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Autore: Chilemex    01/09/2013    1 recensioni
[Crossover Fire Emblem Awakening~Fire Emblem Radiant Dawn]
Il gruppo dei Pastori al completo, capitanati come sempre da Chrom, incontreranno, in una giornata apparentemente normale, un personaggio alquanto particolare. Si tratta di qualcuno che dichiara di essere un Laguz proveniente da un luogo chiamato "Terre di Gania", un posto di cui i Pastori non hanno mai sentito parlare prima. Il personaggio, inoltre, racconterà di esser stato aggredito da uno stregone il cui intento è proprio quello di eliminare ed uccidere tutti gli individui appartenenti a questa razza, partendo da quelli più "importanti". Spetterà ai Pastori, accompagnati da questo Laguz, il compito di fermare questo stregone per evitare l'estinzione della cosiddetta Razza Orgogliosa.
[Spoiler (su entrambi i giochi) ~ Out of Character]
[Ambientato in seguito agli eventi di FE Radiant Dawn, con qualche modifica agli epiloghi]
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chrom, Ranulf, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Prima di iniziare questo capitolo, ho un piccolissimo chiarimento da fare.
Dopo aver parlato con Depeep (che ringrazio, ovviamente), ho cambiato NUOVAMENTE idea ed ho deciso di inserire l’Avatar nella storia. Inserirlo ora potrebbe sembrare poco… Bello. Ma alla fine ho capito che, per far sì che la storia abbia un senso logico, l’Avatar deve esserci. Perciò, da questo capitolo in poi, fate finta che l’Avatar ci sia sempre stato!
E si chiamerà Daraen, che è il nome default fornito dal gioco (mi fa strano chiamarlo così visto che sono abituato a chiamarlo col nome che gli ho dato io nel gioco, ma va beh).
Inoltre, l’Avatar non sarà l’unico personaggio a comparire da questo capitolo in poi. Da adesso, infatti, sarà come se anche i sei personaggi SpotPass (Gangrel, Walhart, Emmeryn, Yen’fay, Aversa e Priam) ci fossero sempre stati. Ho deciso di inserire anche loro… Per giustizia, se non altro!
Bene, tutto qui, non voglio rubare troppo spazio al capitolo con questo chiarimento. Buona lettura!






«Non è possibile…» mormorò Chrom, quasi ringhiando, con lo sguardo fisso sul paesaggio poco gradevole «Il porto è infestato da soldati… E sono armati fino al collo!»
«E se vuoi un’altra cattiva notizia» si intromise Flavia, anche lei molto preoccupata «Anche questi sono ferossiti. Li riconosco»
«Ma come?» sbottò Ranulf «Com’è possibile che Verlith abbia corrotto così tanta gente con dell’oro? Sempre che anche questi siano stati corrotti, certo…»
«Sarà brutto da dire, ma DEVONO esser stati corrotti» rispose Basilio «Non ci sarebbero altre scuse, per sbarrarci la strada in questo modo. Ci scommetto le mutande che questi tizi non hanno intenzione di farci passare senza problemi»
Per un po’, tutti rimasero in silenzio, con lo sguardo fisso sui numerosi soldati appostati tra gli edifici del porto, e su quelli che impedivano l’accesso diretto al mare ed alle navi.
«Non concluderemo nulla rimanendo qui a guardarli» disse Chrom ad un certo punto «Dobbiamo avanzare e farci vedere. Riponete tutte le armi, dobbiamo far vedere che non abbiamo intenzione di attaccarli. Almeno che non siano loro a farlo per primi…»
I Pastori obbedirono, e ciascuno nascose le proprie armi. Dopodiché, in formazione compatta ed ordinata, il gruppo ricominciò a muoversi scendendo dall’altura ed avviandosi verso la zona del porto vero e proprio.
Molti dei soldati ferossiti li notarono, e questo sembrò inquietarli, ma Chrom intimò i suoi amici a rimanere calmi in modo da non farli alterare.
In particolare, uno dei soldati appostati al confine con la spiaggia si accorse di loro e cercò di urlare qualcosa, ma riuscì a dire soltanto «Voi!», poi venne interrotto da qualcuno.
Un uomo dall’aria molto trasandata si stava avvicinando di corsa al soldato in questione, il quale invece indossava la tenuta rossa dei soldati dei Regna Ferox.
I Pastori si fermarono a metà strada, senza ancora aver raggiunto il porto, ad osservare la scena, insospettiti.
Molti ferossiti iniziarono a muoversi per fermare l’uomo che stava correndo, ma il loro comandante (ossia colui che aveva cercato di urlare qualcosa ai Pastori) li fermò con un semplice gesto della mano. L’uomo, quindi, riuscì a proseguire la sua avanzata, raggiungendo proprio il comandante della truppa.
«C-che cosa state facendo?!» esclamò lo sconosciuto, ancora col fiatone. Chrom e gli altri erano abbastanza vicini da poter sentire tutto ciò che veniva detto.
«E tu chi saresti? Non credevo di trovare gente in giro a quest’ora del mattino…» disse il comandante ferossita, con un fastidioso tono di scherno.
«S-sono il proprietario del porto, signore…» rispose l’altro, ancora provato dalla corsa «Ero a casa mia e da lì ho visto che c’erano delle persone… Così sono corso qui e ho visto che si trattava di soldati! Perché siete qui? Cosa avete intenzione di fare?»
Il comandante si lasciò sfuggire una risata, anche questa molto fastidiosa, poi replicò: «Quindi tu sei il proprietario di questo posto, eh? Se vuoi la mia opinione, per essere il porto nord dei Regna Ferox, è un posto abbastanza deprimente…»
«Beh, la mia famiglia ha lavorato duramente per creare questo posto…» mormorò l’uomo «Ora l’eredità è passata a me e faccio del mio meglio. Io vorrei soltanto sapere perché siete…»
«Escludiamo il fatto che non hai il diritto di fare domande del genere ad un tuo superiore, omino» lo interruppe il comandante «Ma comunque non sono affari tuoi. Siamo qui per motivi che non ti interessano»
L’uomo respirò profondamente, iniziando a sudare e sembrando ancora più preoccupato ed agitato, per poi rispondere: «N-non posso accettare una risposta del genere, signore… Questo è il mio porto ed ho il diritto di sapere cosa vi accade, soprattutto se è pieno di soldati armati. Soltanto un’informazione, la prego…»
Il ferossita guardò l’altro negli occhi, con uno sguardo pieno d’odio, e ringhiò qualcosa in risposta.
«Dunque non mi hai ascoltato, eh? Se non riesci a capire me, lascerò che sia qualcun altro a spiegarti come sta la situazione…»
Con un gesto rapido ed inaspettato, il comandante impugnò la propria lancia e, veloce in modo da impedire eventuali reazioni, trafisse l’uomo.

