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Autore: giambo    14/10/2013    5 recensioni
One-shot che parla del rapporto di amicizia che lega l'imbranato Goten, il simpatico Trunks e la 'dolce' Marron.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goten, Marron, Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Allora, questa è una storia che ha come personaggi Marron, Trunks...e Goten. L'imbucato di turno? Pervertivissima cosa a tre? No, semplicemente questa storia parla del rapporto di amicizia che lega questi tre ragazzi (anche se un piccolo, piccolissimo spruzzo di Marron/Trunks l'ho messo. Più che altro perché questa coppia mi è sempre stata simpatica. Vediamo se riuscite a trovarlo! *della serie: si diverte con poco*). La trama in sé non è un gran ché, così come il resto a mio avviso. Soprattutto Marron, ho il terrore di averla resa spaventosamente OOC. E' vero che indicazioni del suo carattere una volta cresciuta il manga, o l'anime, non le da. Quindi mi sono basato sulle poche scene in cui compare più i caratteri dei genitori. Spero che sia accettabile come risultato!

Beh, mi sono lamentato abbastanza. Vi lascio alla storia. Come al solito avviso tutti che se trovate qualcosa che non va nella storia o che non vi convince non fatevi scrupolo di dirmelo! Qualsiasi genere di recensione sarà accettato (anche negative).

Buona lettura!

 

Youth

 

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Il silenzio nella stanza era totale, rotto solamente da un leggero ticchettio e da un fievole respiro. Un luce soffusa entrava a fatica dalla persiana abbassata della finestra, quasi che il giorno fosse riluttante a farsi vivo. Una grande pace regnava all'interno dell'ambiente.

Tuttavia, ad un tratto, la quiete e la pace vennero rotti da un potente squillo che, nel silenzio che si era creato, sembrò dieci volte più forte del normale.

Il fievole respiro si trasformò in un grugnito di disappunto. Una mano uscì fuori da un ammasso informe di lenzuola e coperte e tentò, a casaccio, di raggiungere la fonte del rumore che, nel frattempo, proseguiva indisturbata nel creare il suo trillo distruggi-timpani.

Alla fine, dopo due lunghissimi minuti, la mano riusci ad individuare la fonte del fastidioso rumore ed ad eliminarla in maniera non propriamente delicata. Una volta che scomparve il rumore della sveglia, ormai fracassata, nella stanza ritornò il silenzio.

Silenzio che durò pochissimo.

Infatti, pochi minuti dopo, la porta della stanza si aprì di botto, lasciando entrare un fascio di luce accecante in direzione del letto e raffreddando quasi subito l'aria dell'ambiente.

“MA SI PUO' SAPERE COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO IN QUESTA MALEDETTA CASA?!” ruggì Marron uscendo dalle coperte come una furia.

Sua madre la guardò con freddezza. Nonostante fosse ancora mattina presto C18, a differenza della figlia, era già vestita, lavata e senza un capello fuori posto.

“Mi avevi detto tu di svegliarti presto.” replicò senza scomporsi la cyborg. “E visto che ho sentito squillare la tua sveglia, e non ti ho vista uscire, ho pensato di alzarti io.” Senza aspettare una risposta da parte della figlia, l'androide si girò per uscire dalla stanza. Tuttavia, prima di varcare l'uscio, C18 aggiunse un'ultima frase.

“E comunque vai a farti una doccia prima di scendere in cucina. Qua dentro c'è un odore rivoltante.” detto questo, la donna uscì sbattendosi la porta alle spalle.

Marron rimase a fissare, per circa un minuto, la porta di camera sua immobile, sbigottita, mentre una furente rabbia avvampava dentro di lei. Alla fine, borbottando insulti in direzione di sua madre, la bionda si alzò e andò ad aprire la finestra di camera sua. La ragazza ebbe un brivido nel sentirsi scivolare addosso la frizzante aria di novembre. Il cielo era grigio, coperto da nuvole dense e spesse. Il mare che circondava la piccola isola era calmo e del colore del cielo, assomigliando in questo modo ad una patina di ferro liquido. In lontananza, un gabbiano lanciava il suo malinconico verso mentre sorvolava le onde dell'oceano.

Marron rimase a fissare con sguardo pensieroso la distesa d'acqua che si estendeva a perdita d'occhio per circa un minuto. Le piaceva il mare. Viveva a contatto con l'acqua salata fin da quando era una bambina e aveva imparato, con il passare degli anni, ad amarlo in qualunque stagione. Quel giorno, tuttavia, non era in vena di perdere tempo.

Sospirando, la bionda richiuse la finestra ed andò a farsi una doccia.

“Maledetti scimmioni!” borbottò di cattivo umore. Era per colpa di quei due disgraziati che, per qualche immensa sfortuna, si era ritrovata ad avere come migliori amici se, in quel momento, era costretta ad alzarsi presto anche di domenica mattina. Dentro di sé, la ragazza si chiese cosa avesse mai fatto di così male in una delle sue vite passate per meritarsi degli amici con un quoziente intellettivo pari a quello di un protozoo, ma poi si ricordò di una frase che sua madre le ripeteva spesso.

 

Quando hai un padre come il tuo, sei quasi costretta a frequentare persone totalmente deficienti.”

 

Marron sospirò. Odiava ammetterlo, ma sua madre aveva avuto ragione

 

 

Si fece una lunga doccia calda. Non le piaceva ammetterlo per la seconda volta in pochi minuti, ma sua madre aveva avuto di nuovo ragione. Sotto il getto di acqua calda sentì di svegliarsi poco a poco. Riuscendo addirittura a dimenticare il fastidio per essersi dovuta svegliarsi presto.

