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Autore: Cloudy__    08/09/2013    2 recensioni
Forse lo fece perché il ragazzo di fronte a lei era particolarmente carino, forse perché aveva delle belle e grandi mani o forse perché il suo sorriso leggermente storto era uno dei più sinceri che lei avesse mai visto.
Quando fu di nuovo con i piedi poggiati al suolo e il didietro sollevato da terra, il castano le mollò una mano.
< Sono Liam> continuò riporgendole la mano destra, ovvero quella che aveva appena lasciato, il che la fece quasi scoppiare a ridere.
< Charlie> rispose decisa, abbozzando un sorriso e stringendo nuovamente la mano del ragazzo.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.



Finì di allacciarsi le nuove scarpe da ginnastica, che si era appositamente comprata qualche settimana prima, prese l’Ipod, che era già di suo sull’orlo dell’autodistruzione, e aspettò che la madre terminasse la infinita lista di avvertimenti che le faceva ogni volta che doveva uscire.
<.. e ricordati che se scoppia un temporale non devi mai stare sotto gli alberi. Mai! Hai capito? E neanche sotto ai lampioni della luce, perché attirano i fulmini!>
Frances era una madre che si può definire, semplicemente, paranoica. Una di quelle donne che entrano in panico quando devono prendere l’aereo, quando la figlia diciottenne le confessa di volersi tingere i capelli di color verde acqua, quando al figlio esce sangue dal naso o quando si dimentica di chiudere il balcone di casa prima di uscire e sta malissimo per questo, ha i sensi di colpa, i demoni nel suo cervello la uccidono, si sente svenire. Eppure quando torna a casa, tutto è tranquillo, il balcone è ancora aperto e nessuno sconosciuto è entrato a farle visita.
Non che fosse una cattiva madre, questo Charlotte non l’avrebbe pensato neanche dopo un milione di anni. A volte era soltanto eccessiva.
Charlie annuì mentre si infilava frettolosamente le cuffiette nelle orecchie.
< E un’ultima cosa..> continuò la madre.
Prudenza!” pensò la ragazza, ormai abituata a quel tipo di raccomandazioni, sempre e costantemente uguali da quasi diciotto anni.
< Ricordi la parola che inizia per P, Charlie? Ecco, prudenza!- esclamò, come previsto, alzando l’indice, come faceva solo la maestra delle elementari quando rimproverava qualcuno, e muovendolo con fare saputello.-  Non vuoi un berretto, cara?>
Charlie cercò di contare fino a dieci e respirare intensamente, prima di rispondere ed evitare di essere scortese con la propria creatrice, ma si ritrovò a pensare ‘ Cosa porca miseria ci faccio con un berretto di lana a neanche metà settembre?
< No, mamma, non mi serve il cappello. Ora devo andare! Mi dispiace per gli scatoloni, quando torno vi aiuto, promesso.> urlò dall’entrata della casa mentre come risposta riceveva solo un ‘ Come no. Mangiamo tra un’ora!’.
Uscì, sbattendo la porta a causa del vento, accese la musica in riproduzione casuale e cominciò a correre, come ormai faceva ogni giorno da quando si erano trasferiti. Cioè tredici giorni e, si, li aveva contati.
Non che fosse una brutta città, anzi, nel suo piccolo era graziosa e tranquilla, ma essendo abituata al caldo e accecante sole di Malibù, al mare e alle persone abbronzate, Bradford le faceva, come dire, tristezza. Da quando era arrivata aveva visto il sole si e no una volta e in quell’unica non era rimasto per neanche mezza giornata. Per di più era sempre accompagnato da nuvoloni grigi e un leggero venticello.
Era strano vedere le persone in giro perennemente con l’ombrello, perché, dove viveva lei, pioveva una volta al mese massimo, mentre in Inghilterra si sa che le nuvole stanziano quotidianamente sopra le teste degli abitanti.
Charlotte buttò un occhio al cielo, notandolo stranamente, si fa per dire, scuro.
Ripensò alle parole che la madre le aveva detto tranquillamente qualche giorno dopo il loro arrivo,
Presto ci farai l’abitudi
ne.'

Certo, come no. Neanche in un milione di anni.
Dalle cuffiette si sprigionò nelle sue orecchie una canzone da lei molto amata e conosciuta, del suo caro Ed Sheeran, ma per correre preferiva canzoni più Dance o House, per darsi la carica. Così, di malavoglia, cambiò, facendo partire l’ultima di David Guetta. Storse il naso alla scelta, ma la tenne, almeno le dava energia per finire la corsa, anche se non impazziva di certo per quel Dj da strapazzo che andava tanto di moda in quel momento.
 