Ogni singolo Pastore che aveva assistito alla scena sussultò, alla vista della lancia del comandante che perforava il petto del proprietario del porto e spuntava dalla sua schiena, macchiata di sangue, il quale cominciava già a scorrere dall’enorme ferita formatasi.
Senza ritirare l’arma, il ferossita avvicinò la propria faccia a quella del povero uomo, sorridendo odiosamente, e gli sussurrò qualcosa.
«Siamo qui per fermare l’avanzata dei Pastori e di quei dannati semiumani che li seguono. Spero che ora ti sia chiaro, stupida feccia arrogante…»
L’uomo, incapace di assumere una qualsiasi espressione interpretabile, riuscì soltanto a gorgogliare qualcosa, prima che il sangue invadesse anche la sua gola. Qualcosa come «Figli… Pietà…».
Poi, bastò un solo gesto.
Il comandante ferossita, impugnando la lancia con una sola mano, la tese dietro la schiena e la agitò con forza in avanti; in questo modo, l’uomo che vi era rimasto trafitto si “staccò”, ed il suo corpo sofferente volò verso l’alto come un sacco vuoto, per poi cadere in modo altrettanto raccapricciante dritto in acqua, oltre il molo principale del porto.
«Oh, dei!» fu tutto quello che Chrom riuscì ad urlare, prima che tra i Pastori scoppiasse il caos.
Tutti avevano visto l’orribile scena, ed erano rimasti a dir poco sconvolti.
«Ha… Gettato l’uomo in mare?!» balbettò Daraen.
«Peggio ancora! L’ha ucciso e POI l’ha gettato in mare!» rispose Flavia, ancora più sconvolta, se possibile.
«E noi dovremmo cercare di trattare con questi bruti?» gridò Maribelle «Al diavolo!»
«Mi spiace dirlo, ma Maribelle ha ragione» dichiarò Chrom, impugnando improvvisamente Falchion «Se questi soldati sono come quelli che abbiamo incontrato finora, parlare con loro sarebbe inutile. Come l’ultima volta, Pastori! Un gruppo rimanga a proteggere i carri, il resto… All’attacco!»
«Beh… Veramente non è la miglior strategia che abbia mai visto…» disse Daraen quasi tra sé e sé. Infatti, nessuno lo sentì.
Prima che i Pastori iniziassero a muoversi in massa, Cynthia si fece avanti in groppa al suo pegaso, fermandosi a pochi passi da suo padre.
«Papà, lasciami andare a recuperare l’uomo che è stato lanciato in mare!» supplicò la ragazzina, comunque in tono deciso «Potrebbe essere ancora vivo e potremmo cercare di salvarlo!»
Chrom inizialmente esitò, vedendo la situazione in modo pessimistico: «Non lo so, Cynthia… Potrebbero esserci degli arcieri tra quei soldati, e non è detto che siano deboli come quelli incontrati finora…»
«Oh, papà, per favore!» sbottò Cynthia, interrompendolo «Smettila di trattarmi come una bambina! Credi che non sia capace di schivare un paio di frecce? Devo ricordarti che ho tomi magici e lance per difendermi? Eddai…»
Chrom fece spallucce, rassegnandosi al fatto che non poteva cercare di fermare la sua figlia più piccola quando questa si metteva in testa qualcosa.
«E va bene, Cynthia…» mormorò infine, con un debole sorriso rovinato dall’evidente preoccupazione «Ma ti prego, devi stare attenta!»
La ragazzina cercò di trattenere un piccolo esulto, poi partì in groppa al suo pegaso, girando al largo dal porto in modo da evitare i nemici, diretta al punto del mare in cui era stato lanciato il proprietario.
«Speriamo bene…» sussurrò ancora una volta Chrom, per poi rivolgersi rapidamente verso Ranulf, al suo fianco con lo sguardo puntato al porto, e chiedergli: «Sei pronto?»
L’altro non disse una parola; semplicemente, il suo corpo venne brevemente avvolto da una lieve luce azzurra, che in pochi attimi lo fece passare alla forma animale.
«Pronto!» rispose poi il gatto, di nuovo con lo sguardo agguerrito.
«Ottimo!» replicò Chrom, alzando improvvisamente il tono di voce «Pastori, all’attacco!»
Un gruppo abbastanza numeroso di alleati si mobilitò immediatamente, iniziando a correre (o volare) verso la zona “popolata” del porto, con le armi sguainate.

In un attimo, dall’altra parte, il comandante della truppa ferossita si accorse dell’imminente assalto dei Pastori.
«Ha funzionato, non sono riusciti a rimanere fermi…» disse l’uomo, ridendo tra sé e sé «Bene, allora. Uomini, non risparmiatene uno! Non devono arrivare alle navi per nessun motivo!»
Gran parte dei soldati agli ordini del comandante iniziarono subito a correre verso l’orda di Pastori in avvicinamento, molti invece rimasero fermi preparandosi sul posto. Questo poteva significare solo una cosa…

Una volta arrivati nella zona del porto vero e proprio, i Pastori si divisero e ciascuno di loro si concentrò su nemici diversi.
Una di quelli che si lanciarono all’attacco fu Sumia, accompagnata dal suo fedelissimo pegaso, che si occupò del sorvolare il campo di battaglia per esaminare la situazione e decidere se e chi attaccare. Armata di lancia forte, Sumia si sentiva stranamente determinata.
Per avere una visuale molto ampia del luogo, decise di prendere quota e salire ancora più in alto, e questa manovra servì a darle un’orribile notizia.
Il porto, infestato dai soldati nemici, era pieno zeppo di arcieri e cecchini, armati di archi apparentemente molto forti.
‘Oh, no… Questo posto è una trappola… Tutto questa battaglia è una trappola!’
Prima che Sumia potesse tornare a terra per avvertire i suoi alleati del pericolo, però, il peggio arrivò anche per lei.
Dall’alto, infatti, riuscì a scorgere un arciere appartenente alla truppa nemica, con una freccia incoccata, che mirava proprio a lei.
Per quanto il suo pegaso potesse essere veloce, Sumia capì che cercare di schivare la freccia spostandosi sarebbe stato praticamente impossibile. Non c’era via di fuga.
‘Il giavellotto… Dove ho messo il giavellotto…!’
Non ci fu più tempo per pensare. In meno di un secondo, la freccia volò dal terreno fino al pegaso…
E lei la schivò. La creatura, immediatamente terrorizzata ed imbizzarrita, riuscì a schivare la freccia nemica con un rapido e brusco spostamento laterale. Un movimento talmente improvviso… Da far sbilanciare Sumia, che iniziò a precipitare.
Cadendo, la ragazza non riusciva a vedere nulla. Sentiva solo tutta la propria voce che le usciva dalla gola, trasformata in un urlo di terrore, mentre si avvicinava inesorabilmente al duro terreno del porto…
Sumia chiuse gli occhi, pronta al peggio imminente.
Atterrò su qualcosa, e solo dopo una lunga manciata di secondi si rese conto di non essere ferita né tanto meno morta, ma al contrario di essere perfettamente incolume.
Riaprì gli occhi, ricominciando lentamente a vedere il paesaggio intorno a lei ed a sentire i suoni della battaglia.
Non era atterrata su qualcosa, ma tra le braccia di qualcuno.
«Chi… Cosa…» balbettò debolmente, non realizzando ancora di essere ancora viva.
Recuperò completamente la vista, poi incrociò finalmente uno sguardo per lei inconfondibile e rassicurante.
«C-Chrom?»
Il capitano dei Pastori, nonostante avesse l’espressione di qualcuno che era stato colto impreparato, era riuscito ad afferrare Sumia al volo, evitandole di schiantarsi a terra.
«Come hai…?» iniziò a dire lei, ma Chrom riuscì ad interromperla semplicemente sorridendole.
«Non ti preoccupare» le rispose «L’importante è che tu sia salva. Anche se effettivamente non so nemmeno io come ho fatto…»
Sumia rise, e Chrom non poté evitare di fare lo stesso.
«Chrom… Grazie, davvero! Mi hai letteralmente salvato la vita! Sono stata così sbadata… Come sempre! Ti ringrazio!» continuò a dire Sumia, mentre si rimetteva lentamente in piedi e il suo pegaso atterrava di nuovo accanto a lei.
«Oh, suvvia, tutti questi ringraziamenti non hanno senso!» replicò Chrom, sempre sorridendo «Sto solo ripagando il mio debito!»
Sumia lo guardò con aria confusa.
«Confine dei Regna Ferox, un bel po’ di tempo fa, all’inizio della guerra con la Plegia… Ricordi?» specificò Chrom.
«Oh, quello!» esclamò Sumia, scuotendo la testa, divertita «Ancora non l’hai dimenticato? Non potevo non farlo!»
«Non importa, mi hai comunque salvato la vita!» continuò Chrom, guardandosi intorno temendo di vedere nemici in avvicinamento.
«Oh… Ti amo, Chrom!» fu tutto quello che lei riuscì a rispondere ancora, con un tono di voce che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
«Ti amo anch’io, Sumia!» rispose naturalmente lui «Ora torniamo all’attacco. Cerca di stare attenta, mi raccomando!»
Lei risalì sul suo pegaso, mentre lui si allontanò con Falchion tesa e pronta ad attaccare.
«Lo farò. A più tardi, Chrom!» esclamò Sumia guardandolo andarsene, per poi ricominciare a muoversi rimanendo però vicina al terreno, senza prendere quota.