Venti minuti dopo, la ragazza scese nella cucina della Kame House. Salutò con un bacio sulla guancia suo nonno e suo padre, si prese una tazza di caffè e si sedette a tavola a sorseggiarla.

Sua madre, intenta a bere una tazza di tè, la fissò con uno sguardo fintamente sorpreso.

“Come mai bevi solo un caffè? Ti sei rimessa a dieta?”

Marron indirizzò verso sua madre uno sguardo non propriamente amichevole. Odiava il fatto che l'androide potesse permettersi una linea perfetta senza alcuno sforzo mentre lei doveva sempre tenere a bada la sua immensa fame.

“Dopo devo vedermi con Trunks e Goten in città. Mangerò qualcosa lì.” rispose con tono indifferente. Sapeva che C18 godeva nel prenderla in giro su questioni come quella della linea, e cercava perciò di mostrarsi superiore.

“Capisco.” osservò con tono tranquillo quest'ultima. Se anche la cyborg fosse delusa per il fatto che la figlia non avesse risposto alle sue provocazioni, non lo diede certo a vedere. Dopo essersi sistemata una corta ciocca di capelli biondi, la donna tornò a sorseggiare in silenzio la propria tazza.

Crilin aveva osservato le frecciate che la figlia e la moglie si scambiavano sorridendo. Il piccolo guerriero aveva ormai superato la cinquantina e i suoi capelli, da neri come la pece, erano diventati brizzolati. Tuttavia, nonostante l'età e la mancanza di allenamenti, il fisico del terrestre era ancora asciutto e muscoloso. Muten invece era il solito vecchio brontolone. Solo qualche ruga in più sul viso segnavano il passare degli anni per lui.

Marron stava diventando una bella ragazza. Alta e magra come la madre, la bionda stava ereditando da C18 anche un seno piccolo ma sodo, uno sguardo ceruleo, anche se più vivo di quello della madre, ed un caratteraccio identico a quello della scontrosa cyborg. Dal padre invece la ragazza aveva ereditato la forma degli occhi ed alcuni tratti del viso.

Una volta finito di bere la propria tazza di caffè, Marron guardò l'ora e scoprì, con suo immenso disappunto, che era già arrivato il momento di andare. Con un sospiro, la bionda si alzò, indossò il cappotto e il berretto, e si diresse verso l'uscita della Kame House.

“Quando torni?” le domandò subito il padre leggermente ansioso.

“Per cena.” rispose distrattamente la ragazza.

Una volta arrivata sulla spiaggia, Marron si concentrò e, lentamente, cominciò ad alzarsi in volo. Anche se non aveva ereditato l'immensa forza dei genitori, la bionda aveva imparato dal padre a levitare all'età di circa dieci anni. Più o meno quando sua madre si era stufata di portarla a scuola in braccio.

Una volta in cielo, la bionda puntò con decisione verso la Città dell'Ovest.

 

 

Chichi sbuffò quando, entrando nella stanza di suo figlio, trovò quest'ultimo in uno stato che, chiamarlo disgustoso e rivoltante, sarebbe stato offensivo verso le cose disgustose e rivoltanti.

Imprigionato in un ammasso di lenzuola, coperte e cuscini, Goten russava alla grande. Il ragazzo indossava solamente un paio di mutande lerce di un colore grigiastro mentre dalla sua bocca semiaperta colava un rivolo di luccicante bava, che, lentamente ma inesorabilmente, andava ad allargare la macchia che si estendeva in un punto imprecisato del materasso situato tra l'ascella e il collo del giovane saiyan, il tutto condito con grugniti animaleschi che uscivano ad intermittenza dalla sua gola. In definitiva, era uno spettacolo raccapricciante.

Chichi fece una smorfia schifata nel vedere ridotto in quello stato indecente il suo adorato secondogenito. La sua smorfia raggiunse il picco, insieme al suo disgusto, quando Goten, evidentemente immerso in sogni non propriamente casti, si grattò con vigore la zona inguinale da sopra le mutande con un'espressione mista tra l'idiozia e la gioia stampata sul volto.

Per la povera donna quello fu troppo.

Strinse con forza i pugni, sollevò con lentezza le braccia, cercando di riportare alla luce tutti i suoi allenamenti di gioventù, e rafforzò la presa infondendo forza nei propri arti inferiori. Infine, quando fu pronta, la donna colpì il figlio con tutta la propria forza in testa, tramite l'utilizzo di una robusta scopa di frassino.

Le valli dei monti Paoz risuonarono di urla di dolore disumane.

Con le narici fumanti di disprezzo e disgusto, la donna andò ad aprire la finestra, purificando l'aria all'interno dell'ambiente. Successivamente, essa rivolse lo sguardo verso il suo secondogenito che, dolorante, si massaggiava il nuovo bernoccolo che aveva sulla testa.

“Ben svegliato Goten.”

“Mamma...” gemette il giovane massaggiandosi energicamente la nuca. “Di tutti i modi per svegliarmi dovevi proprio scegliere quello di rompermi la scopa in testa?”

“Il tuo comportamento da bifolco era inaccettabile.” rispose sprezzante la madre. “La colazione sarà pronta tra poco, ti consiglio di andare a lavarti. E...Goten?”

“Sì mamma?”

“Non osare toccare un solo oggetto dentro queste mura prima di esserti lavato le mani!”

 

 

Una doccia fumante dopo, il giovane entrò in cucina in condizioni decisamente più accettabili ed umane. Profumato, lavato e soprattutto vestito, Goten si sedette a tavola cominciando ad assaporare le squisite pietanze preparate da sua madre.

“Mamma, anche oggi ti sei superata! Questo dolce è proprio ottimo!”

