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Autore: adamantina    05/09/2013    6 recensioni
“Un paio d'anni prima, quando Dean aveva sedici anni e Sam era ancora troppo piccolo per partecipare attivamente ad una caccia, lui e John avevano stanato e ucciso un succubo.
Dean ricordava ciò che il mostro aveva costretto le persone a pensare e a fare. Desideri viscerali e voglie malvagie; atti violenti, perversi, contro natura.
L'idea, per quanto spaventosa, lo aveva riempito di speranza.”

[Storia partecipante al "10 songs flash contest" indetto da Frandra e al contest "Canzonissima!" indetto da Isabella.R]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Prima dell'inizio
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Autore: adamantina
Titolo: Woven in my soul
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester, John Winchester
Coppia: Wincest (Dean/Sam) – più precisamente Weecest, essendo Sam minorenne.
Rating: Arancione
Generi: Romantico, Drammatico
Avvertimenti: One-shot, Slash, Incest
Canzone utilizzata: “Demons”, Imagine Dragons
Introduzione: “
Un paio d'anni prima, quando Dean aveva sedici anni e Sam era ancora troppo piccolo per partecipare attivamente ad una caccia, lui e John avevano stanato e ucciso un succubo.

Dean ricordava ciò che il mostro aveva costretto le persone a pensare e a fare. Desideri viscerali e voglie malvagie; atti violenti, perversi, contro natura.

L'idea, per quanto spaventosa, lo aveva riempito di speranza.”
NdA: Questo è il mio primo tentativo di incursione nel fandom di Supernatural; spero sia venuto fuori qualcosa di accettabile! La canzone è citata all'inizio, a metà e alla fine del testo, e ne riprende le tematiche generali.

Le parti tra parentesi sono dei flashback e sono una successiva all'altra.

La storia partecipa al “10 songs flash contest” indetto da Frandra e al contest “Canzonissima!” indetto da Isabella.R.

Buona lettura!




 



~ When you feel my heat, look into my eyes

It's where my demons hide, it's where my demons hide

Don't get too close, it's dark inside

It's where my demons hide, it's where my demons hide ~



La stanza era calda, soffocante. La finestra era aperta, ma ad entrare era soltanto afa, insieme a un paio di zanzare assetate.

I due letti erano puliti, ordinatamente rifatti, ma le trapunte verdi erano sbiadite, invecchiate senza grazia. Tra di essi c'era solo lo spazio che occupava un comodino in legno, con un cassetto che non si chiudeva bene (dentro ci avevano trovato una Bibbia; Dean ci aveva sistemato accanto la confezione di KY*).

La moquette era beige. Averla sotto i piedi a luglio era un incubo, ma sapeva che c'erano sicuramente degli aspetti positivi. In quel momento, ad esempio, risultava soffice sotto alle ginocchia di Sam.

Dean abbassò lo sguardo nel momento esatto in cui Sam (il suo Sam, il suo fratellino rompiscatole, Sammy) sollevò il proprio. Cercò incertezza nel suo sguardo, ma vi trovò soltanto eccitazione, nervosismo e un po' di imbarazzo.

«Insegnami, Dean».

E malizia, forse.

Maledizione, pensò, mentre faceva violenza su se stesso per non venire così, senza essere stato sfiorato, solo grazie alle parole di Sam.

Mentre boccheggiava per trovare una risposta, Sam prese l'iniziativa. Le sue dita gli slacciarono i jeans, incerte, e li abbassarono lentamente. Quando si agganciarono all'elastico dei boxer, Sam lo guardò ancora, in cerca di approvazione.

Dean si limitò ad annuire, la testa che girava; il caldo non c'entrava nulla.

Insegnami, Dean.

«La cosa più importante» riuscì a dire, la voce più roca del previsto «è fare attenzione ai denti. In quanto al resto... sei intelligente, Sammy. Sono sicuro che tirerai fuori qualcosa».

