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Autore: CinziaPV    01/10/2013    7 recensioni
C'era una volta... era così che un tempo iniziavano le favole, prima che fossero obliate, prima che la tecnologia, internet o altro ponessero fine alla magia.
C'era una volta una bellissima bambina, destinata come tutte le principesse delle fiabe a diventare una bellissima donna e sposare un uomo ricco e potente...
Anno 1400. In un universo alternativo, Niklaus Mikaelson è un vampiro erede al trono, mentre Caroline è la sua promessa sposa.
Fra i due non corre buon sangue. Riusciranno a convolare a nozze?
Storia in fase di revisione. Revisionato il prologo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Non capisco perché ci debbano mettere tanto... ” Mikael avvolto nella sua cappa scura, non era mai apparso più inquieto.
Aveva partecipato a una riunione, e al suo ritorno aveva scoperto che Esther, sua moglie, si trovava in travaglio, e che quello si prospettava un parto difficile.
Si versò del vino, e cercando di non badare alle urla della donna, fece quello che ogni uomo a suo posto avrebbe fatto, cioè, lasciare che la natura seguisse il suo corso.
Non erano faccende da uomo quelle, lo sapeva, eppure non riusciva ad allontanarsi dalla porta, e invece di dedicarsi ai propri affari, l’unica cosa cui riusciva a pensare era la gravità della situazione.
Essere un vampiro non era d’aiuto. Nonostante ci fosse un pesante battente di legno di noce, a separarlo dalla donna, riusciva a percepire ogni suo ansimo, ogni suo respiro.
Non era solo ad attendere l’evento, e come tradizione, parenti e amici si erano radunati per attendere l’avvento, spingendolo a bere oltre il dovuto.
Anche in questo essere un vampiro non aiutava. Nonostante avesse ingurgitato diversi bicchieri liquorosi, era ancora perfettamente lucido e cosciente.
Per questo motivo, non riusciva a infischiarsene. Non era la prima volta che diventava padre, e non riusciva scrollarsi di dosso la sgradevole sensazione che qualcosa stesse andando storto.
Per questo motivo, ogni qualvolta si apriva la porta non poteva fare a meno di sbirciare all’interno.
Esther era giovane e forte, gli avevano ripetuto fino allo sfinimento nei mesi trascorsi, eppure l’immagine che adesso gli restituiva la realtà non contribuiva ad allietare i suoi pensieri.
Sua moglie non stava affatto bene. L’immagine di lei sofferente, non era un buon refrigerio per la sua anima.
Quando la porta si aprì per l’ennesima volta, non riuscì più a ignorare la sensazione pressante di stare sbagliando qualcosa.
 
 
 
 
 
  Allontanati dalla mia vista.  Mikael diede le spalle a Kol improvvisamente stanco. – Hai cospirato contro tuo fratello – ripeté fra sé. 
Kol si aprì in un sorriso finto. – Non è mio fratello – mormorò sbilenco. Poi, senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, fuoriuscì dagli appartamenti.
Solo allora Mikael tornò a guardare Esther.
Se n’era rimasta in disparte per tutto il tempo del diverbio, ma gli occhi si erano fatti lucidi, e il vampiro sapeva che anche per lei era difficile dimenticare, meno che per gli altri.
 
 
 
 
 
