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Autore: kiara_star    08/09/2013    6 recensioni
[Crossover | Magnus Martinsson (Wallander BBC); Eric (Snow White and the Huntsman)]
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" La rabbia velocizza i miei passi, ed i cento metri mi sembrano esser solo poche falcate. Mi fermo respirando a pieni polmoni. Non posso farmi prendere dalle emozioni adesso. Sono un maledetto detective, anche se sembra che nessuno se lo ricordi.
[...]
«Polizia?» Sposta lo sguardo sul distintivo. «Non hai la faccia da poliziotto.» Un sorriso gli piega le labbra ed i suoi occhi sono di nuovo su di me. "
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Hemsworth, Tom Hiddleston
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Crossover is the way!'
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30.
Detective Martinsson



XXX. E d’amore peccò



Il caffè è in alto a sinistra. Non fare disastri.
Leggo il post-it per la centesima volta da questa mattina e per la centesima volta sorrido come uno stupido.
Quando mi sono svegliato Eric non c’era, ma onestamente non me la sono presa per essere andato a lavoro senza dirmi niente. Non siamo una coppiettina da commedia romantica, non credo potremmo mai esserlo. Non so neanche dire cosa siamo, ma voglio smetterla di farmi domande e di darmi risposte.
Voglio vivere ogni istante come viene. So che Eric non ricambia totalmente i miei sentimenti, ma va bene. Sono pronto a farmi bastare ciò che può offrirmi, per adesso sì, va bene così.

Ripenso ancora una volta a ciò che è accaduto questa notte come fosse stato solo un lungo sogno, ma i ricordi sono reali e così lo sono le forti sensazioni che ancora mi fanno battere il cuore all’impazzata.
Infilo il piccolo foglietto scritto di pugno da Eric nella tasca e tento inutilmente di concentrarmi sul lavoro.
Kurt non è ancora arrivato. Stamattina interrogheremo uno per uno tutti coloro che il vescovo Karlberg ci ha segnalato. Non serbo molte aspettative in proposito e credo che Kurt la pensi più o meno come me.
Dobbiamo tentare, dobbiamo trovare almeno un piccolo taglio in cui infilarci o non riusciremo mai a venire a capo di questa storia.

«Buongiorno.»
«Oh, buongiorno Anne-Britt.»
«Avanti, parla.»
Sollevo lo sguardo dal computer per portarlo nel suo. «Scusa?»
«Quell’espressione beata che hai stampata sulla faccia da quando sei entrato qui. Parla.»
È così evidente? Forse a quel famoso centesimo sorriso stupido chiunque avrebbe sospettato qualcosa, soprattutto perché ormai avevo dimenticato come si sorridesse.
Scuoto la testa con finta innocenza ma capitolo alla sua prima occhiata affilata.
«E va bene, ieri ho parlato con Eric.»
«E non dici nulla?!» Lo schiaffo sulla testa non me lo aspettavo, ma lo accetto con un ennesimo sorriso. «Allora? Pace fatta?»
«Pace fatta.» Non aggiungo altro e Anne-Britt non chiede oltre, credo che la mia “faccia beata” abbia tutte le risposte che cerca.
Mi regala un sorriso gentile e annuisce. «Sono contenta, Magnus. Ora cercate di non litigare, almeno per le prossime 24 ore.»
Rido colpevole. «Ci proveremo.»
Mal che vada, possiamo sempre ri-fare pace.

Chiudo la portiera dell’auto e non riesco a trattenere uno sbuffo stanco. «Niente di nuovo.» Kurt tace e accende il motore. «Andiamo da Sebastian Hout?»
«No.» Mi volto a guardarlo e non riesco a leggere oltre la fronte corrucciata e le labbra strette. «Torniamo in centrale.»
Mi limito ad annuire e rispetto il silenzio a cui Kurt ha deciso di far spegnere ogni conversazione.
Alla Casa Famiglia non hanno saputo dirci nulla di ciò che già non sapevamo. Nessuno sapeva niente di una possibile volontà di Padre Phil di lasciare il sacerdozio.
Possibile che fosse altro? Quale potrebbe essere la soluzione che secondo lui il Signore gli aveva indicato?
Ho come la sensazione che manchi qualcosa, e poi il biglietto che Kurt trovò sul suo parabrezza, quei versi inquietanti.
Un mitomane?
Credo sempre più fortemente che sia stata la stessa mano che ha ucciso Phil a scrivere quelle parole.

