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Autore: dilpa93    11/10/2013    8 recensioni
“Non importa chi fosse mio padre, importa chi ricordo che fosse”
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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“Non importa chi fosse mio padre, importa chi ricordo che fosse”
Anne Sexton
 
 
 
 
“Ehi, la cena è pronta, tua madre comincia a darti per disperso.”
Alza la testa chiudendo il libro. Le pagine battono tra loro in un tonfo sordo mentre le dita sfiorano la copertina in cuoio i cui angoli sono stati consumati dal tempo.
Gli occhi si posano sull’orologio alla parete constatando quanto, ogni qualvolta si chiude nello studio a riflettere, il tempo scorra veloce senza che lui possa accorgersene.
Scruta la figura della donna ancora in piedi davanti a lui, poggiata stancamente allo stipite della porta con le braccia incrociate appena sotto il seno.
Prova a sorriderle e, lasciandosi andare sullo schienale della sedia, risponde in un sospiro.
“Adesso arrivo.”
“Qualcosa non va?”
Avanza cauta verso di lui, con la mano sfiora il bordo della scrivania, le superfici lisci e levigate dei soprammobili, gli spigoli smussati delle cornici, i fogli disordinati sul banco, fino a che non lo raggiunge alle spalle.
“No, è tutto a posto.”
“È per via della partenza di Alexis?”
Gli massaggia le spalle sentendolo rilassarsi sotto il suo tocco.
Chiude gli occhi perdendo contatto con la realtà.
Cinque ore lo separano dal volo diretto in Costarica preso dalla sua bambina quel pomeriggio e altrettante dall’imminente partenza di Kate. E, mentre nel primo caso gli sembrano un’eternità, quelle restanti da passare con lei gli risultano infinitamente poche.
Sarebbe corretto dirglielo? Insinuare in lei il dubbio che la decisione presa potrebbe essere un male per la loro relazione?
Lui vuole la sua felicità, non chiede altro, e se i sacrifici e la distanza fanno parte del pacchetto lo accetterà senza remore.
Lentamente riemerge da quello stato di benessere rispondendo alla sua domanda con una scrollata del capo.
Sente le sue dita fermarsi bruscamente. La sedia ruota facendo incontrare i loro sguardi.
Si sporge verso di lui sostenendosi ai braccioli. I profili si sfiorano così come i loro respiri si mischiano e si confondono.
Lo guarda dritto negli occhi inclinando di poco il capo verso destra.
“Ok, forse giusto un po’... d’accordo, è per questo.” Ammette torchiato dallo sguardo indagatore della compagna.
“È normale che tu sia giù di morale, ma non è andata via per sempre.”
“Questo lo so e so anche che ormai è grande, che è pronta per conoscere il mondo e che un giorno non tanto lontano lascerà definitivamente questa casa. Sono solo un padre preoccupato, non ci fare caso. Andiamo a mangiare.” Le prende la mano intrecciando le dita con le sue, ma riesce solo ad alzarsi prima che la sua voce gli impedisca di compiere un altro passo.
“Quello cos’è?”
Si volta intercettando l’oggetto che ha catturato l’attenzione della donna.
“Oh, è il libro di poesie preferito di Al, me lo ha lasciato sulla scrivania con un biglietto.”
Le porge un foglietto rettangolare, fino ad allora usato come segnalibro tra le prime pagine, dove la calligrafia della giovane risalta pulita e ordinata.
Così penserai a me.” 
“Come se potessi dimenticarla.”
“È dolce.”
“Si, lo è”, ammette trasognato.
“Lo stavi leggendo?”
Annuisce, “solo uno sguardo. Con tutte le volte che me lo ha letto ormai lo conosco a memoria, tuttavia, non ricordavo le citazioni in ultima pagina. E c’è una frase che...” Si ferma lasciando andare il volume con pesantezza sulla scrivania ancora una volta. “Sai cosa? Non è importante, andiamo.”
Lo trattiene con forza per il braccio costringendolo a guardarla.
“Leggimela.” La osserva perplesso, quasi intimorito. “Leggimela, ti prego.” E a quella supplica non può fare a meno di cedere. Si risiede stancamente, invitandola a sedersi sulle sue ginocchia in un bisbiglio.