 
Le piaceva correre, lo trovava rilassante, sotto alcuni punti di vista. Dopo alcune giornate particolarmente pesanti, come quelle che stava passando con la storia del trasloco e degli scatoloni, non vedeva l’ora che si facesse sera per poter prendere il suo fedele Ipod e attraversare la città correndo.
Le piaceva la sensazione della ghiaia contro la suola delle scarpe da ginnastica  e respirare l’aria fresca che c’era nei parchi dopo la pioggia. Per un’americana l’umidità post diluvio universale può essere tremenda, e anche per lei era così normalmente, tranne quando era sudata fradicia e accaldata.
Ma la sensazione di leggerezza che provava ogni volta che tornava a casa era incomparabile.
Sin da quando era diventata una ‘donna’, la madre l’aveva obbligata a prendersi cura del proprio corpo, facendole fare esercizio e stando attenta all’alimentazione.
Definiva il suo fisico come una macchina da corsa. Una bellissima Ferrari, fragile e con bisogno di attenzioni, che non doveva mai essere trascurata, sennò rischiava di rompersi.
Dopo quindici minuti di corsa, in cui si erano intervallate cinque o sei canzoni e lei era diventata color pomodoro, arrivò al Bowling Park in cui era solita a fare una sosta e bere dell’acqua dalla fontanella.
Charlie si fermò, asciugandosi la fronte imperlata di sudore con il dorso della mano e respirando profondamente, dopo essersi accorta di aver già il fiatone. Abbassò lo sguardo verso il sentiero in cui stava camminando, rendendosi conto di avere una scarpa slacciata.
Non la badò e cominciò, invece, a pensare alla nuova scuola, ai nuovi compagni, ai nuovi professori.
I bambini nel prato vicino giocavano sull’altalena, le madri erano sedute sulle panchina a spettegolare su quale tra i loro figli fosse più intelligente e i cani con le rispettive dog-sitter scorrazzavano per il campo disseminandolo di escrementi, che si spera, sarebbero poi stati raccolti.
Si piegò verso il terreno per riallacciarsi la scarpa, grazie alla quale era quasi inciampata, stando attenta a non rovinare o rompere i suoi amati leggings neri da corsa.
Pensò ai nuovi amici e a quelli vecchi. Si ricordò di Agnes e che avrebbe dovuto chiamarla quella stessa sera. E di quell’idiota di suo fratello che era riuscito a convincere i genitori a rimanere in America, per andare al College. Charlie era convinta che fosse merito dei suoi occhi, i più splendidi che lei avesse mai visto e ai quali i genitori e le persone di tutto il pianeta non riuscivano a resistere. Quegli occhi, così diversi dai suoi, erano quelli che lei aveva sempre invidiato. Sorrise al ricordo di quei grandi prati verdi che Nathan aveva al posto degli occhi, che contenevano tutte le sfumature di verde.
E forse non lo sentì arrivare, forse pensava troppo per sentire dei passi veloci andare verso di lei.
E forse lui stava a sua volta pensando ad altro o la musica nelle sue orecchie era troppo alta.
E fu un attimo: si ritrovarono per terra, lei schiacciata dal peso del ragazzo e lui che ancora doveva realizzare di essere caduto, sopra a qualcuno.
Lui si alzò sistemandosi i capelli, pronto a scusarsi a qualsiasi creatura fosse andato addosso.
Lei al contrario era furiosa. Tutti i pensieri che aveva nella mente, la calma, la tranquillità, il relax. Tutti scomparsi nel giro di qualche secondo.
 Ma non ti hanno insegnato a guardare dove corri? urlò, ancora appoggiata a terra con le mani mentre il ragazzo si alzava velocemente, per poi guardare verso di lei.
Charlie tentò di pulirsi le mani dalla polvere, senza guardarlo, ma sfregandole tra di loro ottenne soltanto uno starnuto a causa della sensibilità del suo naso.
 Ma porca- atchiù- miseria!
 Ti aiuto... al alzarti sibilò il ragazzo mortificato, porgendole le mani.
E forse fu in quell’istante, quando girò la testa verso di lui, che realizzo che ‘Minchia, è proprio un figo da paura!’
 Sarebbe utile. Grazie  rispose secca, ma accennando comunque un sorriso e tendendo la mano verso il ragazzo.
Forse lo fece perché il ragazzo di fronte a lei era particolarmente carino, forse perché aveva delle belle e grandi mani o forse perché il suo sorriso leggermente storto era uno dei più sinceri che lei avesse mai visto.
Quando fu di nuovo con i piedi poggiati al suolo e il didietro sollevato  da terra, il castano le mollò una mano.
 Sono Liam continuò riporgendole la mano destra, ovvero quella che aveva appena lasciato, e la fece quasi scoppiare a ridere.
 Charlie rispose decisa, abbozzando un sorriso e stringendo nuovamente la mano del ragazzo.





Salve salve salve lettriciii <3 
Sono tornata, anche se con una nuova storia. AHAHHAHAHAHA
Mi sono presa una pausa da Gemma e dalla comicità per iniziare questa storia, che assomiglia molto alla mia. 
Diciamo che la protagonista sono io, ma con un'altra faccia (molto più bella) e che incontra il principe azzurro, cosa che invece a me non è ancora capitata ahahahah
Non voglio tirarla per le lunghe, solo volevo chiedervi di non fermarvi a questo Prologo ma di seguirla almeno per qualche capitol prima di abbandonarla. Spero di riuscire ad aggiornare al più presto sia questa storia che Jump Gemma <3
Mi sono fatta un account fake facebook dove accetto tutte 
https://www.facebook.com/cloudy.efp
 
Tutto qui.. 
Charlotte ha il volto di Barbara Palvin di cui sotto avete anche una foto :)
Sarei felice di ricevere una vostra recensione perchè so di non essere chissà cosa come scrittrice quindi mi fa piacere avere dei consigli.
Un bacinoo <3  Cloudy__


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