Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: onedsfaith    12/10/2013    22 recensioni
Los Angeles.
Città dei contrasti.
Nessuno si è mai chiesto perché una città talmente bella, talmente assolata, è stata nominata così? Per la differenza abissale tra le enormi case di Beverly Hills o Bel Air e le povere vie della South Los Angeles, ovviamente. Quest’ ultima zona è comandata da gang urbane altamente pericolose e quando mai i ricchi si inoltrano in quei meandri della città che considerano quasi…forestieri, per carità! L’idea neanche li sfiora.
Provate ad andare in una sfarzosa casa delle splendide vie di Beverly Hills o in Rodeo Drive, vedrete solo persone schifosamente ricche, schifosamente snob, schifosamente ignoranti, volenti o meno, di ciò che succede all’infuori del loro splendido mondo.
Ma cosa succede se quel paradiso viene disturbato da crimini inattesi? Furti, omicidi inspiegabili. Non lo sentite anche voi? Bel Air e Beverly Hills minacciate da criminali sconosciuti. Si continuano le indagini sulla gang del Sole. Parole della polizia, signori miei.
Non pensate anche voi che forse, ma veramente forse, dovrebbero allargare i loro orizzonti e cercare di capire che probabilmente alla malavita non interessa minimamente dei loro soldi? Troppo ciechi, troppo stupidi, troppo…ricchi?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                     

Do you ever feel like breaking down? 
Do you ever feel out of place? 
Like somehow you just don't belong 
And no one understands you 
 
 


1. A new beginning

Aveva mangiato fottutamente troppo, aveva ingoiato più di quel che si era stabilito e tutto questo le dava il vomito. Non se lo poteva permettere, non poteva interrompere la dieta che si era programmata: due vasetti di yogurt al giorno. Esclusivamente magro. Quel giorno aveva fatto un fottuto errore e aveva ingoiato un’intera porzione di pizza con i peperoni, bevuto coca cola e sgranocchiato patatine. E tutto questo perché? Ah, già: la solita nostalgia le procurava quel fastidioso buco allo stomaco che, in situazioni normali, avrebbe messo a tacere, ma quel giorno proprio non ci era riuscita. Faceva schifo, si faceva talmente schifo che avrebbe rotto tutti gli specchi dell’intero Paese, almeno non si sarebbe più guardata allo specchio, non avrebbe più dovuto fronteggiare quel corpo che non le si addiceva. Quanto era passato? Un anno? Poco importava.
Si mise davanti al grande specchio da parete del soggiorno e scoppiò a piangere, sentendosi terribilmente fuori posto, in quel  luogo perfetto, creato da due perfetti angeli, ormai andati.
Salì le scale con fatica, appoggiandosi alla ringhiera per non rischiare di cadere, o forse l’intento di Sophie era solo quello?
Aprì la porta del bagno piccolo, incantata da tutto quel bianco che per la prima volta le sembrava talmente accecante da farle chiudere gli occhi.
Si chinò in ginocchio , poggiando le mani sui lati della tavoletta del cesso. Stava per fare una colossale stronzata, lo sapeva, ma chi avrebbe potuto impedirglielo?
Alzò due dita e le porto alla gola, arrivando fino in fondo, tirando su tutto quello che aveva ingerito e sputacchiandolo nell’acqua del water, lo rifece più e più volte, trasformando gli sputi in veri e propri conati.
La porta si aprì all’improvviso, facendo entrare suo fratello Rod, che la guardò perplesso, sconvolto.
“Cosa stai facendo?”
“Cercando di essere perfetta.” Fu la sua sottile risposta.  

