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Autore: Nero__    02/10/2013    1 recensioni
L'ambientazione è successiva agli avvenimenti di Dream Drop Distance.
Riku, essendo diventato Maestro del Keyblade, deve anticipare i suoi compagni e partire per una missione in solitaria.
La reazione di Sora ovviamente non è delle migliori, ma sarà un ottimo pretesto per entrambi per mettere completamente a nudo i propri sentimenti.
Il primo capitolo è scevro di qualsivoglia riferimento a sfondo sessuale, mentre nel secondo il tema, seppur trattato in modo lieve, assume una qualche importanza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Riku, Sora
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Altro contesto
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La torre di Yen Sid era avvolta nella nebbia e circondata, come sempre, da un alone di mistero.
Riku sedeva sugli ampi scalini che conducevano al portone d’entrata, mentre lo sguardo vitreo era apparentemente rivolto all’orizzonte.
Vestiva gli abiti dell’Organizzazione e aspettava pazientemente l’arrivo di Re Topolino.
Pur essendo da poco tornato dall’estenuante esame che gli aveva conferito ufficialmente il titolo di Maestro del Keyblade – esame che altro non si era rivelato se non una pericolosissima trappola escogitata da Xehanort per fare di Sora o, più esattamente, di Roxas al suo interno, una delle tredici oscurità – era stato repentinamente informato che sarebbe dovuto ripartire per una missione in solitaria prima degli altri possessori del Keyblade, essendo fra questi ultimi l’unico riconosciuto come vero Maestro.
In che cosa consistesse esattamente la missione, per ora, non lo sapeva.
Supponeva che, avendo dovuto indossare le vesti dell’Organizzazione, una parte del suo compito avrebbe certamente previsto l’infiltrarsi nelle fila nemiche.
In ogni caso, a breve, gli sarebbero state fornite tutte le spiegazioni e i chiarimenti di cui aveva bisogno proprio da Topolino, che lo avrebbe accompagnato per la tratta iniziale del suo viaggio.
Si ridestò dai suoi pensieri quando l’imponente portone alla sue spalle venne spalancato in modo estremamente rude e goffo, tanto che seppe subito, pur senza voltarsi, che non si trattava dell’amichevole topo.
Al suo posto, infatti, vi era Sora.
“Riku!” urlò questi con tutto lo sconforto che aveva in cuore.
Fu allora che Riku voltò la testa per incontrare il suo sguardo, seppur non abbandonando la posizione sugli scalini, tanto da costringere Sora a balzare giù da questi con un abilissimo salto, per poi posizionarsi esattamente di fronte a lui.
“Sora” rispose il grande, con il tono della voce piuttosto sereno.
Aveva evitato di informarlo circa la sua partenza, oltre per il poco preavviso con cui aveva ricevuto l’incarico, anche e soprattutto perché aveva previsto la reazione non troppo felice dell’altro.
“Riku, mi hanno detto che devi andare via!” proruppe Sora senza la minima esitazione, preda della foga. “Io non capisco, perché devi andare via da solo!? Perché dobbiamo affrontare le cose nuovamente separati!? Io…”
La voce, che stava progressivamente scemando, lo costrinse a interrompersi.
Se avesse continuato a parlare, niente avrebbe impedito alle lacrime di rigargli il viso copiose.
Riku lo sapeva, questa era esattamente la reazione che si era preparato ad affrontare non appena aveva capito che avrebbe avuto un confronto con Sora.
Sapeva benissimo che se l’amico avesse saputo della sua partenza solo una volta che se ne fosse andato, sebbene ne avrebbe comunque sofferto tantissimo, la presenza di Pippo, Paperino e Kairi - la quale era perfino alla Torre adesso - avrebbe smorzato il dolore e fattogli tornare quel buon umore che da sempre lo contraddistingueva.
Mentre, in presenza di  Riku, Sora non aveva intenzione di mostrare alcun genere di freno nel mettere a nudo tutte le sue debolezze e la sua sofferenza.
“Sora, calmati dai. Lo sai bene che vorrei che partissimo insieme, ma non è stata una mia decisione” cercò di rasserenarlo Riku che, ancora seduto, lo prese per le mani e lo attrasse un po’ a sé.
Sora, dal canto suo, approfittò del fatto che Riku lo avesse avvicinato per inginocchiarsi sullo scalino posizionato di fronte a quello dove l’altro sedeva e sul quale aveva appoggiato entrambi i piedi.