Sam lo fece, impacciato ma entusiasta, e Dean si ritrovò a gemere, dimenticandosi di tutto tranne che di quello, tranne che di Sammy, mentre il suo demone interiore esultava, selvaggio.



(Era cominciata con dei pensieri strani, con sguardi che duravano più a lungo del necessario, con sussulti inaspettati di gelosia.

Aveva realizzato di cosa si trattava ed era inorridito.

No. Non questo, non Sam.

Aveva tentato di ignorarlo, di reprimere ogni cattivo pensiero, ogni desiderio, ogni immagine che gli si formava nella mente e scacciava quelle di cento Kelly, Lucy, Annabelle e Christine.

Per quanto ci provasse, per quanto ci mettesse tutto se stesso, loro non restavano che nomi e volti sbiaditi, immagini distaccate di capelli biondi, minigonne da cheerleader e mani piccole dalle unghie colorate di rosa.

Sammy, invece... era tutto il resto. Sam era le litigate per il telecomando, era un esorcismo in latino recitato a memoria, era l'insalata che adorava, era capelli troppo lunghi, libri in mano e scherzi a tradimento. Sam era suo fratello, e Dean era un mostro. Come poteva dormire la notte, con un orrore del genere sulla coscienza?

La sua prima ipotesi, ovviamente, era stata per qualcosa di soprannaturale.

Un paio d'anni prima, quando Dean aveva sedici anni e Sam era ancora troppo piccolo per partecipare attivamente ad una caccia, lui e John avevano stanato e ucciso un succubo.

Dean ricordava ciò che il mostro aveva costretto le persone a pensare e a fare. Desideri viscerali e voglie malvagie; atti violenti, perversi, contro natura.

L'idea, per quanto spaventosa, lo aveva riempito di speranza; ma quando, nonostante le instancabili ricerche e il passare del tempo, nulla era cambiato, e nessuno dei quattro rituali di purificazione che aveva eseguito di nascosto aveva avuto effetto, Dean si era dovuto rassegnare.

Il demone era dentro di lui.)



John era tornato e aveva occupato metà della loro stanza. Aveva fatto un'osservazione divertita sul segno violaceo che campeggiava sul collo di Sam («pare che tu abbia passato un weekend divertente, eh, Sammy?»), facendolo avvampare. Mentre Dean osservava la scena fingendo bonaria indifferenza, Sam si era voltato e gli aveva fatto l'occhiolino.

Quella notte furono costretti a dividere il letto, il che non sarebbe stato così tremendo se il loro genitore dal sonno leggerissimo non si fosse trovato a meno di mezzo metro da loro.

Nella penombra della stanza, con il caldo opprimente che rendeva impossibile nascondersi sotto alle coperte, Dean si ritrovò a guardare Sam. Gli occhi di suo fratello sembravano brillare, lucidi – forse per l'assurdità della situazione, con John che russava nel letto accanto, o forse per la frustrazione di non poter fare nulla.

Sam gli mise con cautela una mano sullo stomaco, senza muoversi ulteriormente e senza smettere di guardarlo. Dean deglutì e pensò che avrebbe dovuto salvaguardare quell'innocenza, avrebbe dovuto rifuggire dallo sguardo adorante e pieno di fiducia di suo fratello.

Eppure, ancora una volta, il suo demone lo spinse a coprire la mano di Sam con la sua, a mormorare un leggero buonanotte al suo orecchio e ad addormentarsi così.

Si svegliò nel mezzo della notte per il caldo e trovò Sammy che dormiva con la testa sulla sua spalla. Lo staccò da sè con gentilezza e si girò dall'altro lato, timoroso di ciò che avrebbe potuto vedere John la mattina dopo, o forse solo spaventato dal dolce calore che quella vista gli aveva fatto sbocciare nel petto.

Ma allontanarsi, pensò, ormai era inutile.