“Sono contenta che ti piaccia Goten.” rispose la donna con tono dolce. Era incredibile come potesse cambiare velocemente umore Chichi, passando dalla furia omicida all'amore sdolcinato in meno di cinque minuti, ma i suoi figli si erano abituati a tale carattere. Metteva quel pizzico di imprevidibilità nella loro vita che tanto amavano coloro che possedevano sangue saiyan nelle vene.

“A proposito mamma, come mai Gohan non è venuto a colazione da noi oggi che è domenica?” bofonchiò con la bocca piena il giovane saiyan sputacchiando pezzetti di dolce e cereali tutt'intorno. Chichi non se la prese. Aveva capito da anni che provare ad insegnare ai suoi figli le basi dell'educazione a tavola era una battaglia sprecata.

“Sei il solito bifolco! Oggi era al matrimonio di un suo collega di lavoro insieme a Videl ed alla piccola Pan. Possibile che tu non te lo ricordassi proprio?”

“Mmm...” Goten in quell'istante non fu capace di pronunciare nient'altro a causa di un boccone gigantesco di torta al limone che gli ostruiva la gola. Annaspò qualche istante in cerca d'aria, mentre il suo volto assumeva un'inquietante color rubizzo. Successivamente, il moro afferrò la propria tazza di latte, scolandosela in un solo sorso, sospirando una volta che quest'ultimo scese nello stomaco insieme al boccone ostruito.

“Fiuuuuu...stavolta l'ho vista brutta.” dichiarò preoccupato.

Dieci secondi dopo, il saiyan aveva già accantonato la propria preoccupazione. Riprendendo a mangiare come un forsennato.

“Comunque, cosa stavi dicendo prima mamma riguardo il fratellone?”

“Niente.” Chichi emise un profondo sospiro. Aveva combattuto per tutta la vita per evitare che i suoi figli non di diventassero come il loro padre, e aveva miseramente fallito. Un pensiero che possedeva la capacità di farla andare in depressione.

“Comunque anche io oggi non ci sono, devo andare in città con Marron e Trunks.” aggiunse il ragazzo mentre si pappava in un sol boccone un tortino alle mandorle.

Chichi non disse nulla. La donna era troppo impegnata a sospirare e a deprimersi per il fatto che anche il suo secondogenito, nonostante tutti i suoi sforzi, era diventato un buzzurro proprio come il padre.

“Cos'ho fatto per meritarmi tutto questo?” si domandò mentre Goten, con un sorriso ebete stampato sul volto, si gustava barrette di riso soffiato con attorcigliate attorno succulente strisce di pancetta.

 

 

“Ma dove le ho messe...” bofonchiò il moro mentre rovistava il ripostiglio alla ricerca delle sue nuove scarpe. Era in ritardo, e la cosa non faceva che mettergli ansia. Sapeva per esperienza personale che Marron poteva diventare terribilmente pericolosa se provocata (cosa facilissima da fare per giunta). Senza contare che, quasi a volerlo fare apposta, una delle (tante) cose che riuscivano a mandarla fuori dai gangheri era quando lui arrivava in ritardo.

“Chissà perché poi se la prende sempre con me.” borbottò Goten mentre cercava di capire se quell'oggetto informe che era nascosto dietro un vecchio (e lercio) paio di mutande di suo padre non fossero le sue scarpe nuove. Dopo aver constatato che erano solamente degli orrendi mocassini appartenenti a sua madre, il ragazzo uscì dal ripostiglio di corsa, provando a cercare in camera sua. Di solito non le mollava mai in camera, ma poteva darsi che questa volta l'avesse fatto.

“Ma si può sapere dove vi siete cacciate?!” dichiarò ad alta voce, quasi sperando che urlando queste ultime si decidessero ad uscire fuori dal loro nascondiglio. Speranza che si infranse subito.

Alla fine, dopo altri dieci, frenetici minuti, il giovane saiyan riuscì ad individuarne una sotto il proprio cuscino. Mentre l'altra la ritrovò, cinque minuti più tardi, tra i panni sporchi che sua madre stava per mettersi a lavare. Come esse fossero finite in quei posti così distanti tra loro era qualcosa che andava al di là della sua comprensione.

Tuttavia, tali profonde questioni vennero rapidamente abbandonate dal ragazzo quando osservò l'ora. Era in ritardo. Terribilmente in ritardo. Infatti, secondo gli accordi presi la sera prima, (ma che lui essendo sbronzo non aveva recepito in maniera perfetta) l'ora del ritrovo era già passata da circa cinque minuti.

E lui era ancora a casa, lontano migliaia di chilometri, a perdere tempo.

Con uno scatto degno di un centometrista, Goten si mise le scarpe nuove, prese il suo giubbotto, si cacciò i guanti e la sciarpa in tasca (avrebbe indossato il tutto mentre era in volo), prese il portafoglio di pelle nera di suo fratello Gohan (che aveva avuto l'accortezza di prendergli a sua insaputa il giorno prima) ed urlando un veloce “Ciao mamma!” uscì di casa.

Il tutto in poco più di venti-trenta secondi.

L'altopiano dove erano situate le case di Goku e di suo figlio Gohan era innevato. Grosse nuvole del colore del ferro coprivano il cielo, come una calda e spessa coperta, mentre un vento gelido spirava da nord, portando con sé qualche fiocco di neve. Tuttavia Goten non perse tempo ad osservare il candido panorama che lo circondava. Senza perdere tempo, il ragazzo spiccò il volo, volando alla massima velocità verso la Città dell'Ovest. Sapeva di essere in ritardo, e non era sicuro di poter uscire indenne dalle grinfie di Marron

“Speriamo che sia in ritardo anche lei.” pensò speranzoso il giovane saiyan mentre sotto di lui i monti Paoz sfrecciavano veloci in un'indistinta macchia bianca e marrone. Quasi come se la terra fosse diventata una gigantesca mappa che qualcuno stava srotolando sotto di lui.