Poco più in là, il Tiratore Scelto Virion si stava facendo strada tra i nemici utilizzando la sua tecnica preferita, nonché quella che metteva sempre in atto: girare al largo dai nemici, avanzando di nascosto.
Infatti, Virion aveva lasciato la lotta diretta a tutti gli altri, scivolando da una parete all’altra sperando di non farsi notare.
«Non c’è nulla che un arciere, sebbene abile quanto il sottoscritto, possa fare contro vili soldati armati di spade ed asce… Io sono nato per attaccare da lontano, quindi questa battaglia non fa per me!» stava mormorando tra sé e sé, guardandosi intorno.
Camminando lungo la parete esterna di uno dei tanti edifici presenti, però, Virion riuscì a notare qualcosa guardando in alto.
Appostato sul tetto della casa stessa, infatti, c’era un uomo. Un soldato nemico che, impossibile non notarlo, era armato di arco d’argento ed una riserva di frecce decisamente numerosa.
«Cecchini appostati sui tetti?» sussurrò Virion «Che bersagli semplici e banali… Ma se dovesse notarmi? Sarebbe la fine per il grande Virion…»
Continuò a rimuginare, rimanendo nascosto, non riuscendo a decidere se attaccare il cecchino o meno.
«Bah, meglio il grande Virion che Sully, Kjelle o qualunque altra anima di questo esercito!» esclamò ad un certo punto, facendosi inevitabilmente notare dal nemico «Buongiorno, buon uomo!»
Il cecchino nemico cercò immediatamente di caricare un attacco con il quale colpire Virion, ma lui, stranamente più abile e rapido, preparò due frecce contemporaneamente col suo arco forte e le sparò sull’avversario.
Le frecce centrarono perfettamente il cecchino ancor prima che questo riuscisse a sferrare il suo attacco, e lo sconfissero definitivamente.
«Ah, è stato fin troppo facile. E poi mi danno del codardo! Però ce ne saranno sicuramente altri… Il mio dovere ora è avvertire i miei alleati!»
Virion ricominciò ad avanzare nel campo di battaglia, cercando di rimanere il più nascosto possibile, alla ricerca di altri cecchini appostati o di qualche altro Pastore da avvisare.

Lucina, sicura di sé come sempre, aveva deciso di andare ad attaccare un mirmidone che si stava rivelando piuttosto problematico, per l’intero gruppo di Pastori.
Il nemico aveva appena realizzato che lei aveva intenzione di attaccarlo, perciò si era scagliato su di lei a tutta velocità, con la sua lama letale pronta a colpirla.
Parando e schivando i suoi attacchi grazie a Falchion, Lucina cercò di parlare col ferossita.
«Spiegateci perché state facendo tutto questo! Perché voi soldati dei Regna Ferox state attaccando noi dell’Ylisse?» chiese, sempre più affaticata, tra una parata e l’altra.
«Vi siete alleati coi semiumani e questo vi disonora!» fu tutto ciò che rispose il nemico, senza desistere.
«Cosa ne sapete voi dei Laguz? Credevo che nessuno nel continente ne sapesse nulla! Come fate a giudicarli?» replicò ancora Lucina, ma stavolta non ci fu risposta… Soltanto un’incessante raffica di fendenti.
Rassegnata, Lucina decise di passare all’attacco. Parò un ultimo colpo, poi saltò agilmente all’indietro, allontanandosi dal nemico, per poi andare lei stessa ad attaccarlo con un semplice affondo di Falchion. L’altro, impreparato e già stanco, si fece colpire in pieno e cadde a terra.
Lucina, sebbene contrariata, sapeva che l’unica soluzione era finire il nemico subito e rapidamente. Così si preparò al colpo di grazia, ma prima che Falchion potesse colpire l’avversario, un dolore insopportabile si impossessò del braccio della ragazza, e la spada leggendaria le sfuggì di mano, scivolando lontano da lei.
Voltandosi rapidamente verso il punto da cui si originava il dolore, Lucina vide che a colpirla era stata una freccia, che si era conficcata proprio sulla spalla. Si guardò intorno, e non ci mise molto a capire che a lanciare la freccia era stato un arciere posizionato sul tetto di un edificio lì vicino, che si stava già preparando al secondo attacco.
«Arcieri sui tetti? Oh no…» mormorò Lucina, estraendo la freccia dalla spalla, liberando così la ferita che si stava sempre più allargando.
Alla situazione già pericolosa si aggiunse lo spadaccino attaccato poco prima, che non perse l’occasione per rialzarsi e scagliarsi nuovamente su Lucina, pronto ad attaccarla senza tregua.
«No… No!» gridò la ragazza, indifesa, cercando di recuperare velocemente Falchion… Ma il nemico fu più veloce, e la sua lama letale la colpì violentemente, facendola cadere a terra.
Ora Lucina era letteralmente intrappolata: a terra, disarmata, con un mirmidone da una parte ed un arciere dall’altra.
«Non può… Finire… Qui…»
Non riuscendo veramente a fare nulla, Lucina chiuse gli occhi e si preparò al peggio, mentre una freccia volava dritta verso di lei…
Ma nulla la colpì.
Immediatamente, la ragazza spalancò gli occhi e si guardò intorno. In piedi davanti a lei, immobile e girata di spalle, c’era un’enorme armatura viola.
«Kjelle?»
La figlia di Sully era effettivamente lì, ed aveva appena fatto letteralmente da scudo a Lucina, neutralizzando la potenza della freccia nemica con la sua resistente armatura da generale.
«La spada, Lucina!» gridò Kjelle, e Lucina capì subito cos’aveva intenzione di fare.
Ora che era protetta dalle frecce, si spostò e raggiunse immediatamente Falchion, recuperandola con il braccio non ferito ed utilizzandola contro il mirmidone, il quale era rimasto indietro vista l’entrata in scena di Kjelle. Bastarono due rapidi fendenti con la spada leggendaria, e lo spadaccino nemico venne atterrato.
«E ora?» chiese Lucina, ancora molto debole, guardando verso Kjelle.
«Ora lascia fare a me…» disse semplicemente lei, brandendo un’arma che Lucina non riuscì ad identificare.
Era ancora girata verso l’arciere sul tetto, il quale continuava a scagliare frecce che andavano ad infrangersi miseramente sull’armatura della ragazza, finché ad un certo punto Kjelle non lanciò l’arma che aveva in mano proprio in direzione del nemico.
Solo allora Lucina capì che si trattava di un’ascia da lancio, arma che non era mai stata utilizzata prima da Kjelle. Ciononostante, il tiro fu perfetto e l’ascia colpì in pieno l’arciere, che poi non si mosse più.
«Asce da lancio? Da quando?» chiese Lucina, risollevata.
«Da mai! È la prima volta che la uso in battaglia, e credimi… Non mi sono allenata molto!» rispose Kjelle, ridendo.
Capendo che, per il momento, la situazione era sotto controllo, Lucina sospirò.
«Grazie, Kjelle. Mi hai davvero salvato…»
«Oh, non preoccuparti, lascia perdere i ringraziamenti!» la interruppe Kjelle, sorridendole amichevolmente «Eri in una situazione che avrebbe messo in difficoltà chiunque, figurati se non ti avessi aiutato!»
Lucina si limitò a sorridere in risposta, grata di avere un’amica come Kjelle.
Solo allora si rese conto che c’era ancora un problema: le ferite che le erano state causate dal mirmidone e dall’arciere.
«Ehm… Credo di avere qualche unguento qui e…» iniziò a dire Kjelle, notando la preoccupazione dell’altra, ma prima che potesse fare qualunque cosa, una familiare luce verde ed intensa avvolse Lucina per qualche secondo. Quando questa sparì, le ferite erano completamente guarite.
Entrambe le ragazze si guardarono intorno, e in un attimo notarono Lissa, a qualche decina di metri di distanza da loro, con un bastone di Lenimento in una mano e con l’altra che si agitava per salutarle.
«Grazie, zia Lissa!» le gridò Lucina, salutandola a sua volta.
«Benissimo, allora siamo a posto così. Ora tornerò a cercare qualche altro scemotto da far fuori. A dopo, Lucina!» affermò Kjelle, iniziando poi ad allontanarsi verso la zona centrale del porto, la più popolata da nemici.
«Certo. Ciao Kjelle, grazie ancora!» rispose Lucina, tenendo stretta Falchion e dirigendosi verso un’altra serie di piccoli edifici circostanti.

