Prologo
E pur fra le tempeste
la calma ritrovai.
Ah non ritorni mai,
mai più sereno il dì!
Questo de' giorni miei,
questo è il più chiaro giorno
Viver così vorrei,
vorrei morir così.
La tempesta, Pietro Metastasio
la calma ritrovai.
Ah non ritorni mai,
mai più sereno il dì!
Questo de' giorni miei,
questo è il più chiaro giorno
Viver così vorrei,
vorrei morir così.
La tempesta, Pietro Metastasio
Una pioggia
scrosciante stava fiaccando la città di Starwood, avvolgendola
in un torrenziale frastuono ed esasperando i cittadini. I vicoli si
erano traformati in fiumiciattoli, che convergevano su Hartford
Street e Throllope Av., le due vie che tagliavano il centro da Nord a
Sud, con una pendenza stradale accentuata ed un sistema fognario che
non vedeva lavori di manutenzione da troppo tempo. Stava facendo buio,
ma era difficile accorgersene: tutto il giorno era stato buio, grigio
ed opprimente. Adesso, che le vette degli edifici più alti
andavano sfumando contro un cielo fosco ed incolore e il gocciolio
monotono della pioggia faceva da colonna sonora alla vita di ognuno
degli abitanti, la città appariva deserta. Solo un occhio
esperto, che sapeva quel che cercava, avrebbe potuto notare un'ombra,
alta e slanciata, anche se leggermente ricurva, che si staccava da un
muro e si muoveva lesta, evitando pozzanghere e acquitrini. Era
ammantata di nero ed era impossibile scorgerne il viso. Ma doveva
trattarsi di qualcuno che conosceva bene la città, perché
sapeva come muoversi anche sotto la tempesta.
Non le ci volle molto per raggiungere una piazzetta angusta, circondata da radi alberelli e un chiosco cadente. L'ombra scivolò speditamente sul lastricato percosso dalla pioggia, guidata dalla fioca luce dei lampioni. Raggiunse il vecchio chiosco, poi, con fare circoscpetto, sembrò ispezionarlo. Infine, sembrò appoggiarvisi contro, di schiena. E poi l'ombra si dissolse. Troppo semplice dire che sparì: si disperse nell'oscurità, che sempre le era sorella o forse si stemperò nella pioggia, che quella notte le fu complice.
Ma forse l'ombra non era stata abbastanza circospetta, perché, qualche passo più in là, un'altra figura, più bassa e altrettanto ricurva, si mosse verso il medesimo chiosco. A differenza della prima, questa si nascondeva sotto un ombrello scuro, che le dava rifugio dalla pioggia e dagli occhi indiscreti. Si sarebbe detto, guardandola, che non se la passava troppo bene: il suo passo non seguiva un percorso diritto, ma sbandava visibilmente, con l'incedere incerto di chi barcolla. Comunque, arrivata al chiosco e posta una mano contro il vetro sporco, perse consistenza e si disgregò. L'ombrello rimase in terra, aperto.
In altri angoli diroccati, in vie anguste e dimenticate, altre simili ombre, altre sagome indistinte, raggiunsero vecchi locali e zone d'ombra, per poi sparire.
Quella notte senza luna, troppe ombre si agitavano per la città, ogni vicolo brulicava di cupi spettri e solo due persone sembravano essersene accorte.
Non le ci volle molto per raggiungere una piazzetta angusta, circondata da radi alberelli e un chiosco cadente. L'ombra scivolò speditamente sul lastricato percosso dalla pioggia, guidata dalla fioca luce dei lampioni. Raggiunse il vecchio chiosco, poi, con fare circoscpetto, sembrò ispezionarlo. Infine, sembrò appoggiarvisi contro, di schiena. E poi l'ombra si dissolse. Troppo semplice dire che sparì: si disperse nell'oscurità, che sempre le era sorella o forse si stemperò nella pioggia, che quella notte le fu complice.
Ma forse l'ombra non era stata abbastanza circospetta, perché, qualche passo più in là, un'altra figura, più bassa e altrettanto ricurva, si mosse verso il medesimo chiosco. A differenza della prima, questa si nascondeva sotto un ombrello scuro, che le dava rifugio dalla pioggia e dagli occhi indiscreti. Si sarebbe detto, guardandola, che non se la passava troppo bene: il suo passo non seguiva un percorso diritto, ma sbandava visibilmente, con l'incedere incerto di chi barcolla. Comunque, arrivata al chiosco e posta una mano contro il vetro sporco, perse consistenza e si disgregò. L'ombrello rimase in terra, aperto.
In altri angoli diroccati, in vie anguste e dimenticate, altre simili ombre, altre sagome indistinte, raggiunsero vecchi locali e zone d'ombra, per poi sparire.
Quella notte senza luna, troppe ombre si agitavano per la città, ogni vicolo brulicava di cupi spettri e solo due persone sembravano essersene accorte.
Un
uomo robusto, in piedi di fronte ad una grande vetrata, abbassò
il binocolo, che fino a qualche momento prima teneva puntato proprio
sul chiosco. Si volse, mostrando alla luce tremolante delle candele, la
vistosa cicatrice che gli attraversava il mento sino alla piega delle
labbra, subito sotto la guancia destra. I suoi occhi verdi, tesi e
vividi, si mossero sulla ragazza che aveva accanto, la quale lo
guardò a sua volta: non ci fu bisogno di aggiungere altro,
perché lei sembrò cogliere il messaggio.
"Chiamo gli altri", rispose in un sussurro inquieto.
Si portò il cellulare all'orecchio, mentre con la mano libera si strofinava la fronte, in un gesto che le era diventato abituale quand'era nervosa. E ultimamente lo era spesso.
Sollevò i grandi occhi nocciola verso la finestra, mentre l'altro le afferrava affettuosamente la mano per evitare che si tomentasse ancora la fronte.
"Avevamo ragione, ma sembra una cosa più grossa di quella che credevamo. Ci servono rinforzi".
_________________
NdA: ho preso in prestito il titolo della storia dall'omonima canzone di Florence + The Machine, perché l'ho sempre trovato evocativo. Ma questa non è in alcun modo una song-fiction e la trama si dipanerà in maniera del tutto indipendente dal testo della suddetta canzone.
"Chiamo gli altri", rispose in un sussurro inquieto.
Si portò il cellulare all'orecchio, mentre con la mano libera si strofinava la fronte, in un gesto che le era diventato abituale quand'era nervosa. E ultimamente lo era spesso.
Sollevò i grandi occhi nocciola verso la finestra, mentre l'altro le afferrava affettuosamente la mano per evitare che si tomentasse ancora la fronte.
"Avevamo ragione, ma sembra una cosa più grossa di quella che credevamo. Ci servono rinforzi".
_________________
NdA: ho preso in prestito il titolo della storia dall'omonima canzone di Florence + The Machine, perché l'ho sempre trovato evocativo. Ma questa non è in alcun modo una song-fiction e la trama si dipanerà in maniera del tutto indipendente dal testo della suddetta canzone.