 


“Non capisco, Rod, perché i miei sedici anni sono così importanti?”
Sophie proprio non lo sapeva: non ne trovava il motivo, di tutta quell’enorme festa che suo fratello le voleva organizzare. E, per di più, la voglia le mancava, oltre a duemila altre cose.
“Ho chiamato Lydia e Malcolm, stanno arrivando. Con Lydia ti dedicherai al tuo aspetto, mentre io e Malcolm prepariamo la console. Sarà una festa grandiosa, farfallina.” Il fratello cercava di sembrare convincente, ma c’era sempre quella sfumatura che la sorella riusciva a sentire ma non riconoscere. O forse, dato che la stessa sfumatura compariva nella sua, di voce, semplicemente non voleva identificarla.
“Hai corrotto anche loro, quindi?” si aggiravano per casa, quell’enorme casa, ormai vuota, ormai spoglia di tutti i ricordi, spostando mobili per fare spazio e nascondendo cose fragili in fondo ai cassetti.
“Soph, sono tuoi amici, è ovvio che mi appoggino in questa scelta di fare una mega festa.”
Mega-super-iper-fantastica festa!” Sophie imitò quello che Rod aveva scritto nei volantini, distribuiti poi fuori scuola, con la solita voce ironica.
Il fratello sospirò, socchiudendo gli occhi, esasperato, e venne miracolosamente salvato dal suono del campanello che annunciava l’arrivo dei due aiutanti.
Sophie si diresse verso il portone, spalancandolo con aria di gioia, avvolgendo le braccia attorno al collo dei suoi due migliori amici, venendo subito ricambiata.
“Ehi, So, come ti va la vita? Sei pronta per festeggiare i tuoi fantastici sedici anni? Non vedo l’ora che sia la mezzanotte, così potrai aprire il mio regalo!” esclamò felice Lydia, battendo le mani.
La felicità di Lydia era sempre una bella ventata in casa Hill, dopo tutto quello che era successo qualche anno fa, la gioia non era più presente sulle facce dei due ragazzi. Lydia era la luce, sempre esuberante, sempre simpatica, con la battuta pronta; era l’ancora di salvezza di Sophie.
Le due ragazze salirono le scale, finendo nella camera della festeggiata, la quale si stese sul letto, mentre l’altra andava nella cabina armadio, frugando tra la massa di maglioni sparsi in tutti i cassetti, alla ricerca di qualcosa di carino per la sera.
“Lyd, cosa ti metti stasera, tu?” Sophie si innamorava sempre di tutti gli abiti che la migliore amica indossava, li amava a tal punto da andare sempre a casa sua e prenderne qualcuno in prestito e poi comprarlo identico.
“Mmh…non so, pensavo a quel vestito che ho preso la scorsa settimana, ricordi? Quello di Gucci, sembra perfetto, no?” rispose lei, mettendosi una ciocca dei suoi capelli arancioni color carota dietro l’orecchio.
Prese un abitino celeste da una gruccia e se lo porto addosso, specchiandosi, dicendo un “alzati e vieni qui, So” facendola sollevare dal suo comodo letto e posizionandosi esattamente davanti a lei e al vestito.
“E’ perfetto, Sophie! Ora provalo mentre io cerco nella tua trousse un trucco da metterti su quei bei occhioni trascurati.” Sorrise, dirigendosi verso il bagno adiacente e mettendosi a cantare mentre frugava tra le cose della futura festeggiata.
Quest’ultima, sbuffando e borbottando, si tolte i pantaloncini e la canotta, infilandosi riluttante nel vestito che l’amica aveva scelto. Doveva ammetterlo, le stava proprio bene e le risaltava il colore dei suoi occhi; era quello il sentirsi bella di cui tutte le ragazze del suo anno parlavano?
“Ho trovato questi, Sophie e…oh cristo sei un infarto! Dio, quanto sono brava a vestirti. Ora manca solo il trucco. Sono le? perfetto, abbiamo abbastanza tempo.”
E, detto questo, le due ragazze si sedettero una di fronte all’altra, pennellini in mano di una e occhi chiusi l’altra.
Dopo ben mezz’ora a Sophie fu dato il permesso di guardarsi allo specchio e ammirare l’opera: “Hai fatto un buon lavoro, Lyd…ma non ti sembra un po’ troppo calcato?”
“Oh, finiscila, So, sei splendida!” fu la secca risposta.
“Sai cosa vorrei? Che ci fossero i mie genitori, ora, mentre mi preparo per il compleanno che pianificavo da sempre. Vorrei che mia madre mi abbracciasse come sempre, che mi dicesse uno dei suoi soliti incoraggiamenti alternativi, vorrei un sorriso di mio padre; vorrei le nostre abituali uscite a cena dove Rod faceva sempre finire qualcosa addosso a qualcuno e avvenivano battaglie di cibo che ci facevano sbattere fuori, vorrei andare a tutte le sfilate che mi sono persa con mia madre. Ti ricordi il compleanno di dodici anni nella casa di Topolino? Il compleanno migliore della mia vita.” Risero le due amiche.
“Oppure, ricordi quando siamo entrate da Chanel e la commessa pensava che tua madre volesse rubare il cardigan? Quelli erano i tempi!”
Involontariamente, una lacrima senza controllo scese lunga la guancia di Sophie, sbavando di poco la matita nera applicata all’interno dell’occhio.
Amava ripensare ai suoi genitori, i bei tempi prima dei tredici anni, a quei momenti in cui ridevano come pazzi, si crogiolavano al sole nelle calde giornate di agosto e tutto quello che poteva sentire nell’aria era il suono cristallino della voce di sua madre che ripeteva a suo padre una battuta che non aveva afferrato.
Eppure, dopo tutto, odiava ricordare quei momenti: non riusciva a non piangere, ripensando a tutto ciò e questo le dava immensamente fastidio, il fatto di piangere davanti agli altri. Lei lo considerava da deboli e, dopo tutto quello che aveva passato, non si poteva far considerare una mezza sega.
Lydia cinse le spalle di Sophie, poggiando la testa su una di esse e aspirando il profumo del suo shampoo. Nessuno le aveva ancora mai divise e dopo la scomparsa dei genitori di So, cosa avvenuta tre anni prima, dopo la quale la famiglia Hill (o chi ne era rimasto, ironicamente parlando) era entrata in un’enorme depressione, Lydia non aveva mai lasciato l’amica, indifesa e senza più speranze, sola, cercando di toglierle, invano, quell’enorme tristezza da dentro i suoi occhi.

