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Autore: rekichan    19/03/2008    10 recensioni
Spin Off da: Una tazza di latte e zucchero.
[SasukeXSakura]
[Song: Max Pezzali]
«Il giorno in cui ci diremo addio, voglio che lo facciamo come Otello e Desdemona.»
«In che senso?»
«Con un bacio.»
«Così?»
«Così.»
«Sakura…»
«Sì?»
«Posso dartene un altro?»
Genere: Romantico, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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*Rekishi resuscita dal baratro degli esami e delle lezioni*

Salve a tutti.

Questa è una piccola spin off su "Una tazza di latte e zucchero", per la precisione su Sasuke e Sakura.

Ancora più precisamente, sull'andamento della loro storia.

Sperando che vi piaccia.

Alla prossima.

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C’è un tempo per i baci sperati, desiderati

Tra i banchi della I^ D.

Occhiali grandi sempre gli stessi;

Un po’ troppo spessi

Per piacere ad una così.

Nell’ora di lettere,

guardandola riflettere,

sulle domande tranello della prof.

Non cascarci amore, no.

Era stato al parco giochi.

C’era una grande pista di cemento, rotonda e priva di quegli appigli di sicurezza che un comune dovrebbe offrire ai propri cittadini.

Lui era accompagnato dal fratello maggiore: un ragazzino di undici anni dall’aria annoiata che si rinverdiva solo alla vista del cugino quattordicenne.

Il bambino arrancava sui pattini a rotelle; erano i suoi primi pattini in linea e, ancora, non sapeva come procedere.

Si teneva stretto al cornicione rovinato, avanzando lentamente.

Lei era con la madre e con la sua migliore amica. Giocavano alle bambole e, in quel momento, lei e la sua bambina – una bambola di pezza di nome Haru – erano invitate a un grande ricevimento a casa della signora Yamanaka.

Sakura, però, era una madre distratta, perché si era fermata a guardare quel bambino un po’ paffuto che minacciava di capitombolare rapidamente sul cemento.

La curiosità infantile gli impedì di distogliere lo sguardo, come imponeva la buona educazione.

Aveva i capelli neri e gli occhi scuri; tipico giapponese un po’ bassino e con grandi occhiali posati sul piccolo naso.

Era quasi ridicolo in quella salopette troppo lunga che gli impacciava i movimenti, ma Sakura si trovò ad ammirare la sua tenacia.

La piccola lingua usciva fuori dalla bocca; tutto il viso era contratto in una smorfia concentrata, mentre, con una spinta un po’ più forte, si spingeva via dal corrimano e si lanciava sulla pista.

E avanzava.

Il bambino rise; Sakura quasi batté le mani per il piccolo successo ottenuto dal ragazzino, ma servì a poco contro la sua scarsa abilità.

Dopo pochi metri, le gambe ancora instabili si divaricarono drasticamente e il bambino perse l’equilibrio, cadendo all’indietro.

Sakura notò il suo viso arrossarsi, il labbro tremare e pensò che stesse per mettersi a piangere.

Poi il bambino la vide e, arrossendo ancor di più per la vergogna, tirò su col naso e ricacciò indietro le lacrime.

Barcollando un poco, riuscì ad alzarsi e a raggiungere, di nuovo, la sicurezza del corrimano.

In quel momento, il fratello maggiore lo raggiunse e Ino la richiamò ai suoi doveri di signora dell’alta società.

Sakura, quindi, distolse lo sguardo e riprese a giocare.

Sasuke la rivide a scuola l’anno successivo.

Frequentava la seconda elementare, mentre quella bambina dai capelli rosa era appena entrata in prima.

La osservò un po’ dall’alto al basso, proprio come fanno i bimbi grandi con quelli piccoli e decise che non era così importante da meritare la sua attenzione.

