Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rota    13/09/2013    1 recensioni
Non tanto per la costrizione fisica in sé quanto per l'aspetto psicologico della tale che implica una limitazione alla libertà e quindi all'essere, tra un movimento negato entro certi e definiti confini e l'esiguo spazio permesso per l'espressione di cose complesse come alzarsi in piedi, stendere i muscoli, esprimere tutta una serie di emozioni legate all'ambiente che circonda la persona e la rende soggetto di un'interiezione unica, tra dentro e fuori lo spirito – ciò che tocca e viene toccato. Questo significa subire il cappio e la prigionia che lega i polsi e il collo.
E forse per esseri che tengono in più alta considerazione l'anima del corpo, questo implica un patimento che si esprime attraverso le espressioni più che negli scatti nervosi, ed è una cosa che non può curarsi facilmente, neppure col tempo.

[AU - Pre RivEren]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Eren, Jaeger
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Knocking' on Heaven's Door'
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*Autore: margherota
*Titolo: Knocking' on Heaven's Door – Eyes
*Fandom: Shingeki no Kyojin
*Personaggi: Rivaille, Eren Jaeger, Altri
*Generi: Introspettivo, Generale
*Avvertimenti: AU, Missing Moment, Flash fic
*Rating: Giallo
*Credit: “Knocking' on Heaven's Door” e le sue lyrics appartengono a Bob Dylan; Rivaille, Eren e tutti gli altri personaggi di Shingeki no Kyojin appartengono a Isayama Hajime
*Dedica: Alla Danna, che voleva una RivEren e io ho il dovere di accontentarla (L) A Shichan, che condivide con me questo OTP (L) A Lucifer, a cui dovevo un regalo di compleanno (L)
*Note: In un Universo Alternativo, ripercorro le varie fasi che /per me/ hanno definito la bellezza della RivEren. Sarà una serie, non so quanto lunga, non so neanche se arriverò allo yaoi vero e proprio o se resterò nello shonen ai. La trama riprende pari pari quella dell'opera originale e la varia secondo il nuovo contesto che ho inserito. Qui i “Giganti” sono i “Diavoli” o “Demoni” che dir si voglia, giusto per precisare. Lo stile è volutamente “alto”, diciamo così.
Seconda flash fic, riguardante la scena dei sotterranei, dove a conti fatti per la prima volta i due si parlano davvero e vengono a conoscenza l'uno dell'altro. Niente da aggiungere (L)

 

 




 

 

 

 

 

 

 

Non tanto per la costrizione fisica in sé quanto per l'aspetto psicologico della tale che implica una limitazione alla libertà e quindi all'essere, tra un movimento negato entro certi e definiti confini e l'esiguo spazio permesso per l'espressione di cose complesse come alzarsi in piedi, stendere i muscoli, esprimere tutta una serie di emozioni legate all'ambiente che circonda la persona e la rende soggetto di un'interiezione unica, tra dentro e fuori lo spirito – ciò che tocca e viene toccato. Questo significa subire il cappio e la prigionia che lega i polsi e il collo.

E forse per esseri che tengono in più alta considerazione l'anima del corpo, questo implica un patimento che si esprime attraverso le espressioni più che negli scatti nervosi, ed è una cosa che non può curarsi facilmente, neppure col tempo.

Odore di muffa e di cantina, assieme alla sensazione di umidità che rimane incollata alla pelle e la fa tremare di un freddo apparente. Eren si desta, sdraiato di schiena ad un letto non morbido, con le ali aperte quel troppo da fargli male – ed è quella del dolore la prima sensazione che lo prende, tra la schiena arcuata e la testa che pulsa in uno scorrere celere del sangue che non comprende appieno. Dopo sente in bocca un sapore di metallo e comprende, dopo apre gli occhi e vede pareti buie e un soffitto troppo basso per sembrare anche solo confortevole. Prova ad alzarsi, ma il freddo delle catene lo trattiene e lo forza in qualcosa che non gli viene naturale; tenta di sbattere le ali ma sente qualcosa legare anche quelle, pesante, proprio sulla punta più in alto, dove il centro dei nervi si ramifica e si espande per tutta l'ampiezza dell'ala. Geme, due volte, e ha gli occhi velati di lacrime la seconda volta che li apre.

Non ha il tempo per diventare consapevole di non riuscire a comprendere, anche se la sensazione di confusione permea esattamente come l'umidità fin nelle ossa.

-Eren Jaeger.

Prima di capire cosa deve guardare, vaga con lo sguardo lungo le pareti di quella che è un'inconfondibile cella. Vede le sbarre nere, ricoperte di talismani per il potere spirituale – come una qualsiasi altra creatura malvagia, Eren è stato trattato e rinchiuso come un criminale, ma quei segni e quelle scritture gli suggeriscono l'idea che il livello di pericolo che gli è stato attribuito è più alto del previsto.

Quasi come se lui fosse davvero un demone.

-Eren Jaeger, sei sveglio?

Eren tenta una terza volta di alzarsi, e riesce in qualche modo a mettersi a sedere – frena tardi il movimento naturale dello sbattere delle ali e una nuova fitta gli prende tutta la schiena e lo fa gemere ancora. Ma guarda avanti e vede qualcuno che non riesce a riconoscere: un angelo dalle ali piegate, bianchissime, e delle insegne sul petto che lo elevano di rango. Un suo superiore, quindi. Il ragazzo fa un cenno di assenso che sembra renderlo, apparentemente, pieno della propria consapevolezza.

Non c'è solo l'uomo che comincia a fargli domande, che lo obbliga a parlare e a concentrare l'attenzione su un solo punto, ignorando il resto e la propria situazione, ma un paio di altri soldati dalle divise scure e dall'aria truce che sono ai bordi della sua cella, uno a destra e uno a sinistra.

Poi una quarta figura, che non esprime rabbia né paura con lo sguardo e le movenze, nell'espressione e nella persona più che mai singolare sia per le fattezze sia per l'aura che sprigiona, tutt'attorno. Lo riconosce per le ali nere, quando l'irritazione gliele fa muovere in uno schiocco.

-Ehi, muoviti a rispondere. Cos'hai intenzione di fare?

Ciò che colpisce, dei suoi occhi, è l'intenzione omicida priva e sgombra di alcun intento malvagio, come se la morte non venisse giudicata e neppure il possibile nemico nel binomio sterile di buono o cattivo. E con essa anche Eren.

Sotto quell'impulso, Eren viene scosso dai più forti sentimenti che riesce a provare – e quella visione gli ricorda la passata battaglia e il recente dolore. Sente del nero arrampicarsi sopra la pelle, la forza demoniaca che diventa impeto e passione non angelica.

Risponde a Rivaille con la ferocia dell'essere indomito che è, lo sguardo negli occhi profondo e scuro come l'Ombra eterna. E quella non è cosa che una catena possa tenere a freno o la psicologia spicciola possa domare – il Caporale è toccato da questo, più che dalla rabbia di un ragazzino rinchiuso.



 

-Mi occuperò io di lui, dillo tu ai superiori. Questo non significa che mi fidi di lui. Se farà qualcosa di strano non esiterò a ucciderlo. Dalle alte sfere non dovrebbero esserci problemi. In fondo, non ci sono altre persone oltre a me a poterlo fare.

Bene, sei arruolato. Adesso anche tu fai parte dell'armata ricognitiva.

[Rivaille, capitolo 18]

   
 
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