“Vieni qui.”
Gli poggia la testa sulla spalla accoccolandosi a lui, ed è certa di riuscire a sentire il suo cuore battere veloce come il suo ogni volta che sono vicini.
Sfoglia con rapidità il volume, schiarendosi la voce prima di leggere quelle poche parole.
“Non importa chi fosse mio padre, importa chi ricordo che fosse.”
Restano in silenzio per qualche minuto. Rick immerso nuovamente in quella riflessione che sembrava non avere una conclusione, e Kate in attesa che lui esterni i suoi pensieri, che non continui a nascondersi dietro finti sorrisi, a nascondersi da lei.
“A cosa pensi?” Si vede costretta a chiedergli non sentendolo reagire.
“A un sacco di cose.”
“Rick...”
“Sai, con gli anni credevo di averla superata, che il non aver avuto un padre in fondo non fosse più tanto importante. Guardami, ho una madre un po’ eccentrica ma che, per qualche inspiegabile motivo, mi adora.”
“Ti vuole bene perché sei speciale, sei una persona incredibile e un figlio premuroso.”
Le sorride grato per quelle parole, carezzandole la schiena con dolcezza.
“Ho una figlia fantastica e ora ho te, perché dovrei volere qualcosa in più?”
“Non vuoi qualcosa in più, vorresti una parte della vita che gli altri hanno, di cui nessuno dovrebbe essere privato.”
“Come può mancarmi qualcosa che non ho mai avuto? Non dovrebbe, è sbagliato.”
“Sbagliato? Amore, è normale sentire la mancanza di un genitore.”
“Io stavo bene Kate, ero convinto di stare bene. E poi, tutt’un tratto, si presenta lui, con occhiali scuri, armato di fucile e foto mie e della mia famiglia ovunque, dicendomi “sono tuo padre”, per poi sparire un’altra volta. Non doveva andare così. Avremmo dovuto parlare, avrebbe dovuto dirmi perché in tutti questi anni non ha mai avuto il coraggio di presentarsi lasciando che in alcuni momenti lo odiassi. Perché ha scelto di veder soffrire la donna che un tempo ha amato e che lo ha amato tanto da lasciarlo libero di andare.”
Difficile per Kate non cogliere un velato riferimento alla loro situazione, non leggere tra le righe che lui la ama al punto da lasciarla partire, da lasciarle l’opportunità di realizzare il suo sogno, da non cercare di farla desistere. Che lui la ama più di quanto potesse sperare che una persona facesse.
“Importa chi ricordo che fosse? Beh, non ho ricordi di lui... un’ombra che in una libreria ha consegnato un volume nelle mani di un bambino di dieci anni segnando il suo destino, ecco cosa ricordo.”
“Quel giorno ti ha reso almeno in parte l’uomo che sei ora, gli sarò sempre grata per questo.”
Si avvicina al suo viso posandogli un bacio all’angolo della bocca. Lui si scosta bruscamente, ma con un certo rammarico negli occhi per quel gesto dettato dalla rabbia nei confronti di quell’uomo.
“Non basta. Non basta questo, non basta guardarmi e dire di essere orgoglioso. Il ricordo del suo viso si sta sbiadendo, è solo un’immagine sfocata. Tra qualche mese non riuscirò più a ricordarlo.”
“Non credo sia così Rick. Ascoltami, sei arrabbiato, forse deluso.” Gli carezza il viso col palmo e col dorso, proprio come si farebbe con un bambino per tranquillizzarlo. “Tu non lo stai dimenticando, vorresti, ma non puoi. Puoi mentire a te stesso dicendo così, ma sono certa che tra qualche mese ricorderai ancora come è fatto. So che per molti versi è diverso, ma credi che a me non sia successa la stessa cosa? C’è stato un periodo, subito dopo la morte di mia madre, durante il quale mi sono sentita terribilmente sola e sì, ero arrabbiata con chi me l’aveva portata via, arrabbiata con chi aveva smesso di lottare e deciso di archiviare il caso, ma più di tutti ero arrabbiata con lei e mi odio per questo. Mi aveva lasciata, ci aveva lasciati ed ero totalmente persa. Non ero pronta ad affrontare il grande vuoto rimasto. Pensando a lei non riuscivo più a ricordare com’era sentire i suoi baci sulle guance, o il suono della sua voce. Il suo volto lo ricordavo solo attraverso le foto, ma... quando quel momento è passato, quando mi sono resa conto che in realtà non ce l’avevo con lei e quella rabbia era solo un modo per sentire meno il dolore della sua perdita, ogni cosa è andata a posto. Anche ora, se mi concentro, riesco a sentire la sua mano che mi carezza i capelli. Di notte posso sentire la sua voce darmi la buona notte in un sussurro.
