EYES OF ETERNITY
Trama:Un racconto a sfondo amoroso e drammatico, che parla di una relazione che
va contro le regole della società,sfidando i limiti delle possibilità umane. La
storia ha luogo nell’Inghilterra vittoriana di fine ottocento, dove il conte
Cain e il maggiordomo Riff avranno a che fare con la comparsa di un intruso
dalle capacità misteriose, che sembra voler minare alla loro felicità.
Rating: R (yaoi)
Genere: angst/romantico-sentimentale
Capitoli: unico
I personaggi appartengono tutti alla maestra Kaori tranne uno di mia invenzione
che ho chiamato Yuki… strana coincidenza!
Nel palazzo regna il silenzio più assoluto, tutto è come immerso in un’oscurità
impenetrabile e quasi surreale.Il buio riempie le stanze e avvinghia le figure
addormentate sui loro giacigli, come un manto di velluto gentilmente adagiato su
di loro per proteggerle dalla fioca luce dei lampioni in lontananza.
Sospiro profondamente.
Non riesco più a riprendere sonno.
Mi rigiro nel letto artigliando il guanciale e sistemandomelo sotto una guancia,
poi chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi.
Che diavolo mi prende?
Non riesco a capire… di solito il problema non si pone e crollo in sonni
profondi senza difficoltà, certo, forse sono sonni un po’ disturbati da qualche
incubo o ricordo del passato, ma stavolta è diverso, sono troppo agitato.
Eppure il sonno si fa sentire, ma è come se le mie palpebre si rifiutassero di
chiudersi,come se per qualche oscura ragione io debba star sveglio questa notte.
Ripenso al breve sogno che ho fatto poco tempo fa e mi tiro su a sedere, una
mano sulla fronte e i capelli che mi ricadono davanti agli occhi.
Ero in un bosco, faceva freddo ed era notte… credevo di essermi perso, dunque
vagavo tra le fronde degli arbusti e degli alberi rinsecchiti che stranamente
sembravano essere diversi ad ogni passo che facevo..
Era come se il bosco mi stesse guardando, una sensazione difficile da spiegare,
ma mi sentivo un po’ a disagio,per non dire in trappola. Tutto era buio e
indefinito, tranne una figura illuminata da una fioca luce azzurra,girata di
spalle che camminava lentamente in quella boscaglia.
L’ho riconosciuto subito: era Riff.
L’ho chiamato, felice di non essere solo e di avere la sua confortevole
compagnia in un luogo così tetro e misterioso, ma c’era qualcosa che non andava
in lui. Nel sogno aveva uno sguardo cupo e …triste,direi…
Malgrado gli abbia chiesto cosa c’era che non andava si è limitato a fissarmi in
silenzio, poi ha chiuso gli occhi rimanendo così per qualche istante e quando li
ha riaperti delle lacrime stavano scendendo lungo le sue guance, lacrime amare
che sgorgavano da due pozzi di infinita inquietudine…
Subito dopo è sparito, lasciandomi completamente solo e inutilmente ho gridato
il suo nome per farlo tornare indietro.
Credo di averlo urlato veramente, ma nessuno può averlo udito poiché la mia
stanza è in una posizione piuttosto isolata rispetto alle altre.
Serro le palpebre per poi riaprirle due o tre volte, voglio scacciare dalla mia
mente quelle stupide immagini che infestano la mia nottata insonne, devono
sparire o continuerò a sentirmi male!
Posso dire con certezza che questo è uno dei risvegli peggiori di tutta la mia
vita, non so perché ma mi ha lasciato un presentimento sgradevole addosso,
un’ansia incancellabile e opprimente che mi impedisce di chiudere occhio!
Vorrei tanto sbagliarmi, vorrei tanto che fosse solo una mia stupida sensazione,
o un misero sogno illusorio che mi sta trasportando in una realtà fittizia.
Perché la sensazione che mi tiene sveglio è piuttosto inquietante e insolita,
qualcosa di assolutamente sconosciuto.
Decido di alzarmi definitivamente e di liberarmi dalle pieghe di seta che mi
avvolgono,per scendere in cucina a bere qualcosa, forse così mi calmerò.
Mi lego il lenzuolo attorno ai fianchi, lo utilizzerò per coprirmi tanto escludo
che qualcuno possa vedermi a quest’ora e con questa poca visibilità.
Accendo una candela e scendo le scale stando attento a dove metto i piedi,
intanto nella grande casa buia posso sentire soltanto il rumore costante del
pendolo che segna il passare del tempo.
Sono già le due, a quest’ora dormiranno tutti…
Inevitabilmente il mio pensiero scivola via da me e va a esplorare le stanze
della servitù addormentata, poi quella di Mary, la mia piccola sorellina che
dorme come un angioletto stretta al suo orsacchiotto…mi sembra di vederla
distintamente, con i suoi lunghi ciuffi di capelli dorati sparsi sul cuscino.
E poi…poi c’è la stanza di Riff, il suo letto, il suo corpo adagiato sul soffice
materasso, avvolto da bianche lenzuola profumate, e il suo pacifico viso
addormentato…
Mentre mi perdo in queste divagazioni mi accorgo di un rumore un po’ smorzato
dalla distanza, proveniente dal lungo corridoio dove ci sono le stanze della
servitù.
Immediatamente mi blocco e resto in ascolto col fiato sospeso per decifrarne la
natura, indeciso se spegnere o no la mia seppur piccola, fonte di luce.