 

 

Marron si stava innervosendo.

Erano in ritardo.

E la cosa, ad essere sinceri, le stava facendo saltare i nervi.

“Come osano farmi aspettare?” pensò mentre tamburellava le dita della mano sinistra sul braccio destro. La sua fronte, di solito liscia e morbida come quella di qualsiasi altra ragazza di sedici anni, era costellata di nervi e venuzze pulsanti. Facendola assomigliare in maniera inquietante al padre di Trunks.

Poteva, seppur con fatica e con molta, moltissima comprensione, anche poter perdonare un piccolo ritardo da parte di Goten (piccolo per modo di dire dato che ormai era là ad aspettare come una deficiente da oltre venti minuti). In fondo, Goten era un essere inferiore. Uno scimmione pompato con il quoziente intellettivo pari a quello di un acaro, e quindi non poteva aspettarsi troppo da lui. Anche se ciò non l'avrebbe mai risparmiato dalla sua tremenda vendetta.

Però Trunks no. Da lui non poteva aspettarsi un ritardo di quel genere. Quel gesto era l'ennesima conferma che quell'idiota di un saiyan era solamente un essere celebroleso che, per qualche oscura ragione a lei ignota, era il primo della scuola in fatto di voti.

Trunks non poteva essere in ritardo.

Per il semplice fatto che il luogo d'incontro era davanti a casa sua.

Un ringhio rabbioso uscì dalla gola della ragazza, facendola assomigliare vagamente ad un lupo con la rabbia, quando osservò dal display del proprio telefono che ormai i due idioti erano in ritardo di quaranta minuti.

Era troppo.

La prima volta che li avrebbe visti li avrebbe uccisi a mani nude.

“Ehi Marron! Marron!”

Una voce (purtroppo) familiare raggiunse le sue orecchie. Quando, lentamente e con un'espressione di puro odio, si girò ad osservare colui che aveva osato chiamarla con quel tono allegro, i suoi occhi cerulei si posarono su un affannato Goten.

“S-scusami Marron! Il fatto era che...”

“Non mi interessa.” sibilò con tono velenoso la bionda. Davanti a quella furia in procinto di esplodere, il saiyan sbiancò di colpo.

“E-e dai Marron...non ti sarai arrabbiata per così poco s-spero! V-vero?”

Per tutta risposta la ragazza si avvicinò al moro. Lo osservò da vicino, godendo nel vedere quello scimmione pompato fissarla terrorizzato. Era piacevole osservare come bastava così poco a spaventare quei due.

Pero a lei la semplice paura non bastava.

Sorrise.

Poi, afferrando per i capelli il suo amico, Marron gli sferrò fulminea una ginocchiata in pieno volto. Pur essendo molto più debole di lui, era certa di avergli fatto molto male.

“Ahio!” urlò il ragazzo. Il suo naso era arrossato, e un rivolo di sangue gli usciva da una narice. A parte questo però, Goten sembrava illeso.

“Così impari ad arrivare in ritardo.” osservò serafica la bionda. Era una sua caratteristica malmenare i suoi amici. Il fatto che fossero molto più forti di lei non le impediva di infliggere loro dolore quando la facevano arrabbiare (il che accadeva abbastanza spesso). E la cosa le piaceva molto. La faceva sentire più tranquilla e rilassata.

Era proprio figlia di sua madre.

“Ma serviva proprio prendermi a ginocchiate?” piagnucolò il moro mentre si asciugava il rivolo di sangue dal labbro superiore. Per tutta risposta, la ragazza si girò e si diresse verso la casa di Trunks, mentre Goten preferì seguirla a distanza di sicurezza. Quando Marron era arrabbiata, essere un saiyan non era una garanzia di sicurezza.

“E ritieniti fortunato.” dichiarò con voce soave la bionda mentre suonava il campanello della Capsule Corporation. “Perché il trattamento che ho in mente per il tuo degno compare è molto peggiore.”

Goten deglutì. In cuor suo fu felice di non essere nei panni del suo amico Trunks. L'ultima volta che Marron aveva deciso di punirli seriamente era stato perché le avevano dato buca un sabato pomeriggio per vedere la partita di baseball insieme. La vendetta della ragazza era stata tremenda. Aveva cosparso la scuola in cui loro due andavano di foto di lui e Trunks in mutande che si divertivano a guardare video vietati ai minorenni. Come fosse riuscita ad entrare in possesso di tali terrificanti prove visive era stato un mistero per Goten (anche se sospettava un coinvolgimento della sorellina di Trunks, eterna rompiscatole ed infiltrata di Marron alla Capsule Corporation). Tutto quello che sapeva era che ci erano voluti mesi prima che le battutine sul loro conto a scuola si esaurissero. E anche dopo quasi un anno da quell'episodio c'era ancora qualcuno che lo tirava fuori, con conseguente desiderio di diventare invisibile da parte dei due giovani saiyan.

Ad aprire la porta della Capsule Corporation fu una sorridente Bulma. La donna indossava una vestaglia color lilla ed aveva i capelli ancora tutti arruffati, chiaro segno che si era svegliata da poco. Tuttavia, nonostante cercasse di soffocare un immenso sbadiglio, la scienziata li accolse calorosamente.

“Goten! Marron! Che piacevole sorpresa! Come va ragazzi?”