 
Non dovresti... essere qui. – Con la mano stretta in quella dell’uomo che amava, Esther continuava a lamentarsi della presenza ingloriosa di suo marito in un momento delicato come il parto.
Era stanca, sudata, e più volte era stata sul punto di svenire, ma Mikael sembrava non volesse sentire ragioni.
– L’hai già detto – senza badare alle sue proteste, immerse di nuovo il panno nel bacile, e dopo lo depositò bagnato sulla sua fronte. – Gli uomini in genere si ubriacano... – mormorò debolmente, stringendo i denti all’ennesima contrazione.
Le lacrime le imbrattavano gli occhi, e l’odore di sangue le dava la nausea.
– Dovresti aspettare fuori – insistette.
Non si sentiva a suo agio con le gambe imbrattate di sangue e i dolori che non le davano tregua.
– Voglio esserci quando mio figlio nascerà.
– Potrebbe... essere una femmina – singhiozzò.
Aveva paura, ma era difficile ammetterlo, perfino con le mani strette in quelle di suo marito.
La verità era, che non voleva che la lasciasse, ma allo stesso tempo, il fatto che rimanesse le sembrava quasi deplorevole.
Lei non ne era degna, e i baci che suo marito le depositava sulla fronte, anche se lenivano il disagio, continuavano a irretirla.
Era da quando era iniziato il travaglio che il dolore non la abbandonava, e non si riferiva soltanto a quello fisico, era soprattutto la sua anima a essere in travaglio.
 – Manca ancora molto? – Sorrise mesta all’ennesima domanda di Mikael posta nei riguardi della levatrice. Il dolore andava e veniva a sprazzi, e lei era tutto meno che lucida. Perfino i contorni della stanza iniziavano ad apparire sbiaditi.
– Ci mancava solo questo – borbottò la levatrice,  strappandole un lieve sorriso mentre socchiudeva gli occhi – che un uomo s’interessi di parto... comunque, fra qualche ora sarà tutto finito.
Mikael s’irrigidì, ma quando tornò a guardare sua moglie, la rassicurò con un sorriso.  – Hai sentito? Presto sarà tutto finito.
Esther scosse il capo. – Non credo di farcela – soffiò – io...
– Shhh... – Mikael zittì sul nascere ogni sua protesta, ponendo l’’indice sulla sua bocca e detergendo con i baci le sue lacrime. Era il più amorevole dei mariti, ed Esther non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. – Sì, che ce la farai.
Esther singhiozzò più forte. – No – denegò il dolore è troppo forte e...
– Shhh… non pensarci – la zittì per la seconda volta – guarda me e pensa che presto avremmo un figlio . – Mikael non aveva smesso di vezzeggiarla un solo istante. La riempiva di attenzioni mentre i dolori erano sempre più persistenti.
Erano vicinissimi, il suo fiato le solleticava il collo e le sue braccia la tenevano stretta.
– Sarai una madre meravigliosa... – sussurrò depositandole l’ennesimo bacio sulla fronte.
Esther sussultò, e la sua bocca si mosse quasi indipendente dalla propria volontà.
 – Non sono degna di esserlo – sussurrò piano, scossa da nuovi singhiozzi.
Mikael la guardò stranito, e in un primo momento pensò fosse stato il dolore ad annebbiarle la mente. Portò una mano all’altezza del viso della compagna, e scostò alcune ciocche scomposte dalla fronte. 
– Cosa?
– Hai sentito – singhiozzò più forte – non merito di stare al tuo fianco, né che tu mi appoggi in questo momento. – Con le mani andò a coprirsi gli occhi.
– Che cosa stai dicendo?
Esther non aveva il coraggio di guardarlo, ma sapeva di non potere più tacere, non di fronte a un Mikael così amorevole e dedito alla famiglia.
Si portò una mano al ventre dolorante, e lo massaggiò piano. – Non è tuo figlio – soffiò.
Le lacrime adesso scendevano voluttuose, e le veniva difficile parlare, ma nel momento in cui tornò a guardare suo marito, sentì l’obbligo di dover fare un ultimo sforzo.
La gentilezza di Mikael era scomparsa. Le braccia che prima la stringevano amorevolmente, adesso la serravano in una morsa dolorosa.
– Perché? Dimmi perché mi stai facendo questo.
La donna sussultò, perché di tutte le parole quelle erano senza dubbio le più dolorose.
Scosse il capo. – Non volevo arrecarti dolore – quando l’ennesima contrazione la colpì, le braccia di suo marito non la strinsero.
Lo guardò, per scoprire che si era discostato. – Non volevo imbrogliarti, solo... che era così difficile...
– Cosa? – A forza le sue mani si bloccarono sulle sue spalle, e ancora una volta lei si coprì gli occhi per non guardarlo.
– Parla donna. – la sua voce non era mai stata così gelida, e lei non aveva mai avuto così paura.
– Non è tuo figlio – ripeté tremante. Desiderava morire in quell’istante, piuttosto che affrontare il suo giudizio. – Non sapevo che fare, avevo paura, e tu non c’eri – confessò delirante – lui aveva cercato altre volte di farmi sua, ma non c’era mai riuscito, e poi tu sei partito... – singhiozzò – e ho scoperto della gravidanza quando era troppo tardi... – alle parole seguirono altre lacrime – e tu eri così felice... – Per quanto si sforzasse non riusciva a smettere di piangere. Perfino respirare era difficoltoso.