Anche perché stava parlando con Naruto, che era nella sua stessa classe. A Sasuke non piaceva Naruto; sapeva che era suo fratello, ma non come Itachi. Era colpa sua se lui non aveva una mamma e, per questo, lo odiava: perché Naruto aveva quello che a lui era stato tolto.

Fu, però, Naruto a trascinarlo nei giochi con quella bambina dai capelli rosa che si chiamava Sakura.

O meglio, loro giocavano, e lui li guardava, finché Sakura, seccata, non gli si piantò davanti a braccia conserte.

«Insomma! A cosa vuoi giocare?»

«A niente.»

Rispose Sasuke, notando che Sakura aveva dei begli occhi verdi e un cipiglio deciso.

«Ci sarà qualcosa che ti piace fare!»

Sasuke ci pensò un attimo. Ricordò l’ebrezza che provava quando andava sui roller e rispose:

«Pattinare. Mi piacerebbe farlo sul ghiaccio.»

«Allora oggi andiamo a comprare i pattini e poi andiamo alla pista insieme!»

Decise la bambina, con un tono che non ammetteva repliche.

Il pomeriggio, Sasuke pensò che se ne fosse dimenticata, finché Itachi non lo raggiunse in camera, seguito da quella bambina rompiscatole che lo trascinò, assieme ai genitori, a comprare un paio di pattini da ghiaccio.

A nove anni, sapevano ormai pattinare benissimo. E lo avevano fatto sempre insieme.

Karin, la loro allenatrice conosciuta due anni prima, li prendeva sempre in giro dandogli dei “fidanzatini”.

Sakura rideva e Sasuke arrossiva, perché lei era davvero carina e lui sembrava così goffo con quegli occhiali che gli coprivano il viso.

A volte se li toglieva, ma dopo non vedeva nulla e si vergognava.

Quindi li rinforcava rapidamente e, mestamente, riprendeva a pattinare, osservando i bambini più grandi che si esercitavano a saltare.

Quando si demoralizzava per il suo problema di vista, andava da Sakura e la prendeva per mano. Pattinavano così per un po’ e, alla fine, era contento quando scivolava e lui poteva stringerla con la scusa di aiutarla.

Anche se, il più delle volte, era lui a farle lo sgambetto.

In fondo, non poteva mica dirle che aveva voglia di abbracciarla.

C’è un tempo per i primi sospiri,

tesi e insicuri,

finché l’imbarazzo va via.

Con sincronismo dei movimenti;

coi gesti lenti,

conosciuti solo in teoria.

Come nelle favole,

fin sopra alle nuvole,

Convinti che quell’istante durerà

da lì all’eternità.

A undici anni, Sakura risolse il problema occhiali di Sasuke.

Una sera che erano a casa sua a guardare un film, durante una scena particolarmente coinvolgente, glieli sfilò con grazia, nascondendoli.

Sorrise, alle proteste del ragazzo e, ridacchiando, mormorò:

«Sei più carino senza.»

Sasuke non ricordava di essere arrossito. In compenso, era ben conscio delle labbra di Sakura posate sulle sue.

Il giorno dopo, Sakura lo convinse a cambiare montatura e a sceglierne una più sottile e a provare le lenti a contatto.

L’ultima opzione, non gli piacque più di tanto, e, pur adottandole ogni volta che pattinava, non prese mai l’abitudine di indossarle giornalmente.

In compenso, il loro uso temporaneo gli permise di cominciare a cimentarsi con i salti.

Lui e Sakura facevano parte dello stesso corso e Karin gli allenava contemporaneamente.

I loro progressi erano sincroni e, ben presto, raggiunsero ottimi livelli, sia da soli che in coppia.

Il giorno che Sakura vide Sasuke e Naruto picchiarsi nel cortile delle medie, tirò una sedia in testa ad entrambi e costrinse l’Uchiha a fornirle spiegazioni.

Fu la prima volta che lo vide davvero piangere, mentre le raccontava la storia di suo padre e sua madre e delle aspettative di Fugaku sulla sua vita.