“Ciao Bulma!” fece Goten agitando una mano. Marron invece si limito a sbirciare torva dietro le spalle dell'azzurra.

“Marron?” domando perplessa la donna.

“Dov'è Trunks?” domando la ragazza senza smettere di occhieggiare l'ingresso della Capsule Corporation, quasi si aspettasse di vedere spuntare il lilla da un momento all'altro.

“Trunks? È a letto, sta ancora dormendo. Perché?”

Davanti a quella risposta il secondogenito di Goku lanciò un'occhiata preoccupata in direzione di Marron. Quest'ultima invece strinse pericolosamente gli occhi, assomigliando in maniera inquietante a sua madre.

“Dorme ha detto?” domando con voce soave la bionda.

“Sì, cara. Perché? Per caso doveva vedersi con voi? In questo caso lo vado subito a svegliare.”

“La prego, non si disturbi.” continuò con voce dolce la ragazza. “Vado io a svegliarlo.”

“Tu aspetta qui!” ordinò subito dopo con voce dura a Goten che, ancora dolorante al naso, si limitò ad annuire velocemente.

Con un sorriso angelico sulle labbra, Marron superò la scienziata e si inoltrò nei meandri della Capsule Corporation. Bulma ridacchiò vedendola comportarsi in quel modo. Adorava vedere una ragazza che comandava a bacchetta gli uomini.

Marron era proprio figlia di sua madre.

 

 

Mentre camminava nei corridoi della Capsule Corporation, Marron non provava nessun'altra sensazione se non quella di vendicarsi nella maniera più crudele possibile nei confronti di quel babbeo di proporzioni colossali che corrispondeva al nome di Trunks. La ragazza era decisa a fargliela pagare amaramente per essersi dimenticato del loro appuntamento in centro. Come osava dormire mentre lei era costretta a svegliarsi presto? Come poteva anche solo minimamente sperare che lei lo avrebbe perdonato?

“Gli farò rimpiangere ogni secondo in più che ha dormito rispetto a me...” pensò furente mentre si avvicinava a passo di marcia alla stanza della sua vittima.

In quell'istante, dall'altra parte del corridoio, comparve la silenziosa figura di Vegeta. Già sudato per gli esercizi di riscaldamento, lo scorbutico principe dei saiyan si stava concedendo due minuti di riposo prima dell'inizio dell'allenamento giornaliero vero e proprio. Quando la ragazza lo raggiunse, Vegeta non proferì parola, proseguendo per la sua strada. Marron aggrottò le sopracciglia, odiava essere ignorata. E sebbene sapesse che attaccare un tipo come Vegeta non fosse una mossa particolarmente saggia, la bionda avrebbe desiderato con tutta sé stessa potergli infliggere una bella lezione come fece, a suo tempo, sua madre.

“Stupido scimmione pompato...” borbottò mentre proseguiva per la sua strada.

 

 

Una volta entrata nella stanza di Trunks, Marron si guardò intorno con uno sguardo sprezzante e freddo. In quel momento, tra lei e sua madre non c'era alcuna differenza.

“Bene bene...” mormorò con voce dolce e morbida la ragazza. “Dove sei?”

La stanza del primogenito di Vegeta era piuttosto piccola per gli standard della Capsule Corporation. Una letto ad una piazza, un scrivania piena zeppa di fogli scarabocchiati, una mensola ricolma di libri ed un armadio davano vita all'arredamento dell'ambiente. In una teca di lucido vetro affianco al tavolo di pregiato noce era riposta la spada del grande Tapion, mentre sul muro sopra il letto del saiyan erano attaccati numerosi disegni della sorellina Bra. Uno di essi ritraeva anche lei in veste di angelo furente che, con una spada di fuoco, picchiava Goten e Trunks. Quando l'aveva visto per la prima volta, la ragazza aveva abbracciato la piccola Bra e, per ringraziamento di quel bellissimo disegno, l'aveva portata a negozi insieme a lei per un intero pomeriggio.

Ma in quel momento non voleva addolcirsi con ricordi piacevoli.

La causa della sua ira stava dormendo alla grossa sul letto. A differenza del suo amico Goten, il figlio di Vegeta sembrava apprezzare il fatto di dormire con capi d'intimo puliti. Per un istante, la ragazza si fermò imbambolata nell'osservare i pettorali scolpiti dell'amico. La bionda trovava ipnotico il movimento ritmico del petto di quest'ultimo, ma la sua esitazione durò solamente per un attimo.

Distolse lo sguardo da quello spettacolo che, stranamente, la rendeva docile e priva di rabbia vendicativa. Una volta guardatasi intorno, Marron vide l'oggetto attraverso il quale attuare il suo piano: il pesantissimo dizionario scolastico di Trunks.

Un sorriso perfido le incurvò le morbide labbra mentre lo prendeva in mano e lo soppesava con leggera fatica. Quel tomo era perfetto.

Si avvicinò con fare minaccioso all'ignaro saiyan che, nel frattempo, continuava a dormire alla grossa. Nel vederlo così rilassato e privo di pensieri Marron ebbe un attimo di esitazione. La parte più umana di lei provò peccato nel disturbarlo, ma quella piccola esitazione durò solamente per qualche secondo.

“Del resto, quando si dice che il sapere ha il suo peso...” sussurrò maligna mentre il dizionario le sfuggiva 'accidentalmente' dalle mani per cadere sulla testa del povero Trunks.

Subito dopo, le sue orecchie furono invase dalle dolcissime urla di dolore di quest'ultimo.

 

 

“Ma dovevi per forza svegliarmi in questo modo?!” borbottò Trunks mentre si massaggiava la testa, seduto di fianco al suo amico Goten.

