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Autore: Amy Dickinson    02/09/2013    1 recensioni
In “Living in Manchester” li abbiamo visti attraversare momenti no e poi ritrovarsi più legati di prima, ma come è iniziata davvero la storia d’amore di Emmett e Rosalie? Lo scoprirete leggendo questo piccolo prequel della succitata long, una rapida OS che li vede come protagonisti. Voi come reagireste se rimaneste bloccati per un po’ in ascensore con la persona che vi piace?
Dal testo:
“Ho sentito dire che, se si resta bloccati in ascensore, ci si dovrebbe rilassare. Qualche idea?” le chiese.
“Mah, proprio non saprei...” rispose, usando un tono da innocentina mentre nella sua mente cominciarono a scorrere una serie di immagini che di innocente avevano ben poco. (...)
“Prego, sono aperto a qualsiasi cosa”
Quel ‘qualsiasi’ suonò maledettamente bene alle orecchie di Rosalie.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rosalie Hale | Coppie: Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
- Questa storia fa parte della serie 'Living in Manchester - Saga'
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Living in Manchester - Prequel Act II 

Rosalie & Emmett

 

 

“... e adesso direi che possiamo passare al settimo e ultimo punto” stava dicendo il preside, mentre adocchiava un elenco per punti sul foglio che teneva in mano.

Rosalie Hale, fresca di laurea, aveva accettato di fare la supplente in quella scuola in periferia solo perché al momento non le era stato offerto nient’altro. E tutto perché non voleva che la sua ricca e potente famiglia la raccomandasse a qualche importante istituto, voleva farcela con le proprie forze e, se ci fosse voluto del tempo, non le importava poi molto, per lei contava solo il risultato: realizzarsi senza dover ringraziare nessuno. 

Ma comunque non poteva mentire a se stessa: non moriva dalla voglia di insegnare lì. Odiava quel posto, gli alunni, i colleghi, il preside... tutto le era insopportabile. E quelle dannate riunioni, poi, la facevano tornare a casa con un gran mal di testa. Anche in quell’occasione se ne stette al suo posto in religioso silenzio, con le braccia conserte, la borsa di Gucci sulla lunga gamba accavallata, e la faccia talmente seria da nascondere a stento il broncio da modella, gli occhi puntati sul quadrante dell’orologio che aveva al polso. 

“Prima di discuterne vorrei sentire se avete altro da dire...” fece il preside, scorrendo le facce del corpo docente. “Per esempio, Miss Hale, lei è qui da ormai un paio di mesi, come si sta trovando nella nostra scuola?”

“Molto bene, preside” rispose con prontezza, riuscendo a risultare perfettamente attenta, come se non fosse stata colta di sorpresa. 

“Sono contento di sentirlo. Se, comunque, avesse qualche problema o perplessità, non esiti a esporlo”

“Non ne ho al momento ma la ringrazio per la considerazione”

“Bene” si schiarì la voce. “Allora trattiamo pure l’ultimo punto: la ristrutturazione della palestra. Il presidente del comitato studentesco ha pensato di fornirmi una serie di preventivi da esaminare, sperando così di velocizzare la cosa”

“Questi teppisti non perdono tempo quando si tratta di qualcosa che gli interessa” commentò l’insegnante di chimica. “E solo perché durante le ore di ginnastica fanno i loro porci comodi” 

“Mi permetto di dissentire” protestò la professoressa di educazione fisica, guardandolo torva. “Si vede che i miei alunni sono molto più propensi a mantenere una sana forma fisica, piuttosto che stare a marcire in un laboratorio circondati da formule, ampolle e vetrini...”

Il collega stava per ribattere ma il preside intervenne per evitare lo scoppio di un litigio, cosa assai frequente in quelle riunioni. 

“Ho preso un po’ di tempo per confrontare tutte le proposte e alla fine ho approvato questa” disse, dando il foglio a un professore in modo che leggesse e poi lo passasse agli altri. “Sia l’azienda fornitrice che la ditta che si occuperà dei lavori hanno fama di garantire un ottimo servizio ma a costi ragionevoli. Troverete alcuni progetti a prezzi ancora più bassi ma, visti i precedenti con i bagni, ho preferito pensare di più alla qualità. Non vogliamo ritrovarci di nuovo allagati, vero?”

