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Autore: serClizia    29/09/2013    14 recensioni
Una strana storia che mi ha portato via un'estate, un pezzo di cuore, e tante risate tra le lacrime.
Non fatevi ingannare dal primo capitolo, non c'è una storia di passione tra la protagonista e Damon Salvatore. Mi sono attenuta rigorosamente al telefilm. Ok, quasi rigorosamente. Ma tanto al Beremy non ci crede più nessuno, no?
Genere: Azione, Comico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 25 - GIULIA

                               

NDA: questo è l’ultimo capitolo. Seguirà un breve epilogo. Hope you enjoy it…

 

CAPITOLO 25 – GIULIA

 

Con un colpo di reni mi alzo dal tavolo, talmente tanto velocemente che la sedia cade all’indietro.

Sono in camera mia. Sono seduta, beh… ero seduta alla mia scrivania.

Mi guardo intorno e la stanza è come la lascio sempre, disordinata, piena di vestiti piegati e non, con il letto sfatto.

Istintivamente mi porto le mani alla gola, ma non ci sono segni di morsi.

Corro allo specchio, mi guardo. Niente sangue, niente lividi.

E non sento nemmeno il dolore.

“Sono tornata. Sono tornata a casa. In Italia.”

Un attimo fa Silas…

“Sono… morta?”

Corro fuori dalla mia camera, a casa non c’è nessuno.

Prendo il telefono. Non so chi chiamare.

Poi compongo un numero, lo so a memoria.

«Pronto!» risponde, tutta contenta.

«Deb?»

«Sì?»

«Sono morta?»

«Cosa?»

Mi siedo di schianto, sul divano.

«Deb, che giorno è?»

«Domenica, perché? Giuls, ti senti male? È successo qualcosa?»

«Sì. No. Non lo so.»

«Aspetta un attimo.» sento che dice qualcosa a Sophie, sua figlia, la allontana e torna da me.

«Cosa succede?»

«Non lo so. Ero…»

«Sì?»

«Ero…»

Non so nemmeno come continuare.

Sento che mi scendono delle lacrime copiose dalle guance.

“È tutto finito. Sono a casa.”

«Giuls?»

«…»

«Ma… stai piangendo! Ok, sei a casa? Vengo da te.»

«…»

«Giulia! Sei a casa?»

«Sì…»

«Arrivo.» e butta giù.

Lentamente abbasso il telefono dall’orecchio.

Rimango seduta a fissare il vuoto, lasciando scorrere le lacrime, ma senza emettere alcun suono.

“Come Stefan.”

Questo pensiero mi fa piangere più forte, comincio a singhiozzare.

Non so quanto tempo dopo, un suono mi riporta alla superficie.

Il campanello. Mi asciugo le lacrime e, come uno zombie, vado ad aprire, senza nemmeno controllare se sia davvero lei.

Poco dopo entra in casa. Mi cerca con lo sguardo.

Mi trova sul divano, di nuovo a fissare il vuoto. Alzo lo sguardo su di lei.

Sophie è abituata a vedermi correre verso di lei a salutarla e prenderla in braccio, quindi mi ignora.

Debora si siede vicino a me.

«Dimmi tutto.» dice, mentre cerca i fazzoletti nella borsa.

Sophie, dopo essersi accorta che non la sto considerando, si avvicina per salutarmi.

Mi stringe in un abbraccione e mi da’ un bacio sbavoso sulla guancia.

“L’amore dei bambini di 4 anni…”

Riesco a trovare il sorriso. «Grazie, tesoro.» le dico, asciugandomi le guance. «Li vuoi i miei pupazzi?»

«Sì!»

Dopo averla messa a giocare con i residui della mia infanzia presenti ancora in casa, io e Debora ci piazziamo sul terrazzino.

Rolla due sigarette, una in più per me.

«Allora…» dice.

«Allora…» dico.

«Che è successo?»

«Tutto. Di tutto. Io… ho passato un’estate assurda.»

Debora aggrotta le sopracciglia, perplessa. «Ah, sì?»

«Sì, ero a Mystic Falls!»

«Eri dove?»

«A Mystic Falls, ti ricordi quel telefilm di cui parliamo io e Sara? Quello coi vampiri?»

«Sì…?»

«Ecco, io sono stata lì.»

«Quando?»

«Tutta l’estate!»

Si allunga verso di me e mi mette una mano sulla fronte.

«Ti senti male?»

«No, perché?»

«Ehm… perché l’estate l’hai passata con me? E la bimba?»

Indica sua figlia, che gioca rumorosamente sul pavimento della sala, davanti a noi.

Io la guardo per un po’, con le manine che stringono due pupazzi, intenti a parlare di chissà cosa.

