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Autore: noelia    01/09/2013    22 recensioni
Dopo la morte dei genitori in un incidente d'auto, la sedicenne Rose Mary Fray è costretta trasferirsi in Indonesia, dai suoi nonni materni. Lì incontra Justin, inizialmente ostile e scorbutico nei suoi confronti, con uno scheletro nell'armadio: è infatti da pochi anni uscito da un riformatorio, accusato di aver ucciso sua madre, Patricia e sua sorella, Juliet. 
Le settimane a Bali passano monotone, finché non si innesca una serie di raccapriccianti eventi. Rapimenti, uccisioni. Ed è proprio in quest'occasione che i demoni del loro passato ritornano a tormentarli.
FAN FICTION SOSPESA A DATA ANCORA DA STABILIRSI.
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 9
Happy b-day



 
- Merda!- imprecai sottovoce dopo aver perso anche l’ultima vita ad una di quei giochi demenziali che il mio telefono lontano dall’idea di “supertecnologico” aveva da offrirmi.
- Rosie- sussurrò lievemente  Alyssa agitandosi nelle coperte. – Che ore sono?
Aveva ancora gli occhi chiusi ed a vederla in quello stato di trance risultava buffa.
Guardai l’orario segnato dal cellulare. – Le 4.47, hai ancora un po’ per dormire.
- Perché non dormi anche tu?
All’età di circa quattordici anni, quando ero la bulletta della scuola, lessi un manuale su “L’arte della persuasione”, e tra una dei trucchi c’era scritto di usare l’imperativo per indurre una persona in dormi-veglia a fare ciò che gli dici. Cercai di mettere in atto quel consiglio.
- Tu dormi!
Detto ciò mi diede le spalle e riprese a dormire su un lato, con le mani unite portate sotto una guancia. Aveva funzionato.
Aspettai qualche minuto sperando che si fosse addormentata prima di alzarmi silenziosamente dal letto, infilare gli infradito ed uscire altrettanto silenziosamente dalla porta principale. (L’unica porta di cui ero a conoscenza dal momento in cui non ero capace di orientarmi in quella casa sconosciuta).
Dovetti  per forza attraversare il salone in cui dormiva supino Daniel.
Mi chiesi per quale assurdo motivo avesse deciso di dormire sul divano con quella decina di camere a disposizione.
Una di quelle fu proprio occupato da Justin, che come aveva già detto voleva dormire da solo (Alyssa non l’aveva presa molto bene).
Una volta chiusami l’imponente porta di legno massiccio alle spalle tirai un lungo sospiro di sollievo.
 Il motivo mi era ancora sconosciuto, ma da quando ero arrivata lì mi ero auto convinta del fatto che ogni volta che non riuscivo a prendere sonno, scendere in spiaggia mi avrebbe aiutata; in effetti funzionava.
Scrutai il paesaggio cercando con gli occhi la villa dei nonni, per essere più tranquilla.
Ovviamente non riuscii a vederla, era troppo lontana ed era tutto troppo buio.
La luna riusciva a riflettersi solo sul mare, lasciando il resto che la circondava un buco nero.
Avvertii improvvisamente una forte ondata di afa che mi fece avvampare le guancie e le orecchie. Solo in quel momento riscossi con piacere che la tempesta aveva cessato: un motivo in più per immergersi nell’acqua vuota e silenziosa e godere di un bagno notturno, cosa che desideravo fare da tempo.
Senza pensarci due volte mi sbarazzai degli enormi vestiti che indossavo – avuti in prestito da Daniel –, eccetto del reggiseno a balconcino blu e della mutandina in pendant.
Lasciai le ciabatte sulla riva e camminai a passi decisi verso l’acqua.
Non appena con la punta del piede ebbi contatto con il liquido rabbrividii, anche se era abbastanza calda.
Presi coraggio ed avanzai cautamente, attenta non toccare alcun tipo di pesce o di corallo.
Allontanatami di circa due metri mi implicai di fermarmi lì.
Per quanto lo volessi con tutta me stessa non era poi così sicuro fare un bagno in un’isola che affacciava sull’Oceano Indiano, e a maggior ragione a notte fonda quando sei l’unico lì in mezzo.
Allargai le braccia ed iniziai a galleggiare a pancia in su, sperando di non essere scambiata per morta da qualche squalo affamato.
Chiusi gli occhi ed iniziai a respirare lentamente per far fronte all’acqua tiepida, ma soprattutto alla paura di essere l’unica lì in mezzo, che iniziava a farsi sentire.
Passarono alcuni minuti ed ero entrata come in uno stato di trance, completamente immersa in me stessa, come se tutto ciò che mi circondava fosse parte di me.
Riuscivo a percepire ogni movimento sotto il mio corpo, ogni impercettibile folata di vento o rumore.
Le mie orecchie poi, udirono qualcosa che somigliava ad accordi di chitarra.
Il suono era flebile ma abbastanza chiaro da farmi capire che non ero pazza, che c’era davvero qualcuno che stava suonando.
Non mi mossi di un millimetro, ero troppo concentrata su quel suono.
Agli accordi seguirono delle strofe:
I'm only here to find you, you 
All I need is you by my side 
All I wanna do is dance under the moon
Cause I all I need is one love 
Cause I all I need is one love 
Baby give it to me
.
Era lui. Era la sua voce.
Dovevo a tutti i costi vederlo, vedere il suo volto.
Presi a nuotare, e ce la misi tutta per essere silenziosa e far sì che non si accorgesse di me, poi però, mi bloccai preda di mille pensieri.
Lo volevo davvero? Volevo davvero vedere chi era e distruggere così tutti i castelli in aria che gli avevo costruito attorno?
No, ala verità era che non lo volevo. Per una volta volevo continuare a vivere in un’illusione; irreale ma felice.
Sospirai e sentii lo stomaco tremare; l’agitazione forse.
Dopo svariati secondi ripresi la precedente posizione, con gli occhi aperti questa volta.
Lui riprese ad intonare qualche strofa:
Cause I don't want-want nobody when I got-got your body 
Baby no no nobody, has got what I need 
Cause I don't want-want nobody when I got-got your body 
Baby no no nobody, has got what I need tonight 

