–– vento di congiura ; atto finale



« Amici miei– » esordì il Borgia, esibendo un sorriso mellifluo che andava a modellargli le labbra sottili contornate da un leggero velo di barba scura. « –in segno di amicizia e della nostra lieta riappacificazione... » la lingua serpeggiava, mentre delle parole ostili prendevano forma e gli risalivano in gola, contro la sua volontà. No, doveva controllarsi. Non doveva rovinare tutto. Chiuse la mancina a pugno, sbiancandone le nocche dalla trepidazione di sguainare la schiavona ed affondarne la gelida ed acuminata punta nella gola di quegli agnellini che si guardavano intorno, smarriti, confusi, sospettosi. Un cenno. Un solo segnale e il duca di Valentinois si sarebbe vendicato di quei porci traditori che avevano congiurato contro di lui. Un'occasione troppo ghiotta per non approfittarne, per attendere ancora.
« Vi invito ad un brindisi. Perdonatemi se mi congedo un istante, tornerò subito. »
Sembrarono quasi sollevati, i congiurati, di vederlo allontanarsi ed uscire a grandi falcate, dalla stanza adornata di arazzi, col suo solito passo cadenzato scandito dal suono metallico dell'armatura. Forse qualcuno di loro si aspettava ripercussioni, ma nessuno prevedeva un assordante rumore di spari, una pioggia di proiettili bronzei e una macabra tintura di sangue sulle pareti e sul tappeto. 
Quando Cesare fece ritorno nella stanza parve quasi compiaciuto dal colore e dall'aspetto che il mobilio aveva assunto, della vendetta che aveva tanto sagacemente architettato. « Non avete atteso che mi portassi il vino, messeri– » mormorò, abbandonando la bottiglia con il prezioso alcolico sul pavimento, lasciando che si frantumasse in tante schegge di vetro « questo è ciò che accade a chi minaccia i Borgia. »