Quei pochi ricordi che hai di tuo padre non se ne andranno con facilità e quando finalmente riuscirai a perdonarlo, pensando a lui, vedrai il suo volto e sorriderai, e magari ti accorgerai di somigliargli... almeno un po’.”
Ed ecco un altro mattoncino del muro di Kate cadere.
Lui può vederlo.
Nonostante lei abbia più volte insistito dicendo che ormai era svanito, crollato, andato distrutto, Rick sa che per quanto ci provi non se ne andrà mai del tutto. Eppure adesso è certo che si sia mosso qualcosa.
Si è aperto, e lei ha fatto lo stesso. È questo uno dei tanti motivi per cui la ama, ecco un altro motivo per cui, pur essendo difficile, non smetterà mai di confidarsi con lei. La sua migliore amica, la sua compagna.
“Sei davvero straordinaria Katherine Beckett. Non mi stancherò mai di dirtelo.”
Le dita gli scivolano tra i capelli setosi, seguendone le onde naturali.
“C’è dell’altro vero?”
Non le è difficile capire che c’è ancora qualcosa da scoprire sotto la sua superficie. I suoi occhi non mentono mai.
“Mi domando se... se con Alexis io abbia fatto un buon lavoro. Se tra qualche anno, o se tra qualche settimana dovessi dire qualcosa, fare qualcosa che potrebbe incrinare il nostro rapporto, mi chiedo se sarà capace di ricordare chi ero, di ricordare quanto l’ho amata e capire che qualsiasi cosa possa fare o dire l’amerò sempre.”
Sorride innamorata, incantata dal suo lato paterno, da lato di lui che ha sempre adorato, anche quando appena arrivato al distretto fingeva di odiarlo.
“Non dovresti avere certi pensieri. Ho parlato spesso con Alexis in questi anni, ho visto come ti ammira, come la tua opinione conti molto per lei. Ho notato il modo in cui ti occupi di lei, quanto tu faccia tutto ciò che è in tuo potere per tenerla al sicuro e renderla felice. Credi davvero che potrebbe pensare che tu non le voglia bene? Genitori e figli litigano, possono portare astio e rancore per anni, ma non si dimentica mai il bene che uno ha fatto per l’altro.” Porta l’indice sotto il suo mento sollevandogli il viso. Le iridi blu riflettono ora i suoi lineamenti delicati. “Tesoro, tu hai fatto un lavoro splendido e Alexis è una ragazza brillante ed intelligente, sa chi sei, sa cosa hai fatto per lei e cosa ancora stai facendo e farai. Se qualcosa dovesse andare per il verso sbagliato non hai di che preoccuparti. Sai cosa penso?”
“Cosa, che ti sto annoiando con problemi che probabilmente non ti interessano?”
“Ehi, stiamo insieme, stiamo per diventare una famiglia. I tuoi problemi sono anche i miei e mi interesseranno sempre.”
“Allora, a cosa stavi pensando?” Domanda con la bocca increspata in un sorriso.
“I poeti non hanno tutte le risposte, siamo noi a dare un valore alle loro parole. Non ti crucciare, quando Alexis tornerà sarà come se non fosse mai partita e tutto il resto andrà a posto, ne sono certa. È strano che sia io a dirtelo, ma se hai incontrato tuo padre deve esserci un motivo.”
“Aspetta, stai per caso parlando di segnali dell’Universo? Tu, Miss Scetticismo?”
“Si, proprio io.”
“Sarebbe scontato se ti baciassi ora?”
“Ti svelo un segreto... amo la banalità.”
“Ami anche me spero.” Sussurra con ironia ad un millimetro dalle sue labbra.
“Più di ogni altra cosa al mondo.”
 
 
 
  
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