Rosalie gettò un’occhiata veloce al foglio, fingendo interesse, poi lo passò ad un collega seduto lì di fianco. Pochi minuti dopo tutti sembrarono concordare. 

“Bene, a tal proposito ho chiamato l’azienda in modo che ci fornisse informazioni più dettagliate e loro hanno pensato di mandare un loro dipendente in modo da potergli porre domande ed evitarci brutte sorprese” spiegò il preside. “Venga avanti, signor Cullen”

Il giovane uomo che fino a quel momento era rimasto in attesa di essere interpellato, standosene in piedi appoggiato allo stipite della porta, si fece avanti e andò ad occupare la sedia vuota posta vicino a quella del preside. 

“Buonasera” salutò cordialmente. “Mi chiamo Emmett Cullen e sono qui in veste di rappresentante, piacere di conoscervi”

Al suono di quella voce calda, Rosalie alzò lo sguardo dalle lancette dorate e lo fissò sul nuovo arrivato, la bocca si schiuse per la sorpresa. 

“Buonasera” risposero gli insegnati di rimando, lei si accodò. 

“Signor Cullen, può cominciare a chiarire queste voci?” domandò il preside, indicando dei puntini rossi sul figlio. 

“Certamente, sono qui proprio per questo” rispose, diplomatico. Scrutò i partecipanti alla riunione per un istante finché, alla vsta di Rosalie – una magnifica rosa in mezzo a un campo di insalata ed erbacce – , si fece scappare un rapido sorriso. Poi si schiarì la voce e cominciò a parlare di lavoro. 

Gli isegnanti ascoltarono attentamente quello che Cullen stava spiegando loro, le insegnanti, invece, sembravano concentrate più su di lui che su quel che stava dicendo – perfino l’anziana Mrs. Denali, che di solito finiva per sonnecchiare sulla sedia, si era aggiustata gli occhiali sul naso ed aveva un’aria rapita. Ma gli occhi del nuovo arrivato si spostavano continuamente – e quasi esclusivamente – sulla giovane bionda, la quale finse di ricambiare quelle occchiate solo per cortesia. 

La ragazza non metteva mai alcun impegno nel vestirsi per andare al lavoro, indossando la prima cosa che le capitava a tiro senza star lì a pensarci troppo, ma aveva la fortuna di essere così bella da sembrare una top model anche in tuta da ginnastica. Quel giorno indossava una semplice camicia di seta grigia, jeans a sigaretta e un paio di décolleté nere. Al vederla, quasi nessuno sarebbe rimasto indifferete davanti a un tale ammasso di curve femminili strizzate in quegli indumenti aderenti. Ne sapeva qualcosa, lei, dei colleghi senza speranza che le facevano il filo. Quella sera anche Emmett non riusciva a staccarle gli occhi di dosso per molto, si capiva che farlo gli costava non pochi sforzi – era un miracolo che fosse ancora concentrato.

Anche lui, però, era davvero attraente: Rose non lo aveva mai visto in tenuta da lavoro, e non poté non pensare che in giacca e cravatta fosse ancora più interessante del solito – sebbene in quel caso ‘interessante’ fosse un termine riduttivo. 

Ci volle ancora un po’ prima che la riunione fosse conclusa, alla fine il preside si alzò in piedi e ringraziò i partecipanti. Rosalie lo imitò e, dopo aver mormorato un generale “Buona serata”, si affrettò verso la porta della sala professori. Svoltato il corridoio rallentò il passo e attese. 

‘Uno... due... tre...’ contò mentalmente, divertita, sperando di aver fatto colpo.

“Rosalie?” si sentì chiamare.

La bionda sorrise. Ci era riuscita. Peccato che non avesse scommesso con qualcuno, sarebbe stata una vittoria sicura. 

Con un movimento d’anche e un volteggiare di boccoli dorati degno della pubblicità di uno shampoo, si volse nella direzione da cui proveniva la voce.

“Ciao, come stai?” le chiese il ragazzo, avvicinandosi. 