A confermare che non era uno scherzo delle mie orecchie, sento provenire da una
delle tante porte uno scricchiolio, poi un movimento furtivo ma leggero di
passi, e senza pensarci due volte spengo con un soffio la flebile fiammetta
poggiando la candela su uno scalino. Dopodiché mi appresto a risalire i gradini
per imboccare il corridoio.
Un altro scricchiolio…viene dalla terza stanza a destra.
Un momento…quella è… è… la stanza di Riff!!
Mi sembra alquanto strano che possa essere sveglio a un’ora del genere, e poi
quei passi sospetti non mi sono piaciuti per niente, erano leggerissimi e
scattanti.
Mi sorprendo a constatare che il mio udito è piuttosto affinato, o forse è che
tendevo l’orecchio aspettandomi qualcosa, a causa del mio stato d’animo
inquieto?
Bè non è certo il momento di pensarci!!
Fortunatamente sono scalzo e riesco a camminare senza fare alcun rumore, e
costeggiando il muro arrivo febbrilmente fino alla sua porta.
L’oscurità è talmente densa che sperare anche di distinguere la maniglia è
impensabile, dovrò cercarla a tentoni, intanto rimango in ascolto per accertarmi
che vada tutto bene.
Il cuore mi tamburella incessantemente nel petto, e l’accenno di ansia che
avvertivo prima si sta trasformando in tensione vera e propria all’idea che
possa esserci qualcun altro nella sua stanza.
Aggrotto le sopracciglia e serro i pugni a quest’idea. E se fosse una dannata
sgualdrina che si è infilata in camera sua di nascosto?? Pagherà con la vita.
Ma ecco che sento tutto ad un tratto un mugugno soffocato, e ci scommetterei
l’intera casata che appartiene a Riff!
Prima di farmi idee sbagliate sarà meglio irrompere e controllare di persona che
diavolo sta succedendo qui dentro.
Mi faccio coraggio e appoggio lentamente le dita sulla maniglia.
Poi con decisione spalanco la porta che va a sbattere contro la parete, facendo
sobbalzare una figura china su di lui, che alla mia vista si dilegua alla
velocità della luce, gettandosi dalla finestra con uno slancio atletico
impensabile, come se fosse consuetudine per chiunque essa sia.
Una visione fugace, dissipata in un batter di ciglia, indistinguibile e arcana.
Chi diavolo era? Quella sagoma indistinta,agile e snella….non può essere una
serva!
Richiudo impetuosamente la porta alle mie spalle e sbarro la finestra con gesto
secco,come se volessi escludere quella presenza dalla stanza, creare una
barriera perché non abbia più modo di entrare qui. Poi, infine, abbasso lo
sguardo su di lui che è seduto nel letto, coperto solo da un misero lenzuolo
spiegazzato, i capelli scompigliati e lo sguardo sconvolto.
Sento il suo sguardo perplesso e un po’ timido su di me…si starà chiedendo cosa
ci faccio io a quest’ora assurda nella sua stanza, vestito in maniera indecente,
tra l’altro.
“Chi era?”
chiedo con tono deciso, come se veramente avessi il diritto di saperlo. Ma DEVO
scoprirlo, Riff mi appartiene e non può nascondermi qualcosa perché suonerebbe
come un tradimento alle mie orecchie e…al mio cuore.
Lui si ricompone, ma è evidentemente a disagio perché non può alzarsi in piedi
e, come se potesse servire a qualcosa, si sistema meglio il lenzuolo.
Poi finalmente si decide a parlare.
“Non lo so,signor Conte…. Dev’essere entrato dalla finestra mente io dormivo.”
“E non ti sei accorto di niente?”
“No, mi ha svegliato lei quando ha sbattuto la porta.”
Mi dirigo un’altra volta verso la finestra e guardo fuori, minaccioso.
So che mi sta guardando e voglio fargli capire che la prossima volta non gli
andrà così bene.
“Hai idea di chi fosse?”
“No…ma aveva i capelli molto lunghi, ne ho sentito un ciuffo sfiorarmi la mano
quando mi sono svegliato, e…mi sembra che stesse per poggiarmi qualcosa sul
naso…forse un fazzoletto imbevuto di qualche sostanza strana…ne ho avvertito
l’odore anche mentre sognavo.”
Certo, potrebbe essere….ma chi avrebbe interesse a fare cosa?
Il fazzoletto era imbevuto di qualcosa, certamente, chissà cosa…
Una sostanza per farlo continuare a dormire e aggirarsi indisturbati per la
casa? Risulterebbe illogico: non quadra…se così fosse sarebbe benissimo potuto
passare dalla camera di qualche altro inserviente, perché proprio dalla stanza
di Riff?
E poi, data la sua agilità spaventosa, non avrebbe avuto problemi ad
arrampicarsi dalla parte delle scuderie e raggiungere le camere della servitù
che danno dal lato opposto, molto più facili da ‘scalare’.
L’intruso voleva entrare proprio in questa stanza, non c’è dubbio. E allora, se
così fosse il fazzoletto avrebbe dovuto essere stato imbevuto non di sonnifero
ma di qualcosa di peggio.
Qualcosa che in qualche modo avrebbe potuto danneggiare ciò che è mio…
Mi mordo un labbro, tirando le tende con rabbia come a voler fare un dispetto a
colui che si è permesso di oltraggiare questa camera.