Mikael era l’uomo che aveva scelto come compagno, non un qualsiasi gentiluomo voluto dalla famiglia, e perderlo era insopportabile. Eppure stava avvenendo.
Suo marito non era mai stato così rude nei suoi riguardi. Non la stava guardando amorevole, e lei per la prima volta ne ebbe paura.
– Qualcuno ha abusato di te? – sibilò vicino al suo viso.
Esther non rispose, si limitò ad asserire col capo, conscia che la stanchezza stesse prendendo il sopravvento.
– Chi? – domandò, costringendola a guardarlo negli occhi, facendo leva con la mano sotto il suo mento.
Mikael aveva gli occhi lucidi, ed Esther si ritrovò a pensare che non l’aveva mai visto tanto furioso. Più volte aveva avuto a che fare con la sua indole aggressiva, ma in assoluto era la prima volta che si ritrovava a esserne intimorita.
Le donne ripudiate in genere venivano scomunicate e spesso vendute come schiave, ma la sua discendenza era nobile, e forse...
Chiuse gli occhi. Non voleva guardare suo marito, e non voleva sentire più dolore. La stretta dell’uomo si era allentata, ma la pelle dove l’aveva stretta continuava a bruciarle, e anche il suo cuore languiva.
Non sapeva quante ore erano trascorse da quando era entrata in travaglio, ma comprendeva d’esser arrivata al limite della sopportazione.
– Chi? – insistette il vampiro.
Esther sentiva il suo fiato sul collo, ma ne era felice, perché avrebbe potuto imprimersi bene il suo odore, la sensazione struggente d’averlo accanto.
– Alfons – sussurrò tremula sapendo d’aver decretato più di una condanna.
Per diversi minuti non udì più nulla, ma forse il silenzio era dovuto allo stato catatonico nel quale giaceva, voleva poter dire lo stesso del dolore, ma non era così.
Credeva che Mikael si fosse dipartito, ma quando lo sentì ringhiare, dovette ricredersi.
È per questo che è fuggito... – la voce di suo marito era atona, ma lei che lo conosceva bene e sapeva che era profondamente amareggiato. La sua non era una domanda, solo una semplice constatazione.
Esther continuava a tenere gli occhi chiusi. Adesso, non aveva più la forza di guardarlo, e anche dar voce ai suoi pensieri le risultava difficile.
 – Io lo ammazzo! – sentenziò ancora Mikael, facendola sussultare – e dovrei odiarti perché avevi il dovere di dirmelo.
Esther tremava scossa dai singhiozzi. Sentiva freddo, era come se decine di aghi acuminati le si conficcassero sotto la pelle.
 Non sapeva però, se tali sensazioni fossero dovute al parto ormai imminente o alla perdita del proprio uomo.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, fino a quando non sentì Mikael allontanarsi e il pesante battente chiudersi alle sue spalle.
Ormai doveva essere l’alba, ma dalle persiane penetrava soltanto una tenue luce opalescente.
Si sentiva confusa e sfiancata.
 – Lo so – borbottò la levatrice fattasi improvvisamente vicina   – non è stata una passeggiata, ma pensate che vostro figlio sta venendo al mondo. Quando ve lo dirò: iniziate a spingere. – Esther la guardò per la prima volta. Aveva gli occhi piccoli e infossati, le labbra screpolate, e i capelli scomposti. – Dov’è Dolores? – chiese debolmente.
– Ha avuto un’urgenza. – La levatrice si chinò fra le sue gambe, facendola urlare dal dolore. – Vedo la testa – l’avvisò.
Esther scosse il capo. – Non sono pronta – si lamentò.
– Non siete voi a deciderlo – fece una pausa e lasciando la sua posizione si procurò un forcipe – e comunque se ci tenete a vostro figlio, dovete spingere – aggiunse.
 – È normale tutto questo dolore? –
La levatrice sorrise. – Dicono tutte così, ma vedrete che appena avrete il vostro bambino passerà tutto... almeno che... – fece una pausa – sicuro di volerlo?
Esther sgranò gli occhi. – C’è qualcosa che non va? – chiese ignorando il senso del suo discorso.
 – No, ma non averlo, se non ho compreso male, risolverebbe ogni vostro problema, mia signora.
Non ebbe modo di rispondere, perché un’altra contrazione la colpì, e il dolore a quel punto fu talmente intenso da sconquassarla. Forse perse i sensi.
Le parole della levatrice le giungevano ovattate, e la stanchezza era talmente tanta, da farla delirare.
– Aggrappati a me e spingi. – Sì, doveva essere per forza un delirio, altrimenti non poteva spiegarsi la presenza di suo marito al suo fianco. Non l’aveva sentito arrivare, e la preoccupazione che leggeva nei suoi occhi, non poteva essere reale.
 – Mi hai sentito? – Suo marito la stringeva per le spalle, costringendola a rimanere cosciente. 
Esther boccheggiò, ma non emise suono.
 – Devi spingere – proseguì Mikael – non permetterò a nessuno di far del male al nostro bambino.
Solo allora Esther tornò alla realtà. La prima cosa che vide fu il corpo della levatrice riverso a terra: c’era sangue dappertutto.
Non era un delirio, qualcuno aveva cercato di farle del male, e Mikael l’aveva protetta.
– Siamo una famiglia – specificò Mikael notando il suo sguardo confuso – ed io proteggo le persone che amo. – Prese un respiro. – A quanto pare spetta a me il compito di far nascere questo bambino.
Esther era troppo stanca e confusa per comprendere ciò che suo marito stava dicendo.