“Emmett” salutò lei. “Io sto bene, tu come te la passi?”

“Sommerso di lavoro per quasi tutto il tempo. Ma non mi lamento”

“Non tocchiamo quest’argomento...”

“Okay” sorrise. “Allora, che ne dici di passare alla parte in cui ti propongo di andare a bere qualcosa insieme?”

“Mi piacerebbe” fu la sua risposta. “Ma non stasera, sono un tantino stanca”

“Quando vuoi, non ho fretta. Almeno permettimi di accompagnarti alla macchina, qualcuno dovrà pur proteggerti da quei marpioni dei tuoi colleghi, no?”

Rosalie rise. “Te ne sei accorto, eh?” 

“Cercavano di fare gli indifferenti ma avevano gli occhi puntati su di te”

‘Tu no, invece, vero?’ pensò la ragazza, tutt’altro che infastidita dalla cosa. 

“Più che altro dovresti proteggermi da Mrs. Clearwater, da quando sono qui mi ha scambiata per la sua analista e, se mi becca, non mi molla più...”

“Ahi, allora devo nasconderti”

‘E chi non vorrebbe essere nascosta dietro quel corpo?’ pensò, saggiando con gli occhi la possenza fisica del ragazzo.

“Per la miseria” commentò un secondo dopo, storcendo le labbra. “Parli del diavolo... eccola là che parla con il preside. Meglio che ci muoviamo prima che mi veda. Andiamo in ascensore, così faremo prima”

“Va bene” la seguì. 

Superata la segreteria, entrarono nell’ascensore riservato a insegnanti e addetti alla manutenzione e il ragazzo premette il pulsante che li avrebbe portati al pianterreno. Le porte si chiusero e l’ascensore cominciò a muoversi, scendendo verso il basso. Solo un piano più giù, però, qualcosa andò storto. L’ascensore si bloccò improvvisamente con un movimento brusco e nella cabina calò il buio. 

“Merda!” imprecò Emmett, afferrando Rose per un polso prima che perdesse l’equilibrio. “Ci sei?”

“Sì, grazie. E dire che il tecnico aveva assicurato che non c’era quasi più possibilità che si bloccasse di nuovo. Se solo quegli idioti non puntassero sempre e solo al risparmio...” constatò nervosamente. 

“Il bottone di sicurezza non funziona nemmeno, continuo a premerlo ma niente”

“Mi ci mancava ancora qualcosa per finire una giornata lunga come questa...”  

“Stressata, eh?”

“Non immagini quanto”

“Penso di averne una vaga idea, invece” commentò. “Ad ogni modo, non preoccuparti, qualcuno avrà la nostra stessa idea e quando si accorgerà che l’ascensore è bloccato andrà a chiamare il preside. Ci tireranno fuori, vedrai”

“Okay, ma quanto ci vorrà?”

“Non ne ho idea, è la prima volta che mi capita una cosa simile” 

“Anche a me”

Il ragazzo trasse il proprio cellulare dalla tasca ma non poté trattenere un grugnito di fastidio quando si accorse che la batteria si era scaricata. Rosalie il suo nemmeno perse tempo a cercarlo, ricordando di averlo lasciato in un centro assistenza quella stessa mattina. 

“Non ne hai uno di riserva?”

“Con tutto quello che ho avuto da fare oggi, mi è passato di mente. Chi poteva immaginare una cosa del genere?”

Emmett annuì e poi si mise a battere i poderosi pugni sulle porte e a gridare aiuto, sperando che qualcuno potesse sentirlo da fuori. Non tardò ad arrivare una risposta.

“C’è qualcuno lì dentro?” chiese una voce.

“Preside!” esclamarono all’unisono dall’interno. 

“Miss Hale! Cullen! State bene?”

“Sì!” rispose il ragazzo. “Ma non siamo riusciti a chiamare i soccorsi, il pulsante non funziona!”

“Cosa? Dannazione!” fece l’uomo. “Tenete duro, vado subito a chiamare qualcuno. Voi mantenete la calma e restate dove siete, okay?”

“No, guarda, andiamo a fare una passegiata!” sbottò Emmett, facendo ridere Rose. 