“E che cosa ti aspettavi? Volevi anche il bacino sul naso?” rispose sprezzante la ragazza mentre, in piedi, osservava schifata i sedili della metropolitana dove i due saiyan si erano seduti senza troppi problemi.

Trunks borbottò qualcosa di indefinibile come risposta, il tutto sotto lo sguardo divertito del secondogenito di Goku.

“Andiamo Trunks, non prenderla troppo male! Almeno tu hai salvato il naso!”

“Capirai che fortuna...”

 

 

Una volta usciti dalla metropolitana, i tre ragazzi cominciarono a dare un'occhiata per le vetrine del centro città. Era una giornata fredda e ventosa, ma nonostante le condizioni climatiche avverse, i negozi erano già discretamente pieni. Il che era considerato un ottimo risultato dai proprietari in attesa del boom di vendite natalizie.

“Allora, che volete fare?” domandò Goten mentre adocchiava un paio di belle ragazze passeggiare dall'altra parte della strada.

“Mah! Personalmente io avrei fame. Andremo in quella pasticceria nuova che hanno aperto vicino al centro commerciale.” rispose Marron con fare distratto. La sua non era una proposta, quanto più un ordine, ma visto che si parlava di cibo, i due ragazzi accettarono senza troppi problemi la decisione dell'amica.

“Certo però che ieri sera c'era veramente un sacco di gente alla festa...” osservò soffocando uno sbadiglio Trunks. Nel sentirlo, Goten ridacchiò.

“Io non mi ricordo molto, però ho notato Marron discutere per buona parte della sera con quel morettino carino del secondo anno! Non è che la nostra scorbutica amica ha trovato qualcuno che l'addolcisca?”

Marron lo ignorò.

“Già me la immagino tutta zuccherosa e sdolcinata con il suo bel cavaliere azzurro! Certo che per essere del primo anno ti sei già data da faaaa...” il saiyan si interruppe di botto. La ragazza gli aveva afferrato l'orecchio sinistro e lo stava letteralmente distruggendo in una morsa d'acciaio.

“Ahia! Mi fai male Marron! Lasciami!” strillò dolorante il moro.

“Chiariamo una cosa...” sibilò Marron stritolando crudelmente l'orecchio all'amico. “Comincia a farti gli affari tuoi Goten, che così tutti noi viviamo meglio, intesi?”

“V-va bene! D'accordo d'accordo! Ora lasciami però!” subito dopo, la bionda liberò il ragazzo che, con un orecchio rosso come un peperone, si portò a distanza di sicurezza dall'amica, il tutto sotto lo sguardo divertito di Trunks.

Marron sorrise divertita nel vedere l'espressione dolorante di Goten. In fondo, bastava poco per imporsi con quei due. Non doveva neanche sfruttare appieno le sue immense qualità di perfidia per comandarli a bacchetta.

“Bene, ora...che ne dite se andiamo in pasticceria? Sto morendo di fame!” esclamò con voce allegra e con un sorriso sgargiante sotto lo sguardo allibito dei due saiyan.

“V-va bene...”

 

 

Marron addentò con delicatezza il proprio cornetto alla marmellata, assaporando il dolce gusto della confettura diffondersi per il palato. Con un guizzo rapido della lingua, la ragazza recuperò una briciola che aveva avuto l'ardire di depositarsi sulle sue labbra. Il tutto mentre, ad occhi chiusi, si godeva il tepore del locale e la morbidezza della seggiola su cui era seduta.

Sospirò. Nonostante tutto, non era proprio da buttare quella mattina.

In quell'istante, un sonoro rutto, proveniente dall'altra parte del tavolo, ruppe fragorosamente la sua quiete mentale.

“Grande Goten! Questo era davvero fantastico!”

“Grazie Trunks! Sai, prima che mio padre partisse con Ub, mi allenavo con lui ad ogni pasto.”

“Non è giusto! Mio padre questi allenamenti con me non li ha mai fatti! Dai, adesso provo io...”

Tuttavia, prima che Trunks potesse anche lui esibirsi nelle sue doti 'canore', un azzurro sguardo omicida lo bloccò di colpo con la bocca spalancata.

“Tu prova solo osare...” sibilò Marron con un tic inquietante all'occhio sinistro “E giuro che ti sbatto fuori dal locale a calci in culo.”

Senza proferire parola, il saiyan chiuse la bocca e riprese a mangiare in maniera scrupolosamente educata e corretta, subito seguito a ruota dal suo amico Goten. Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto della ragazza.

“Finalmente vedo un briciolo di intelligenza in voi!” esclamò allegra mentre riprendeva a mangiare la propria brioche, sorseggiando una fumante tazza di cioccolata calda.

“Certe volte stare con te e stare con mia madre è la stessa cosa...” borbottò amareggiato Goten mentre mangiava un pezzo di torta alle mandorle terribilmente piccolo per i suoi gusti. A quell'affermazione, la ragazza rispose fulminandolo con un'occhiataccia.

“Ci vuole un po' di polso con voi scimmioni! Sennò lasciati a voi stessi sapreste solo combinare danni.”

“Fantastico...mia madre mi definisce un lavativo, mio padre un perditempo e la mia migliore amica uno scimmione...E' bello sapere che le persone vicino a te ti vogliono bene...” disse sarcastico Trunks mentre faceva sciogliere lentamente la panna montata nella cioccolata calda con un cucchiaino. Nel vedere la sua faccia esageratamente depressa, Goten e Marron non poterono fare altro che scoppiare a ridere. Pochi secondi dopo, anche il figlio di Vegeta di unì a loro.