~ It's woven in my soul

I need to let you go

Your eyes, they shine so bright

I want to save that light

I can't escape this now

Unless you show me how ~



(Contro ogni sua aspettativa, era stato Sam il primo a fare un passo in quella direzione.

Una sera erano in Wyoming, con John lontano per continuare una ricerca sulla complessa tragedia famigliare che aveva portato alla nascita di un poltergeist. Dean era rientrato nel loro minuscolo appartamento in affitto tardi, intorno alle tre di notte, visibilmente ubriaco e con un occhio nero.

«Cos'è successo?» aveva chiesto Sam dopo averlo fatto sedere sul letto, una nota di rassegnazione nella voce, come se fosse abituato a scene del genere. Forse lo era davvero, aveva confusamente riflettuto Dean, ripensando alle volte in cui era stato lui stesso a ricucire i pezzi quando John era tornato in quello stato. Per un momento, si era quasi sentito in colpa; poi gli era tornato in mente il motivo per cui non era rimasto a casa con Sam.

Ho fatto la cosa giusta, si era detto, senza troppa convinzione.

«Ero a casa di questa ragazza» aveva raccontato, l'alcool che affastellava le sillabe le une sulle altre. «Bionda, con due gambe lunghissime e queste labbra che... beh, comunque è tornato il suo fidanzato. Era piuttosto incazzato, e c'erano due amici con lui». Sam lo guardò senza espressione, limitandosi a tamponare con il disinfettante il taglio che aveva sul sopracciglio. «Li ho stesi tutti, ovviamente» aveva concluso Dean.

Sam aveva appoggiato il cotone e il disinfettante sul comodino e aveva respirato profondamente, stringendo i pugni, come se si stesse sforzando di non schiaffeggiare il fratello.

«A volte mi chiedo, Dean,» aveva detto con voce incredibilmente chiara «se non sarebbe più facile che, invece di andare in giro a cercare casini, tu ti limitassi a venire da me».

Dean aveva sollevato la testa di scatto, certo di aver capito male. Sam aveva retto il suo sguardo.

«Non so di cosa tu stia parlando» aveva detto Dean con fermezza, sulla difensiva.

«Devi proprio ritenermi stupido, se pensi che non me ne sia accorto» aveva replicato Sam, acido.

Si era alzato e gli aveva dato le spalle, uscendo dalla stanza.

Dean era rimasto immobile, cercando di dare un senso a ciò che aveva sentito, gli effetti dell'alcool che svanivano rapidamente, il demone che si agitava impotente dentro di lui.)



Dovettero attendere un'intera settimana per avere di nuovo una notte da soli. Erano a corto di soldi, perciò si erano accampati sul sedile posteriore dell'Impala.

Sam era sopra di lui – era più leggero, anche se si stava avviando pericolosamente verso il diventare più alto – e lo stava baciando, con tutta la frenesia dei suoi quattordici anni e dei lunghi giorni di astinenza forzata.

«Calma, tigre» rise Dean, ribaltando le posizioni e bloccandogli i polsi con una sola mano.

Sam sorrise e cercò di liberarsi, ma senza successo. Allora sollevò i fianchi, il che strappò a Dean un mugolio sorpreso e permise a Sam di mettersi a sedere, appoggiando la schiena contro la portiera della macchina.

«Non voglio che smettiamo, stavolta» disse.

Dean, seduto sulle sue gambe, scosse la testa.

«Non c'è bisogno di affrettare le cose, Sammy» affermò.

«Non c'è neanche bisogno di rallentarle» ribatté Sam.

«Per te è la prima volta. Non voglio che succeda così, in macchina. E poi è troppo presto».

«Tu eri più piccolo di me!».

«Sì, e guarda com'è andata a finire».

«Dovrei essere io a decidere!».

«Certe cose, in caso non l'avessi notato, si fanno in due».

«E allora perché la mia opinione non conta nulla?».

«Ho detto no, Sam. Smettila di discutere» sbottò Dean, nel suo miglior tono da fratello maggiore.