“Okay?” ripeté il preside, fingendo di non aver sentito.

“Sì” gli rispose Rosalie.   

“Tornerò presto. Resteranno Mr. Quil e Mr. Embry”

“Va bene”

“Sarete fuori di lì in fretta, ve lo assicuro” concluse, allontanandosi a gran passi. 

“Sembra che per un po’ dovremo restare qui” commentò il ragazzo.

“Già” assentì lei.

Per diversi minuti non ebbero nulla da dirsi, si limitarono ad aspettare, standosene lì in piedi, al buio, Rosalie a braccia conserte, Emmett che fischiettava con una mano appoggiata accanto alla pulsantiera inattiva. Per essere la prima volta che rimaneva bloccato in un ascensore, notò Rosalie, sembrava perfettamente tranquillo, mentre lei era un po’ agitata, anche se troppo orgogliosa per darlo a vedere. 

Erano trascorsi all’incirca dieci minuti da quando il preside se ne era andato e l’aria stava diventando via via più fredda. Emmett, che il freddo lo sentiva molto di rado, neppure ci fece caso ma non tardò ad accorgersi che lì vicino Rose stava tremando. Non ci pensò due volte e si tolse di dosso la giacca, posandola sulle sue spalle. 

“Ma tu non hai freddo?” domandò lei.

“Nient’affatto”

“Grazie”

“Figurati”   

“Credo che mi siederò, inutile starsene in piedi finché non torna” 

“Hai ragione” convenne, seguendola e appoggiandosi alla parete con la schiena.

Si conoscevano da un paio di mesi ed erano anche usciti insieme da soli qualche volta, quando i loro amici rimandavano all’ultimo minuto. Ricordava chiaramente la sera in cui le era stato presentato. Esattamente  otto mesi prima c’era stata quella tragica esperienza con il suo ex, Royce King, che si era sforzata di rimuovere dalla sua mente, riuscendoci solo dopo che un’altra donna, anche lei vittima dell’uomo, le aveva offerto la sua collaborazione per sbatterlo in galera – e grazie a lunghe sedute dallo strizzacervelli. Dopo Royce, e prima di incontrare Emmett, non aveva nutrito più alcun interesse per i ragazzi, guardandoli tutti come fossero creature abominevoli – e, poverina, chi avrebbe potuto biasimarla dopo quello che aveva passato? 

La cabina era piccola ed i ragazzi erano piuttosto vicini, abbastanza perché lei potesse respirare il profumo intenso di lui che, con il calore della pelle, saliva verso l’alto. Le sarebbe bastato muoversi di una ventina di centimetri verso destra per toccare quel torace caldo e muscoloso, appoggiarvi sopra la testa e lasciarsi avvolgere da quelle braccia forti che, di sicuro, l’avrebbero fatta sentire protetta e al sicuro. Scosse leggermente la testa per mandar via quel pensiero come si fa quando si vuol scacciare una mosca, ma sulle labbra il sorriso non accennò a svanire.   

“Sai, in fondo quest’esperienza non si sta rivelando poi così spiacevole” disse Cullen all’improvviso. 

“Ah, no?” chiese la ragazza. “E cosa la renderebbe meno spiacevole?”

“La tua presenza” rispose con tutta la naturalezza del mondo. 

Rose stava inspirando ma l’aria le si bloccò in gola. Non si aspettava una simile risposta, ma fu contenta di sentirglielo dire perché una piccola parte di lei ci aveva sperato.     

“Non mi dispiace che ci stiano mettendo del tempo”

‘Neanche a me, è così bello starti vicino’ pensò Rosalie, dicendo: “Se solo ci fosse qualcosa da fare per ammazzare il tempo...”

Questa volta fu il turno di Emmett di restare sorpreso, e piacevolmente. 

“Già. Ho sentito dire che, se si resta bloccati in ascensore, ci si dovrebbe rilassare. Qualche idea?” le chiese. 

“Mah, proprio non saprei...” rispose, usando un tono da innocentina mentre nella sua mente cominciarono a scorrere una serie di immagini che di innocente avevano ben poco.