Guardavo le stelle, immaginando che un giorno qualcuno mi avesse detto una cosa del genere.
Fu così, che immersa tra mille sogni e speranze mi lasciai cullare dalle dolci note di quella poesia.

- Aly, svegliati- le sussurrai dolcemente ad un orecchio.
Lei aprì gli occhi, per poi strizzarli. – Troppa luce- si lamentò come un vampiro alla vista dei raggi del sole.
- Dai, apri gli occhi.
Lo fece. A prima mattina i suoi occhi ambra erano ancora più ipnotizzanti.
Le diedi qualche secondo per adattarsi alla nuova luce, poi, con un movimento repentino le tolsi le coperte di dosso.
Non parve apprezzare il gesto perché sentii scapparle qualche imprecazione.
- Scusami, è che non abbiamo tempo da perdere.
- Ok, ok, ho capito- alzò le mani in segno in di resa. – Potevi anche essere più dolce però.
Le sorrisi divertita.
- Aspetta un momento- si bloccò aggrottando la fronte. – Come mai tutta questa fretta?
Il fatto è che Justin è giù a fare colazione e io voglio vederlo, ma non da sola. – Ho fame- mentii.
Lei scrollò le spalle poco convinta. – Andiamo.
Scendemmo le scale e braccio sotto braccio arrivammo in cucina.
- Buongiorno dolcezze!- ci salutò entusiasta Daniel togliendo gli occhi dai fornelli.
La mia attenzione fu tutta rivolta a Justin: era poggiato al lavello della cucina, con le braccia incrociate e lo sguardo incupito (suo solito).
Gli sorrisi debolmente. Di tutta risposta mi fece un cenno con il capo. Che razza di saluto era mai quello?
Alyssa invece, non lo degnò nemmeno di una sguardo. Come biasimarla? Era stata usata per una notte per poi essere rigettata per terra come una bambolina.
- Allora: succo, uova in camicia, frittelle, formaggio, prosciutto?
Soffocai un conato di vomito. Non ero proprio la reincarnazione della ragazza con “The american life-style”. Io odiavo il tipo di colazione che consumavano i miei coetanei, odiavo i loro pranzi al Mc.Donald’s a base di carne di origini del tutto ignote.
La mamma andava pazza per la cucina italiana, e credo che uno dei motivi per cui decise di sposare papà fu che lui era un ottimo cuoco. Con quelle mani grandi e possenti era capace di trasformare il cibo come voleva, cosa che, non si poteva altrettanto dire di Kathrine.
Era stato proprio lui ad inculcare in me uno stile alimentare salutare.
Le mie colazioni erano a base di latte fresco, qualche biscotto asciutto e un pezzo di frutta, ed adesso  proprio non mi andava di affrontare un cambiamento tanto radicale mangiando uova, frittelle e altre bombe caloriche del genere.
- E’ possibile avere tutto?- domandò Aly con un sorriso smagliante.
Daniel annuì e si rivolse a me in attesa della mia scelta.
- Per me niente, grazie- dissi andandomi a sedere su uno degli sgabelli intorno all’isola della cucina.
Alyssa mi guardò stranita. – Ma prima avevi det..
- Ottima scelta- la interruppe Justin accennandomi un mezzo sorriso. – L’ultima volta che ho mangiato qualcosa cucinato da Daniel ho passato una notte in ospedale per una gastroenterite.
Ci fu una risata generale.
Era davvero raro vedere Justin ridere, ma quando lo faceva era talmente.. bello.
Abbassai lo sguardo a quel pensiero.
- Prima che mi dimentichi- intervenne Daniel rompendo il silenzio che si era creato dopo la risata. – Dov’eri ‘sta notte Rosie?
