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Autore: Kalibrah    08/09/2013    0 recensioni
"Tutto ha un prezzo, mia piccola bambina."
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 "E che cosa successe alla ragazza, mamma?" 

 "Ciò che le successe è un'altra storia, ma ora è tardi, forza, dovreste dormire entrambi, domani ci aspetta una grande giornata!" 

 Nostra madre rimboccò le coperte ad entrambi. Quella storia mi aveva da sempre affascinata, ed ogni volta insistevo affinchè mia madre me la raccontasse, ma ogni notte finivo con il rintanarmi nella cameretta di mio fratello maggiore, accucciata al suo fianco a piangere per la ragazza e la triste sorte che le era capitata. In fondo, avevo solo otto anni, e mia madre non era una donna che amava le storielle convenzionali. Non sapevo da dove avesse tirato fuori quella storia, ma mi affascinava e terrorizzava allo stesso tempo.
 Mi accucciai tra le braccia di mio fratello maggiore e lui mi strinse prontamente a se, sapeva darmi una sicurezza che non avevo mai avuto da un padre, venuto a mancare poco dopo la mia nascita.
 "Buonanotte piccoli miei, la mamma vi ama e vi amerà sempre."
 Mia madre ci baciò entrambi e spense le luci.



 Mi svegliai di soprassalto da quel sogno, una chiamata nel cuore della notte. Le due, le tre? Non seppi dire che ore fossero. Mio fratello si era alzato per rispondere, e dal suo tono di voce intuii quale fosse l'argomento della telefonata. Mia madre era ormai in ospedale da più di due mesi, e le sue condizioni andavano peggiorando di giorno in giorno. Tenevo ormai i vestiti ed una borsa sempre pronti sul letto, in caso fosse accaduta un'emergenza del genere. Mi vestii in fretta, senza nemmeno sapere cosa fosse veramente accaduto, e mi precipitai da mio fratello, mantenendo un rigoroso silenzio. Lui mi guardò cupo, con lo sguardo perso nel vuoto, smarrito. Non era mai stato il forte della situazione sebbene fosse di qualche anno più grande di me, ed io immediatamente capii cosa fosse accaduto. Lo presi per mano ed uscimmo di casa, prendendo le chiavi della macchina. Mi misi io alla guida, sebbene non avessi ancora l'età della patente, ma mio fratello era evidentemente troppo scosso per guidare.
 La strada era sgombra, con le flebili luci dei lampioni ad illuminare una strada in una calda notte estiva. Guidai in silenzio in ospedale, dove un'infermiera ci accolse con aria dispiaciuta, conducendoci all'obitorio pronunciando un semplice "Mi dispiace". Entrammo nella camera dove era stata sistemata la salma di mia madre. Mio fratello scoppiò a piangere come la vide, a me invece toccava il compito di parlare con il medico. Rimasi fredda, distaccata, com'era il mio solito, ascoltando la sua spiegazione di come nostra madre si fosse "spenta nel sonno e non avesse sofferto". Immagino fossero quelle le balle che raccontavano ai parenti delle vittime, tanto per non farli star male ulteriormente, presumo. Mia madre soffriva, aveva sempre sofferto. Non lo dava a vedere, ma ultimamente tra la lista delle sue medicine avevano aggiunto della morfina, per attenuare i suoi dolori. Mia madre era probabilmente morta soffrendo, in silenzio, ed io non le ero stata accanto. 


 I funerali si svolsero tre giorni dopo. Pioveva, un temporale estivo piuttosto forte. Le poche persone che si erano presentate al funerale si avvicinarono a me e mio fratello per le condoglianze. Mio fratello non riusciva a trattenere le lacrime, io invece rimasi fredda a fissare la bara di mia madre che veniva lentamente interrata, immersa nei miei pensieri. Eravamo orfani. 
 
"Beh, Alex è grande, potrebbe cavarsela da sola... Ma Amy ha solo sedici anni, non è ancora maggiorenne, non ci sono nemmeno parenti lontani pronti ad accoglierla... Chi si prenderà cura di loro?"