Sam ritrasse le gambe fino a spingere Dean lontano da sé, arrabbiato.

«Qual è il tuo problema?» gli chiese.

«Te l'ho già detto, il mio problema» replicò Dean, incrociando le braccia sul petto.

«Hai paura, non è così?» insistette Sam, ignorando la sua risposta. «Pensi di starmi corrompendo o qualcosa del genere».

«Penso che questa discussione stia dimostrando quanto poco tu sia maturo».

«Ho ragione, vero? Credi di star rovinando la mia innocenza?».

«Non dire cazzate».

Il silenzio scese su di loro. Poi Sam strinse le labbra, si aggiustò la t-shirt e uscì dall'auto.

A Dean sembrò per un istante di non poter respirare. Guardò fuori dal finestrino: Sam fece due passi, allontanandosi dall'Impala, poi si fermò. Dean vide le sue spalle sollevarsi lentamente più volte, al ritmo di altrettanti respiri profondi.

Non andartene, pensò il suo demone. Vai via, controbatté la parte razionale della sua mente.

Sam si girò e tornò indietro. Aprì la portiera del guidatore e si sistemò sul sedile anteriore.

Si coricò su un fianco e chiuse gli occhi; nel buio, poteva sentire il respiro leggero del fratello. Stava quasi per addormentarsi quando la sua voce lo raggiunse in un sussurro:

«Lo voglio anch'io, Dean. Non mi stai rovinando per nessun'altro, perché non c'è nessuno con cui vorrei stare. Nessuno tranne te. Tutte le ragazze che conosco... diavolo, anche i ragazzi... non significano nulla. Sono facce che dimenticherò non appena ci trasferiremo per l'ennesima volta. Ma tu... sei l'unica costante. E ti voglio, Dean, così tanto che fa male. È tanto difficile da accettare?».

Dean, gli occhi serrati, per qualche secondo non riuscì a proferire parola.

«Aspetta, vado a cercare un fazzoletto» borbottò alla fine, trovando nel sarcasmo un rifugio confortevole. «È stato davvero commovente, Sammy».

Sam sbuffò e non aggiunse altro: sapeva che Dean lo aveva ascoltato e non si aspettava una risposta seria.

Dean, da parte sua, fece del suo meglio per non soppesare ogni sillaba, ma fu del tutto inutile. Nessuno tranne te... l'unica costante... ti voglio... così tanto che fa male.

Il suo demone rise con gioia incontenibile; Dean stesso non riuscì a trattenere un sorriso, nascosto prontamente nella giacca che stava usando da cuscino.

Come puoi dormire la notte? Profondamente e senza sogni, a quanto pareva: meglio di quanto avesse dormito negli ultimi sei mesi.



(Qualche settimana più tardi, John aveva trovato una possibile pista per il demone dagli occhi gialli; aveva affidato ai figli un semplice fantasma che infestava una casa abbandonata, frequentata solo da adolescenti in cerca di adrenalina.

Non sarebbe stato niente di speciale – un paio d'ore di ricerca guidate da Sam, seguite da sale, benzina e un accendino da gettare su ossa vecchie di decenni – se non fosse stato per la sorella della vittima, che nessuno aveva mai notato e che improvvisamente aveva deciso di dire la sua. Il fantasma si era gettato contro Sam, che, colto di sorpresa, aveva perso l'equilibrio e aveva battuto la testa contro una lapide. Mentre Dean imprecava, ed estraeva il fucile caricato a sale, Sam si era accasciato a terra privo di sensi.

Il secondo fantasma era stato sconfitto con un'altra tanica di benzina e un'abbondante dose di sale; poi Dean si era precipitato al fianco del fratello, che si era risvegliato pochi minuti prima e stava cercando di rimettersi in piedi.

«Piano, piano» aveva esclamato. «Resta seduto e segui il mio dito con gli occhi».