«E se fosse stato l’assassino? Sapeva di Phil e François e non approvava, magari è qualcuno fortemente religioso, un fanatico. È la soluzione più scontata, lo so, ma se fosse così?»
«E perché scrivere quel biglietto e lasciarlo sulla mia auto?»
Scuoto la testa. «Uno psicolabile?»
Kurt torna a leggere i fogli. «O magari vuole farsi prendere...»
«Poteva semplicemente costituirsi.» Ma Kurt non mi sta ascoltando, ha lo sguardo perso in chissà quali pensieri e io resto a picchiettare le dita sul legno del tavolo gonfiando una sola guancia. Potrei anche andarmene e neanche se ne accorgerebbe. Lo lascio riflettere senza irromperlo quando sento il cellulare vibrare nella tasca.
È un messaggio: “Sei riuscito a lasciare intatta la mia cucina, detective?
Il cuore mi salta nel petto e neanche reprimo un risolino divertito.
Non temere, stasera troverai tutto al suo posto. Ho anche rifatto il letto.” Lo invio mordendomi un labbro e attendo una risposta che spero non tardi.
Non lo fa e dopo pochi secondi lo schermo si riaccende: “Era il minimo, in fondo sei stato tu a metterlo in disordine.
«Magnus?»
«Sì?» Alzo lo sguardo con ancora un sorriso sulle labbra e vedo Kurt studiarmi per qualche secondo. «Dimmi, Kurt.» Cerco di ritrovare un contegno poggiando il cellulare sul tavolo e cancellandomi quest’aria felice dalla faccia.
«Niente, devo vedere Linda.»
«Pranzi con lei?» Annuisce e lascia che i fogli ricadano sulla scrivania. «Ci vediamo più tardi allora.»
«Sì, a più tardi e... Stai facendo un buon lavoro, Magnus.»
Grazie. Lascio che sia un cenno della testa a dirlo per me mentre Kurt esce dalla stanza con mille pensieri stretti nella testa brizzolata.
Ritrovo un sorriso, stavolta meno idiota, e quando prendo il cellulare rileggo il messaggio di Eric.
Controllo l’ora: 12.48
Sei in pausa?” Lo scrivo e lo invio senza pensarci due volte.
Ancora per 15 min.
Neanche il tempo di leggerlo che sono già in auto.