“Non avverrà mai più” decreto, parlando non si sa bene a chi, se a me, se a Riff
o se all’intruso.
Adesso è completamente buio e non vedo nulla, ma mi appresto ad accendere una
candela che Riff è solito tenere sul comodino, e subito la sua tenue luce ci
illumina a sufficienza per poterci distinguere e i miei occhi si puntano nei
suoi.
La cosa che mi preme di più adesso è metterlo in salvo, e tenerlo sotto
controllo.
“Vieni…qui non sei al sicuro”
gli dico, tendendogli una mano, lasciando trapelare dallo sguardo il timore che
mi inquieta.
Lui non controbatte, e avvolgendosi il lenzuolo alla vita, intreccia le sue dita
nelle mie, mentre imbocco la porta ed esco in corridoio, senza mai lasciarlo e
senza mai allentare la presa sulla sua mano forte, mentre le mie dita saggiano
la morbidezza della sua pelle.
“Signor conte, mi scusi…”
chiede lui un po’ spaesato mentre saliamo le scale.
“Non preoccuparti, stanotte dormirai con me”
Rispondo, sapendo già quale sia la sua domanda e immaginandomi la sua
espressione di stupore dipinta su quel viso di solito calmo e impassibile.
Di certo non lo lascerò dormire lì in balia del delinquente misterioso, sul
quale ho già un sospetto non molto rassicurante.
Sono certo che in qualche modo è in relazione con la Delilah, quella setta di
squilibrati assetati di sangue… resta ancora da scoprire il perché, ma ho il
netto presentimento che qualcuno ce l’abbia con il mio maggiordomo.
E’ possibile che vogliano uccidere la persona più importante per me, ma finora
non ci avevo mai pensato…
Irrimediabilmente rivedo lo sguardo terrorizzato e malinconico di Riff nel mio
sogno, vedo la mia mano che cerca di raggiungerlo ma che va a sfiorare solo
l’aria perché lui non c’è più…si è dissolto in un turbine di lucciole azzurre e
mi ha abbandonato.
Mentre questo pensiero mi attraversa la mente stringo la presa sulla sua mano, e
lui come per rassicurarmi fa lo stesso.
Finalmente siamo davanti alla mia porta in legno lavorato, abbasso la maniglia
dorata ed entro, invitandolo a fare lo stesso.
Poi richiudo la porta a chiave, onde evitare altre spiacevoli sorprese.
Anche la finestra è chiusa, grazie a Dio.
Sospiro e tranquillizzandomi mi siedo al capezzale del letto, mentre lui rimane
in piedi davanti a me.
Adesso che mi sono calmato e ho ripreso a respirare regolarmente, posso dire che
la situazione è alquanto imbarazzante.
Il silenzio si espande tra di noi allo stesso modo di come si potrebbe propagare
un’onda in uno stagno.
Di solito sono abituato a vederlo vestito di tutto punto, in quell’elegantissimo
vestito nero che mette in risalto la sua solennità e la serietà propria del suo
carattere.
Invece adesso….
Il mio sguardo scivola sulla sua pelle baciata dagli ardenti raggi di luce della
candela, e per una volta in vita mia mi accorgo di quanto sia bello soprattutto
così…
“Signor Conte…come ha fatto a sapere che c’era qualcuno in camera mia?”
mi chiede lui, con una punta di imbarazzo nella voce che di certo non mi sfugge.
Allora smetto di ammirarlo, spengo con un soffio la candela e sciogliendo il
nodo intorno ai miei fianchi faccio volteggiare su di me il lenzuolo,
sdraiandomi nel baldacchino a due piazze. Poi con voce calma gli rispondo:
“Non so… ho avuto una sensazione…”
In effetti ora che ci ripenso la sua domanda è legittima, trovarmi lì proprio in
quel momento e a quell’ora improbabile… puzza un po’ di spionaggio.
Ma so che lui non penserebbe mai una cosa simile di me e mi rilasso affondando
la guancia nel cuscino e invitandolo a sdraiarsi accanto a me.
Riff obbedisce e si adagia al mio fianco, sciogliendo anche il suo lenzuolo e
portandoselo fino al mento.
Lo guardo: una falce di luna proprio adesso sta spuntando da dietro una nuvola
contornando il suo viso di porcellana e infrangendosi sui suoi capelli in mille
riflessi argentati.
Non sembra per nulla turbato né agitato, ma del resto questo è il suo carattere…
Mi fissa coi suoi occhi rassicuranti e dolci…sì,perché è questo che vi leggo
ogni volta che mi ci specchio dentro: un’infinita dolcezza che è per me pari ad
una fonte magica dalla quale mi nutro esclusivamente di nettare divino.
Sono stato fortunato….se gli fosse successo qualcosa,io…
Mi porto una mano sugli occhi e mi mordo il labbro alla sola idea di dover
rimanere solo, senza la sua bontà e le sue cure… di nuovo quella sensazione
amara e quella fitta allo stomaco.
Improvvisamente mi passano davanti dei ricordi del passato, quando lui veniva a
cercarmi e mi trovava, come sempre, rannicchiato in un angolo buio, sotto una
roccia o raggomitolato nell’erba alta del bosco dove mi riempivo i polmoni di
quel profumo intenso di muschio selvatico e funghi.