- Ehm- non mi andava di dire che ero andata a fare un bagno, la cosa mi metteva in imbarazzo. – A letto, perché?
Lui aggrottò la fronte. – Ne sei sicura? Mi sono svegliato verso le cinque, sono passato a controllare se era tutto okay ed il tuo letto era vuoto.
- Be’, in effetti sono scesa in spiaggia.. N-Non riuscivo a dormire e speravo che se avessi preso un po’ di aria sarei riuscita a prendere sonno, e.. Ho fatto un bagno.
Justin alzò di scatto il busto ed iniziò a girarsi i pollici nervosamente.
Gli lanciai un’occhiata. Cosa avevo detto di sbagliato?
Mi guardò penetrante negli occhi, come a cercare al loro interno un segno, un indizio.
Fu ricambiato però, solo da uno sguardo spaesato e confuso.
Con poche ma lunghe falcate mi piombò davanti, mi prese per un polso e mi trascinò in giardino.
- Che diavolo vuoi?- sbottai infastidita dalla sua reazione.
- Perché sei scesa in spiaggia?- m’incalzò.
- E da dove esce questa nuova ossessione per me, adesso?- domandai incrociando le braccia. – Io non ti devo alcuna spiegazione- distolsi lo sguardo.
- Guardami!- mi ordinò girandomi poco delicatamente il viso. Non opposi resistenza.
- Hai sentito o visto qualcuno? Eri sola?
Alzai un sopracciglio. Non capivo, non capivo proprio. – Perché me lo chiedi?
S’inumidì le labbra, e parve pensarci un po’ su prima di rispondere: - Perché non è sicuro scendere a quell’ora in spiaggia, fare un bagno.. Da sola per giunta.
Il suo tono era poco convincente e parve accorgersene anch’egli.
- L’ho sentito.. Di nuovo- sussurrai con lo sguardo basso.
- Sentito chi?
- Sentito Lui. Lo stesso ragazzo di cui ti avevo raccontato l’altra notte.
Justin si rabbuiò. – Stagli lontana, Rose Mary.
- Mi stai facendo la paternale?- domandai alzando un sopracciglio, improvvisamente irritata.
- No, cazzo! E’ pieno di malati e malintenzionati qui. Non puoi fare ciò che vuoi, quando vuoi e all’ora che vuoi. Lascialo perdere. E poi manco lo conosci!- urlò.
Il suo tono freddo mi trafisse il cuore come una scheggia in pieno petto.
- Io non voglio conoscerlo.. Justin- dissi in poco più di un sussurro.
- Oh..
Tutt’un tratto parve deluso. Ma che diavolo aveva?
- Non so spiegarti per quale assurdo motivo io mi senta attratta da lui. Non l’ho nemmeno visto in faccia, non ho idea di come si chiami, quanti anni abbia. L’unica cosa che so è che le sue canzoni sembrano parlare di me. La sua voce è riuscita a consolarmi come nessun’altro. Quando lo sentii per la prima volta, diceva che tutto sarebbe andato bene, ed io ho finto che la stesse dedicando a me. Il perché? Non ne ho la più pallida idea.. Sto impazzendo forse. Mi sono creata quest’immagine di ragazzo perfetto che suona la chitarra nella mia mente, e no, non voglio distruggerla scoprendo chi è. Voglio continuare ad illudermi, ad essere felice per quei pochi attimi in cui ascolto la sua voce. E adesso ti sembrerò solo una bambina, ma non m’importa, in fondo è questo che sono, l’hai detto tu, no? Sono una ragazzina. E prima che mi penta di averti detto tutto va’ via.
Aprì la bocca come a dire qualcosa ma la richiuse e fece per andarsene.
- Ah- disse girandosi nuovamente verso di me. – Quando vai di la fa’ gli auguri a Daniel, è il suo compleanno.
Rimasi lì, a fissarlo mentre mi dava le spalle, con i pugni chiusi e i muscoli contratti.