Scorgo Eric fra un gruppo di uomini seduti disordinatamente su delle casse di legno. Riconosco praticamente tutte le facce. A un centinaio di metri Eric mi vede e alza una mano per salutarmi. Lo imito e mi arresto aspettando che mi raggiunga.
A ogni passo mi sembra di impazzire di felicità.
«Ehi.»
«Ehi...» Reprimo la voglia di baciarlo perché no, non è il caso, né il momento, né il luogo. «Sei stato veloce.»
«Ero di strada» mento ricordandomi il semaforo rosso che ho ignorato così come i limiti di velocità totalmente infranti.
Adesso mi sembra quasi più bello di quanto non lo sia mai stato, ma credo sia solo perché, adesso, mi sembra un po’ più vicino a me, un po’ più mio.
Butto un occhio al gruppo di marinai che sembrano divertiti dalla nostra conversazione.
Oddio, dimmi che non sanno niente!
Eric è un tipo riservato e dubito che abbia detto qualcosa a qualcuno, forse sono paranoico, forse inizio a vedere cose che non ci sono, forse-
«Come stai?» La sua voce spezza le mie stupide elucubrazioni mentali. Il suo sorriso mi fa fremere le mani e le stringo nelle tasche per evitare che finiscano sul suo viso.
«Bene... Sì, sto bene.» Rido imbarazzato conscio di quanto sembri idiota in questo preciso momento. «Tu?»
«Idem.»
«Idem...» Stavolta è lui a ridere e io mi accodo.
«Hai da fare stasera?»
Ho appena perso dieci anni vita. Mi torturo le dita nelle tasche e scuoto la testa. «No, nessun programma.» Lo sguardo di Eric indugia sul mio. «Tu sei... libero?» Deglutisco e sento l’aria farsi più calda attorno al mio viso.
Eric si stringe nella sua pesante giacca da lavoro e sorride. «È un appuntamento?»
«Se lo fosse, diresti
Il ricordo di quella telefonata torna dolce nei miei pensieri e mi sembra di scorgere lo stesso negli occhi di Eric. Ora non c’è alcun telefono, ora sono pronto a mettermi davvero in gioco.
«Stacco alle 18.00.»
«Ti passo a prendere alle 20?»
La mia domanda lo fa ghignare divertito. «Mi passi a prendere?»
Non mi ero reso conto di quanto suonasse stupida la cosa. Mi gratto la testa imbarazzato gettando ancora uno sguardo al gruppo di marinai che sembrano intenti a non abbandonare la nostra conversazione.
«Volevo dire che... hai capito.»
«Alle 20 va bene.» Sul suo viso un sorriso dolce che fa vacillare ogni determinazione di compostezza.
«Perfetto, allora» sospiro senza nascondere la gioia che provo in questo momento.
«Ricorda, non è carino fare aspettare una ragazza.»
Rido strofinandomi le dita sulla fronte e cercando di scacciare dalla testa l’ennesima immagine di un kilt che inizia a diventare insospettatamente intrigante.
«EHI, ERIC!» La voce è quella di Hernest che è in piedi su una cassa a urlare senza molti problemi. «MUOVI IL CULO! DOBBIAMO ANDARE!... SALVE, DETECTIVE!»
Scuoto una mano decidendo di ignorare la delicata frase di Hernest. No, direi che è ancora presto per i pensieri sconci - è ancora mezzogiorno!
«ARRIVO!» Eric mi sorride ancora «Devo andare.»
«Certo. Ehm... buon lavoro.»
«Anche a te.»
Dio, voglio baciarti ora!
«A stasera.»
«Ok.»
Resto a guardare la sua figura allontanarsi per raggiungere i suoi compagni e sospiro sonoramente.
Solo quando risalgo in auto riesco a realizzare che questa sera avrò un appuntamento con Eric. Un vero appuntamento - anche se un po’ in ritardo.
Ti passo a prendere alle 20?
«Che cretino...» Mi rimprovero passandomi una mano sul viso. Attraverso lo specchio retrovisore non riesco a non sorridere al mio riflesso arrossato.