“Beh, che ne dici di... obbligo o verità?”

“Obbligo o verità?!”

“Perché no?”

“Serio?”

“Serio”

“Non siamo un po’ cresciuti per una cosa del genere?”

“Non mi sembra ci sia un’età prestabilita per giocarci”

“È che ho sempre odiato questo gioco, non importa come lo giri, c’è sempre da rimanere fregati...”

“Non sei sai giocare come si deve. È solo un modo come un altro di ammazzare il tempo, come hai detto tu. Ma se hai un’idea migliore, prego, sono aperto a qualsiasi cosa”

Quel ‘qualsiasi’ suonò maledettamente bene alle orecchie di Rosalie.

Ma di altre idee non ne aveva e, a dispetto della proposta, pensò che magari quel giochino poteva portare a qualche risvolto interessante.   

“Va bene” si convinse infine, facendoglisi un poco più vicina. 

“Cominciamo da te. Obbligo o verità, Rose?”

“Fammici pensare un attimo... Verità”

“L’hai mai fatto in ascensore?”

la bionda sbatté le palpebre, meravigliata ed imbarazzata, sentì le guance avvampare. “Emmett! Ma che domanda è?”

“Era tanto per chiedere” stavolta il tono da santarellino lo aveva adottato lui. “Non pensavi mica che ti avrei chiesto come si chiamava il fidanzatino della prima elementare, vero?”

“No ma comunque non credo che risponderò...”

“Troppo tardi per tirarti indietro, ormai sei vincolata”

Rose sbuffò, incrociando le braccia al petto. “No” fu la sua risposta seccata. 

“Sicura che non lo dici solo per liquidarmi?”

“Sicura, è la verità. Non faccio certe cose, io”

“C’è sempre una prima volta...”

“Beh, hai avuto la tua risposta” scattò, un sorrisetto furbo le si dipinse sulle labbra. “Obbligo o verità, Emmett?”

Avrebbe voluto che tutta quella siuazione non le piacesse, forse con un altro si farebbe davvero infastidita, ma non con lui. Anzi, per quanto le costasse, doveva ammettere che, a dispetto dell’imbarazzo, le stava piacendo. Ma, se glielo avessero mai chiesto, avrebbe negato fino alla morte.  

“Verità”

“E tu?”

“E io, che cosa?”

“Lo hai mai fatto in un ascensore?” si costrinse a chiedergli, un po’ nervosa. 

“Ma come, prima ti lamenti e poi mi rigiri le stesse domande?”

“Tu rispondi e basta”

“Okay, sì” replicò. “Nelle mie fantasie”

“Devi dare una risposta basata sulla realtà dei fatti, così non vale!”

“Certo che vale, invece! Che farlo in ascensore sia una mia fantasia è un fatto reale, realissimo. Hai avuto la tua risposta, piccola” ridacchiò divertito, dandole un leggero buffetto su una spalla. “Obbligo o verità?”

“Verità” decretò lei a denti stretti, sentendo la pelle formicolare dove era stata sfiorata da lui. 

“Cosa ti piace di più di me?”

“Cosa ti fa pensare che mi piacca qualcosa di te?”

“Non lo penso, lo so” disse, spavaldo. “Senza pensarci troppo”

“Quanta sicurezza, signor Cullen”

“Diciamo che è più una speranza. E adesso mi risponda, signorina Hale”

“Beh...” gli stava così vicina che avrebbe voluto rispondere che di lui le piaceva tutto e sporgersi per baciarlo, ma si limitò a dire: “Il tuo odore, forse”

“E perchè?”

“Niente domande aggiuntive. Obbligo o verità?”

“Ma voglio sapere di più...”

“Scegli”

“Bene. Obbligo”

“Ma come obbligo?” sembrava delusa. 

“Se volevi farmi la stessa domanda, basta dirlo. Vuoi sapere a bruciapelo cosa mi piace di più di te, sbaglio?”

“In realtà no, ma ormai non importa, non dimenticare che hai scelto obbligo e...”