Rivedo il suo sguardo preoccupato e al tempo stesso confortevole e affettuoso, e
le sue forti braccia che mi stringevano il petto quel giorno maledetto in cui
mio padre si gettò da quella dannata torre davanti a me. Anche il mio nome è
simbolo di peccato, e brucia di fuoco profano nel grande falò di sensi di colpa
e avvenimenti fatali che hanno costellato la mia tragica esistenza in passato.
Sarei diventato pazzo se non ci fosse stata la mia isola di pace in un mondo
crudo e meschino.
Lui c’è sempre stato. Mi ha donato tutto l’amore che mi è stato da sempre
negato, è un raggio di luce che fende le tenebre e rischiara il mio cuore
lacerato e scheggiato da mille colpi di frusta…
Se non ci fosse stato lui, col suo sorriso celestiale e la sua pazienza,
sinceramente non so fino a quanto sarei riuscito a trascinarmi in vita.
“Signor Cain….che cos’ha? Non si sente bene…?”
Sento la sua mano calda appoggiarsi delicatamente sulla mia spalla, e
istintivamente smetto di coprirmi gli occhi.
Lentamente sposto lo sguardo nella sua direzione e ne rimango abbagliato.
Il suo respiro a pochi centimetri da me, il calore che emana il suo corpo mezzo
nudo e la sua aura luminosa mi rapiscono.
Posso vedere chiaramente la preoccupazione dipinta sul suo viso, quel viso che
ho sempre cercato nei momenti più neri, dietro la cui compostezza si nasconde
una persona meravigliosa.
Rimango qualche secondo a fissarlo negli occhi che al buio non sembrano affatto
del suo caratteristico oltremare, ma piuttosto color ebano.
Adesso sto bene, le cicatrici sulla schiena non fanno più male, anzi, oserei
dire che sono sparite del tutto….
Il lenzuolo gli ricade morbidamente lungo i fianchi in mille pieghe che si
modellano sulle sue forme.
A vederlo così sembra un’opera d’arte in sintonia con la natura, e mai come
adesso sento il bisogno di catturare questa magnifica creatura e possederla.
La mia attenzione ricade sulle sue labbra socchiuse, che riflettono il pallido
candore della luce perlata della luna ed è un invito che non riesco a
trascurare, non ci riesco e non voglio.
Senza pensarci due volte mi avvicino appoggiandomi su un gomito, e con una mano
gli sfioro una guancia cercando il suo sguardo affabile e indescrivibilmente
tenero.
Questa volta non mi tirerò indietro, lascerò che i miei desideri prevalgano su
buonsenso e ragionevolezza, agirò come mi comanda il cuore.
Inevitabilmente la distanza che ci separa si fa sempre più piccola, i miei occhi
si chiudono lentamente e le nostre labbra si sfiorano appena.
Lo sento sussultare, evidentemente devo averlo sorpreso, però risponde al mio
bacio e con gesto gentile e paterno mi accarezza la nuca, infilando le sue dita
sottili trai miei capelli corvini.
Il profumo della sua pelle vellutata sa di papavero e fiori di loto, e mi lascio
trasportare da questa fragranza che mille volte ho respirato , quando mi
crogiolavo nel tepore del suo abbraccio dolce, o quando spargevo mille lacrime
sul suo petto, inzuppandogli la soffice camicia bianca.
Mi stacco flemmaticamente da lui, e vado a puntare il mio sguardo nel suo.
Siamo faccia a faccia, e l’ho appena baciato, eppure lui non si scompone.
In questi momenti mi sento inerme e insicuro, schiacciato dal peso stesso dei
miei pensieri. Ho bisogno di sapere quello che prova Riff, perché lui è
importante per me e non potrei mai fare qualcosa senza il suo consenso. Non sono
neanche più sicuro di essere io il ‘padrone’, a volte è lui che possiede me e mi
coccola come si fa con un cucciolo. Chi è di chi? Chi di noi due è dominato
dall’latro?A pensarci bene non è lui ad essere il mio maggiordomo, ma sono io ad
essere il suo Conte.
Mentre i miei pensieri si divagano in queste riflessioni, un contatto caldo e
lieve, sulla schiena, li interrompe bruscamente ridestando l’inquietudine di
poco prima.
Ad accarezzarmi è la sua mano gentile, che sfiora delicatamente la mia pelle
forse per rassicurarmi.
Sento il petto accendersi e bruciare di desiderio e istintivamente mi butto fra
le sue braccia, aderendo completamente a lui per sentire ancora il suo calore
inebriante. Forse l’ho fatto con troppa foga per i suoi modi cordiali, non so
neanche se quello che sto facendo sia giusto o completamente folle.
“Riff…”
quello che esce dalle mie labbra vorrebbe essere l’inizio di un’affermazione ma
si rivela solo un flebile sussurro. Mi schiarisco la voce sollevandomi a
guardarlo, e continuo.
“Riff, io…”
Lui sorride leggermente leggendomi in faccia il groviglio di emozioni che si
contorcono in mille nodi indistricabili della mente e del cuore, e ho la netta
sensazione che già sappia cosa devo chiedergli, prima ancora di aprire bocca.
“Per me non c’è nessun problema, signor Conte”
E infatti la risposta arriva prima della domanda.
Sorrido anch’io, carezzandolo con lo sguardo.
Riff…che cos’è lui per me?