L’orologio segna le 17.30.
Se prima mi sembrava che girasse troppo lentamente adesso mi sembra stia correndo impazzito. Alla seconda occhiata sono già le 18.00.
Ok, Eric ha appena staccato. Starà tornando a casa, si farà una doccia, si cambierà i vestiti, magari mangerà qualcosa e...
Ok, l’eccitazione di questa mattina si sta trasformando spaventosamente in puro panico.
Perché sono così agitato?
Abbiamo fatto l’amore meno di 24 ore fa, gli ho detto che lo amo, mi ha chiesto scusa per ciò che aveva detto lui e mi ha dimostrato con i fatti che in fondo si fida di me. Stasera è solo un altro piccolo passo, non è nulla rispetto a ciò che abbiamo vissuto finora, non è niente rispetto alla fatica e alla sofferenza che ho attraversato per giungere qui.
E allora, perché ho il terrore di bussare alla sua porta?
«Il cinema. È l’ideale per un primo appuntamento, e stasera c’è il nuovo film di Julia Roberts.»
Sospiro picchiando la penna sulla scrivania. «Eric ti sembra il tipo da film con la Roberts?»
Anne-Britt cela malamente un sorriso divertito. «Che ne sai?! Magari è un romanticone...»
«Sì, come no» brontolo poggiando il mento nel palmo della mano. «E poi il cinema è... non lo so, è imbarazzante.»
«Cosa c’è di imbarazzante nel guardare un film insieme?» Non rispondo e sbuffo ancora una volta. «Sarebbe meno imbarazzante una passeggiata al chiaro di luna?... Mano nella mano a sospirarvi dolci parol-»
«Oddio, smettila!» Al solo pensarci riesco a bruciare e questo non fa che farla ridacchiare crudelmente. «Non dovevo dirti niente!»
«Dai, mi sto solo divertendo.»
«A mie spese, però.»
«È a questo che servono gli amici.» Alzo un sopracciglio scettico e Anne-Britt mi sorride dolcemente. «Ascolta, non credo che a Eric importi molto dove e cosa farete - come immagino importi poco a te - ciò che conta è che passiate del tempo insieme a parlare, a conoscervi...A fare altro.» Ascolto le sue parole e vi trovo tanta verità. Sì, non devo andare nel panico per questo appuntamento, voglio solo stare con lui.
«Hai ragione.»
«Io ho sempre ragione.»
Sorrido e respiro a fondo. «Magari il cinema è una buona idea.»
«C’è anche l’ultimo di Vin Diesel...»
Rido annuendo mentre Anne-Britt si allontana pensando che non è poi una battuta così  scontata. Eric ama i motori magari un film su quell’argomento potrebbe piacergli.
L’ultima volta che sono andato al cinema stavo ancora con Catherine. Mi sembra una vita fa, mi sembra la vita di un altro Magnus.
Ricordo che con Catherine stavo bene, non ricordo come, ma stavamo bene insieme, eppure mi sembra che quei sentimenti fossero nulla in confronto a ciò che provo adesso. Non fu facile quando mi lasciò per Steven, non fu facile vederla abbracciata a lui. Ho sempre creduto che l’amassi, ora mi chiedo se fosse realmente così. Magari esistono modi diversi di amare, esistono modi diversi di essere amati.
Mi sto ancora perdendo fra mille pensieri quando vedo Kurt entrare trafelato dalla porta.
«Magnus?»
«Che succede?» Ha i capelli arruffati, il colletto della camicia stropicciato e ancora qualche briciola di quello che credo sia pane sulla giacca.
«La lista di Karlberg, dov’è?» La domanda è fulminea, cerco di esserlo anch’io nella risposta.
«Ce l’ho io.» Mi infilo una mano nella tasca dei pantaloni ma non la trovo. «Forse è nella giacca» rifletto ad alta voce cercandola anche nelle tasche posteriori.
«Magnus, dammi quella lista adesso!»
«Sì, sì Kurt, lo trovo subito!» Quasi mi sembra di balbettare come ai vecchi tempi. Mi alzo dalla scrivania cercando con gli occhi la mia giacca, la trovo poggiata su una sedia dall’altra parte della stanza. La raggiungo e Kurt mi segue. Setaccio le tasche e finalmente trovo la lista. Forse Kurt ha capito chi fra quei nomi sa qualcosa, forse siamo finalmente a una svolta.
«Tieni.» Mi strappa letteralmente il foglio dalle mani e si dirige silente verso il tavolo dove sono sparse le prove del caso San Pietro.
Lo vedo cercare furente qualcosa.
«Cosa ti serve, Kurt? Che succede?»
«Dovevo capirlo subito! Sono stato un idiota!» È la sua risposta.
Provo a capire cosa gli passi per la testa ma non riesco a fare altro che seguire le sue mani che spostano disordinatamente le varie buste finché non trova quella che cerca. Riconosco il contenuto.
«Kurt-»
«Magnus, guarda!» Dispone la lista sulla scrivania e appoggia accanto l’altra busta trasparente. «Guarda bene, cosa vedi?»
Deglutisco scrutando i due fogli. Leggo nuovamente i nomi, uno per volta e non mi dicono niente. Che dovrebbero dirmi?
«Io...» L’altro foglio è quello che riporta i versi di San Paolo.
Non capisco l’attinenza. Guardo ancora e alla fine lo vedo.
Ecco cosa c’era che non andava, ecco perché quella lista mi aveva disorientato subito.
Sgrano gli occhi e anche le labbra. «È la stessa calligrafia!»
Non può essere.
Guardo Kurt i cui occhi brillano di forte determinazione mentre annuisce.
«Oddio, Kurt, non vorrai dire che è stato Karlberg?» chiedo incredulo mentre lui si infila le due prove nella tasca.
«Non lo so.» Lo seguo mentre si avvia alla porta afferrando al volo la giaccia dalla sedia.