Sophie scese le scale con calma, disturbata da tutta quella musica, cercando con lo sguardo la testa mora di Malcolm che per qualche oscuro motivo non era salito a vedere come stava con quel suo nuovo vestito.
Amava, anche se mai lo avrebbe ammesso, le feste con gente sconosciuta, erano sempre così intime, però odiava essere il soggetto di quella, anche se, una volta scesa la prima rampa, nessuno ancora le aveva detto qualcosa o fatto gli auguri. Ormai lo sapeva, per quelli della scuola lei era quella senza genitoristrana, fuori posto e, nel migliore dei casi, quella brava.
Sicuramente, nessuno si sarebbe mai immaginato che quella casa meravigliosa era stata addobbata proprio per festeggiare il compleanno della strana.
Luci, musica a palla, odore di alcool e fumo: quello era uno degli ambienti che lei preferiva, oltre al silenzio rilassante della sua camera e l’ininterrotto casino di Los Angeles.
Ma, seriamente, dov’era il suo amico?
Prese un bicchiere a caso, contenente qualche merda che suo fratello aveva servito e se la scolò tutto d’un fiato, facendosi bruciare la gola. Vodka pura, quello sì che era sballo.
“Mai vista una ragazza bere così.” La voce proveniva esattamente da dietro la sua schiena ma, una volta girata, cioè esattamente 2,73 secondi dopo, la persona da cui proveniva non c’era più.
Chi la stava prendendo per il culo? C’era talmente tanta folla che faticava persino a guardarsi i piedi, quindi cercare la persona che le aveva appena parlato era improponibile.
Sophie lasciò perdere, avviandosi verso il centro della pista, decisa a lasciarsi andare e ballare tutta la notte, fino a svenire; arrivata nel luogo desiderato i ragazzi non si attardarono a cominciare a ronzarle intorno, subendo l’effetto desiderato della diretta interessata.
Dopo quattro balli e mezzo, ecco che il dj metteva il tipo che lei detestava di più: un lento. Piano si ritirò dal centro della pista, vogliosa di non farsi vedere da nessuno ed evitare l’imbarazzante momento in cui uno sgorbio le avesse chiesto di ballare con lui e lei avrebbe, dispiaciuta, detto che “no, sto cercando il mio ragazzo”. La balla più vecchia del secolo ma nessuno, stranamente, mai se la ricordava.
La sua testa cominciava a subire gli effetti dell’alcool ma riuscì comunque a individuare Malcolm, che la portò nel giardino a prendere una boccata d’aria.
Scavalcate le numerose coppie che pomiciavano, accompagnate da bottiglie vuote di birra, riuscirono a sedersi sul loro muretto, quello dove erano soliti passare la maggior parte del tempo, parlando del più e del meno e confidandosi.
“Cal, come ti sembra questa festa?” fu Sophie la prima a rompere il silenzio che si era creato, involontariamente.
“Sei splendida, stasera. Sai dov’è finita Lydia? La sto cercando da ore. Ti va?” le chiese, porgendole un bicchiere di rhum e coca, che fu preso subito e ingurgitato, almeno fino a metà.
“E a me non cerchi?” scherzò. ”Sai cosa ci vorrebbe ora? Uno di quei giochi con l’alcool che facciamo sempre…hai qualcosa?”
Malcolm rise, mettendole un braccio attorno alle spalle; loro si conoscevano da una vita, migliori amici e praticamente fratelli.
“Io credo invece che dovremmo tornare dentro, sai? La piccola Sophie deve festeggiare i suoi 16 anni come si deve! Andiamo a ballare, su! Sai che starei con te qui fuori tutta la sera, ma il tuo dovere ti chiama e se Rod ci vede qui fuori, beh…probabilmente io non arriverò a mezzanotte.” Concluse la frase ridendo, come suo solito, e mettendo in mostra i bei denti bianchi.
Cinque bicchieri e sette balli dopo era ormai arrivata mezzanotte e Sophie fu fatta portare al centro della pista, fatta arrivare una torta e fatte spegnere le candeline. Ormai , diventata sedicenne, So si lasciò andare e nessun festeggiato, a parte tre, la vide più per tutta la notte.