Un altro Pastore che stava agendo da solo era Ricken: in groppa al suo cavallo, il ragazzino stava a sua volta avanzando attraverso i vari edifici presenti nel porto, badando bene a rimanere a distanza dalla zona più piena di nemici.
Tuttavia, sapeva bene che anche la zona in cui si trovava lui non era sicura. In poco tempo, infatti, notò in lontananza un soldato dell’armata nemica, girato di spalle, immobile e senza nulla da fare.
Sperando che non si voltasse e lo vedesse, Ricken fece dirigere il suo cavallo dietro alla parete di un edificio lì vicino, uscendo dal campo visivo del nemico e nascondendosi.
«Ok… Non posso scappare o nascondermi, devo attaccarlo!» si disse Ricken, ovviamente a voce bassissima. Senza nemmeno scendere dal cavallo, pensò al modo in cui avrebbe potuto attaccare.
«Non mi conviene attaccarlo con la spada… Dovrei avvinarmi troppo ed intanto avrebbe tutto il tempo per colpirmi… Meglio rimanere con la magia!»
Dopo aver preso ed aperto il suo tomo Rexcalibur, Ricken fece un bel respiro profondo.
«Non è difficile… Sono solo dei soldati che non sanno cosa stanno facendo… Ho affrontato di peggio…»
Finalmente pronto, Ricken si mise in posizione d’attacco e partì al galoppo, uscendo di nuovo allo scoperto, diretto velocemente verso il nemico avvistato poco prima.
Questo, naturalmente, si voltò dopo aver sentito i passi veloci del cavallo di Ricken, ed allora quest’ultimo poté capire di che tipo di soldato si trattasse: era anche lui un mago.
Senza esitare, Ricken continuò a galoppare verso il nemico, preparandosi a sferrare il suo attacco magico. Purtroppo, però, l’altro fu decisamente più rapido, e con un solo gesto della mano aprì il suo tomo e scagliò un attacco in direzione di Ricken. Senza avere nemmeno il tempo di capire di che tipo di magia si trattasse, il ragazzino fu colpito e cadde miseramente a terra, giù dal suo cavallo.
«Ugh! Quello era un… Arcituono?» esclamò, cercando di rialzarsi ma non avendone il tempo. Subito dopo il primo attacco, infatti, ne arrivò un altro dello stesso tipo, ed anche stavolta andò a segno. Ora la situazione si faceva decisamente pericolosa.
«Non… Ci voglio… Credere…» balbettò ancora Ricken, mettendocela tutta per rialzarsi e raggiungere di nuovo il suo fedele cavallo. Realizzò presto che provarci sarebbe stato inutile.
Il nemico, infatti, stava già caricando il terzo colpo di Arcituono, e questo sarebbe stato decisamente fatale. Ricken doveva reagire in fretta.
Si accorse che, nonostante la caduta, non aveva ancora mollato la presa sul suo tomo Rexcalibur, e capì che quella era la sua unica speranza.
Aprì il tomo e scagliò un attacco veloce e poco accurato, di potenza piuttosto debole, ma che colpì il nemico e riuscì a fargli perdere la concentrazione necessaria per attaccare.
«Perfetto!»
Finalmente Ricken ebbe il tempo di rialzarsi, e non aspettò un attimo per scagliare un secondo attacco di Rexcalibur, stavolta più potente.
Anche il secondo colpo andò a segno, e stavolta fu il nemico a cadere a terra, disarmato. Era l’occasione imperdibile.
Ricken si concentrò intensamente, intenzionato a finirla subito. Il tomo si aprì di nuovo, il vento cominciò a soffiare più intensamente intorno a lui, e poi attaccò. Una raffica di vento degna di un Rexcalibur si diresse verso il nemico atterrato, lo sollevò da terra e poi lo fece cadere di nuovo con violenza. Fu il colpo decisivo, poiché poi il mago non si mosse più.
«Oh… Ce l’ho fatta! Phew…» esclamò Ricken, soddisfatto del suo lavoro ma anche sollevato dal fatto di esser sopravvissuto «Però ora sono messo piuttosto male… Meglio tornare ai carri!»
Così dicendo, un po’ sconsolato, il mago risalì sul suo cavallo e tornò indietro, uscendo dalla zona del porto ed andando appunto ad aiutare i suoi alleati nella zona dei carri.

Perfino Ranulf, stavolta, aveva preferito andare ad attaccare da solo piuttosto che in coppia, per evitare di coinvolgere qualcun altro in un suo eventuale fallimento (per quanto potesse essere sicuro di sé, era rimasto un po’ sconcertato dopo aver visto cosa aveva fatto il comandante al proprietario del porto, come tutti gli altri).
In forma animale, si era fermato di fronte ad un sacerdote guerriero della truppa avversaria, il quale gli si era stagliato davanti brandendo un’ascia d’acciaio.
«Eccolo! È il semiumano! È la bestiaccia che stiamo cercando!» aveva urlato non appena l’aveva visto, attirando l’attenzione di qualche altro suo compagno, tra cui svariati spadaccini e lottatori con asce.
Ranulf preferì non muoversi ed evitare di attaccare subito, ma non abbassò minimamente la guardia e continuò a fissare il sacerdote negli occhi, intimorendolo.
«Allora, gattino? Sei circondato, ora!» gli disse il nemico, attorno al quale si erano schierati circa una decina di altri soldati «Cosa speri di fare ora, per salvarti? Sputare una palla di pelo? Fare gli occhioni dolci? Ah! Non puoi scappare, semiumano…»
Il sacerdote che aveva parlato rimase fermo, mentre gli altri nemici che lo avevano raggiunto iniziarono lentamente ad avvicinarsi a Ranulf, con le armi strette in mano.
«Oh, ma falla finita!» sbottò lui ad un certo punto, con tono quasi annoiato, per poi balzare in maniera velocissima ed inaspettata verso il sacerdote, con gli artigli sguainati.
Quest’ultimo, che come tutti gli altri non si aspettava quell’assalto, non ebbe il tempo di preparare la sua arma, e in un attimo Ranulf gli fu addosso.
Lo graffiò e lo morse svariate volte, ma poi venne sbattuto via da qualcosa; rialzandosi agilmente ed allontanandosi per un attimo, capì che a colpirlo era stata una freccia.
«Frecce? Ma dove…?»
Neanche il tempo di pensarci, che Ranulf fu colpito di nuovo da un’altra freccia. La sua resistenza gli permise di “incassare” decentemente anche quell’attacco, ma in poco tempo la cosa avrebbe potuto peggiorare. Finalmente, con un rapido sguardo verso l’alto, si accorse che a colpirlo era stato l’ennesimo cecchino posizionato sul tetto di un edificio.
Ignorandolo, Ranulf tornò a concentrarsi sul sacerdote che l’aveva affrontato poco prima… O almeno ci provò.
Distratto a causa dell’arciere, infatti, il Laguz non si rese conto che un lottatore nemico gli stava venendo addosso, e lo aveva quindi colpito con forza con la sua ascia.
Al tutto, come se non bastasse, si aggiunse una terza freccia scagliata dal cecchino. Ora Ranulf era circondato da decisamente troppi nemici, stava sanguinando e temeva di non essere all’altezza.
Lo temeva… Ma nel profondo sapeva che non era così.
In confronto alle battaglie che aveva affrontato, o a quelle che avrebbe dovuto affrontare, sapeva che quella non era niente.
Perciò si fece coraggio, e con la determinazione che gli brillava negli occhi da gatto si scagliò nuovamente sul sacerdote.
Non si rese conto nemmeno lui della forza impiegata in quell’assalto. Tanto è vero che, con una serie di graffi ben assestati al punto giusto, il Laguz riuscì ad atterrare definitivamente il suo violento avversario, che cadde a terra e non si mosse più.
«Fragilino, eh?» disse, mentre tutti i soldati circostanti (arciere compreso) rimanevano a bocca aperta «Dai, lo scherzo della palla di pelo è diventato vecchio già anni fa…»
Detto ciò, Ranulf posò i suoi occhi felini su tutti coloro che erano rimasti ad osservare la scena (e che lo avevano attaccato). Quel suo sguardo, accompagnato dal modo in cui aveva appena sconfitto il sacerdote, bastò a metterli in fuga in maniera codarda ed infantile.
«Ne ho conosciuti di Beorc strani… Ma questi sono davvero un’eccezione!» mormorò Ranulf divertito, dirigendosi quindi nella zona in cui si teneva la battaglia più “intensa”, alla ricerca di Chrom.

