Il bambino
appoggiò le mani sui fianchi e alzò il capo.
Guardò lo stregone tirare le redini, si mise sulla punta dei
piedi pelosi che
gli affondavano nel terreno. Il vento gli fece tremare i riccioli neri
ai lati
del viso paffuto, le guance erano arrossate e la punta delle orecchie
tremò.
“Sei in ritardo.
Lo zio ti ha invitato da tanto tempo”
disse. Gandalf si passò la mano sulla barba grigia e
socchiuse gli occhi. Gli
anelli di fumo si sollevavano sopra il suo cappello a punta grigio.
“In
ritardo?” chiese con voce roca. Frodo annuì,
incrociò le
braccia e sorrise.
“Sì”.
Rimarcò. Gandalf sorrise, lasciò le redini del
calesse
e osservò la figura dell’hobbit sulla montagnola
d’erba.
“Uno stregone
non è mai né in anticipo né in
ritardo, arriva
precisamente quando vuole farlo” rispose. Allargò
le braccia e scoppiò a
ridere. Il giovinetto rise a sua volta e balzò,
l’uomo lo abbracciò cullandolo.