 – Non sarà indolore – specificò – ma dopo starai meglio.
Esther urlò per quello che sembrò un lasso di tempo troppo lungo, ma quando il dolore cessò, la prima cosa di cui fu certa a seguito del vagito di suo figlio, fu di non aver perso suo marito.
– Va tutto bene... – le sue parole le diedero un sospiro di sollievo, mentre sentiva la sua bocca sulla propria fronte.
 – Non dovresti essere qui – argomentò debolmente.
A Mikael scappò un sorriso storto. – Parli troppo per essere una donna. 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
 Me lo ha taciuto. – Caroline fissava Kol Mikaelson con astio evidente, ritta con le braccia incrociate al petto e gli occhi furenti. Purtroppo, non era il cognato il destinatario di tal malcontento.
– Sapevo che saresti venuta – articolò questo senza prestarle particolare attenzione.
Caroline sbuffò. Non si sentiva a suo agio negli appartamenti di Kol, ma la sua era stata una resa obbligata dalle circostanze.
Non sapeva quanto stava avvenendo al di fuori del palazzo, e Niklaus non pareva intenzionato a spiegarglielo.
– Dovrei avvisare Nikalus... – mormorò Kol pensieroso – è così che funziona tra fratelli. – Bevve un sorso di generoso vino e fissò Caroline con rinnovato interesse. – Peccato che lui non lo sia.
Caroline sgranò gli occhi, incredula. Aprì la bocca per parlare, ma Kol bloccò sul nascere qualsiasi sua domanda. – Non sono cose che ti riguardano – articolò – sei qui per sapere di tua madre, giusto?
Caroline annuì. – Mi basta sapere che stia bene.
Kol terminò di bere il suo vino, e scoppiò in una fragorosa risata. – Non credo ci sia modo di sapere quello che chiedi. – Si avvicinò pericolosamente e la scrutò da capo a piedi facendola irritare ancor di più. – Sei bella Caroline – proseguì – e sono sicuro che otterresti tutto quello che desideri, se solo lo chiederesti nella giusta maniera.
Caroline avvampò. – Sono una donna sposata – disse – e non vi permetto di parlarmi in tal maniera.
Per tutta risposta Kol tracciò il profilo del suo viso con l’indice, procurandole non poco disagio. – Bugiarda... – soffiò contro il suo viso – dovresti essere nelle vostre stanze a quest’ora, con tuo marito, invece cospiri contro di lui, su cose che non ti è lecito conoscere.
Caroline tremò, ma non si dipartì. – Se non sbaglio, avevate qualcosa da riferirmi – disse fredda cercando di mettere quanta più distanza possibile fra loro.
Kol ghignò. – Quanta fretta... – si allontanò e andò a pararsi di fronte alla finestra. – So, dove si trova tua madre – proseguì – sono sorti diversi accampamenti che ospitano umani e licantropi.
Il cuore di Caroline perse un battito. Kol sorrise dello stato di evidente agitazione nel quale vessava la fanciulla. – Nikalus non te lo dirà mai, e sia chiaro che non è per farti un favore che te lo rivelerò.
Caroline fece una smorfia disgustata. Sapeva che l’aiuto di kol era da rapportarsi soltanto al folle desiderio di quest’ultimo di recare discordia. – Ovvio... – si lasciò scappare.
– E sia chiaro che io me ne lavo le mani – proseguì Kol girandosi a guardarla beffardo.
Caroline asserì, cercando di non badare alla luce del tramonto ormai fievole, e all’ansia che la stava pervadendo man mano che la notte stava calando.
Negli ultimi mesi erano davvero avvenuti molti eventi, ma quello cui stava andando incontro, era forse la cosa più insensata che avesse fatto.
Lo capì a proprie spese, nell’istante in cui i suoi occhi si scontrarono con quelli di kol Mikaelson.
Arretrò di un passo, ma non riuscì a distogliere i propri occhi. Con tutta la buona volontà non ci sarebbe riuscita.
Le iridi machiavelliche di Kol la catturarono, facendola sentire fragile e inerme.
Sapeva quello che stava avvenendo, ma per quanto s’imponesse, non riusciva a impedirlo.
– So quello che stai pensando... – soffiò Kol decisamente troppo vicino al suo viso – Puoi provarci, ma non puoi ribellarti al soggiogamento – fece una pausa – e poi, prima che te ne renda conto, sarà tutto finito.
Caroline rabbrividì, riconoscendo solo adesso il pericolo cui era andata incontro senza badare alle conseguenze.
Voleva ribellarsi, gridare, sottrarsi alla presa salda delle mani di kol attorno al suo viso, ma si sentiva come paralizzata, ogni arto era divenuto pesante.
Alcune lacrime scesero a imbrattarle gli occhi.
– Shhh... – era come se la voce di Kol provenisse da troppo lontano – andrà tutto bene – cercò di rincuorarla – adesso lascerai il palazzo e seguirai Tyler nel bosco, perché le cose devono andare così. Lo seguirai perché lo vuoi, e desideri sapere se i tuoi genitori stanno bene, e anche perché non sei mai stata realmente bene al palazzo, non vuoi Niklaus al tuo fianco...
Con le iridi ancora imprigionate in quelle di kol, Caroline annuì terrorizzata, mentre i rintocchi del campanile annunciavano la fine della giornata e l’approssimarsi della notte.
Voleva opporsi con tutte le sue forze, ma si sentiva debole. La sua mente le gridava di opporsi, ma il suo corpo faceva tutt’altro.
 