C’è qualcosa di indissolubile che ci lega, una catena dorata e preziosissima che
tiene unite le nostre anime per sempre, e che rimarrà inviolata per l’eternità.
Mi specchio nei suoi occhi languidi, ammalianti e terribilmente sexy, quando lui
,abbassa le ciglia e chiude le palpebre con naturalezza , quasi per istigarmi.
Rimango stranamente restio di fronte al candore del suo viso, simile ad una
maschera di porcellana, così abbandonato sotto di me, in un gioco di luci calde
e fredde che si rimescolano in una visione onirica e sublime. Non oso sfiorarlo
né agghindarlo, per paura di danneggiare in qualche modo quella magnificenza che
mi appare in tutto il suo splendore argentato.
Le lunghe ciglia folte come quelle di una ragazza, sfiorano i suoi zigomi
delicati,
mentre qualche ciuffo ribelle gli ricade morbidamente sulla fronte,
conferendogli un che di ancora più aggraziato, se possibile.
Avvampando mi rendo conto che mi piace tutto di lui, il carattere, i modi pacati
e cortesi, quegli occhi dal taglio deciso ma al contempo effeminati, luminosi e
eterei, attraverso i quali riesco a scorgere i segreti e le emozioni più
nascoste di lui. Ogni volta che li osservo vi vedo riflessa l’eternità della sua
bellezza, sono impressi a fuoco nella mia mente e vi resteranno fino alla fine
dei miei giorni.
Ti voglio, ti voglio subito, Riff.
Mi ritrovo a desiderarlo ardentemente, senza un minimo di controllo. Desidero
baciare ancora quelle sue labbra simili a petali di rosa, desidero coricarmi al
suo fianco e appoggiare la testa al petto per ascoltare il battito del suo
cuore, fin tanto che Morfeo non venga a rapirmi e a strapparmi da lui.
Colto da questa istigazione impudente, metto fine alle remore e riduco
lentamente la fastidiosa distanza che ci separa, assaporando ancora , seppur con
un certo ossequio,quelle labbra rosa, soffici e invitanti.
Mi sono perso in un labirinto di perversione, e vi sarò recluso per l’eternità,
continuando a soddisfare la mia incessante sete di stravaganza.
Scelgo di staccarmi a malincuore dal suo respiro caldo e dalle sue labbra
madide, e faccio scivolare una mano trai suoi capelli arruffati,
lisciandoglieli.
Contemporaneamente la sua vaga alla ricerca della mia e quando la trova le
nostre dita si intrecciano e io non posso far altro che ammirare ancora una
volta quanto siano affusolate e sottili.
Le lambisco in un tenero bacio, scendendo poi sul dorso e scivolando verso il
polso per risalire al braccio.
Nella mia stanza, che adesso mi appare sotto una luce del tutto diversa, non si
sente che il suo ansimare sommesso ed è per le mie orecchie una musica soave, un
canto angelico,un soffio di brezza celestiale.
Voglio continuare ad ascoltare questa melodia soffusa, continua a cantare e non
smettere mai.
Le mie labbra accarezzano il suo collo sottile e lo sento fremere sotto di me, e
allora continuo a saziare i miei istinti mentre lui si lascia sopraffare
completamente, poggiando la testa su un lato e offrendomi assoluta libertà
d’azione.
Sento cedere il suo lato imperturbabilmente calmo e sul suo viso si fa spazio
un’espressione infervorata dal fuoco della passione, quegli occhi scintillanti
adesso brillano come faville e mi incitano a proseguire.
Sorrido nel vederlo così in subbuglio, stravolto da ciò che sta provando e dai
piaceri che gli sto procurando.
Affondo ancora la testa nell’incavo della sua spalla tempestandolo di piccoli
baci, mentre il suo respiro si altera ancora, e sono attirato ancora una volta
dalle sue labbra seducenti, che divoro avidamente mentre lui mi tiene stretto
artigliandomi la schiena e sussurrando il mio nome quando ci stacchiamo a
riprendere fiato.
“Riff……..diventa mio.”
gli mormoro all’orecchio, facendo scivolare la mano lungo la sua schiena
levigata.
Lo splendido serafino dalla bellezza celeste mi fissa meravigliato, poi mi
attira a sé rispondendo con voce morbida “lo sono già, signor conte…lo sono
già”.
E ricado fra le sue braccia, bramando sempre di più, sempre di più e anelando
l’estasi della completezza dei nostri esseri in una cosa sola.
Concedimi la tua benedizione, mia stella celeste, concediti a me e lascia che il
cuore fragile di un ragazzo che ti ama si consacri alla tua bellezza diafana e
alle tue mani fervide.
Un calore che credevo di aver perso in tempi lontani si è riacceso nel mio cuore
e mi culla maternamente nel torpore del sonno, pervade le mie membra
raggomitolate su sé stesse, riposate e rilassate da un lungo sonno ristoratore.
Accanto a me sento profumo di fiori, mi ricordano le passeggiate solitarie nei
prati fioriti, le lunghe ore trascorse a fissare il cielo con un filo d’erba fra
le labbra , e le corse trai papaveri purpurei che molto spesso raccoglievo e
depositavo in un vaso per conservarne la fragranza.
Cos’è quest’estasi obsoleta, caduta nell’oblio troppo a lungo?
Mi sembra di avvertire il cinguettio allegro degli uccellini sui rami dei
ciliegi in fiore, tutto è luminoso, intorno a me c’è solo luce e amore. E’
questo il paradiso che raccontano? O è un mondo inesistente, utopistico quale
l’Arcadia degli antichi?