«Continuavo a pensare a quella lista e mi dicevo che c’era qualcosa che non tornava.» Ascolto la voce di Kurt mentre guida velocemente verso San Pietro. I suoi pensieri riflettono i miei. «Poi Linda ha iniziato a parlare delle partecipazioni...»
«E hai capito che era la calligrafia e non il contenuto.»
Annuisce umettandosi le labbra. Io mi passo due dita sulla fronte tacendo i miei dubbi. Non riesco a credere possa essere stato il vescovo Karlberg a uccidere Phil. Le due scritture si somigliano ma non possiamo dire con certezza provengano dalla stessa persona.
«Kurt, non dovremmo mandarle in laboratorio? Un’analisi calligrafica potrebbe-»
«No, non c’è tempo.»
«E se ti sbagliassi? Karlberg è un vescovo, Kurt, ed è anche molto amato. Potremmo alzare un polverone inutile... potremmo avere contro tutta l’opinione pubblica! Forse dovremmo essere sicuri di-»
«Come puoi pensare a queste stupidaggini, Magnus?» Taccio al suo richiamo sentendomi leggermente in imbarazzo.
È stato un pensiero spontaneo di cui ho voluto metterlo a conoscenza.
È la verità: se andassimo da Karlberg e lo accusassimo di aver ucciso Padre Phil e poi scoprissimo che è stato un errore?
È un rischio, un azzardo e Kurt mi sembra più che determinato a seguirlo.
Mi rendo conto solo adesso che l’espressione sul suo viso è la stessa che avevo io quando cercavo il responsabile dell’aggressione di Eric. Con Vargas ho rischiato, ho rischiato tutto perché per Eric ne valeva la pena.
E per Phil? Per François? Sono così egoista da ritenere la loro giustizia inferiore alla mia?

Mi sento in colpa per come sto affrontando la cosa e decido di scacciare ogni dubbio.
Se Kurt crede sia una buona idea allora lo sarà anche per me.
«Ci siamo» sospiro serio mentre parcheggiamo davanti alle scalinate.
Guardo il profilo di Kurt ma lui è già sceso dall’auto.