“Un leone e un maiale, di cosa parleranno mai?”

Mi coglie un mal di testa allucinante, tanto che mi devo piegare un po’ per la fitta.

Ma ecco che arrivano, ricordi dell’estate.

Il mare, fare il bagno con la bambina.

Giocare sulla sabbia, fare le buche, costruire castelli.

Studiare per gli esami, parlare con le bimbe su Skype.

Mi stringo la testa.

Debora si avvicina ancora.

«Giuls?» è spaventatissima.

Continuano ad arrivare ricordi.

Feste in spiaggia, sbronze con gli amici, qualche bagno in mare notturno, il lavoro…

Tutti i ricordi dell’estate passata nella mia città mi invadono la testa.

La fitta si fa sempre più lancinante, poi, di colpo, smette.

Debora mi guarda, mentre mi tiene per le spalle. È ad un passo dal chiamare l’ambulanza.

La guardo. Devo farmi venire in mente qualcosa di sensato da dire, per tranquillizzarla.

«Va tutto bene.» le dico. «Ho passato una nottataccia, ho dormito malissimo. Mi è venuto un po’ di mal di testa. Se stanotte dormo a modo, mi passa.»

«Ok…» è perplessa. Mi lascia andare e si accorge di aver buttato a terra la sigaretta.

Se ne comincia a rollare un’altra.

«Prendi anche un moment, semmai.» Annuisco.

«Ma cosa mi stavi dicendo di Mystic coso?»

«Mystic Falls. Giusto…»

Mi strofino un po’ gli occhi, prendendo tempo. Mi viene in mente la bugia più naturale del mondo.

«Ti stavo raccontando dell’incubo che ho fatto stanotte.»

La vedo rilassarsi.

Annuisce e non le lascio il tempo di parlare, perché attacco a raccontare di questo brutto sogno che mi ha fatto piangere. Un incubo in cui ero in un altro mondo e sono morta. Per fortuna, mi crede.

 

Quando se ne va, dopo aver cercato di sviare i tentativi di Sophie di farmi andare a cena a casa loro, chiudo la porto dietro di loro e torno al silenzio.

Alla pace.

E ai miei pensieri.

Me ne vado in camera e crollo sul letto.

“Come diavolo è possibile che io abbia i ricordi dell’estate passata qui E quelli dell’estate passata… là?”

“E perché questa non mi sembra più casa mia?”

Rimango in silenzio, sdraiata su quel letto, per ore.

Quando decido di alzarmi, è perché il mio stomaco brontola.

Ore di rimuginazioni, e qualche lacrima qua e là, non hanno portato a nulla.

“Non capisco. Proprio non capisco.”

Mangio qualcosa veloce e decido di andarmene a letto.

“Forse domani capirò qualcosa, la notte porta consiglio.”

“Forse domani potrei svegliarmi di nuovo in quel giardino…”

Il pensiero mi fa stringere lo stomaco.

Nonostante mi piaccia la mia vita qui, non c’è niente che vorrei di più al mondo che tornare… beh, a casa.

Mi scendono altre lacrime.

Sbuffo e me le scrollo via. Tanto le lacrime non possono aiutarmi.

Comincio a prepararmi per andare a letto, e quando sono in pigiama, pronta a coricarmi, vedo che il computer è ancora acceso.

Vado a spengerlo, e trovo una pagina di Word aperta.

“Chissà che diavolo ho scritto mentre ero via.”

“No, non eri via, idiota. Eri qui.”

Due voci che litigano nel mio cervello. Sarà una lunga vita, d’ora in poi!

Leggo le ultime righe.

«Era mia amica.» le soffiò tra i capelli.

«Lo so.» gli ripeté lei, in un sussurro.

 

“Oddio, ho scritto una storia d’amore sdolcinata? Io? Non ci credo! Però c’è scritto ‘amica’…”

Sono troppo curiosa, mi siedo e scorro la pagina per cominciare a leggere da capo.

In quel momento vedo che il capitolo si chiama “Damon” e mi blocco di colpo.

Poi riprendo a leggere come una forsennata.

“È… è quello che è successo a Damon… dopo che sono morta. È un POV di Damon dopo la mia morte!!!”

Mi metto le mani tra i capelli.

“Che cazzo vuol dire?”

Chiudo il documento di Word. «Sì, salva, salva.» impreco contro il pop up che mi chiede di salvare prima di uscire.

Mi trovo davanti una cartella. “Summer”, si chiama.

E ci sono dentro 26 file Word. Apro il primo, titubante…

E mi ritrovo a leggere della mia apparizione a Mystic Falls. Il giardino, casa Salvatore, Damon ed Elena.

“L’ho scritta io. Io… mi sono…”

Mi guardo le mani, inorridita.