“Credo che tu sia bellissima, Rosalie” il tono di voce si fece serio. “E colta, intelligente, sveglia, gentile”

Al suono di quelle parole la bionda sentì una strana fitta allo stomaco – strana perché non le fece alcun male, anzi, le regalò una forte sensazione di calore. 

“Ma, se proprio dovessi scegliere una sola cosa nel tuo aspetto, direi le labbra” continuò Emmett. “In vita mia non ne ho mai viste di così belle, mi fanno letteralmente impazzire” 

“Dimostralo, allora” gli lei sussurrò in un orecchio, la parola più rapida del pensiero, mentre i boccoli andarono a sfiorargli una guancia rasata di fresco. 

Emmett non esitò nemmeno un istante. Le prese il viso tra le mani e le catturò le labbra in un bacio così intenso che Rosalie sembrò non ricordare che prima ce ne fossero mai stati altri. Ne seguirono molti, in un crescendo di emozioni calde che la sconvolsero, lasciandola incredula del fatto che lui la stesse prendendo così in parola, sì, felicemente incredula. La bocca del ragazzo era così invitante che non riuscì a staccarsene e lo stesso doveva valere per lui. Cullen si spostò sulla mandibola, poi sul lobo, infine sul collo, lasciando una scia umida di piccoli baci. 

Rose reclinò la testa all’indietro e la giacca scivolò via dalle sue spalle, finendo sul pavimento, dove lui la spinse lentamente poco dopo. Ancora baci, lunghi e bollenti, e le sue mani dalle unghie smaltate corsero ad esplorare quel torace compatto sotto la maglia di cotone, presto imitata dal ragazzo che le accarezzò il profilo dalle spalle ai fianchi, sfiorandole il seno con i polsi ad ogni passaggio. La ragazza sussultò appena quando i bottoni della camicia vennero fuori dalle asole e Emmett si insinuò nel roseo incavo del morbido petto con la bocca, mentre con le mani le accarezzava il ventre piatto scendendo pian piano sempre più in basso. Schiuse la bocca e lambì delicatamente un capezzolo mentre una mano scivolò oltre le mutandine di seta alla ricerca dell’interruttore del piacere. 

Miss Hale cercò di controllare la propria voce, non voleva lasciarsi andare completamente, da fuori avrebbero potuto sentirla, ma era tutta un fremito e proprio non riuscì ad evitare che un paio di gemiti sommessi le uscissero dalle labbra. E la cosa peggiorò all’aumento di intesità del tocco, finché si sporse in avanti fino a premergli la bocca sulla maglietta all’altezza di una spalla pur di soffocare i rumori. Perse la cognizione del tempo, come desiderava continuare all’infinito, senza doversi staccare da lui che aveva trasformato i suoi brividi di freddo in torridi fremiti. Ma...

“Va tutto bene lì dentro?” la voce del preside giunse da fuori all’improvviso.

Rosalie sobbalzò. 

“Sì” rispose prontamente Emmett, sforzandosi di usare un tono di voce neutro.

“Sono riuscito a rintracciare il tecnico. È appena arrivato, sta parcheggiando”

“Ah, bene” disse, pensando però: ‘Ma perché così presto?’

A quelle parole la bionda tornò in sé, come se si fosse appena svegliata da un sogno onirico nel quale era stata immersa fino a un secondo prima. Si fece prendere dal panico e cercò di spostarsi ma il corpo del ragazzo era imponente, le ginocchia ben piantate sul pavimento, e le impediva di muoversi, nonostante stesse cercando di spingerlo via e rialzarsi.

“Emmett, ci vedran...” stava dicendo in un sussurro che lui ignorò bellamente, tappandole la bocca con un profondo bacio per impedirle di finire la frase.  

Rose non seppe se quella meravigliosa ondata di piacere le fosse stata provocata dal contatto con Emmett, dalla circostanza particolarmente eccitante, dal fatto di rischiare di essere scoperti o da tutte e tre le cose messe insieme. Chiuse gli occhi e sospirò arrendevole, lasciò andare la testa all’indietro, il corpo dolcemente scosso dalle contrazioni muscolari sotto il peso di lui. 

“Venga, per di qua. Presto!” stava dicendo il preside dall’esterno. 

