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Autore: orocea    15/10/2013    2 recensioni
Jane sogna di bere il tè con Lisbon nella sua stanza di morto.
(Nonsense!)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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NONSENSING DREAME
 
 
Forse non avresti dovuto invitare Teresa, Patrick.
Forse non si sente molto a suo agio in quel vestito. Forse preferisce il caffè.
La guardi mentre cammina piano nella stanza con passo da principessa, avvolta nel vestito di tulle e pizzo bianco e rosa che nella vita reale non si metterebbe mai e poi mai.
«Sono in orario, vero?» chiede.
«Certo».
La stanza fiorisce mentre parla lei e parli tu, ma non ti giri a guardare le primule che fanno capolino sulla tua spalla, come fosse una cosa di tutti i giorni. Erbetta verde straripa dalle fessure dei mobili verniciati d’azzurro. C’è molta luce e Teresa si inginocchia di fronte a te vicino al tavolino giapponese, piccolo e rotondo come quello delle case per le bambole, e anche la sua gonna bianca e rosa disegna una macchia rotonda attorno a lei.
«Dove siamo?».
«Non siamo, Lisbon. Noi siamo morti».
Non sembra affatto stupita. «Ah», dice. «E i morti hanno il tè, vero?».
«In abbondanza». Prendi per il manico una tazza decorata di tulipani rosa, versi l’Oolong con una cura maniacale dalla teiera di porcellana e gliela porgi. «E non c’è neanche il rischio di scottarsi la lingua».
«Niente male, questo posto di morti».
«Già. E’ il mio posto di morto e non ho neanche dovuto comprare i mobili all’Ikea».
«E il mio?» Lisbon stende le labbra sottili in un’espressione di smarrimento che le fa sgranare gli occhi.
«Tu non hai un posto di morto», dici. «Non ti serve perché tornerai in vita».
«Tu non puoi tornare in vita?».
«Io non sono mai stato vivo». La guardi, stupito perché non sembra capire bene. Le tue sopracciglia bionde si alzano e formano una linea dritta, raggrinzendo la fronte. «Il tè è una cosa da morti».
«Anche i fiori?».
«Anche i fiori».
«E questo spiegherebbe tutto?».
«Già».
«E’ triste». Lisbon solleva la tazza e finalmente beve un sorso.
«Ma no. Qui sto bene».
«Anche quando me ne sarò andata starai bene?».
«Credo di sì».
Teresa sembra rincuorata, ma non può nascondere il triste disappunto che cova in un angolo del cuore. Aggrotta la fronte. «Tua moglie e tua figlia non sono morte? Dove sono?».
«Loro non vogliono stare con un morto del mio calibro».
Bevi un lungo sorso che non ti scotta la lingua, e prima che Teresa replichi che è assurdo dici che è così.
La stanza si distorce, poi torna normale, come se il passare del tempo strizzasse periodicamente ogni cosa. Tutto si bagna di luce calda. Alcune foglie cadono, smosse da un vento impercettibile.
«Questo è il tramonto?».
«Sì, il mio tramonto di morto».
Lisbon posa la sua tazza su un piattino di peltro. «Forse devo tornare dai vivi».
«Non ti fermerò».
«Perché non vieni con me? Se non ti trovi bene, puoi sempre tornare nella tua stanza di morto» chiede Lisbon esitante, sul punto di alzarsi. Mentre aspetta la risposta, raccoglie la gonna per non calpestarla. Da lontano sembrerebbe che raccolga fasci di rose.
 
Ti viene da sorridere. «Potrei provare, Teresa», dici. Ti alzi e scavalchi il tavolino e le porcellane da tea-party, lasci dietro i fiori, i mobili azzurri, il tè che non scotta la lingua per seguire una poliziotta vestita da principessa, così bella che vorresti prenderla per mano e dirle di rimanere. Ma non lo fai.
La feriresti.
 
  
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