Sakura quel giorno constatò che Sasuke, pur essendo un ragazzo molto intelligente, si faceva dei problemi davvero sciocchi, ma si limitò ad abbracciarlo e a tenerlo stretto contro di sé.

Lei aveva dodici anni, lui tredici, quando assisterono alla rappresentazione dell’Otello di Shakespeare.

La guardarono in silenzio, con le mani che si stringevano più e più volte ad ogni scena cruciale.

Alla fine dell’ultimo atto, nel silenzio colmo d’applausi, Sakura si voltò verso Sasuke e annunciò:

«Il giorno in cui ci diremo addio, voglio che lo facciamo come Otello e Desdemona.»

«In che senso?»

«Con un bacio.»

A quel punto, Sasuke le aveva alzato il viso e l’aveva baciata.

Sfiorò timidamente le sue labbra con la lingua, finché questa non le dischiuse; poi, incerto, andò alla ricerca della sua.

Quando si staccarono, erano entrambi rossi.

«Così?»

Sakura annuì.

«Così.»

«Sakura…»

«Sì?»

«Posso dartene un altro?»

Lo strano percorso

Di ognuno di noi

Che neanche un grande libro e un grande film potrebbero descrivere mai

Per quanto è complicato

E imprevedibile

Per quanto in un secondo tutto può cambiare niente resta com’è

Sakura aveva quindici anni, Sasuke sedici.

Lei doveva studiare per l’esame d’ammissione al liceo; lui le avrebbe dato una mano.

Ma erano da soli, in casa; i ciliegi erano in procinto di fiorire e qualche bacio scambiato tra un esercizio e l’altro divenne, improvvisamente, pretesa di qualcosa di più.

Vuoi la serata fresca, vuoi il calore che il corpo dell’altro emanava; vuoi il profumo dei fiori del giardino e quella strana atmosfera che una serata serena può creare, ma quella notte si gustarono l’un l’altra.

E fu bello.

Sasuke non avrebbe mai pensato che la pesca potesse essere così buona.

Sakura non avrebbe mai pensato che il latte potesse essere così dolce.

E rideva, Sakura, con quel kimono bianco in giardino; i capelli rosa sciolti e umidi per la doccia appena fatta.

Rideva e roteava felice, sotto i petali di ciliegio.

Sasuke la osservava e, tra sé, piangeva.

Perché latte e pesca insieme, alla lunga, stuccano.

C’è un tempo per il silenzio assenso

Solido e denso

Di chi argomenti ormai non ne ha più

Frasi già dette già riascoltate

In mille puntate di una soap opera alla TV

Sarà l’abitudine

Sarà che sembra inutile

Cercare tanto alla fine è tutto qui

Per tutti è tutto qui

Sasuke aveva compiuto diciassette anni; Sakura ne aveva fatti da poco sedici.

Erano andati a comprare quello che, allora non lo sapevano, sarebbe stato il loro ultimo paio di pattini assieme.

Sakura aveva un problema grave alle caviglie; il medico le aveva sconsigliato il pattinaggio.

«Reggeranno per poco, Sakura. – aveva detto – Meglio che smetti ora, in modo da preservarle sane.»

Ma Sakura, non gli aveva dato ascolto e continuava a pattinare.

Assieme a Sasuke, passavano le ore sulla pista e altrettante negli spogliatoi a scambiarsi quei baci proibiti di cui era a conoscenza tutta la scuola.

La scuola, ma non le rispettive famiglie.

Né ne sarebbero mai dovuti venire a conoscenza.

Assieme, progettavano quello che sarebbe stato il loro ultimo saggio.

Assieme, progettavano il loro addio.

Eppure, Sasuke non riusciva mai ad essere soddisfatto del finale.

Otello uccide Desdemona.

Lui avrebbe avuto la forza di uccidere Sakura?

«Secondo me, non riesci ad accettare l’idea di lasciarci.»