“Comunque devo ammettere che hai avuto un'ottima idea Marron a venire in questo posto. Cominciavo ad avere un certo languorino...” esclamò Goten mentre si appoggiava con aria soddisfatta sullo schienale della sedia.

“Ma se avrai mangiato come un animale a casa! Figurati se tua madre ti lascia a digiuno, specie ora che il 'piccolo e povero Gohan' vive per conto proprio. Ti starà viziando da morire!” ribatté acida Marron mentre addentava con disinvoltura la terza pastina all'amarena.

“Ci sta pensando di mettermi senza cibo...” borbottò il secondogenito di Goku mentre osservava con aria cupa il tavolo di legno. “E comunque ti ricordo che mio fratello abita solamente a cinque metri da casa mia. Praticamente è come averlo in casa, se non peggio dato che adesso si tratta di un ospite e mi tocca pure trattenermi dal nascondergli la giacca o scambiargli il piatto di zuppa con l'acqua per lavare i piatti.”

“Bleah! Che schifo Goten! Voi saiyan siete veramente disgustosi!” dichiarò schifata la ragazza mentre si puliva la bocca con un tovagliolo. Rimase indecisa per un attimo se assaggiare anche la pastina con la fragola e la panna, la sua linea ne avrebbe sofferto, ma poi decise di mandarla al diavolo e di papparsela lo stesso. Per dimagrire aveva tempo.

“Beh, onestamente quello di mettergli l'acqua sporca nel piatto al posto della zuppa è un po' vecchio come scherzo. Anche io ci provai a mio tempo con mio padre, ma purtroppo se ne accorse. Quante me ne diede quella volta! Giuro che per almeno una settimana non riuscii ad alzarmi dal letto per andare a scuola. La mamma dovette inventarsi con la maestra che avevo preso il morbillo...bei tempi quelli!” rimembrò Trunks agitando il cucchiaino sporco di cioccolata per aria.

“E a proposito di scuola Marron, ti piace il nostro liceo? Quella baracca che sta in piedi per miracolo ti ispira oppure no?” domandò il moro mentre tentava di evitare il cucchiaio sporco dell'amico.

Marron aveva sedici anni ed aveva iniziato da tre mesi lo stesso liceo dove andavano Goten e Trunks. Questi ultimi, avendo rispettivamente due e quattro anni più dell'amica, erano ormai dei veterani del liceo. Specie il figlio di Vegeta che, essendo ormai all'ultimo anno, si offriva di dare ripetizioni ai due amici in matematica e fisica, materie in cui eccelleva e dove invece gli altri due erano delle vere frane.

Marron scosse le spalle mentre piluccava la fragola della sua quarta pastina.

“Non c'è male. Certo, un paio di cafoni hanno provato a fare gli idioti, ma li ho messi a distanza con i metodi che mi ha insegnato mia madre.”

I due saiyan risero di gusto. Ancora ricordavano quando da piccoli osservavano C18 picchiare a sangue il malcapitato corteggiatore di turno, il tutto sotto lo sguardo divertito di Crilin.

“Eh già! Dalla figlia di zia 18 non ci si poteva aspettare altro!” fece Trunks con le lacrime agli occhi per il ridere.

“Ho sentito che hai picchiato a sangue, durante l'intervallo, Ben Tarckers, quello che è in classe con me...è forse vero?” domandò curioso Goten dondolandosi all'indietro sulla sedia.

La ragazza aggrottò le sopracciglia mentre la faccia pustolosa di quell'energumeno che ci aveva provato con lei qualche giorno prima ritornava sgradevolmente dentro la sua mente.

“Chi te l'ha detto?” domandò mentre finiva di mangiare.

“Me l'ha detto quel volpone del bidello Summers. Quel vecchio sarà anche sordo come una campana rotta, ma se si tratta di pettegolezzi sa il fatto suo!”

“Davvero? Quel vecchio bavoso e zoppo è la fonte dei pettegolezzi della scuola?” mormorò pensierosa la bionda. “Dovrò andargli a parlare uno di questi giorni, avrei un paio di domande da fargli su certe persone...”

“Non divagare Marron!” esclamò Trunks ormai incuriosito. “E' vero o no che l'hai spedito al pronto soccorso?”

“Beh...sì.” rispose semplicemente quest'ultima, ancora impegnata a valutare il possibile utilizzo del vecchio Summers per i suoi loschi scopi di adolescente.

I due saiyan fecero un fischio di ammirazione.

“Però! Mi sorprendi sempre di più ragazza mia!” dichiarò il lilla.

“Dimentichi di chi sono figlia.” rispose con indifferenza quest'ultima mentre si puliva la bocca. “I miei genitori uno come quello lo avrebbero sistemato con un dito. Se non sapessi mettere al tappeto uno così, mia madre mi avrebbe riempito di ceffoni una volta tornata a casa.”

Goten invece era euforico.

“Ah, brava dolcezza! Erano anni che sognavo di dargliele, solo che se lo picchiavo io poi lo mandavo al camposanto. E chi la sentiva la mamma dopo? In ogni caso, un ottimo inizio di scuola! Ti farai un nome, ne sono sicuro!”

“Non chiamarmi dolcezza Goten!” borbottò scontrosa la ragazza. “Detesto quei nomignoli tutti zuccherosi. Sono una ragazza, non un dolcetto.”

Subito dopo, un'altra risata di gruppo echeggiò per il tavolino della pasticceria.

 

 

“Bel colpo quello di sgraffignare il portafoglio a tuo fratello! Abbiamo potuto fare una colazione coi fiocchi senza sborsare un solo centesimo!” fece Trunks mentre si copriva il naso con la sciarpa per ripararsi dal gelido vento che soffiava per il centro cittadino.