Proprio nella zona in questione, ossia al centro del porto, qualcuno si era tuffato nella battaglia in maniera davvero molto avventata, per non dire estremamente pericolosa.
La persona in questione era Aversa, che era arrivata nel campo di battaglia carica di energia e voglia di maledire qualcuno. Il problema era che lei, in groppa al suo pegaso, non era ancora stata informata dell’enorme quantità di arcieri presenti in tutto il porto… Soprattutto lì.
Il pegaso di Aversa era l’unico presente sul campo di battaglia, poiché tutti gli altri erano rimasti nelle retrovie, quindi la sua figura spiccava perfettamente in mezzo a tutte quelle dei soldati a piedi. Un altro punto a suo sfavore, in questo caso.
«Avanti, non guardatemi così…» disse Aversa ad un gruppo di nemici che la stavano affrontando, con il suo solito tono di voce sensuale e punzecchiante «Sono abituata a questo tipo di sguardi increduli, ma voi state esagerando! Forse dovrei semplicemente togliervi di mezzo per farveli sparire!»
Detto ciò, Aversa aprì il suo tomo Devastazione e sferrò due rapidi attacchi in successione, entrambi andarono a segno e sconfissero un gruppo di circa cinque soldati.
Prima di poter attaccare ancora, però, Aversa sentì una voce.
«Aversa! Cosa stai facendo?! Torna indietro, questa battaglia non è per te!»
Era la voce di un maschio, ma la maga non ebbe nemmeno il tempo di capire a chi appartenesse che qualcosa colpì il suo pegaso, facendolo nitrire dal dolore e mandandolo nel panico.
«Cosa…?!»
Un altro attacco al pegaso, che perse completamente la ragione, ma ciononostante Aversa non mollò la presa.
Un terzo attacco, ma questo non colpì il pegaso, bensì Aversa stessa. Quando la donna ritirò la freccia che l’aveva appena colpita alla gamba, capì di essersi letteralmente gettata nella fossa dei leoni.
«Arcieri? Uh oh…»
Ed infatti non era stato solo un arciere ad attaccarla… Era letteralmente circondata. Ce n’erano a terra, sui tetti, dietro alle pareti… Dappertutto. E tutti, nessuno escluso, miravano a lei.
La quarta freccia non tardò ad arrivare, ed anche questa colpì il pegaso, che essendo già ferito dagli attacchi precedenti non riuscì più a trattenersi. Si agitò all’impazzata fino a far cadere a terra Aversa, poi volò via in luogo sicuro.
«Brutto traditore…» mormorò lei, ferita ulteriormente dalla caduta, anche se non pensava realmente ciò che aveva appena detto.
Anche se il pegaso se n’era andato, Aversa non aveva smesso di essere il bersaglio preferito di tutti gli arcieri, nonché dei soldati circostanti, ora che era messa così male.
Un altro paio di frecce la colpì in maniera superficiale, ma ad approfondire le ferite ci pensarono spade, lance ed asce vicine. Il massacro ad Aversa proseguì per qualche secondo, finché un fulmine evidentemente provocato da un Thoron non allontanò (e sconfisse) i soldati che la stavano colpendo. Successivamente, qualcuno si avvicinò alla maga moribonda.
«Aversa! Te l’ho detto che dovevi andartene! Questo posto è pieno zeppo di arcieri, non puoi irrompere in groppa ad un pegaso!»
Aversa capì subito che la voce che le stava parlando era la stessa che l’aveva avvertita pochi attimi prima che venisse colpita la prima volta: si trattava di Daraen.
«Oh… Umpf, e io… Che ne sapevo…?» mormorò lei, cercando di rialzarsi ma reggendosi a malapena in piedi.
«Si vede che non sei stata avvisata in tempo…» replicò Daraen, aiutandola a recuperare l’equilibrio «L’importante è che ora torni nelle retrovie è ti fai curare da qualche guaritore. Ce la fai?»
«Se ce la faccio? Mi sottovaluti, Daraen. È il pegaso quello che impazzisce per un paio di frecce, mica io…» continuò a dire lei, ammiccando allo stratega e dirigendosi lentamente e zoppicando verso l’uscita del porto.
«Ehm… Certo… Beh, fai attenzione!» concluse Daraen, un po’ disorientato, riprendendo il suo Thoron e tornando all’attacco dei soldati che avevano attaccato Aversa.