Dopo essersi assicurato che tutto fosse a posto, Dean aveva scortato Sam fino all'Impala, parcheggiata fuori dal cimitero. Non avevano detto una sola parola mentre tornavano verso il motel, l'imbarazzo e la tensione delle ultime settimane ancora un ostacolo apparentemente insormontabile.

Alla fine, quando si erano ritrovati al sicuro dietro la porta chiusa della loro stanza, Dean aveva fatto sedere il fratello sul letto e gli aveva tamponato la ferita sulla testa, che continuava a sanguinare.

Ha solo quattordici anni, aveva pensato, non per la prima volta. Non dovrebbe fare questo. E poi, sono molte le cose che non dovrebbe fare.

«Non sei l'unico» aveva detto Sam all'improvviso.

Dean aveva sollevato un sopracciglio.

«E io che pensavo di aver accertato che tu fossi nel pieno delle tue facoltà mentali».

«Non sei l'unico a pensare quelle cose» aveva precisato Sam, voltandosi per guardarlo negli occhi.

Dean aveva già giocato la carta del “non so di cosa tu stia parlando”, perciò cambiò strategia.

«Non sai quello che dici, Sam. È meglio che tu vada a dormire».

«Smettila di trattarmi come un bambino: non lo sono. So quello che voglio, Dean».

«Lo sai davvero?» aveva cantilenato Dean, quasi a prenderlo in giro, tutte le barriere alzate, tentando di tenere il fratello a distanza di sicurezza, emotivamente parlando.

«Voglio te» aveva replicato Sam, senza incertezze.

In seguito, Dean aveva provato a raccontare a se stesso che, dopotutto, era stato Sam a cominciare il tutto, con quelle due parole che avevano mandato in frantumi ogni sua certezza; ma, ogni singola volta, ricordava con esattezza chi era stato il primo a prendere la testa dell'altro tra le mani, a premere le labbra contro le sue, a fargliele socchiudere con decisione, senza peraltro trovare resistenza, mentre Sam afferrava con una mano l'amuleto al suo collo e lo stringeva nel palmo.

Dean aveva baciato suo fratello e il mondo era rimasto in piedi.

Il suo demone aveva cantato, gonfio d'orgoglio e felicità incontenibile.)



Alla fine era successo in un motel in Delaware, di tutti i posti possibili.

Sam lo aveva guardato con quei suoi occhi da cucciolo e Dean non aveva più trovato ragioni per resistergli. Dopotutto volevano la stessa cosa.

Era stato con gentilezza che aveva guidato il fratello sul letto, con pazienza che aveva spogliato entrambi, lentamente, senza fretta; avevano esplorato l'uno il corpo dell'altro con gli occhi, con le mani, con le labbra.

Avevano sussurrato parole senza senso... e avevano fatto l'amore.

Dean non l'avrebbe mai detto ad alta voce – aveva una reputazione da mantenere – ma era di quello che si era trattato. Aveva protetto Sam per tutta la sua vita, da sempre era stato il sole attorno cui si ritrovava a girare. Quell'ultimo passo, trovarsi dentro di Sam in tutti i sensi, era sembrato naturale, giusto. Il suo posto era insieme a lui, ormai non poteva negarlo, e glielo aveva dimostrato con ogni carezza, con ogni bacio, con ogni sguardo, sempre più bravo con i fatti che non con le parole.

Sam, invece, ci sapeva fare con entrambe, e aveva mormorato a lungo, nel suo orecchio, frasi inebrianti e dolci come il miele. “Dean... ti amo”.

Sammy dormiva al suo fianco, la testa nell'incavo della sua spalla, le labbra socchiuse e i capelli arruffati.

Dean lo guardò e sorrise. Il suo demone gioiva: questo è il mio regno divenuto realtà.

Per una volta, non desiderò affatto farlo tacere.



~ No matter what we breed

We still are made of greed

This is my kingdom come

This is my kingdom come ~







*KY: una nota marca americana di lubrificanti.

   
 
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