- Dan!- esclamai una volta rientrata in cucina.
Lui era seduto di fronte ad Alyssa ed era lì ad aspettare che finisse di fare colazione. – Sì?
- Auguri!- dissi a voce alta sorridendogli ed andandogli in contro ad abbracciarlo.
Non mi era mai saltato in mente di poterlo abbracciare, ma dopo tutto, perché non dovevo? Era sempre così carino e disponibile, certe volte un po’ ingombrante ma in fondo gli volevo bene.
- Grazie- rispose schernendosi il viso per l’imbarazzo.
- Cosa voleva Justin? E dov’è?- s’intromise Alyssa quasi infastidita.
- N-niente. Voleva dirmi che era il suo compleanno- mentii indicando Daniel. – E no, non so dove sia finito.
- Ci sta aspettando in macchina, forse- rispose Daniel sovrappensiero.
- Per fare cosa?- domandò la rossa.
- Andare al porto, e dopodiché prendere la barca del capo ed andare per alcune ore su un’isola a qualche chilometro da qui. Il modo migliore di trascorrere il tuo diciottesimo compleanno, no? Niente di troppo pericoloso, tranquille pulzelle.
Rimasi spiazzata. Come avrei potuto passare un’intera giornata in compagnia di Justin senza sentirmi una stupida?
-.. E mio nonno ti ha accordato il permesso di prendere la sua braca?- chiesi un po’ scioccata.
“E va bene figliolo, lavori sempre così duramente che per una volta posso chiudere un occhio”- borbottò Daniel imitando la voce grossa del vecchio.
Sia a me che ad Alyssa scappò una risata. Era proprio tale quale.
- Beh, allora se è così corro a cambiarmi!- annunciò Aly alzandosi a posare i piatti ancora mezzi pieni nel lavello. Era strano che lasciasse qualcosa nel piatto, probabilmente Daniel cucinava proprio disgustosamente.
- Tu vieni con me- disse improvvisamente prendendomi per un polso e trascinandomi di sopra.
Ormai ci stavano prendendo tutti l’abitudine a trattarmi come una ragazzina.
- Che diamine voleva Justin, Rosie?- m’incalzò Alyssa una volta chiuseci nella stanza in cui avevamo dormito.
Arrossii. Mentire non era il mio forte, soprattutto se il diretto interessato era una persona che mi conosceva probabilmente meglio di quanto mi conoscessi io. – Non ci pensare. Non è nulla d’importante.
Lei si batté le corte e mangiucchiate unghie sulle labbra, poi si decise a parlare: - A te piace, non è così?
E nel formulare quella frase s’incupì.
Era assurdo. Avrei voluto risponderle, ma l’unica cosa che uscì dalla mia bocca fu una grossa e spontanea risata. – Davvero divertente- dissi portandomi una mano sul fianchi.
Alyssa abbassò lo sguardo ancora più triste di qualche momento prima. – Scusami, non avrei dovuto baciarlo. Come ho fatto a non accorgermi prima che ti piaceva? Tu però perché cazzo non me l’hai detto? Sono o non sono la tua migliore amica?- mi chiese d’un tratto, guardandomi negli occhi come un cane bastonato.
- Non farai sul serio- risposi alzando le mani in segno di resa.
- Sono serissima- sussurrò.
A corto di parole, decisi di abbracciarla.
Parve irrigidirsi per la sorpresa quando mi buttai tra le sue braccia stringendola più forte che potessi, ma poi si rilassò e mi strinse altrettanto forte.
- Cazzo!- imprecai all’improvviso staccandomi di forza da lei.
- Che c’è?
- I nostri vestiti..
- Sì, dobbiamo cambiarci- disse come se fosse la più grande delle ovvietà.
- .. Li abbiamo lasciati a casa- continuai la frase lasciata in sospeso.
Alyssa sorrise portandosi una mano alla testa. – Merda, che sfigate!

