Titolo: Volere è potere... O quasi.
Autore: Margulka93
Fandom: Dragon ball
Personaggi: Vegeta, Bra
Genere: Slice of life
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Lunghezza: 461 parole
Note dell'autore: Non. Mi. Linciate. Sto facendo del mio meglio, giuro, ma tra lavoro, mancanza di tempo e permanenza nella mia adorata casetta, riesco a scrivere pochissimo. In compenso mi sto gettando in una specie di versione estesa di "Perché dovrei perdonarti" in capitoletti completi visto che in questa fic sono passata dal torneo alla fine di Majin Bu in appena due capitoli.
Ordunque, il prompt di oggi vede due protagonisti che io adoro. Non c'è stata una vera e propria ispirazione, in realtà la collana inizialmente doveva essere un regalo di Yamcha a Bulma e che il principe trovava casualmente tra le sue cose e... divago come al solito, beh questo è il risultato (non chiedetemi come ci sia arrivata), spero comunque vi piaccia.
Risponderò tra esattamente tre minuti alle vostre meravigliose recensioni. Io. Vi. Amo. Giuro!
Enjoy.
Un affronto.
Quello era un orribile, schifido, suicida affronto al grande e valoroso principe dei Saiyan.
Chiunque avesse anche solo osato proporre una cosa del genere a lui, era automaticamente destinato ad un'atroce fine. Peccato che il chiunque in questione non era, per l'appunto, un comune chiunque. Ed era proprio a causa di questo piccolo particolare che Vegeta non poteva.
No. Non poteva.
«Mettila» sillabò il perfido mostriciattolo, tendendogli quell'orribile cosa. Era un comando secco, il quale non dava possibilità alla benché minima replica. Detto in un tono che, probabilmente, utilizzava solo lui per spaventare le vittime più temerarie.
«Non prendo ordini da nessuno, io» rispose Vegeta, alzando il mento e incrociando, nel medesimo istante, le braccia. «Ficcatelo bene nella testolina, Bra».
Semplice. Quando il principe diceva no, era no.
Mai nessuno si sarebbe sognato di ribattere il contrario.
La bimba sogghignò malignamente e, come se un fantasma fosse appena entrato in lei, possedendola, si trasformò in un dolce agnellino. Spalancò gli occhioni azzurri e li sbatté con estrema lentezza, piegò gli angoli della bocca all'ingiù, mentre le sue braccia cinsero il polpaccio del genitore. Vegeta, dal suo canto, tentò d'indietreggiare, ma capì immediatamente che neanche con l'ausilio di una fiamma ossidrica se la sarebbe tolta di dosso.
Si diede - stranamente - dello stupido.
«All'asilo ho scelto solo i bottoni più belli per te».
Si diede - automaticamente - dell'idiota.
In un solo momento Vegeta si rese conto di aver commesso il più fatale degli errori. Per un attimo si era dimenticato di chi era figlia quella mocciosa e, preso dall'impeto del proprio orgoglio, l'aveva sfidata frontalmente, permettendole di far breccia nelle proprie difese.
Poco male, ne sarebbe uscito indenne. Era il principe dei Saiyan, mica l'ultimo dei Kakaroth.
Prese un respiro profondo ed espirò, pronto a urlare a una mocciosetta di appena quattro anni che non avrebbe mai indossato roba da femminucce, tuttavia quando posò lo sguardo in basso, Bra era sparita. In compenso un'orribile cosa multicolore alloggiava sul proprio petto, mentre i capelli gli parvero farsi un po' più pesanti.
«Sai che ti sta proprio bene, papino?» disse Bra, sporgendosi dalla testa del padre, reggendosi alle ciocche corvine per non perdere l'equilibrio e ammirando la splendida collana di bottoni che aveva creato per lui.
Il principe ci provò in ogni modo, ma comprese che egli non poteva nulla contro di lei.
Nulla.
Vegeta smise di boccheggiare solo quando le labbra - al contrario - di Bra si depositarono sul proprio naso per regalargli un lieve bacio, mentre i suoi occhi azzurri sostenevano, con un acceso barlume di vittoria, il proprio sguardo intontito.
Quello era un orribile, schifido, suicida affronto al grande e valoroso principe dei Saiyan.
Chiunque avesse anche solo osato proporre una cosa del genere a lui, era automaticamente destinato ad un'atroce fine. Peccato che il chiunque in questione non era, per l'appunto, un comune chiunque. Ed era proprio a causa di questo piccolo particolare che Vegeta non poteva.
No. Non poteva.
«Mettila» sillabò il perfido mostriciattolo, tendendogli quell'orribile cosa. Era un comando secco, il quale non dava possibilità alla benché minima replica. Detto in un tono che, probabilmente, utilizzava solo lui per spaventare le vittime più temerarie.
«Non prendo ordini da nessuno, io» rispose Vegeta, alzando il mento e incrociando, nel medesimo istante, le braccia. «Ficcatelo bene nella testolina, Bra».
Semplice. Quando il principe diceva no, era no.
Mai nessuno si sarebbe sognato di ribattere il contrario.
La bimba sogghignò malignamente e, come se un fantasma fosse appena entrato in lei, possedendola, si trasformò in un dolce agnellino. Spalancò gli occhioni azzurri e li sbatté con estrema lentezza, piegò gli angoli della bocca all'ingiù, mentre le sue braccia cinsero il polpaccio del genitore. Vegeta, dal suo canto, tentò d'indietreggiare, ma capì immediatamente che neanche con l'ausilio di una fiamma ossidrica se la sarebbe tolta di dosso.
Si diede - stranamente - dello stupido.
«All'asilo ho scelto solo i bottoni più belli per te».
Si diede - automaticamente - dell'idiota.
In un solo momento Vegeta si rese conto di aver commesso il più fatale degli errori. Per un attimo si era dimenticato di chi era figlia quella mocciosa e, preso dall'impeto del proprio orgoglio, l'aveva sfidata frontalmente, permettendole di far breccia nelle proprie difese.
Poco male, ne sarebbe uscito indenne. Era il principe dei Saiyan, mica l'ultimo dei Kakaroth.
Prese un respiro profondo ed espirò, pronto a urlare a una mocciosetta di appena quattro anni che non avrebbe mai indossato roba da femminucce, tuttavia quando posò lo sguardo in basso, Bra era sparita. In compenso un'orribile cosa multicolore alloggiava sul proprio petto, mentre i capelli gli parvero farsi un po' più pesanti.
«Sai che ti sta proprio bene, papino?» disse Bra, sporgendosi dalla testa del padre, reggendosi alle ciocche corvine per non perdere l'equilibrio e ammirando la splendida collana di bottoni che aveva creato per lui.
Il principe ci provò in ogni modo, ma comprese che egli non poteva nulla contro di lei.
Nulla.
Vegeta smise di boccheggiare solo quando le labbra - al contrario - di Bra si depositarono sul proprio naso per regalargli un lieve bacio, mentre i suoi occhi azzurri sostenevano, con un acceso barlume di vittoria, il proprio sguardo intontito.
Un celebre detto dice: "volere è potere", ma in fondo - molto in fondo - in alcuni rarissimi casi, per un certo principe può valere anche il contrario.