23/09/2013
3 recensioniI'm done.
Tobias!
Mi catapulto sulle scale cercando di non inciampare nei miei lunghi pantaloni grigi. Corro. Corro a più non posso. Stavolta l'ho combinata grossa.
Tobias!
Non ho scampo, mio padre mi troverà anche stavolta.
Cerco una via di fuga aprendo tutte le porte che mi trovo davanti. La camera dei miei genitori è chiusa. Dò una spallata ma niente, non si muove. D'altronde non è una novità. Le regole degli Abneganti parlano chiaro: non ho il permesso di entrare nelle loro stanze da letto.
I passi si fanno sempre più pesanti, più vicini. Ho paura. Mi volto e vedo l'ombra di un uomo con una cintura in mano. Rabbrividisco pensando alle altre volte.
Con uno scatto mi ritrovo in camera mia, chiudo la porta dietro di me. Sposto gli occhi sui mobili della mia stanza e penso di spostare il comodino davanti alla porta per rallentare la sua venuta. Mi avvicino alla finestra pensando di poter scappare tramite quella ma un rumore improvviso mi fa voltare.
Tobias non fare il bambino. Devo punirti, lo sai.La sua voce è irata e sul suo volto compare un sorriso beffardo, maligno. La vista mi si annebbia. Ci siamo.
Voltati, idiota.
Con uno strattone mi spinge contro il muro, la schiena rivolta verso di lui. Sento il fischio della cinghia. Stringo i denti.
Uno. Un dolore lancinante si insinua nella mia spina dorsale.
Due. Le lacrime sgorgano dai miei occhi; perdo un respiro.
Tre. Le gambe mi cedono. Questo è troppo, non ce la faccio.
Quattro. Mi scappa un urlo. Fa male, troppo male.
La mano di mio padre mi cinge il braccio e mi trascina di peso verso un luogo a me - putroppo - conosciuto.
Un'altra volte impari, ragazzo.
Papà, ti prego, papà.
Cerco di opporre resistenza ma è inutile. Un uomo è sempre molto più forte di un ragazzo di quattordici anni. Mi trascina fuori dalla stanza e apre una porta nascosta. Davanti a me vedo solo buio. La stanza è maleodorante, inizio a sentirmi male.
Magari domani vengo a prenderti. Ora, entra e pensa a ciò che hai fatto.
Mi scaraventa sul pavimento sudicio dello sgabuzzino e chiude la porta con una tale forza da fare tremare gli scatoloni al suo interno.
Qui posso piangere liberamente, almeno. Le lacrime scivolano calde sul mio volto, è sempre la stessa storia. Mi metto a sedere poggiando la schiena contro il muro, ma il dolore è troppo forte e mi scosto subito. Mi scappa un urlo che tento di smorzare tappandomi la bocca. Tasto la mia schiena con la punta delle dita, delicatamente. Sento dei solchi, dei lividi. Tolgo la mano tremante e la porto sul volto.
Odio gli spazi chiusi. Mi manca l'aria. Le pareti si stringono attorno a me. Sembra che il soffitto si avvicini. Non capirà mai quanto è difficile per me stare qui dentro.
Chiudo gli occhi sperando che tutto passi, ma questo fa solo aumentare la mia rabbia. Ripenso a tutte le volte in cui mi ha fatto male, mi ha fatto soffrire. Ripenso a mia madre che se ne è andata. Sono sicuro che se lei ci fosse questo non accadrebbe. Stringo i pugni. Da quando lei non c'è più, tutto è diverso.
Senza che me ne accorga sono in piedi e tiro pugni contro la porta. Urlò.
Non puoi farmi questo!Sferro un calcio.
Sono sempre tuo figlio ricordi?Carico un destro con violenza.
Giuro che me ne vado di quì.Ne carico un altro.
Non mi vedrai mai più.Inizio a calmarmi. Appoggio la fronte sulla porta fredda e punto il mio sguardo in un punto vuoto, buio.
E quando tornerò te la farò pagare. Lo giuro.