Melodia
Alcune notti Gou non riusciva a
riposare.
Infatti, dolcemente soffusa e appena udibile, dal mare si alzava una
melodia
che la incantava senza alcuna possibilità di poter sfuggire a quel
misterioso
suono.
La giovane non era in grado di capire se quelle fossero le note di uno
strumento o di un canto sconosciuto: non distingueva alcuna parola,
eppure
c'era una tale densità nell'armonia della serenata che alle volte le
pareva
fosse la musicalità di una voce maschile ad infrangersi con le onde
del mare
contro la parete della scogliera.
Però, quando la luna tramontava e le giornate riprendevano fra le
tristi mura
della sua casa, la ragazza non avvertiva la fatica della notte
apparentemente
trascorsa insonne; e proprio per questa ragione aveva iniziato a
credere che
quel suono non fosse altro che il frutto di deliziosi sogni: desiderava
arrivare alla sera solo per coricarsi ed ascoltare le note che il mare
componeva unicamente per lei.
In alcune occasioni, aveva cercato di riprodurre quell'onirica musica
con il
violino di cui era tanto gelosa: suo padre glie l'aveva portato
dall'Italia
anni ed anni addietro, quando era ancora solo una bambina curiosa ed
aveva
riversato in quell'oggetto ogni emozione, mentre imparava a suonare, a
riconoscere le scale, ad accennare qualche modesta composizione.
Eppure, non appena posava l'archetto sulle corde tese, le pareva quasi
di aver
dimenticato come usare lo strumento: la coglieva un senso di impotenza
ed
inadeguatezza di fronte alla bellezza dell'armonia che la sua mente le
permetteva
di ricordare, ma non di riprodurre.
Sbuffava spazientita e spesso si dannava per la propria incapacità,
poi, però,
sorrideva con una punta di malinconia, perché le sarebbe bastato
attendere la
luna e le stelle per poter godere della musica che l'aveva stretta a sé.
Sua madre e suo fratello spesso si erano preoccupati per quegli sbalzi
d'umore:
c'erano giorni in cui Gou abbandonava il violino quasi disgustata
ed altri in cui lo sfiorava con dolcezza disarmante e
non capivano che la giovane, in realtà, lottasse fra l'amore per lo
strumento
ed il disprezzo che le avvolgeva il cuore quando non riusciva a suonare
le note
dei suoi sogni.
Un giorno accadde che si spingesse a fare pratica col violino fino a
tarda
sera.
Alzata di fronte alla finestra aperta sul chiaro di luna, i piedi nudi,
accarezzava
le corde con lenta dolcezza, lasciando che il suono si facesse di volta
in
volta più intenso.
Da lontano, oltre le onde calme del mare, le parve d'avvertire una
timida
risposta che poi si fece sempre più chiara e travolgente, assorbendo
completamente ogni singola nota che la ragazza aveva suonato.
Un'eccitazione ricca di fanciullesca gioia la travolse di colpo, e Gou,
affacciandosi sul corridoio deserto che portava alla sua stanza, decise
di
scendere in spiaggia.
Quando i suoi piedi affondarono nella sabbia ormai fresca, le sembrò
d'essersi
totalmente persa nella sua musica.
La melodia era dentro di lei e intorno a lei.
Forse si alzava dal mare, forse era la brezza che soffiava leggera o la
luna
che brillava piena ed immensa nel cielo...
Però Gou sentiva di poterla toccare ed assaporare, sapeva di riuscire a
respirarla e a trattenerla nel proprio cuore in eterno.
Fluiva in lei e poi la stringeva nel calore dell'abbraccio di un
amante; la
baciava, le carezzava il corpo senza malizia alcuna e le sussurrava che
era
bellissima — così perfetta e così brava.
Non si rese conto d'essersi immersa nel mare e che l'acqua tiepida le
arrivasse
allo sterno: aveva chiuso gli occhi, teso le orecchie e desiderato di
smarrirsi nella
melodia.
Un'estasi.
Però d'improvviso la musica iniziò a quietarsi e Gou aprì le palpebre
tremanti,
mentre avvertiva la veste da notte bagnata e tesa contro la pelle nuda.
La minore intensità del suono l'aveva risvegliata da quella ipnosi
nella quale
era caduta, quasi volesse salvarla, bisbigliandole di fare attenzione e
che era
in mare, in quel momento.
Una folata di vento la fece rabbrividire appena e probabilmente la
giovane si
sarebbe voltata per tornare indietro, se qualcos'altro oltre alla
melodia,
allora, non avesse attirato la sua attenzione.
A qualche metro da lei, il volto di un giovane uomo era emerso
dall'acqua come
se fosse stato parte di essa.
La superficie cristallina quasi non si increspò, mentre una coda di
pesce si
sollevava alle spalle dello sconosciuto.
Gou dimenticò di respirare per alcuni attimi, affogando nelle iridi
dorate
della creatura: erano profonde e bellissime e le sembrava
risplendessero più di
qualsiasi gioiello suo fratello le avesse mai regalato.
In silenzio, la pregavano di restare lì, di non muoversi, di non indugiare in loro troppo a lungo.
C'era una tristezza appena soffusa nel sorriso che tingeva
l'espressione di
quell'essere.