- Pronto?- rispose Daniel al cellulare. – Siamo arrivati capo! Ecco, la vedo! Justin parcheggia lì- continuò indicando un posto vuoto. – Eccoci capo- riattaccò.
Il nonno era lì, a pochi metri da noi, che si faceva girare velocemente sul dito le chiavi della barca. Scendemmo tutti e quattro dalla Jeep.
Per tutto il viaggio aveva regnato la massima tensione. Justin non mi aveva degnato di uno sguardo, nemmeno per sbaglio, ma dopo tutto era meglio così.
- Rosie, piccola!- esclamò il nonno stampandomi un bacio sulla fronte. – Non ti hanno fatto nulla vero?- mi domandò lanciando un’occhiataccia al biondo e al moro alle mie spalle.
Scossi la testa.
- Alyssa, è vero?- chiese poi rivolgendosi a lei.
La ragazza annuì.
- Bene- sorrise sollevato. – Ecco le chiavi, ragazzo- le lanciò a Daniel che le afferrò al volo. – E sappi che l’unico motivo per cui io ti stia concedendo la mia bambina- ovviamente si riferiva alla barca, - è perché sei simpatico a mia nipote e la sua amica.
Sorrisi. In un certo senso mi sentivo importante, avevo il controllo su di loro grazie al mio ruolo da “nipote del capo”. La cosa mi allettava parecchio.
- Aspetta- continuò aggrottando la fronte. – Dov’è che dovete andare?
- A Nusa Ceningan- sorrise Dan a trentadue denti.
- Mi auguro per te che tu sappia guidare bene quell’affare, e che per le cinque mia nipote sia a casa sana e salva- il vecchio serrò la mascella scrupoloso.
- Si fidi di me Fred!- lo rassicurò il ragazzo.
- No, lasci perdere lui capo, si fidi di me piuttosto!- si intromise Justin poggiando una mano sulla spalla del nonno.
- Bene Justin, allora dal momento in cui ripongo in te più fiducia ti affido Rose Mary e la rossa. Lightwood, tu invece prenditi cura della barca. Non parla, non respira, devi solo assicurarti che ritorni da suo padre senza nemmeno un graffio- gi fece l’occhiolino provocandolo.
Daniel si chiuse nelle spalle con una smorfia, intimorito, mentre Justin mi lanciò un’occhiata furtiva.
- Accordato capo!- e detto questo Dan si avviò alla passerella per entrare nell’imbarcazione.
Justin lo seguì.
- Salutami la nonna- mi rivolsi a nonno Fred abbracciandolo forte.
L’uomo mi sorrise dolcemente, dopodiché mi voltò le spalle e montò sulla sua vespa bianca.
Rimasi a fissarlo per svariati secondi.
- Qualcosa non va?- mi domandò Alyssa turbata.
- No, è tutto ok.
Ma non era vero; per qualche assurdo motivo, un brutto presentimento iniziava ad insinuarsi dentro di me. 


 





















 


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SPAZIO AUTRICE: 
Tadaaaaaaaaaaaaa'! I'm back bitcheeeeeeeeeeeeeessssssssssssssssssssss! No ok, sono troppo emozionata giuro. Mi siete mancate tutte un casino, e boh, spero non mi abbiate abbandonata per questa piccola pausa che mi sono presa. Che dire? Spero abbiate passato delle bellissme e felicissime vacanze, e se siete arrivate fin qui, grazie dal profondo del mio cuore. Ma adesso parliamo di questo nono capitolo: che ne pensate? A me non convince molto (come sempre), ma spero davvero che abbiate apprezzato! Vi anticipo subito che dal prossimo capitolo le cose inizieranno a complicarsi, e che questo capitolo fa da tramite per il decimo, e quelli successivi. Sono lieta di informarvi che a breve entreremo finalmente nel vivo della storia, e boh, vi ringrazio per l'ennesima volta, per aver reso tutto ciò possible, perché in fondo, senza il vostro supporto e le vostre recensioni questa storia sarebbe rimasta tra le pagine di Word. Ok, me ne vado perché sono noiosa, i know. Spero abbiate un po' di tempo per lasciarmi una recensione e boh, vi voglio bene, davvero! ps: al prossimo capitolo ci sarà anche il trailer.

with love, your Alyssa.
   
 
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