«Commissario, Monsignore Karlberg non può riceverla ora.» Theodor, l’uomo che ci accompagnò l’ultima volta segue i nostri passi con affanno. Kurt percorre veloce i corridoi di San Pietro come li conoscesse a memoria, io tengo il suo passo silente.
In poco raggiungiamo lo studio di Karlberg.
Stavolta nessuno bussa, stavolta nessuno aspetta un Avanti.
«Commissario!»
Kurt spalanca la porta di vetro ed entriamo.
«Monsignore, ho provato a fermarli ma-»
«Non preoccuparti, Theodor, le visite del commissario Wallander sono sempre ben accette. Va’ pure.»
Karlberg è ancora una volta seduto dietro la sua scrivania. Il sorriso gentile e lo sguardo pulito.
«Come possa aiutarla stavolta?» Theodor esce con qualche incertezza e la porta si chiude nuovamente.
Kurt estrae dalla tasca interna della giacca le due lettere e le piazza senza troppe cerimonie sulla scrivania.
«Mi dica che sto sbagliando.» La voce è calma ma tradisce una vena di rabbia.
Il vescovo abbassa lo sguardo e non perde il sorriso. Guarda i due fogli e poi solleva il viso. Quel sorriso adesso mi fa rabbrividire. «No, non sbaglia.»
Un altro brivido percorre la mia pelle. Saetto con lo sguardo sul volto di Kurt dove la rabbia è ora ben visibile. Sul mio non so dire cosa governi se incredulità o disgusto.
«È stato lei a uccidere Phil?» lo chiedo con il battito troppo accelerato, con la bocca troppo secca, con le mani che quasi tremano.
«Aspettavo questa domanda da un po’, detective. Grazie per avermela porta.»
Scuoto inconsciamente la testa. Karlberg abbandona la scrivania e ci raggiunge.
«Perché?» E sono ancora io a chiederlo.
«Perché era giusto così.»
«Cosa era giusto? Pugnalare un povero prete solo perché si era innamorato?» La rabbia di Kurt ora risuona forte. Io sono gelato, non ho più parole sul fondo della gola, ho solo il volto di François negli occhi e la sua voce nelle orecchie.
«Phil aveva perduto la strada, stava abbandonando il disegno di Dio per colpa di quel ragazzino francese! Non potevo lasciare che perdesse anche la sua anima.» Karlberg non ha più sorriso, non ha neanche più calma. «Venne da me, felice come un bambino per dirmi che voleva abbandonare tutto, e perché? Perché si era innamorato! Innamorato di un... di un uomo! E il Signore mi sia testimone, ho provato a farlo ragionare. Ma niente... Aveva deciso di smarrirsi in un peccato così abietto.»
«Era una sua scelta.» Il disgusto piega anche il viso di Kurt. Io avrei bisogno di sedermi, avrei bisogno di uscire da questa stanza e vomitare anche gli occhi perché non riesco a sopportare tutte queste assurdità.
«È stato deviato. Phil era un bravo sacerdote e lo sarebbe stato ancora a lungo se avesse avuto la forza di resistere a quella tentazione riprovevole! Il Signore non può perdonare un simile abominio! Un simile oltraggio alla sua natura.»
La nausea aumenta, la testa mi gira e faccio qualche passo indietro. Kurt non lo nota, Karlberg è troppo occupato a continuare il suo monologo per rendersi conto di come le sue parole mi stiano colpendo ferocemente.
«Non è stato il Signore a pugnalarlo, ma lei, ed è questa la cosa abominevole.»
«Ho solo seguito il suo volere.»
«No, ha solo ucciso un amico e non ha avuto neanche il coraggio di confessarlo... E perché lasciare quel biglietto?»
Karlberg torna a sorridere, io sento gli occhi pungere e mando giù un pugno di aghi.
«Gliel’ho detto, ho seguito il disegno di Dio. Se per la legge degli uomini ho commesso un errore, pagherò. Non voglio sfuggire alle mie responsabilità. Volevo che il volere di Nostro Signore fosse chiaro. Ho aspettato di vederla entrare da quella porta con la verità sulle labbra, e ogni volta che usciva da qui capivo che non era ancora giunto il momento. Adesso sono pronto ad affrontare la vostra giustizia, conscio che la mia mano non sarà sola, ma che Dio sarà con me in ogni passo, perché io non ho commesso peccato ai suoi occhi, ho solo lavato via le colpe di Phil.»
«Lei è pazzo» sospira Kurt scuotendo il capo.
«Perché...?» La mia voce esce strozzata. Vibra e si spezza. Sono qui eppure non ci sono davvero. «Che colpa può avere avuto Phil? Che colpa ha François? Che colpa c’è a innamorarsi?...»
Nessuno mi risponde, Kurt fuma di rabbia forse per essersi sentito preso in giro da quest’uomo, forse perché come me trova assurdo e inaccettabile essere puniti solo perché si ha amato.
Karlberg mi guarda con un sorriso gentile e due occhi glaciali. Mi scrutano dentro e mi giudicano.
Vedono e sanno.
E anch’io merito il loro disprezzo.