Gola secca. Terribile effetto dell’alcool. Sophie odiava la mattina dopo le feste, non riusciva mai a riprendersi in maniera adeguata se non fino al mattino dopo oppure, nel migliore dei casi, la sera.
Stranamente, quella mattina era estremamente lucida e poteva rendersi conto del casino che regnava in casa sua. Dio, quanto odiava mettere ordine. La sua casa non poteva essere ordinata se i due proprietari erano tutto tranne che quello. Ma come poteva lasciare tutti i mozziconi di sigarette in giro, persino nella doccia?
Sbuffando prese una tuta e cominciò a passare l’aspirapolvere. Qual era il motivo per cui Rod non voleva una governate?
Esattamente centosettantadue minuti e altrettante imprecazioni dopo l’intera casa era stata ripulita da qualsiasi minuscola cartaccia, qualsiasi piccolo briciolo di cenere di troppo.
Esausta ed esasperata si sdraiò sul divano di pelle, accendendo la tv e cominciando a guardare CSI, immergendosi completamente nell’episodio. Sophie amava ogni genere di poliziesco, si ritrovava sempre un piccolo passo avanti, spronando gli investigatori ad arrivare a capire il colpevole. Era tremendamente intelligente: sapeva distinguere un bugiardo dal minimo cambio di espressione anche se, purtroppo, era nel copione. Le sarebbe piaciuto diventare un’attrice: tutte quelle doppie facce…ormai lei ci conviva con questa esistenza; fare un film non avrebbe fatto differenza.
Sentì i passi del fratello sulle scale e la sua testa nera comparve, seguita dal sorriso smagliante di chi ha una sorpresa.
“Ehi Soph! Dormito bene?” si interessava sempre allo stato d’animo della sorella, giustamente.
“Diciamo. Tu?”
Scrollò le spalle, aprendo il frigo e tirando fuori uno yogurt. Anzi, due.
“Allora…” Sophie si alzò dal divano su cui era stravaccata. “quando arriva il mio regalo?”
“Calmati, Soph, mangio, faccio uno doccia e poi potrai vederlo.”
“RODNEY.” La ragazza lo rimproverò.
“Non chiamarmi così, neo-sedicenne!” ridacchiò lui, alzandosi e andando verso l’ingresso. Tornò con un enorme pacco che depositò ai piedi di Sophie, la quale, immediatamente, slacciò il grande fiocco in cima alla scatola e tolse il coperchio, mettendosi una mano davanti alla bocca per la sorpresa.
Un flebile “miao” si sentì provenire dall’interno di essa; Sophie protese le braccia ed ecco che un minuscolo gattino nero dagli occhioni blu si arrampicò su di esse e cominciò a strofinare il piccolo musino contro il polso di lei, facendola ridacchiare dal solletico.
“Dio, Rod, è un tesoro di micio!” Lo amo, è il regalo migliore di sempre!” esclamò, raggiante, Sophie.
Il fratello sorrise, portandosi le mani dietro la testa e appoggiando i piedi su una sedia: “Aah” sospirò. “Ricordo ancora i miei sedici anni…furono un lontano giorno di sei anni e tre mesi fa. Quelli erano i tempi!”
Il micio prese a dimenarsi tra le mani della nuova proprietaria e, con un enorme balzo, saltò a terra, annusando in giro.
“Micio, micio, vieni qui! Micio.” La ragazza prese a rincorrerlo, camminando a gattoni.
“Dovresti dargli un nome, dubito ti dia retta se continui a chiamarlo ‘micio’.” Arrivò il prezioso consiglio di Rodney, seguito da un sorriso smagliante.
“Bisez.” Sophie sorrise. “Il suo nome è Bisez! Gli sta alla perfezione!”
Ed ecco che un nuovo membro della famiglia si era unito ai due superstiti, donando loro un pizzico di gioia.