­
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 – Tyler? – Alla vista del licantropo, Caroline arretrò di un passo. Non era sorpresa di vederlo, solo spaventata. Era trascorsa all’incirca un’ ora dall’incontro con Kol, e anche se sapeva cosa sarebbe accaduto da lì a poco, non riusciva a restare tranquilla.
– Dobbiamo fare in fretta. – La voce cospiratrice di Tyler le fece accapponare la pelle. Si guardò in giro non sapendo cosa aspettarsi.
Voleva fuggire, rintanarsi nei propri appartamenti, e aspettare il rientro di Niklaus, solo che le sue membra agivano indipendentemente dalla propria volontà, e contro le sue stesse aspettative si ritrovò a muoversi verso l’amico.  
– Credevo non venissi. – Tyler era ansante e scarmigliato, con i capelli cortissimi e lo sguardo grave. – Ho parlato con Kol – chiarì.
 
Caroline tremò. Diede una fugace occhiata al palazzo, e poi tornò a guardarlo. – Con Kol?
Tyler non rispose, limitandosi a fare un altro passo verso la sua direzione.
Caroline sorrise mesta, e gli occhi le divennero lucidi, ma non seppe mai se Tyler se ne avvide.
Niklaus si sarebbe infuriato, e probabilmente l’avrebbe odiata per il resto dei suoi giorni.
Era dalla sera precedente che non lo scorgeva, e anche se si era ritrovata a pensare che alla fine fosse un bene, adesso con la mano stretta in quella di Tyler non ne era più convinta.
Se lo avesse visto, forse i suoi occhi l’avrebbero tradita. Sì, perché non era facile guardare Niklaus e fingere che andasse tutto bene. Ogni volta che si soffermava a guardare suo marito, si sentiva stringere il cuore, e adesso che la passione era divampata fra di loro, era diventato tutto più complicato.
Avrebbe dovuto dirgli che lo amava la notte che avevano fatto l’amore, adesso non ne sarebbe stata più capace.
– Dobbiamo andare – ripeté il licantropo, attirandola lentamente verso di sé.
Caroline voleva opporsi, ma com’era avvenuto con Kol rimase rigida, con la volontà intrappolata fra le sue membra.
Un’altra lacrima le sfuggì, e chiuse gli occhi quando un’altra voce sopraggiunse e capì che sarebbe accaduto l’inevitabile.
 – Lei non va da nessuna parte. – Niklaus era sopraggiunto, e il suo cuore in un primo momento aveva esultato, ma poi aveva guardato la mano stretta in quella di Tyler, e aveva capito di non avere possibilità d’appello.
– Perché non lo chiedi alla diretta interessata?
– Non ne vedo il motivo: è mia moglie.
Caroline sussultò nell’esatto istante in cui gli occhi di suo marito si posarono su di lei e fu costretta a fronteggiarlo, perché seppe d’averlo ferito irrimediabilmente.
 – Chiedilo a lei. – La voce di Tyler la raggiunse, ma tutto le appariva distorto.
– Non può essere vero... – la voce di suo marito la colpì come un pugno in pieno petto. Iniziò a sentire freddo, ma il suo corpo rimase immobile, senza che riuscisse a muoverlo di un solo centimetro.
– Seguirò Tyler. – Non riconobbe la sua voce all’istante, ma solo dopo, quando vide gli occhi del vampiro diventare freddi e inespressivi.
Voleva gridare, e dirgli che era tutta una menzogna, una coercizione, ma l’unica cosa cui riusciva a dar vita, erano le lacrime che non riusciva a fermare. – Non posso restare, amarti sarebbe impossibile. – Ripeté alla lettera le parole di Kol, senza poter fare a meno di sentirsi sporca, mentre la bocca di Tyler prendeva possesso della sua.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo autrice:
 