Commentava la ragazza, ogni qual volta Sasuke tirava fuori il problema del finale.

Questi sbuffava, scuoteva il capo e affermava, con convinzione, che avrebbe potuto mollarla anche in quel preciso istante.

Sakura, allora, si offendeva e se ne andava, lasciandolo da solo, con il suono della porta che si chiudeva ancora nelle orecchie.

Lo strano percorso

Di ognuno di noi

Che neanche un grande libro e un grande film potrebbero descrivere mai

Per quanto è complicato

E imprevedibile

Per quanto in un secondo tutto può cambiare niente resta com’è

Il vero problema – si ripeteva Sasuke – era che Sakura aveva ragione.

Nel suo tentativo di dimenticarsi dei propri doveri filiali, aveva finito col rimuovere dalla testa il fatto che lui e Sakura non potevano stare assieme.

Una cosa stupida, obbedire a un matrimonio combinato; a Sasuke sarebbe bastato rispondere di no al padre, quando questi gliel’aveva proposto per l’ennesima volta.

L’ultima, fu quella sera, quando gli comunicò il nome della ragazza.

In realtà, Sasuke rifiutava di credere che il padre potesse tenerci relativamente e che avrebbe preferito vedere il figlio sposato con una ragazza di cui era sinceramente innamorato.

Già, Sasuke, in quel campo, era molto stupido, perché convinto di non meritarsi felicità; succube del peso di una colpa esistente solo nel suo cervello.

Ma Sakura lo capiva e, anche dopo i litigi, tornava sempre a consolarlo e confortarlo.

C’è un tempo per qualcosa sul viso

Come un sorriso

Che non c’era ieri e oggi c’è

Sembrava ormai lontano e distante

Perso per sempre

Invece è ritornato con te

Con te che fai battere

Il cuore che fai vivere

Il tempo per tutto il tempo che verrà

Nel tempo che verrà

Sembravano così lontani quegli anni, adesso.

Sasuke ripensava con nostalgia alla primavera della sua adolescenza; alle giornate passate sotto i ciliegi e a quelle trascorse sulla pista di pattinaggio.

Adesso Sasuke Uchiha era un uomo adulto, padre di famiglia serio e responsabile, che sfogliava distrattamente un album di fotografie dove lui e Sakura si guardavano sorridendo.

Ce ne erano state molte altre, e tante ancora ce ne sarebbero state.

Sasuke sorrise; chiuse l’album di foto e raggiunse la moglie e i figli in cucina.

Sakura preparava la cena, con un mezzo sorriso dipinto sul viso.

Suo marito sarebbe rientrato tra poco e ci teneva a fargli trovare tutto pronto per festeggiare il loro anniversario.

Infornò il tutto; regolò il forno e salì in camera a cambiarsi.

Lo sguardo le cadde su una foto che ritraeva sé e Sasuke, il giorno del suo matrimonio, intenti a sorridere all’obiettivo.

Erano felici, a quel tempo, e lo erano tutt’ora, anche se in modo diverso.

Non c’erano più né Otello, né Desdemona, ma solo due persone che si volevano bene e che avrebbero continuato a volersene.

Sakura sorrise; si fece la doccia e andò ad aprire al marito non appena udì suonare il campanello.

Passano gli anni e tutto cambia.

Dapprima l’amicizia si trasforma in qualcosa di più, poi anche questo svanisce e ne rimane solo un tenue e piacevole ricordo.

Ma gli affetti non si perdono.

Mai.

Le anime vicine, restano tali, anche se prendono strade differenti e sono sempre pronte ad incrociarsi in questa meravigliosa storia che è la vita.

Lo strano percorso

Di ognuno di noi

Che neanche un grande libro e un grande film potrebbero descrivere mai

Per quanto è complicato

E imprevedibile

Per quanto in un secondo tutto può cambiare niente resta com’è

   
 
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