I capelli rossi come il fuoco le sembrarono stonare con la sua natura
marina e
Gou non poté fare a meno di considerare quanto la sua coda fosse
meravigliosa,
con le scaglie cremisi tanto simili alle diverse
sfaccettature di mille rubini.
"Chi sei..?"
Parlò con voce roca, mentre il sorriso dell'altro si faceva più caldo e
scompariva fra le onde, lasciando che solo gli occhi dorati ed i
capelli
fiammeggianti rimanessero a pel d'acqua.
A quel punto, la musica che aveva nutrito ogni sua notte riprese e si
faceva
sempre più intensa, sempre più alta e forte, all'avvicinarsi del
tritone al suo
seno.
Lo sguardo di lui era totalmente perso negli occhi di lei e non
smetteva di
guardarla.
Cantava — Gou aveva capito che
quella
dolce melodia non era altro che la sua voce — e continuava a farlo fino
a
riempire la giovane con una serenità che le era sconosciuta.
Sentì le mani della creatura accarezzarle la braccia gelide e
l'inaspettato
calore di quel tocco la sorprese; quindi, lentamente, le sentì fluire
leggere
come l'acqua, come spuma di mare,
fino ad intrecciarsi con le sue in una stretta che si perse nell'oceano.
Gli occhi del tritone per un istante la pregarono.
Le chiesero di restare lucida, di non affondare nell'inganno onirico di
una
pace fittizia.
Non voleva farle del male, non voleva
ferirla.
Aveva ascoltato ogni sua melodia, aveva goduto di ogni nota nata dallo
strumento che trattava con tanta cura e su quella dolcezza era sorto un
amore
irrazionale per l'umana che inconsciamente
nutriva la sua voce.
L'essere emerse dall'acqua, all'altezza del viso della ragazza e Gou
non smise
per un solo istante di memorizzare ogni particolare, ogni movimento,
ogni respiro
e battito del cuore.
Per un attimo, si perse fra le gocce d'acqua che scivolarono lungo il
suo viso
ed il torso nudo; i loro volti furono d'improvviso vicini e le labbra
quasi si
sfiorarono, mentre i respiri si perdevano in unico soffio di vita.
Ricevendo quel bacio leggero, con le mani di lui che ancora stringevano
le sue,
Gou comprese che non avrebbe più udito la voce di Seijuurou
— in qualche modo, sapeva che quello era il suo nome: lui
glie l'aveva comunicato nel toccarla, nell'osservarla, nel dirle quanto fosse meravigliosa.
Sarebbe scomparso, perdendosi fra la schiuma delle onde agitate dalla
tempesta,
perché un predatore che non rappresentava una disgrazia per la propria
preda,
non poteva che esserlo per se stesso, condannandosi;
e mai un patibolo era stato così dolcemente ben voluto.
"Addio."
Le labbra della creatura, mute fuori
dall'acqua, articolarono una parola che Gou sapeva avesse
proprio quel
significato. Lo leggeva nel sorriso di Seijuurou, nel dolore
dell'espressione
che s'era incupita e nel suo spingerla verso la riva, in
salvo, lontano da lui.
E la giovane assecondò quel desiderio, voltandosi un'ultima volta
giusto in
tempo per vedere il guizzo carminio della sua coda sparire fra le onde
scure.
Per sempre.
Quando Gou rientrò nella propria camera, ancora fradicia e scossa dai
brividi,
si limitò a spogliarsi della veste e ad avvolgersi fra le pesanti
coperte
completamente nuda. Il giorno dopo, per quante volte le domestiche, sua
madre o
suo fratello avessero bussato alla porta, non si mosse dal suo caldo
involucro,
mentre osservava il cielo ingrigirsi e poi farsi nero, carico della
bufera.
Allora, in un istante, il firmamento si spaccò in due nella luce di un
lampo e
Gou avvertì il proprio cuore agitarsi, quasi in preda alla paura.
Una cieca disperazione prese possesso delle sue membra, quando il tuono
la fece
tremare sin nelle ossa.
Mai come allora il rombo del cielo le sembrò tanto simile ad uno
straziante
lamento e nemmeno si rese conto di essere scoppiata a piangere nel
momento
stesso in cui, dalla finestra, osservò le onde furiose infrangersi
contro la
roccia della scogliera e rigurgitare
spuma di mare.
Non udì più alcuna dolce nota risalire dall'oceano ed anche il suo
violino
restò muto, mentre il sapore evanescente di un bacio donato ad un
tritone
invecchiava e spariva con lei.
*Owari*
Okay, okay.
Prendetela con le pinze, vi prego! X°
È una AU nata dal nulla: oggi ero un po' presa dalla tristezza e ne è
venuto
fuori questo.
Fra l'altro, ci tenevo a scrivere qualcosa con Merman!Seijuurou. XD
Ah, spero si sia capito che in questa shot, in alcuni punti, ho cercato
di ricordare il lato da predatori
delle
sirene! :3
So che non è un granché, ma a me piace abbastanza com'è venuta fuori!
Un po'
"fiabesca" ed era l'effetto che volevo! °3°
Spero sia stata una lettura gradevole!
Un bacio, alla prossima!