Non ci volle molto perché l’ascensore fosse nuovamente aperto e la testa calva del tecnico facesse capolino, trovandoli seduti sul pavimento, poco distanti l’uno dall’altra, perfettamente composti. 

“Come si sente, Miss Hale?” le domandarono il preside e i due colleghi rimasti di guardia non appena mise piede fuori dalla cabina. “Ha freddo? Ha sete?”

“No, sto bene, davvero” rispose uscendo, sentendosi leggermente stordita ed insieme incredibilmente rilassata. 

“E lei, Cullen?”

“Sono a posto”

“Per fortuna è andato tutto bene” commentò il preside con aria stanca. “Andate a riposarvi e, per piacere, questa volta usate le scale”

Un risolino liberatorio si diffuse nel piccolo atrio, poi uscirono dall’edificio e si avviarono verso il parcheggio, ciascuno in direzione della propria automobile. 

“Dato che sono venuto a piedi, mi daresti un passaggio?” chiese Emmett. “Non abito lontano da qui, ci vorranno al massimo cinque minuti”  

“Okay” acconsentì Rose, salendo in macchina. “Ti va ancora di andare a bere qualcosa insieme? Credo di averne bisogno”

“Sì, però ho un’idea migliore”

“Cioè?”

“Potresti salire da me”

“No, non se ne parla”

“Come vuoi. Peccato, però, eravamo solo all’antipasto... e mi era parso di capire che ti stesse piacendo. Mi sarò sbagliato, capita”

La bionda si perse un istante nel ricordo di poco prima ed il fuoco si riaccese dentro di lei. 

‘Oh, se mi è piaciuto!’ pensò, cercando però di mantenere l’autocontrollo mentre metteva in moto. 

Forse era sbagliato avere desideri così intensi, con Emmett, poi, che non conosceva così tanto bene. Ma qualcosa le diceva che era giusto volerlo ancora, volerne di più, e che non c’era assolutamente niente di male. Aveva sofferto molto, aveva tutto il diritto di volersi sentire amata e desiderata da qualcuno, ne aveva bisogno per chiudere definitivamente quel capitolo e ricominciare a vivere davvero. Emmett non era Royce, in ogni senso possibile, e questo le era sufficiente per pensare che fosse un ragazzo a posto e che, forse, sarebbe stato in grado di darle quello che Royce non aveva voluto darle: lealtà, rispetto e... amore. 

Non sapeva dire se Emmett fosse la persona per lei, era decisamente troppo presto per poterlo affermare, ma lo sperava con tutta se stessa. Perché in sua presenza il cuore le batteva a mille come quello di un’adolescente alla sua prima vera cotta ed era stato per merito suo se, dopo tanto tempo, era tornata a sentirsi bene, e no, il suo pensiero non era rivolto esclusivamente a quello che era appena accaduto in ascensore, ma anche al tempo trascorso insieme in quei due mesi. Lui era unico. La faceva stare così bene che in sua presenza si sentiva se stessa, non doveva nascondersi dietro una maschera d’ipocrisia per evitare che la gente chiedesse, commentasse, sparlasse. non aveva mai incontrato nessuno così prima di allora. Si sentiva di nuovo leggere e felice.   

“Dove hai detto che abiti?” gli chiese poco dopo, voltandosi nella sua direzione con un sorrisetto malizioso dipinto sulle labbra. 

 

 

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L’angolo di Amy

Ciao gente,

eccoci alla seconda prequel OS, stavolta dedicata al pairing Rosalie/Emmett. Che ne dite, vi è piaciuta? :)

I fatti si svolgono qualche anno prima della fanfiction “Living in Manchester” che è quasi giunta alla sua conclusione, se volete, fateci un saltino ;) 

Inoltre, queste sono le altre due OS comprese nella stessa serie:

Living in Manchester - Special Act (Jasper’s feelings);

Living in Manchester - Prequel Act I (dedicato alla coppia Bella/Edward). 

In ultimo, ma non per importanza, vi suggerisco di dare un’occhiata alle splendide storie della bravissima Lorelaine86, sono una vera bomba ^___^ 

Un saluto e a presto,

Amy 


  
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