A chi appartiene la voce che poeta questa canzone dalle parole arcane ostentando
un fascino ormai perduto nei secoli trascorsi?
Un raggio di luce si fa spazio tra le pieghe delle tende irradiando il mio viso
ancora assopito in un dormiveglia nebuloso e illogico.
E’ già mattina. Il sole è alto nel cielo e i passeri cinguettano librandosi
nell’azzurro della sfera celeste.
La natura suona delle note che corrispondono alla musica del mio cuore e un
vento leggero soffia tra le fronde dei pini in lontananza.
Azzardo un movimento ancora intorpidito ed esausto, inarcando la schiena e
stiracchiandomi. Lo schiocco dell’osso della spalla è talmente forte da lasciare
me esterrefatto e far arricciare il naso di Riff, che strizza gli occhi più
volte, poi si rigira su un fianco sbadigliando, e portandosi il lenzuolo fino al
mento.
Ridacchio tra me e me mentre mi porto a sedere,saziandomi la vista con la
meraviglia dei suoi lineamenti scolpiti dai tratti classici.
Non me la sento di svegliarlo, dunque mi alzo dal letto e mi dirigo verso il
bagno per rinfrescarmi.
Mi adagio nella grande vasca, facendo roteare la manopola dell’acqua calda, che
inizia a zampillare dalla statua di una fanciulla raffigurata nell’atto di
suonare una grande conchiglia marina.
Lascio cadere la testa all’indietro appoggiando la nuca alla fredda ceramica
della vasca, meditando sull’incanto della magia che ieri sera mi ha pervaso i
sensi per la prima volta in vita mia,inebriandomi e rendendomi assuefatto a così
dolci sensazioni prima di ieri a me del tutto aliene.
Ripenso all’estasi indescrivibile e all’ esplosione di colori quando io e lui ci
siamo fusi in un unico essere, mente e corpo congiunti in un’unica cosa.
E tu, cosa hai provato,Riff?
Che valore ha il mio amore che duella contro la natura e contro Dio?
Immergo la testa nell’acqua passandomi le dita frai capelli fini, gli occhi
socchiusi e assenti,che tutto vedono tranne quello che hanno di fronte.
Il calore ha un effetto decisamente distensivo sulle mie membra spossate, e
lentamente mi distendo nel piacevole tepore.
Inoltre la fragranza degli olii essenziali che ho versato nell’acqua bollente
sta sprigionando la sua essenza di gelsomino e in pochi minuti tutta la stanza
ne è colma.
Meraviglioso.
“Signor Conte….”
Una voce timida e ancora impastata dal sonno mi fa trasalire e quasi annegare.
Riemergo e il mio sguardo vaga verso la figura che è adesso sorta dietro la
sottile coltre di vapore.
I fianchi snelli, il petto marmoreo e levigato come quello di un’opera d’arte
scolpita nella pietra, e due zaffiri lucenti che spiccano sul volto angelico,
ancora un po’ provato dai segni di una notte selvaggia e sconvolgente.
“Ha dimenticato questa…”
farfuglia sbadigliandoRiff , che si è avvicinato al bordo della vasca e mi sta
ora porgando la spugna che ho lasciato sull’armadietto, scusandosi per non
essersi svegliato subito.
Rimango ad osservare l’oggetto nella sua mano con aria incurante, pensando che
non è della spugna che ho bisogno.
Il mio maggiordomo non sa che fare e vedendo che non do segni di alcun tipo e
non favello, mi domanda se per caso oggi voglia farne a meno.
Alzo lo sguardo su di lui, che è ancora proteso in avanti sperando che prima o
poi accetti di prenderla, ma per tutta risposta gli afferro il polso e lo attiro
verso di me con tutta la forza che ho, facendolo precipitare nella vasca.
Rido, rido di gusto vedendolo riaffiorare più stravolto che mai, gli occhi
sgranati e la bocca spalancata.
Il lenzuolo che aveva ai fianchi si è sciolto e adesso aleggia rigonfiandosi
nell’acqua, come un fantasma.
“Questo non ci serve”
decreto, appallottolandolo e gettandolo in una bagnarola di legno, aggiungendo
altri schizzi a quelli provocati dalla caduta di Riff. Il bagno è oramai ridotto
a un lago di acqua e sapone.
Se solo entrasse adesso lo zio Neal o Maryweather dovrei sorbirmi una bella
lavata di capo, ma questa eventualità ora non mi tange più di tanto.
Non ci voglio pensare, per una volta voglio fare di testa mia.
Invece per qualcun altro sembra essere un vero dilemma: il mio maggiordomo mi
guarda ancora incredulo, poi si riprende e osservando il pavimento inzaccherato
sbianca e quasi sviene pensando al lavoraccio che dovrà fare per rimettere a
posto tutto.
“Ma signor conte…guardi che disastro!”
dice aggrottando le sopracciglia.
“Non preoccuparti, lo farò ripulire dalla servitù”
Rispondo con un sorrisetto malizioso, avvicinandomi di più a lui, per poi
abbracciarlo energicamente facendo aderire i nostri corpi nudi.
Lo vedo avvampare violentemente,e le sue gote innocenti si dipingono di
scarlatto.