 Assistevo in silenzio a discorsi del genere, salutando e ringraziando per le condoglianze, fino a che a fine giornata non ci ritrovammo a casa, stanchi e depressi, vuoti e smarriti. 

 

 "Amy? Bussano alla porta, vai tu per favore?"

 Erano passate un paio di settimane dal funerale, e già dopo i primi giorni non avevamo più ricevuto visite da nessuno. Non avevo idea di chi sarebbe potuto essere o del motivo della sua visita, e di certo non immaginavo che la mia vita sarebbe radicalmente cambiata da quel momento in avanti. 

 "Buongiorno, sto cercando i due figli di Melanie Ryan." 
 
 Un ragazzo era in piedi davanti alla porta. Mi guardò con un mezzo sorriso cordiale, rivelando i suoi denti bianchi e perfetti. Lo osservai, avrà avuto una ventina d'anni, alto, moro con gli occhi chiari, quasi brillanti, che mi colpirono subito. Rimasi immobile ed in silenzio, fissando quei suoi occhi innaturali, che mi avevano rapita per un istante. 

 "Amy Ryan, la figlia minore." 

 Dissi, con un tono lievemente distaccato, confusa. Non sapevo cosa esattamente volesse da me, ma la sua sola presenza mi faceva sentire strana. 

 "Oh, la piccola Amy... E' un piacere rivederti... Sono Damon, un vostro parente alla lontana. Posso entrare?"

 Mi chiese con una certa sfrontatezza, guardandomi negli occhi, senza smettere di sorridere. Io da parte mia non esitai, forse scioccamente; far entrare un estraneo in casa non era certo una delle cose più intelligenti da fare, non nell'epoca in cui vivevamo. Lo feci accomodare in sala, dove presto ci raggiunse mio fratello, guardando l'estraneo con fare interrogativo, chiedendosi chi fosse, forse ammaliato anche lui dalla sua presenza. 

"Ho saputo da poco della morte di Melanie, e vi porgo le mie più sentite condoglianze..."

 Ne avevo sentite tante, e sia io che mio fratello eravamo sinceramente stanchi di sentirne ancora. Il ragazzo se ne accorse, perchè cambiò subito argomento, guardando me direttamente negli occhi. 

 "Ma non è questo il motivo per cui sono qui..."

 Frugò nella tasca della giacca, tirando fuori un foglio spiegazzato, e porgendolo a me. Non lo aprii subito, non morivo dalla curiosità di leggere il biglietto, ero più desiderosa di sentirlo parlare ancora, aveva una voce piuttosto melodiosa... 

 "Come ben saprai Amy, non sei ancora maggiorenne, e anche se tuo fratello ha superato da poco la maggior'età, dato l'accaduto non credo sia in grado di portare avanti la famiglia. E' per questo che vostra madre, prima di morire, aveva disposto che in caso di uno spiacevole accaduto come questo, fossi io a prendermi cura di te, Amy, ed anche di tuo fratello, sempre se lui avesse acconsentito alla cosa. E' scritto nella lettera che ti ho appena dato."

 Okay, calma un momento... Un giovane straniero, spuntato dal nulla, era appena entrato in casa mia dicendomi che da questo momento in poi sia io che mio fratello saremmo stati sotto la sua tutela? Beh, non che la cosa mi dispiacesse più di tanto... 
 Mi fissò con quei suoi occhi color ghiaccio quasi ipnotici per parecchi minuti, cercando forse di leggere cosa mi passasse per la mente, e per un momento quasi credetti che potesse farlo. Si alzò in tutta calma, dirigendosi alla porta, e sia io che mio fratello lo seguimmo, un pò confusi. 
 
 "Naturalmente non mi aspetto che prendiate una decisione ora, avrete ventiquattro ore per rifletterci, tornerò domani a quest'ora per sapere qual è la vostra risposta." 

 Mi sorrise, afferrandomi gentilmente la mano e baciandola con delicatezza, gesto forse un pò troppo "antico" e rispettoso, che però non mi dispiacque. Aprì la porta da se, uscendo di casa e sparendo lungo la strada, lasciando così sia me che mio fratello scossi e pensierosi, indecisi sul da farsi.
  
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