Il suono del campanello risvegliò i due fratelli dal piccolo torpore in cui erano caduti subito dopo il pranzo delle due del pomeriggio; un “è in anticipo” da parte di Rod fece raddrizzare Sophie e la mise in agitazione.
Un “Chi è arrivato?” fu soffocato nella gola della ragazza dall’improvviso aprirsi della porta e la comparsa di un uomo alto, allampanato, sulla quarantina, con i capelli leggermente brizzolati e un sorriso smagliante sul volto. Le mani erano posate sulle spalle di Rodney che aveva appena stretto in un caloroso abbraccio.
Sophie cominciava a detestarlo.
“Soph, lui è Cooper.”
“Ciao Sophie, felice di conoscerti!” le porse la mano che, puntualmente, ella non accettò.
“Chi è lei?” la voce da dura improvvisamente le si addiceva alla perfezione.
“Sono un…beh, meglio se ci sediamo, così possiamo parlarne con calma.” Indicò con la testa il divano di pelle di fronte a lui e, tutti e tre, presero posto.
“Rod, non ho ancora mangiato, non è che potresti portarmi una tazza di cereali o qualcosa del genere, per favore?” chiese il signore.
“Certo, capo.”
Perché suo fratello lo aveva appena chiamato capo?
“Bene, Sophie” incominciò quello, una volta avuta la sua stupida tazza in mano. “tu sai che lavoro facevano i tuoi genitori?”
“Lavoravano in un agenzia di viaggio.”
Fece uno strano rumore con la bocca: ”Errato! Devi sapere che Amanda e Jef erano tutto meno che quello. Ad ogni modo, non avresti potuto sapere cos’erano, eri fin troppo piccola. Loro, è incredibile vero?, lavoravano per me, facendo le spie.
Ora, so perfettamente che tu stai pensando a qualcosa di controproducente, come fare l’omicida, ma sappi che siamo esattamente il contrario. Tu fai parte di una delle più antiche famiglie che fondarono questa, come si può chiamare, associazione? e sei caldamente invitata a far parte di questa alleanza. Se invece rifiuterai…beh mi duole dirlo ma verrai uccisa.”
Il silenzio calò sull’intera stanza, interrotto dallo sgranocchiare dei denti di Cooper, incurante del viso abbassato di Rod e della faccia sconvolta di Sophie.
“Mi state prendendo per il culo.” Esclamò quest’ultima al fratello e all’estraneo.
“Mai stato più serio. A parte quella volta ch-“
“Silenzio!” ordinò, perentoria, la ragazza.
“Soph, non è così male, una volta che ti ci abitui. Credimi.” Si intromise Rodney, zittito da un’occhiataccia della sorella.
“Tutto questo è ridicolo. E’ fottutamente ridicolo!” ridacchiò Sophie, in preda al panico. “Fatemi capire: uno sconosciuto, un fottuto sconosciuto, si permette di entrare in casa mia e dirmi che devo fare un lavoro, che tra l’altro facevano pure i miei genitori e mio fratello, e se non accetto, qualcuno mi ucciderà. Tutto questo non ha il ben che minimo senso! Ora che dovrei fare, accettare?” si rivolse a Cooper. “Pensava che venendo qui mi avrebbe convinta a entrare nella sua cerchia solo schioccando le dita? Non è così, non sarà così!”
“Senti, Sophie, ora ascolta tu me: non ti sto obbligando, anche se non vorrei proprio perderti, però sai cosa potremmo fare? Tu vieni a vedere Neverland e poi decidi.” Propose l’estraneo.
Strano nome, quello. Un luogo così poteva mai considerarsi come “un’isola che non c’è”?
“Mi sembra una buona idea, farfallina.” Si intromise Rodney.
Sophie incrociò le braccia sul petto, puntò i piedi e finalmente dalle sue labbra uscì un “accetto” che la fece portare, bendata ovviamente, in quel posto strano al mondo, decisamente stile spia, ma era completamente freddo, senza un briciolo di emozione o qualcosa che facesse capire agli altri che lì ci si poteva anche divertire. Un posto perfetto per chi era vuoto dentro o che aveva un estremo bisogno di un posto miserabile in cui scappare.
Forse fu quello o forse furono semplicemente gli sguardi di accoglienza che le lanciavano le persone sedute alle scrivanie a far uscire un fatidico “accetto” dalle sue labbra, appena mormorato, ma abbastanza chiaro da farsi capire da Cooper.
Tre fatidiche sillabe che le avrebbero cambiato la vita. In meglio o in peggio?