“Mi ci sono mandata io. Mi ci sono mandata da sola.”

Alzo gli occhi allo schermo, e continuo a leggere, non posso farne a meno.

Mi leggo tutta la storia di un fiato.

Comincio a ridere istericamente alle mie prime interazioni con loro.

Poi piango, mi dispero, rido di nuovo, tutto alternato, finché non arrivo alla fine.

Apro Skype, c’è persino una chat, con le mie amiche, dedicata alla mia fanfiction.

Ci sono commenti, ci abbiamo scherzato su tutta l’estate.

Scopro che si erano formate le fazioni: chi shippava Gamon, chi Glaus, chi Geremy.

Vorrei ridere, ma il pensiero di Jeremy mi chiude… tutto.

Cervello, stomaco, fegato, cuore.

Chiudo lo schermo del portatile e mi spingo via dalla scrivania.

E piango, come non ho mai pianto in tutta la mia vita.

 

***

 

È il 3 ottobre, autunno appena iniziato.

Il vento mi scompiglia i capelli e da’ fastidio alla mia faccia, mentre attraverso la strada.

Il tragitto tra la macchina e l’entrata è breve, ma faccio in tempo a farmi venire i brividi di freddo.

Entro, mi scrollo di dosso i vestiti bagnati dalla pioggia quasi incessante del giorno.

“Non può piovere per sempre, dicono. Ah, no? Mai stati a ***?”[1]

Ceno velocemente, cercando di non pensare a niente.

Mi avvicino al computer quasi timorosamente.

Non ho più scritto una parola.

Ho paura di quello che potrei fare.

Ho paura di dove mi potrei mandare. Ho paura di Silas.

Ma, soprattutto, ho paura di finire in un mondo diverso, bussare alla loro porta ma nessuno mi riconosce. Perché non sono mai stata lì, è un mondo diverso.

“Io voglio tornare, ma voglio tornare nel mondo dove tutti sanno chi sono, dove c’è la mia famiglia.”

“Dove Jeremy mi riconoscerebbe.”

Lascio perdere questi pensieri e libero il pc dallo stand-by.

Vado velocemente su u-torrent…

Sì, la puntata è stata scaricata.

Una volta guardavo la diretta, ma non voglio interruzioni pubblicitarie, non adesso.

Prendo in braccio il portatile e me lo porto sul letto.

Mi accomodo sui cuscini, metto a posto lo schermo.

Prendo un grande, enorme sospiro e attacco con la puntata.

La mia famiglia appare sullo schermo, durante il “Previously on The Vampire Diaries”.

Fremo di malinconia ed eccitazione.

Mi mancano. Mi mancano da morire.

Mi guardo la puntata con le lacrime agli occhi.

Quando entra in scena Jeremy, comincio a piangere forsennatamente.

Non ci vedo nemmeno più.

“Avrei dovuto dirglielo. Non so perché non l’ho fatto. E ora non posso più.”

“Ti amo anch’io, Jer… Ti Amo.”

 

 

 

 

 

Note generali:

 

[1] Ho censurato il nome della mia città natale. Perché sì, mi chiamo Giulia e in realtà la persona di cui avete letto finora non è un personaggio inventato da me, sono proprio io. Con qualche variazione per il bene della finzione. Giusto perché lo sappiate, mentre scrivevo mi sono innamorata veramente di Jeremy. Troppa immedesimazione, mi sa. Adesso ogni volta che vedo una sua foto arrossisco come una deficiente. *__T

 

 

Note dell’autrice

 

Spero di non deludervi con questo finale. Quando, come ho scritto nella premessa del primo capitolo, mi è venuto in mente di scrivere durante una notte insonne, avevo pensato solo di raccontare di una ragazza (io), una fangirl che viene catapultata nel mondo di TVD per l’estate, nella pausa tra una stagione e l’altra, e poi alla fine muore, torna a casa e scopre di averla scritta lei, la storia. Perché magari, quando scriviamo un racconto, questo prende veramente vita.

Tutto quello che è successo tra l’inizio nel giardino di casa Salvatore e questa fine, mi è venuto spontaneo e naturale come respirare.
Spero che nonostante tutto sia stato un bel viaggio.

Non arrabbiatevi se non vi dico cosa ha fatto Silas e perché. Quella non era la mia storia, era dei personaggi, di Damon, Elena, Stefan eccetera.
Io mi ci sono solo trovata in mezzo.

(Se c’è qualcosa che non vi torna, scrivetemi e io vi illuminerò XD)

Un abbraccio a tutte, e grazie, veramente MILLE GRAZIE di tutte le recensioni, visualizzazioni etc, del supporto e del fangirlaggio.

Un merito speciale va, come sempre, al TNE.

  
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