Ci sono ancora. Mi scuso per l’enorme ritardo, e spero che l’enorme assenza non abbia fatto subire dei cali alla storia.
Il capitolo si apre con un flash- back riguardante la nascita di Niklaus. Se avete letto attentamente sapete che quest’ultimo è figlio di Alfons e non di Mikael.
A questo punto l’odio che Kol nutre nei confronti di Niklalus inizia a d avere un senso.
Spero che il capitolo non sia stato deludente, e che vogliate commentare.
Anne e Victor li rivedrete nel prossimo capitolo, capirete che introdurli adesso avrebbe reso il capitolo disordinato.
 Forse non tutti lo sanno, ma ho finalmente scelto i volti che li rappresentano. Si tratta di Henry Cavill ed Emmy Summer, e qui di seguito troverete i link.
 
 
 http://www.venusbuzz.com/wp-content/uploads/henry-cavill-5.jpg
 
 
 
 
http://images1.fanpop.com/images/image_uploads/Emmy-Rossum-actresses-939868_485_604.jpg
 
Per quanti fossero interessati, sappiate che Victor e Anne hanno dato origine a un’originale, e se volete leggerla, ecco il link:
 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2072339&i=1
 
 
 
Un abbraccio
Tess
 
Ps: ho revisionato il prologo, e gradirei dei commenti a riguardo. E' importantissimo che lo leggiate, visto che contiene uno spoiler riguardante i prossimi capitoli. Spero possa piacere.
Grazie
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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