli fossero grati,
lei e Kanata, per averli aiutati tanto negli ultimi tempi, e soprattutto per
aver mantenuto il segreto dell’identità di Lou e di Baumiau. La
festa stava andando bene.
Ma lui non
si sentiva affatto in vena di festeggiare.
«Che
fai qui?»
Sollevò
lo sguardo dal bicchiere e si ritrovò a fissare Miyu.
«Niente.
Non si vede?»
«Voglio
dire, perché sei così giù?»
Kanata
distolse di nuovo gli occhi dal suo sorriso incoraggiante. Per lei era tutto
più facile. Si era buttata in quella storia della festa di
ringraziamento, senza bisogno di chiarimenti gli aveva perdonato la scortesia
di quella prima mattina senza Lou, ora rideva e scherzava apparentemente senza
pensieri con gli altri, e intanto però, pur distraendosi così,
restava visibilmente con la mente fissa a quel pensiero che lui non riusciva a
relegare in secondo piano.
Il giorno
dopo sarebbe partita.
«Non
è niente, Miyu. Passerà.»
“Come
te.”
Come tutto
il resto.
Anche quando la vita
ti rende insicura
Anche quando nel cuore
c’è un po’ di paura
Anche quando ti perdi
nella tua incertezza
Nella dolce amarezza,
vedi come sei bella
Come sei bella, come sei
bella
Era molto tardi quando la festa, che poi era anche una festa di addio
per Miyu, finì e il silenzio ricoprì il tempio Saionji.
Kanata
finì di pulire il tavolo con uno straccio e si voltò.
Miyu era
immobile davanti ad una finestra. La luna rischiarava la sua pelle, i suoi
capelli, e faceva splendere le lacrime nei suoi occhi. Kanata si immobilizzò quando la vide piangere.
La maschera
stava crollando.
Le si avvicinò lentamente, senza dire nulla, e a sua volta guardò
fuori dalla finestra.
Dopo un minuto
lunghissimo, Miyu ruppe il silenzio.
«Non
ne posso più, Kanata.»
Lui non si
mosse, non la guardò. Aspettò semplicemente che uscisse allo
scoperto.
«Non
posso più fingere che vada tutto bene. La verità è che sto
malissimo. La verità è che… dopo Lou e Baumiau…
perdere anche te… Io non so se posso sopportarlo. Io…»
«Basta.»
Sempre evitando i suoi occhi, rispettando il suo pianto, Kanata le
sfiorò una spalla con la mano. «Va bene così, Miyu. Va
tutto bene.»
Lei
proruppe in un singhiozzo irrefrenabile.
«No, invece!»
Senza
preavviso, si voltò e lo strinse forte, nascondendosi tra le sue
braccia, ma senza più paura di mostrare il dolore.
Kanata
l’abbracciò, sentendo il cuore battere più forte.
Ora vedeva
chiaramente l’insicurezza che provava, l’amarezza del pensiero del
domani, la paura di non poter più riavere tutto ciò che avevano
avuto insieme. Ora la vedeva dentro e gli piaceva ancora di più, e
l’ammirava, e sentiva…
Sì,
sentiva di amarla.
Forse non te lo
aspettavi, ma sai
Così bella io
non ti ho vista mai
«Devo
dirti una cosa.»
Anche
stavolta, le parole gli erano venute fuori così, d’impulso. Ora
non c’era più modo di tornare indietro.
E non
voleva tornare indietro.
Ancora
stretta tra le sue braccia, Miyu si sforzò di calmare il pianto.
«Dimmi.»
«Ecco,
io…»
Come poteva
dirglielo? E cosa, poi? Che in quel suo pianto aveva trovato la sua forza
più grande, la forza di entrambi? Che in quel suo pianto aveva trovato i
suoi sentimenti per lei? Ma come poteva farle capire tutto ciò che aveva
dentro?
Alla fine
inspirò profondamente.
Fa’ che sarai
quella che sei
«So
che domani te ne andrai. So che ora è davvero finito tutto. Ma dovunque
sarai, comunque andranno le cose, ricordati di restare sempre così come
sei, così come ti sei mostrata stanotte. Vera. Non ridere se vuoi
piangere, non ingannarti se dentro soffri; non reprimere mai il dolore,
perché il dolore è parte di te. Capisco che vuoi sforzarti di
andare avanti con un sorriso, ma a volte il dolore è meglio della
finzione. Dovunque sarai, resta te stessa, sempre. Resta così…
Così come io ho imparato a volerti bene.»
La strinse
un po’ di più.
«Perché
ti voglio bene davvero, Miyu…»
E allora,
sorprendendolo, lei si allontanò dal suo petto, si sollevò e lo
baciò.
Per un
attimo, Kanata rimase interdetto, incredulo, immobile. Il cuore gli martellava
ovunque nel corpo, gola, stomaco, ventre, petto. Quando capì che non era
un sogno, chiuse gli occhi e ricambiò con impeto il bacio.
Rimasero
così a lungo.
Quando
Kanata si allontanò dalle sue labbra e riprese fiato, vide che Miyu era
arrossita furiosamente, ma che ora le sue lacrime erano di gioia.
«Kanata…
Se tu vuoi… Se tu vuoi, io parlerò subito con i miei… E
resterò qui con te… Perché è da sempre che voglio
dirti che…»
La
interruppe posandole un dito sulle labbra e le sorrise.
«Avremo
tutto il tempo per le parole.»
Lei
ricambiò il sorriso. Bella come non mai. Vera più di sempre. E
per sempre.
Kanata
scese di nuovo sul suo viso e la baciò di nuovo.
E quella
che doveva essere una fine fu un inizio.
Come sei bella, come
sei bella
Come sei bella, come
sei bella