Sora si inginocchiò lì, esattamente in mezzo alle sue gambe, mentre le mani tremanti stringevano con un briciolo di energia quelle dell’ altro che lo avevano avvicinato, ma intenzionate a non lasciarle.
Il volto era chino e lo sguardo rivolto proprio a quelle mani, perché, se avesse guardato Riku negli occhi, non sarebbe stato capace di reggerne lo sguardo.
Riku, non voglio” continuò Sora piano. “Perché mi lasci di nuovo? Perché per una volta non possiamo stare insieme dall’inizio alla fine? Perfino per sostenere l’esame, Riku! Per una volta che avremmo potuto..”.
La voce si era incrinata e le lacrime erano nuovamente a un passo dall’inondargli il viso.
“Beh, Sora, non eravamo esattamente divisi! E non mi sembra neanche che le cose siano andate così male. Personalmente io avrei voluto proteggerti meglio di così, ma alla fine tutto è andato per il verso giusto e adesso conosciamo le vere intenzioni di Xehanort” concluse Riku con gentilezza, mentre lo sguardo era rivolto al viso chino di Sora.
Sentendo quelle parole, il più piccolo finalmente trovò il coraggio di guardarlo negli occhi e con rinnovata energia continuò a parlare quasi urlando.
“Si, è andato tutto bene, ma le cose sarebbero andate decisamente meglio se fossimo stati insieme sin da principio! Perché non capisci, Riku!? Siamo più forti se stiamo insieme!”
La dichiarazione spiazzò l’albino così da impietrirlo per alcuni secondi, mentre i suoi occhi si persero in quelli dell’altro.  
Però, non appena si fu ripreso, la sua prima, naturale reazione fu quella di ridere piano e sospirare con rassegnazione mista a una buona dose di scherno, come se mai avesse sentito frase più sciocca.
Sora lo guardava estremamente confuso, mentre rabbia e imbarazzo gli montavano in petto.
“Riku, ma che cavolo st…?”.
Questi non fece in tempo a replicare che la mano sinistra di Riku, precedentemente liberatasi dalla stretta, si intrufolò fra i suoi capelli e, prendendolo per la nuca, lo avvicinò al petto, proprio in prossimità del cuore.
Sora poteva sentirne i battiti, forti e insolitamente accelerati.
“Sei rimasto lo stupido di sempre, Sora” riprese Riku, mentre la mano sinistra continuava a tenergli ferma la testa sul petto.
L’altro era immobile, incantato dai battiti di quel cuore che gli pulsavano ritmicamente nella testa.
“Lo senti, non è vero? Sei sempre con me, Sora. Se tu stai bene, da qualche parte in questi vastissimi mondi, allora a me basta così per essere forte. Ed è proprio per questo che non mi importa se dovrò partire da solo, perché non lo sarò veramente. Sai, io non ho bisogno che tu mi dia qualcosa, un portafortuna o altro perché mi senta vicino a te. Mi basta il tuo ricordo. Probabilmente tu hai qualcosa di più importante di me, ma vorrei che capissi che, beh, sei la mia luce.”
Passarono alcuni secondi di silenzio da quando Riku finì di pronunciare queste parole che subito si alzò di scatto, facendo quasi perdere l’equilibrio a Sora che, dal canto suo, non aveva la più pallida idea di come elaborare una dichiarazione del genere.
“Ma quanto ci mette, Topolino? Vado a cercarlo, è decisamente il momento di partire” disse Riku cercando di indirizzare il discorso altrove mentre si passava una mano fra i capelli esausto a causa della lunga attesa, ma soprattutto per lo sforzo derivato dall' aver fatto una simile confessione.
Sora rimuginava ancora sulle parole che aveva appena sentito e colse appena le lamentele dell’altro.
Però, non appena ebbe capito il motivo per il quale Riku era irrequieto, ricordò qual era la prima cosa che avrebbe dovuto dirgli, prima ancora di iniziare a opporsi al fatto che dovesse partire solo.
“Io e gli altri ti abbiamo organizzato una festa per essere diventato Maestro del Keyblade e non appena abbiamo saputo da Yen Sid che te ne saresti andato oggi, abbiamo pregato Re Topolino di farti stare con noi almeno un altro giorno. Partirai domani, se per te va bene. Oggi resta un altro po’ con me”.

 
  
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