Noire era uno dei Pastori che avrebbe avuto un enorme vantaggio avanzando ed attaccando i nemici più lontani, ma la cui paura ed esitazione le impedivano di tuffarsi nel pieno della battaglia per aiutare i suoi amici nel modo giusto.
«Oh santo cielo, è pieno di spadaccini, lancieri e lottatori…» mormorò Noire a sé stessa, immobile in mezzo ad un viale lontano dal campo di battaglia «Un solo colpo da quelli là e posso dire addio a questa vita… Oh, come faccio a rendermi utile senza rischiare la vita?»
La figlia di Tharja si guardò intorno, e finalmente notò l’elemento più pericoloso e fastidioso della battaglia in corso.
«Arcieri e cecchini sui tetti? Cosa? Ma… Che strategia subdola! È difficile vederli e se dovessero attaccare qualcuno ci riuscirebbero senza problemi… Non è giusto!»
Balbettando e divagando, tra un sussulto inutile e l’altro, Noire mise le mani su qualcosa che teneva in tasca. Lo tirò fuori e lo osservò: era uno dei tanti talismani che si costruiva autonomamente per darsi coraggio. Questo, in particolare, era un piccolo drago di legno con le ali spiegate e la bocca aperta, pronta ad attaccare.
«Non è… Giusto…» mormorò ancora Noire, e poi tutto cambiò.
Tutto cambiò, a partire da Noire.
«IGNOBILI SOLDATI SENZA ONORE! NON AVETE IL CORAGGIO DI AFFRONTARE I VOSTRI AVVERSARI FACCIA A FACCIA, EH? BENE! ALLORA SARÒ IO A VENIRE DA VOI E A FARVI SCENDERE! SCENDERE GIÙ… FINO ALL’INFERNO! BWAHAHAHAHAHAHAHA!»
La seconda identità di Noire si era appena rivelata, e doveva ancora iniziare ad agire.
La ragazza notò che Gerome si trovava a pochi metri di distanza da lei, in groppa alla sua viverna, a terra senza far nulla; non perse tempo e lo raggiunse subito di corsa.
«FORZA, COMPAGNO D’ARMI!» iniziò ad urlare, saltando sulla schiena di Minerva ed alzando l’arco al cielo «CONDUCIMI NELLE ZONE ALTE DEL CAMPO DI BATTAGLIA, DOVE CI OCCUPEREMO DEGLI ARCIERI VIGLIACCHI!»
Gerome, colto di sorpresa e quasi spaventato da quell’entrata in scena a dir poco singolare, non seppe cosa rispondere.
«Noire, cosa stai dicendo? E cosa ci fai sulla mia viverna? Scendi subito!»
«NON FARE STORIE, RAGAZZO! LA VITTORIA CI ATTENDE ED I NOSTRI ALLEATI HANNO BISOGNO DI NOI! ORA VOLA!»
Gerome continuò ad esitare: «Noire, davvero, credo che dovresti scendere e darti una…»
«INSOLENTE! ORA SONO IO A DARE GLI ORDINI QUI! MUOVITI!»
A quel punto, Gerome non poté fare altro. Sbuffò, afferrò le redini e fece “decollare” Minerva, che si alzò in volo e si diresse verso il luogo dove stava avvenendo la battaglia.
«MOLTO BENE! ORA PASSA VICINO A TUTTI GLI EDIFICI DEL PORTO, NESSUNO ESCLUSO! ABBIAMO DEL LAVORO DA FARE!»
«Noire, però credo che dovresti almeno sederti. Stare in piedi su una viverna in volo non…»
«ECCONE UNO! LAGGIÙ!»
Gerome sospirò di nuovo e si diresse verso il punto indicato da Noire. Quando capì di cosa si trattava, sussultò.
«Arcieri? Noire, sei impazzita? Non possiamo volare con degli arcieri in giro, è pericoloso per le viverne!» esclamò, volendo a tutti i costi cambiare direzione ma non facendolo.
«NON TEMERE, CAVALIERE MASCHERATO! HO LA SITUAZIONE IN PUGNO! HA-HA!»
Sempre rimanendo in piedi (non si sa come), Noire caricò una freccia col suo arco forte e la scagliò dritta verso il cecchino che avevano puntato, il quale notò solo in quel momento l’enorme viverna che gli stava venendo addosso.
La freccia di Noire lo colpì in pieno, e ne bastò una per sconfiggerlo.
«OTTIMO! AVANTI IL PROSSIMO! FATEVI AVANTI, VILI VERMI!»
La storia si ripeté per svariati minuti: Gerome guidava Minerva verso uno degli arcieri appostati sui tetti degli edifici, e Noire li attaccava ed eliminava in un solo colpo, gridando cose senza senso e ridendo incessantemente.
Una volta tolti di mezzo tutti i cecchini, Minerva non aveva subito un solo attacco e così nemmeno i due sul suo dorso.
«OTTIMO LAVORO, COMPAGNO DALLA MISTERIOSA MASCHERA! ORA TORNIAMO A TERRA!» ordinò Noire dopo che il lavoro fu finito, e Gerome si vide costretto ad obbedirle senza fare storie.
La viverna atterrò e Gerome scese per primo, seguito da Noire, la quale lasciò il dorso di Minerva con un solo balzo.
Una volta a terra, per qualche motivo, la ragazza tornò ad essere la Noire di sempre… O per meglio dire, quella sana di mente.
«Cosa è… Successo? Io…» iniziò a sussurrare, ma fu interrotta da un’altra voce maschile molto familiare.
«Sorprendente. Avete liberato il campo di battaglia da ogni singolo arciere presente! Ora anche i nostri alleati a cavallo di destrieri alati potranno assisterci!»
Noire e Gerome si voltarono, e videro che a parlare era stato Laurent, sceso dal suo cavallo, che si stava avvicinando a loro.
«Oh, Laurent!» esclamò Noire, barcollando verso il ragazzo. Poco prima di raggiungerlo, la ragazza inciampò e fece per cadere, ma fu afferrata in tempo da Laurent, così si ritrovò tra le sue braccia.
«Io, ehm…» balbettò, imbarazzata «Come… Come sono andata?»
«Egregiamente, mia cara» le rispose Laurent, sorridendole «Ho assistito a tutta la scena, non avrei saputo fare di meglio. Considerando il fatto che non sono in grado di maneggiare neppure il meno valoroso degli archi…»
Noire ridacchiò, poi abbracciò il ragazzo, il quale non esitò a fare lo stesso.
«Tutto ciò è molto romantico… Ma credo che andrò a rendermi utile, ora che gli arcieri non sono più un problema. Con permesso…» borbottò Gerome da dietro, risalendo in groppa a Minerva e preparandosi a ripartire.
«La mia gratitudine va anche a voi, Gerome!» disse Laurent, mentre l’abbraccio tra lui e Noire si scioglieva lentamente «Diventate ogni giorno più abile. Voi e Minerva formate una squadra pressoché imbattibile!»
«Già…» balbettò Noire, rimanendo a fianco di Laurent «Grazie, Gerome… E scusami per…»
«È stato un piacere, non preoccuparti» la interruppe lui, brusco ma con l’accenno di un sorriso sul volto. Detto ciò, decollò ed andò all’attacco.

Grazie all’utilissimo intervento di Noire, che aveva messo fuori combattimento tutti gli arcieri, anche le unità alate poterono tornare in campo ed attaccare. Ora in netta superiorità numerica, i Pastori non ebbero praticamente nessun problema ad annientare la truppa nemica. L’unico rimanente, dopo pochi minuti, era solamente il comandante.
«Papà, papà!» chiamò una voce stridula ed infantile alle spalle di Chrom, il quale si trovava nella zona centrale del porto in cui si era appena conclusa la battaglia “intensa”.
Chrom si voltò e vide che Cynthia stava volando verso di lui.
«Cynthia! Sono felice di vedere che stai bene! Come hai fatto a schivare tutte quelle frecce?» chiese il padre, fino a poco prima molto preoccupato.
«Oh, è stato facile… Ho fatto il giro largo!» rispose la ragazzina, ridendo.
«Wow… L’eroina del passato intraprende la strada della schivata senza affrontare il nemico?» la schernì Lucina, ridacchiando «Sto scherzando, hai fatto la cosa giusta!»
«Lo so perfettamente, grazie!» sbottò Cynthia, irritata ma comunque divertita «In realtà volevo avvisarvi che sono riuscita a recuperare il proprietario del porto! Ora l’ho portato dai curatori, hanno detto che ci penseranno loro. Però, quando l’ho trasportato, ecco… Non si muoveva e non parlava…»
Chrom scosse la testa: «Non ci pensare ora, hai fatto un ottimo lavoro. Grazie mille, Cynthia!»
La ragazzina tornò a sorridere: «Figurati, papà! Adoro rendermi utile in modo eroico!»
Il capitano rise, poi tornò a voltarsi verso il molo più vicino al mare, dal quale il comandante ferossita aveva assistito all’intera battaglia senza fare nulla.
A Chrom si era appena affiancato Ranulf, sempre in forma animale, con le ferite appena guarite dai curatori.
«Forse non ci sarà bisogno di affrontarlo… Forse, vedendo che abbiamo fatto fuori tutto il suo esercito, si arrenderà…» disse Chrom, sempre con lo sguardo fisso sul comandante.
«Mi piacerebbe poterci sperare, ma purtroppo mi riesce difficile» rispose Ranulf «Hai visto cos’ha fatto a quell’uomo prima, vero? È un pazzo…»
«Lo vedremo. Se sei pronto, possiamo andare»
Il Laguz annuì, dopodiché lui e Chrom si avviarono lentamente verso il molo principale, dove l’ultimo nemico li stava aspettando.