 

Bene, ciao a tutti!
Questa è la mia seconda fanfic e la prima sui One Direction, ma vi giuro che ci metterò tutto il cuore perché ci tengo davvero moltissimo.
Il primo capitolo è un po’ noioso, penso, introduce un po’ Sophie, Rod e i suoi due migliori amici, più abbiamo la comparsa di Cooper. Dal prossimo potrete leggere anche di Niall, non vedo l’ora di farvi sapere come lo descriverò in questa fanfic.
Allora, come avrete capito i genitori di Sophie sono scomparsi da circa tre anni e i due fratelli, giustamente, sono un po’ tristi, direi tanto.
Cose da ricordare: il nome Neverland che è appunto il titolo della storia ed è anche come viene soprannominato il “covo” dell’associazione (circa); la voce che Sophie sente alla sua festa che le dice che beve bene, anche il primo pezzo e ultima cosa i suoi soprannomi, soprattutto quella brava, perchè poi vi spiegherò a cosa si riferisce,
Allora, riguardo il primo pezzo, è riferito a poco dopo la scomparsa dei genitori, circa un anno, quando Sophie era entrata in una forte depressione e ricordatevi del fatto che era bulimica (con questo non voglio prendere in giro nessuno).
Spero che recensiate, mi farebbe davvero moltissimo piacere e, se lo farete, vi chiederei anche di scrivere come pensate sia Sophie, fisicamente. Sono molto interessata a questa cosa.
Io su twitter sono @niallsfighter quindi per qualsiasi dubbio contattatemi lì. Ultima cosa: volevo mostrarvi il gattino che S riceve al compleanno, è questo

 

Penso di aver finito, buona lettura e buon weekend.
Un enorme grazie a @hjsdjmples che ha creato il banner. Grazie mille!
Un bacio, Chiara

 

  
Leggi le 22 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: onedsfaith