Sento il battito del suo cuore notevolmente accelerato contro il petto, un
sottile tamburellare frenetico, mi diverto a metterlo in imbarazzo con queste
piccole cose.
“Signor Cain si fermi, non è prudente a porta aperta…”
“dimentichi che ieri sera ho girato a doppia mandata la chiave nella serratura?”
“no, è che…prima sono sceso a prendere i vestiti di ricambio e non l’ho
richiusa.”
I miei occhi inquisitori si puntano su di lui per capire se stia inventando o se
stia dicendo la verità.
Il timore di essere respinto è la punta di un ago sottile che mi perfora il
cuore, che potrebbe trasmutarsi in pugnale e poi in spada e scheggiare la mia
fragile anima in mille pezzi nell’arco di un secondo.
Mi stacco da lui allontanandomi il più possibile: preferisco non sapere.
Preferisco rimanere nella beata ignoranza, piuttosto che anche solo supporre che
quello che c’è stato fra noi ieri notte possa essere stato bello solo per me.
Sospiro lievemente e con falsa nonchalance mi scosto ciocche di capelli bagnati
dalla fronte.
Cerco di distrarmi pensando a che cosa vorrei mangiare per colazione, a cosa
farò dopo, a quali abiti indosserò, se metterò la giacca oppure il mantello, se
anche oggi andrò a profanare una tomba o se trascorrerò una giornata nei limiti
della normalità.
Inevitabilmente il pensiero mi ricade ancora sulla comparsa misteriosa di ieri
notte.
Ho la netta sensazione che la cosa non sia finita qui, ma che questo sia solo
l’inizio di una burrasca di eventi nefasti. Sono certo che tornerà, e allora io
scoprirò chi è e gli impedirò di cercare ancora di fare del male a Riff o a
qualunque altra persona per la quale provi affetto. Anche la piccola Mary è in
serio pericolo, sarà meglio mandarla per un po’ dallo zio Neal.
In quanto a Riff…faccio appena in tempo a sollevare un timido sguardo nella sua
direzione quando sento le sue mani improvvisamente premermi contro la schiena
attirandomi a lui.
Il suo alito caldo mi sfiora l’orecchio e lo sento sussurrare:
“Mi scusi, è colpa mia. Avrei dovuto chiudere la porta”
Osservo quel fascino tranquillo che solo lui possiede: dall’’ oceano azzurro dei
suoi occhi trabocca un’infinita dolcezza rivolta solo a me, e le sue mani
vellutate scivolano leggere sulla mia pelle in carezze che mi fanno fremere dal
desiderio. Più le sue mani mi toccano e più ho la consapevolezza che la mia
anima dannata stia lentamente imbrattando di inchiostro nero la sua, luminosa e
pura.
Non è la prima volta che mi viene in mente una cosa del genere, ricordo che
tempo fa Riff mi disse che sarebbe venuto all’inferno con me. Lo disse con aria
innocente quasi da bambino, e in quel momento i miei palpiti persero un colpo di
fronte a tanta sincerità del tutto spontanea e candida.
E io con il mio veleno lo sto sporcando di nero, volontariamente ma senza avere
la forza necessaria per poterne fare a meno. Sono certo che un giorno pagherò
per questo mio egoismo ma per adesso posso solo limitarmi a conviverci
accettandolo.
“No…non è colpa tua. La colpa è solo mia, Riff….”
Mormoro con una vena malinconica nella voce, stringendolo forte a me.
“Giurami che sarai mio per sempre”
Sorride timidamente e mi accarezza il viso mentre giura.
Dio, fa di me ciò che vuoi ma lasciami la facoltà di scrutare ancora nei
profondi cristalli di ghiaccio del tuo messaggero alato. Per nulla al mondo mi
separerei dalla sua luce abbagliante, anche a costo della dannazione eterna.
Senza alcun preavviso mi porto a sedere sulle sue ginocchia, e gli sollevo il
mento con l’indice.
E’ un po’ esterrefatto ma dopotutto è abituato al mio modo di agire impulsivo.
Premo le mie labbra contro le sue con foga, approfondendo il bacio per sentire
di nuovo il suo sapore e esplorare ogni angolo di quella bocca. Forse lo sto
mettendo in imbarazzo con i miei modi passionali, che di pragmatico hanno ben
poco.
Ma nonostante ciò i suoi occhi chiusi sono testimoni del trasporto emotivo, e le
sue braccia chiuse attorno ai miei fianchi lo sono anch’esse. Basta guardarlo
ora per avere la certezza di essere corrisposti. I fantasmi che mi hanno
annebbiato la ragione fino a un attimo fa non sono che stupide farneticazioni.
Come ho potuto dubitare dei sentimenti di Riff? Come ho potuto, sapendo che
ieri, nel mio letto, in una notte stellata e tetra,abbiamo bruciato entrambi la
nostra prima volta insieme?
Sono sempre più convinto di non meritare una persona come lui.
Le mie dita scendono lungo il suo petto mentre ci baciamo e arrivano a sfiorare
l’inguine, al ché lo sento trasalire e ansimare.
“No, signor conte, non lo faccia….”
Cerca di dire con la voce spezzata dai brividi di piacere che gli sto procurando
scendendo sull’interno coscia. Sposta lo sguardo d a me alla porta spalancata,
poi di nuovo su di me, supplichevole.