Si fermarono a qualche passo di distanza dall’uomo. Era alto, con tanto di armatura rossa, una lancia d’argento stretta in una mano, i capelli castano scuro e lo sguardo colmo d’odio, disprezzo ed un pizzico di inquietudine.
«Sei rimasto solamente tu» iniziò a dire Chrom, improvvisamente «Tutta la tua truppa è stata inevitabilmente annientata. Se getterai le armi subito, ti risparmieremo la stessa fine. Cosa intendi fare?»
Inizialmente, il comandante rimase in silenzio. Poi, dopo aver sospirato profondamente, strinse con ancora più decisione la lancia e la tese in avanti.
«Non mi arrenderei mai di fronte a qualcuno alleatosi con un semiumano. O ancor peggio, di fronte ad un semiumano stesso. Se volete prendere queste navi, dovete passare sul mio cadavere»
Anche Chrom sospirò, quindi afferrò Falchion e la puntò a sua volta verso la lancia del nemico.
«E sia. Non credevo saremmo dovuti arrivare a tanto, ma non ci lasciate scelta»
Un attimo di pausa e silenzio, poi Chrom corse verso il suo nuovo avversario, pronto a colpirlo con dei forti fendenti.
L’armatura del nemico lo aiutò ed ostacolò allo stesso tempo: fu colpito a causa del movimento limitato che essa gli conferiva, ma vista la sua resistenza, i danni furono minimi.
Successivamente, Chrom riuscì a schivare agilmente un colpo di lancia saltando all’indietro, per poi urlare: «A te, ora!»
Subito dopo questo “segnale”, Ranulf balzò addosso al nemico e vi si “attaccò”. Sempre a causa dell’armatura, l’altro non riuscì a schivare.
«Argh! Via, bestiaccia!» gridò lui, dimenandosi, ma Ranulf rimase dov’era. Essendo la testa l’unica zona direttamente “attaccabile”, il Laguz iniziò a colpirlo proprio lì, come solo lui in quell’esercito sapeva fare: artigli e morsi a raffica.
Quando si allontanò, il nemico era decisamente intontito e provato, con svariate ferite su tutta la faccia.
«Non pensiate di aver già vinto…» mormorò, respirando affannosamente. Dopodiché, in pochi rapidi movimenti, si tolse l’armatura e la gettò in mare. Pur consapevole del fatto che questo lo avrebbe esposto a danni maggiori, era disposto a sacrificare la difesa per la fluidità dei suoi movimenti.
Non essendosi aspettato quella mossa, infatti, Ranulf non riuscì a schivare poi il velocissimo ed inaspettato affondo di lancia che il nemico scagliò verso di lui, e fu colpito con violenza. L’attacco causò immediatamente l’apertura di una ferita sul corpo del felino, ma Ranulf non sembrava soffrirne troppo.
Tuttavia, il comandante nemico sembrava essersela presa particolarmente col Laguz, poiché successivamente lo attaccò di nuovo con un rapido colpo di lancia… E anche questo andò a segno.
Nonostante l’enorme capacità di schivata di Ranulf, infatti, il nemico senza armatura era decisamente veloce.
«Credo che ora dovresti smetterla!» esclamò Chrom, avvicinandosi al comandante e cercando di colpirlo con due rapidi affondi diretti.
Soltanto la punta della lama di Falchion colpì il bersaglio, causando qualche lieve ferita superficiale, ma bastando a far barcollare all’indietro il nemico.
Solo allora quest’ultimo, sebbene controvoglia, lasciò perdere Ranulf e si diresse verso Chrom per attaccare lui. Con la sua improvvisa rapidità, il comandante iniziò a sferrare una serie di vari attacchi con la lancia, e ognuno di essi rendeva ancora più imprevedibile l’attacco successivo.
Parare i colpi di lancia con la spada non era facile, ma Chrom riuscì ad evitare di farsi troppo male per un lungo periodo di tempo, anche se ciò lo stancava sempre di più.
Finalmente, dopo quasi un minuto di attacchi ininterrotti, la situazione si bloccò: Chrom era riuscito a parare perfettamente l’ennesimo fendente, immobilizzando l’avversario ed impedendogli di continuare ad attaccare.
«Tu, brutto…»
Tenere fermo il nemico richiedeva uno sforzo enorme, ma Chrom sapeva che se l’avesse lasciato andare, la situazione sarebbe precipitata di nuovo. Doveva resistere.
«Vai, Ranulf! Tocca a te, presto!» urlò Chrom, sforzandosi di non mollare.
Il Laguz capì subito cosa intendeva. I due combattenti, infatti, si erano immobilizzati proprio al limite del molo su cui si stava svolgendo la lotta; essendo il nemico incapace di agire, Ranulf avrebbe potuto facilmente saltargli di nuovo addosso e spingerlo in acqua. Da lì, questo non avrebbe avuto più nessuna possibilità di attaccare e sarebbe stato sconfitto.
Il gatto allora si avvicinò al punto da cui avrebbe spiccato il salto… Ma ancora una volta si ritrovò di fronte ad una barriera di esitazione, che continuava a fargli credere di non star facendo la cosa giusta.
Era una sensazione, un presentimento, qualcosa che gli faceva temere che, pur uccidendo quel comandante ferossita, la sua razza non si sarebbe salvata.
Rassegnazione? Paura? Senso di colpa? Qualsiasi cosa fosse, Ranulf non se la sentiva di attaccare.
«Cosa stai aspettando? Muoviti!» gli gridò Chrom, riportandolo alla realtà.
«Sì, semiumano… Fallo! Continua pure a credere che, uccidendomi, riuscirai a fermare Verlith!» urlò il comandante ferossita, che in quel momento sembrava non stesse nemmeno provando ad opporre resistenza all’immobilizzazione di Chrom.
Ranulf, allora, capì subito cosa doveva fare.
Avendo appena avuto la conferma che anche quella truppa era stata coinvolta da Verlith, si rese conto che non c’era altro da fare.
E che, indipendentemente dal futuro dei Laguz, la cosa giusta da fare in quel momento era aiutare il suo amico in difficoltà.
Il gatto azzurro balzò addosso al nemico, e questo si sbilanciò definitivamente, perdendo la presa sulla sua arma e cadendo in acqua.
Da lì, Chrom riuscì a riprendere il controllo di Falchion, e non aspettò ad utilizzarla per infliggere il colpo di grazia.
Un solo fendente, potente e preciso, bastò ad infliggere la ferita decisiva: il corpo del comandante ferossita galleggiò sull’acqua vicino al molo, immobile e senza vita.
«Ce l’abbiamo fatta!» esclamò Chrom, trionfante e finalmente rilassato «La truppa che ci ostacolava è finalmente caduta. Possiamo proseguire!»
Ranulf, avvolto dalla solita lieve luce azzurra, tornò immediatamente in forma umana, dimenticando l’ennesimo attacco di esitazione che l’aveva colpito poco prima e sorridendo.
«Già! Bisogna dire che è stato più difficile rispetto alle altre battaglie, no?» disse il Laguz «Oh beh, immagino che adesso potremo rilassarci per un po’!»
«Puoi dirlo forte, Ranulf» approvò Chrom, riponendo finalmente la spada «Bene, torniamo indietro e prepariamoci per bene. Dobbiamo acquistare armi, rifornimenti e… Navi!»
I due ripercorsero il molo, tornando alla zona abitata del porto.