Torno a casa alle nove passate. Mi stendo sul divano e lì resto inerme per non so quanto tempo.
Il caso è chiuso, Karlberg è ormai con le manette ai polsi. Domattina tutta Ystad sarà scossa dalla notizia del suo arresto, probabilmente la notizia si spargerà per tutta Scania.
Lisa pensa di organizzare una conferenza stampa per evitare che nascano delle false dichiarazioni.
Sarà difficile tenere sotto chiave ancora la relazione fra Phil e François.
Kurt lo ha telefonato appena siamo giunti in centrale. Ho potuto sentire anche io le lacrime dall’altra parte del telefono.
Non mi ha chiesto perché fossi tanto scosso, non so se possa conoscere la risposta, in tutta onestà non me ne importa poi tanto.
Sullo schermo del cellulare ho trovato tre chiamate di Eric e un solo messaggio: “Tutto ok?
Ancora non gli ho risposto.
Non so se sia tutto ok, non credo di essere molto ok questa sera, eppure so che se vedessi il suo viso, se sentissi la sua voce dimenticherei ogni sensazioni di disagio, dimenticherei gli occhi di Karlberg e le sue parole.
Dimenticherei, perché Eric è l’unica cosa a cui ho voglia di pensare.
Scendo dal divano e afferro la giacca.
Una manciata di minuti dopo sono sotto casa sua.
Basta che mi apra la porta e mi sorrida che sento che tutto va bene, che tutto andrà bene.
«Un po’ in ritardo... Ti pare?»
Annuisco e respiro a fondo.
«Troppo tardi per andare al cinema, vero?»
Ride e ogni peso sul mio petto diventa polvere. «Hai cenato?»
«Continuerai a rispondermi con una domanda?»
«E tu?»
Sorrido sconfitto. «Ho una certa fame, a dire il vero.»
«E allora entra, e vai a lavarti le mani.»
Varco la soglia ridendo e lascio fuori al freddo questa strana giornata.

















Continua...






NdA.
Ci siamo, ormai è arrivata la fine, il prossimo sarà l’ultimo.
Spero la risoluzione del caso sia stata per lo meno decente, lo so che si poteva fare di meglio, ma spero vogliate perdonare lo stesso la banalità della cosa.

Ne approfitto per fare qui i ringraziamenti di rito, perché farli nell’ultimo mi mette una certa tristezza.
Grazie a chiunque abbia letto e apprezzato questa storia.
Grazie a chi mi ha fatto compagnia in questa lunga avventura durata quasi un anno.
Grazie a chi mi ha dato consigli e a chi mi ha fatto bellissimi complimenti che hanno scaldato il mio cuore e coccolato la mia autostima.
Grazie alle persone che mi hanno regalato sorrisi ed emozioni con i loro commenti e a chi mi ha aiutato a riflettere e migliorare.
Grazie a Callie_Stephanides per aver regalato alla mia storia opere meravigliose con i suoi video e i suoi lavori. Sei stata più che gentile, sei stata davvero meravigliosa.
Grazie a Angeline Farewell che mi ha fatto dono di una fantastica fanart disegnata appositamente per me, o meglio per Magnus ed Eric ^^
La tengo orgogliosamente attaccata al muro e me ne faccio vanto con tutti coloro che transitano lì davanti. Sappilo!
Grazie per la bellissima esperienza che è stata scrivere questa storia, perché senza di voi, non sarebbe stato lo stesso.
Mi auguro che il finale possa chiudere degnamente questo percosso di vita.
Io e Magnus siamo cresciuti insieme, abbiamo sbagliato e abbiamo imparato insieme.
Soltanto che io, ahimè, ancora non ho beccato un Eric disponibile.
Chissà, magari prima o poi...
Un abbraccio e un bacio a tutti.
Come direbbe François: tutta questa fatica... beh, ne è valsa la pena <3
Kiss kiss Chiara

  
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