Goten si limitò a fare l'occhiolino.

“Allora...adesso cosa vorreste fare? Semplice giro, oppure avete qualche meta in particolare?” domandò il lilla passandosi una mano tra i capelli.

“Beh...” cominciò con fare esitante Marron “Io un'idea c'è l'avrei!” esclamò con un luccichio metallico negli occhi.

“Al nuovo centro commerciale hanno aperto anche un negozio di elettronica! Potremmo comprarci l'ultimo sparatutto uscito l'altra settimana e provarlo da Trunks! Non vedo l'ora! Già mi vedo a farvi saltare in aria le teste con il lanciarazzi!”

Come ogni adolescente che si rispetti, anche Goten e Trunks aveva l'abitudine, specialmente d'inverno, di passare interi pomeriggi davanti al televisore a cimentarsi nell'utilizzo dei migliori videogiochi sul mercato. Tuttavia, da un paio di anni, anche Marron era stata 'contagiata' dai due saiyan in quella passione. Pertanto, non era inusuale che i tre amici si comprassero un gioco per poi usarlo tutti insieme a casa di uno di loro (che il più delle volte significava casa di Trunks).

“Non capisco perché bisogna sempre usarli da me!” protestò quest'ultimo.

“Perché tu hai il televisore e il salotto più grandi!” rispose la bionda con asprezza. “E poi io non posso tenerli da me. Mia madre non li sopporta e, alla prima occasione buona, li butterebbe subito via!”

“E dai Trunks!” fece Goten quando vide l'amico in procinto di cominciare a discutere. “Che fastidio ti darà mai? Tanto tu ne hai di spazio!”

Davanti a quell'affermazione, il lilla alzò le mani in un simbolico gesto di resa.

“E va bene! Avete vinto! Andiamo a comprare questo gioco!”

“Evviva! Vi adoro ragazzi!” esclamò tutta contenta Marron improvvisando un passo di danza per strada. “Questo pomeriggio mega partitone d'accordo? Con tanto di patatine e birra!”

“Ma se ti sei appena abbuffata di dolci! Sei sicura che siamo noi i pozzi senza fondo?” domandò divertito il figlio di Vegeta. Per tutta risposta, la ragazza incrociò le braccia in una perfetta posa 'vegetesca'.

“Quando avrò stracciato quella mezza calzetta di Goten, darò al tuo personaggio una morte lenta e dolorosa Trunks. Ricordatelo!”

“Ehi ehi! Aspetta un momentino! Come fai a dare per scontato che arriverò ultimo anche in questo gioco?”

“Avanti Goten! Lo sappiamo tutti che non sai neanche cos'è un joystick.” lo canzonò l'amico con una sarcastica pacca consolatoria sulla spalla. Dei tre amici, il figlio di Goku era decisamente quello meno dotato in materia di videogiochi. Marron invece aveva un vero e proprio talento in quelli di guerra e di sparatutto (Goten sospettava che derivasse dall'essere figlia di quella sanguinaria di zia 18). Di solito Trunks le teneva testa, ma quando la ragazza si metteva in mutande e maglietta (che significava che aveva finito di riscaldarsi), con due o tre birre in corpo, diventava impossibile anche per lui batterla.

“Non è colpa mia!” si difese il moro. “Siete voi che non mi dite mai quali sono i tasti giusti per usare il joycoso!”

Trunks preferì non rispondere, limitandosi a scuotere mestamente la testa.

Non era poi così spiacevole camminare per le affollate vie del centro, specie se si prospettava un pomeriggio a base di patatine, birra e tante partite di sparatutto. Marron saltellava e canticchiava un paio di passi davanti ai due saiyan, improvvisando passi di danza e giravolte sul marciapiede. Del tutto indifferente delle occhiate divertite dei passanti.

“Mah! Chi la capisce è bravo! Prima fa tutta l'arrabbiata perché non siamo in orario e poi si mette a canticchiare e a ballare!” borbottò Trunks perplesso.

“Andiamo Trunks! Ancora ti fai domande? Dimentichi di chi è figlia. C'è forse qualcuno sulla Terra che è capace di capire la zietta?” domandò allegro Goten mentre allungava il collo per individuare qualche bella ragazza in mezzo alla folla.

“Se ti sentisse quella che tu chiami 'zietta', a quest'ora saresti all'ospedale.” rispose Trunks sorridendo al pensiero della cyborg. Non aveva mai accettato del tutto quel nomignolo affibbiatole dai due saiyan. Ma i due sapevano che, in fondo in fondo (ma molto in fondo), la madre di Marron voleva loro bene.

All'improvviso, la ragazza tornò indietro dai due amici, mise le braccia attorno alle loro spalle, e proseguì a saltellare e a canticchiare.

“E questo che cosa significa? Ci hai per caso perdonato per il ritardo di oggi?” domandò Trunks.

“Neanche per sogno!” rispose la bionda fingendosi arrabbiata. “E' solo che ho voglia di saltare, ma sono stanca. Quindi mi sorreggerete voi due.”

I due saiyan non tentarono neppure di protestare. Avevano capito da anni come funzionavano le cose con quella ragazza dalla faccia d'angelo ma dal carattere d'acciaio.

E fu così che proseguirono fino al centro commerciale in quel ridicolo abbraccio a tre, con Marron in centro che saltellava e canticchiava e Trunks e Goten che cercavano di non scoppiare a ridere davanti alla gioia infantile dell'amica. Sapevano che erano ridicoli, ma non gliene importava nulla. Si divertivano, e questo era l'importante. Tutto il resto andava in secondo piano.

Perché, in fondo, era anche questo il bello dell'adolescenza.

 

 

Fine

  
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