La battaglia si era svolta all’alba, ma ora il sole era già sorto del tutto ed era già mattino. Il porto si stava lentamente ripopolando delle persone che vi lavoravano ogni giorno… E ciascuna di esse rimaneva sconvolta nel vedere gli evidenti segni della battaglia che si era appena svolta.
I Pastori erano sparsi ovunque per il porto, impegnati a rifornirsi, curarsi, acquistare le armi perdute precedentemente e riposarsi.
Soltanto Chrom e Ranulf, però, si trovavano nell’edificio principale del posto, quello in cui solitamente avvenivano le trattative più importanti, tra cui appunto l’acquisto ed il noleggio di mezzi ed imbarcazioni.
Dall’altra parte del banco c’era un ragazzo, decisamente giovane ma dall’aspetto piuttosto maturo; Chrom e Ranulf gli avevano appena raccontato ciò che era successo pochi minuti prima, nei minimi dettagli e senza tralasciare nulla.
«Non avevo mai sentito parlare di questi Laguz, prima…» stava dicendo il ragazzo «Interessante. Pastori, vi ringrazio per aver salvato il porto dei Regna Ferox dalla distruzione che quei soldati avrebbero sicuramente causato. Ora, per rendere onore a mio padre, starà a me gestirlo nel migliore dei modi… Come faceva lui!»
«Ehm, a proposito di tuo padre…» iniziò a dire Chrom, un po’ cupo e titubante «Dopo che è stato gettato in mare, abbiamo recuperato il suo corpo ed abbiamo fatto di tutto per salvarlo. Ci abbiamo provato, davvero, ma i curatori hanno detto che non c’era nulla da fare, che la sola lancia sarebbe bastata ad eliminarlo subito. Mi dispiace, davvero…»
Il ragazzo sospirò, evidentemente malinconico.
«Non è colpa vostra. Voi avete fatto quello che potevate, e anche di più. Mio padre era un uomo forte ed è morto difendendo ciò che gli stava più a cuore. Sono orgoglioso di lui… E sono infinitamente grato a voi, Pastori dell’Ylisse, per aver eliminato coloro che minacciavano questo porto. Se c’è qualcosa che posso fare per sdebitarmi, non esitate a dirmelo, vi prego…»
Chrom e Ranulf si scambiarono un rapido sguardo, poi il Laguz ricominciò a parlare.
«In effetti, il vostro aiuto ci tornerebbe estremamente utile. Sapete… Dobbiamo raggiungere una terra molto lontana da questo continente, e l’unico modo per raggiungerla è attraversare l’oceano. Perciò, ecco…»
«Se sono delle imbarcazioni che vi servono» lo interruppe gentilmente il ragazzo «Non c’è nessun problema. Abbiamo ben tre navi di grandissime dimensioni a nostra disposizione, e siamo disposti a cedervele tutte e tre. Gratuitamente, certo. Se la vostra missione è davvero così importante, è il minimo che possiamo fare!»
Ranulf sorrise, sereno e contento di aver sentito quelle parole.
«Grazie mille, davvero. Non hai nemmeno idea di quanto ci torneranno utili… Grazie!»
«No, ribadisco, sono io a dover ringraziare voi. Avete la mia autorizzazione e prendere quelle imbarcazioni ed a partire. Sono tutte e tre ormeggiate nella zona est del porto, dovrebbero bastare a trasportare voi, i vostri rifornimenti e i vostri cavalli… Pegasi e viverne compresi, si intende»
«Molto bene. Grazie ancora!» disse Chrom sorridente, avviandosi verso l’uscita dell’edificio insieme a Ranulf.
«Buona fortuna per la vostra missione!» rispose il nuovo proprietario del porto, salutandoli con un gesto della mano.

Non appena i due furono fuori, vennero raggiunti immediatamente da Frederick, ancora in groppa al suo destriero.
«Mio signore, porto buone notizie!» iniziò a dire il cavaliere «Abbiamo finito di eseguire tutti i preparativi per la partenza. Abbiamo acquistato cibo, vivande ed armi a volontà, in modo da compensare la quantità di rifornimenti persi nell’incendio. Abbiamo speso molte monete d’oro, certo, ma possiamo ritenerci pronti a tutto. E poi qualche monetina è avanzata comunque…»
«Molto bene, grazie mille Frederick» rispose Chrom, felice di sentire una buona notizia dopo l’altra «E le ferite da combattimento?»
«I sacerdoti si sono occupati di tutti quanti, siamo nuovamente in perfetta forma. Il porto è stato inoltre ripulito dalle tracce della battaglia, è tutto come nuovo» spiegò Frederick, anche lui apparentemente sollevato.
«Perfetto! Allora, dì a tutti di dirigersi verso quelle tre navi laggiù e di prepararsi a partire. Abbiamo ottenuto il consenso per utilizzarle, perciò le useremo per raggiungere le Terre di Gania» ordinò il capitano. Frederick ubbidì, ripartendo e dirigendosi verso il punto in cui sostavano gli altri Pastori.
«Finalmente potremo riposarci, sulle navi. Questa missione sembra star stremando tutti…» disse Ranulf, senza quasi accorgersi di star parlando ad alta voce.
«Non sottovalutarli, sono molto più resistenti di quanto sembrino… Il che è tutto dire!» replicò Chrom, e i due non poterono fare a meno di ridacchiare.
Dopodiché, finalmente, andarono ad aiutare tutti gli altri a caricare il necessario sulle imbarcazioni, ed a prepararsi alla partenza.

Poco più di un’ora, e le tre navi erano già perfettamente preparate a lasciare il porto. L’intero esercito dei Pastori si era diviso in tre gruppi pressoché uguali, e lo stesso si era fatto per i rifornimenti, in modo che tutti avessero ciò che poteva servire.
Chrom, Ranulf e Daraen si trovavano ovviamente sulla stessa nave; tutte e tre erano effettivamente molto grandi, con un ponte molto ampio ed una stiva molto spaziosa, che poteva ospitare sia le scorte che le zone adibite al riposo.
In quel momento, però, tutti quanti erano sistemati sul ponte, ed ammiravano con stupore ed emozione il mare aperto che li attendeva.
«È quasi ora di partire… Sarà un viaggio lunghissimo…» disse Daraen, con lo sguardo perso «E non vedo l’ora di iniziarlo!»
«Questo sì che è entusiasmo!» fece Ranulf, ridendo e dando una pacca sulla spalla allo stratega.
«Ranulf…» iniziò a dire Chrom, uno dei pochi con l’aria un po’ insicura «Sei sicuro di riuscire a decidere la rotta giusta… Solo basandoti sull’istinto?»
«Oh, certo! Non sottovalutare il fiuto di un gatto… Te l’ho detto, riesco a sentire l’odore familiare di Gania già da qui! Mescolato ad un po’ di mare e pesce, certo…» rispose il Laguz.
Chrom non riuscì a trattenere una risata, sentendosi effettivamente meglio: «Allora io starò al timone e tu mi dirai dove andare. Mi fiderò di te!»
Ranulf annuì, felice di vedere di aver ottenuto la fiducia di qualcuno che, fino a qualche giorno prima, non sapeva nemmeno dell’esistenza dei Laguz.
Chrom alzò poi il tono di voce, in modo che tutti i Pastori distribuiti sulle tre navi potessero sentirlo: «Pastori! Ora è tutto pronto… Stiamo per lasciare il continente in cui siamo nati per raggiungerne uno completamente nuovo! Se anche voi siete pronti…»
Il capitano aspettò di vedere la reazione dei suoi amici, che si dimostrarono veramente decisi a partire per quel lungo viaggio.
«Allora… Andiamo!»

Gli ormeggi delle navi vennero sciolti, e in pochi attimi le tre imbarcazioni iniziarono a muoversi. La riva si fece sempre più lontana, mentre l’entusiasmo dei Pastori aumentava man mano che il porto si faceva più piccolo.








 
Argh, che situazione vergognosa…
Vi rendete conto che, dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo, è passato un mese ed un giorno? È una cosa terrificante.
Lo so che i lettori di questa long non sono molti, al contrario… Ma fa lo stesso; il fatto di averci messo così tanto ad aggiornare è un po’ una delusione personale.
Comunque, in questa inutilissima nota finale voglio fare una promessa.
Non so a quante persone possa importare, probabilmente poche, ma lo dico comunque.
Non importa quanto ci metterò, non importa quanto frequentemente ci saranno aggiornamenti, ma una cosa è certa: continuerò e finirò questa long.
Dovessi metterci decenni, ma giuro che continuerò questa storia. Perché voi non avete la benché minima idea di quanto io ci tenga. Davvero, ci tengo moltissimo e non voglio assolutamente abbandonarla o sospenderla. Perciò, sappiate solo questo: continuerà!

E poi, che altro dire… È il capitolo più lungo finora, e nonostante ciò è uno dei peggiori (a mio parere, più che altro trovo che sia scritto abbastanza male, ma non saprei come migliorarlo…), ma vi assicuro che da ora in poi le cose si faranno più interessanti. Dopo la partenza dai Regna Ferox, tutto si farà più… Serio? Forte? Non saprei, ma personalmente non vedo l’ora di continuare.
Come sempre, so di avere moltissime altre cose da dire ma, ovviamente, non me ne viene in mente nessuna. E che diamine.
Vabbè, forse è meglio che la chiuda qui prima che la cosa si faccia troppo noiosa.
Vi chiedo ancora scusa per averci messo VERAMENTE troppo ad aggiornare, vi ringrazio per aver letto il capitolo e… Ci si becca alla prossima!
Bye bye! :D
  
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