Io non ti odio. Anzi, ti ho sempre amato.
Da quanto la mamma se n'è andata mi sei sempre stato accanto. Mi hai cresciuto, per quanto la mia educazione non è mai stata un tuo dovere personale. Ti sei affidato ad altri per rendermi la persona che potrà succederti un giorno.
Mi hai dato un nome, pretendi da me un ruolo. E io lo faccio volentieri, per quanto mi costi fatica e, quasi, sangue.
Sono il migliore perché tu vuoi che io sia così, perché non conosco altro modo per essere me stesso. Io sono te perché è questo il destino che aspetta a chi porta il cognome Akashi. Una copia carbone di un predecessore, sempre più perfetta e rifinita nei dettagli.
Ma non importa, davvero.
Prima o poi mi dirai che mi vuoi bene, vero?

Io non ti amo. Anzi, ti ho sempre odiato.
Per quanto crescere un bambino da soli non sia semplice tu te ne sei sempre infischiato. Non importa quanto giustificazioni si possano ricercare, ti sei solo preoccupato di portare avanti una tradizione famigliare.
Sei osservato con grande speranza e affetto ma per quanto mi riguarda sei solo fonte di sofferenza.
Tu non ci sei mai quando lui piange o cerca di raggiungerti tramite dei risultati eccellenti. Non conosci la fatica fatta per dimostrarti di essere il figlio che tu tanto desideri. Tu, in lui, vedi soltanto un erede, un qualcosa da plasmare per farlo diventare identico a te. Avete pure gli stessi gusti in fatto di cibo.
E per quanto io desideri ucciderti per liberarlo (e il giorno in cui mi andrai contro ciò accadrà) non posso far altro che aiutarlo.
Lo proteggo, lo sostituisco, lo coccolo, finché non sarà pronto a tornare. Vinco per lui, vivo per lui, faccio tutto questo per lui.
Del resto sono nato da lui. Io vivo per lui.
Ma per quanto sia faticoso ciò non mi importa.
Prima o poi mi dirà che mi vuole bene, vero?

Note.
Oramai mi diverto solo a maltrattare Akashi #1 e #2. Poveri.