Ma non intendo arrestarmi. Voglio compiere un oltraggio al pudore proprio qui,
con questa atmosfera surreale, circondati da questa nebbiolina calda e immersi
nell’acqua profumata di fiori.
Proprio mentre la mia mano si fa più audace un urlo stridulo ci fa sobbalzare, e
questa volta Riff rischia seriamente una congestione, se non un infarto.
Ancora abbracciati, giriamo la testa verso l’uscio aperto, più precisamente,
verso quella vocina familiare che ha urlato scandalizzata.
E’ Maryweather, che ci fissa in un’espressione a metà tra il furibondo e il
disgustato, la piccola bocca descrive una o perfetta, come anche gli occhi
sbarrati .
“Che succede qui!? Signorina Mary, si sente bene?”
La porta della mia stanza sbatte e un’altra voce di donna si aggiunge a fare
chiasso, probabilmente una serva. Rabbrividisco al solo pensiero che una di loro
lo venga a sapere: in men che non si dica lo saprebbe tutta la servitù e se
qualcuno parlasse ciò comporterebbe un nuovo scandalo.
Mi passa davanti un flashback dell’ultima sfuriata dello Zio Neal contro Riff, e
le sue parole dure –La prossima volta che ci sarà uno scandalo, te ne assumerai
tu le responsabilità-
Adesso sono del colore della ceramica della vasca, e mi ritrovo ancora una volta
a riscontrare i difetti del mio lato impulsivo. Eppure quando si tratta di
investigare non mi lascio mai sopraffare dalle emozioni o dall’impulsività. E’
Riff il mio punto debole!
“No….!Non è successo niente! C’era solo uno scarafaggio…”
Sento la voce forzatamente rilassata di Mary affievolirsi dietro l’uscio che
richiude frettolosamente dietro di sé .
“Non entri, dentro c’è mio fratello che sta facendo il bagno”
E’ l’ultima cosa che riesco a distinguere, poi il tonfo dell’altra porta che si
chiude.
Rimaniamo immobili come due statue, letteralmente pietrificati, a fissare il
vuoto.
Poi sento tirare un mezzo sospiro di sollievo a Riff, che si passa l’avambraccio
sulla fronte e riprende colore.
Anche il mio cuore ricomincia a battere, e non avverto più la sgradevole
sensazione di sudore freddo lungo la colonna vertebrale.
“Sarà meglio che esca al più presto…”
decreta Riff alzandosi in piedi e concedendomi una visione spettacolare del suo
fondoschiena.
Poi si lega un asciugamano attorno ai fianchi e con un altro inizia ad
asciugarsi.
Rimango a guardarlo per un po’, mentre si avvolge nel bianco panno spugnoso.
Esco anch’io e immediatamente vengo avvolto nell’accappatoio e asciugato per
bene.
Circa mezz’ora dopo sono in camera mia, e le sue dita sottili stanno sistemando
il nodo alla mia cravatta.
“Cosa diremo a Mary?”
Chiedo tutto ad un tratto, e le sue dita si fermano sulla mia camicia bianca.
Sospira abbassando lo sguardo, poi suggerisce timidamente
“La verità.”
Deglutisco sonoramente saggiando la gravità di questa ipotesi azzardata. Come la
prenderebbe una bambina della sua età? Ne rimarrà sconvolta, sicuramente… ma non
possiamo nemmeno mentirle, dal momento che ci ha colti in flagrante!
Dopotutto forse ha ragione Riff, dovrei raccontarle solo la verità. Non merita
di essere presa in giro, soprattutto per come si è comportata prima…le sono
infinitamente riconoscente.
Il mio stomaco brontola sonoramente dal momento che non ho mangiato nulla, e
Riff mi guarda sorridendo
“Ha fame, signor conte?”
Annuisco distrattamente, poi appena finisce di allineare l’abito, spalanco la
porta e mi precipito in corridoio, imboccando le scale che portano al piano
terra.
“Andiamo a fare colazione” ordino scendendo velocemente i gradini di marmo.
Il rumore frenetico dei tacchetti delle mie scarpe rimbomba in tutto il palazzo
e come al solito quando sono nervoso è impossibile passare inosservato.
Infatti la servitù che si trova nei paraggi si affretta ad avvicinarsi alle
scale,porgendomi le reverenze con un inchino. Con un cenno della mano li
‘congedo’, facendo chiaramente capire loro che oggi desidero essere lasciato in
pace.
Entro nella sala da pranzo con tutta l’intenzione di sedermi a capo tavola e
mettere qualcosa sotto i denti, ma rimango immobile con la maniglia stretta frai
polpastrelli nel vedere una massa di capelli biondi, straordinariamente lisci e
rilucenti che nascondono il suo piccolo visetto mentre è intenta ad assaggiare
un pezzo di torta al cioccolato.
Indugio un momento e mi volto per vedere dov’è Riff ma dev’essersi defilato in
cucina a prepararmi qualcosa.
-Non c’è verso di evitare questa discussione- penso, mentre mi schiarisco la
voce per attirare la sua attenzione.
Lei quasi si strozza con un boccone particolarmente generoso di dolce, ma si
riprende dopo una sorsata altrettanto generosa di thè.
“Cain…”
mormora, infine, guardandomi coi suoi occhioni innocenti, occhi blu come quelli
di Riff, ma decisamente più ingenui ed eloquenti, e le guance ancora sporche di
briciole.
Mi limito a sorriderle, anche se in verità sono teso come una corda, e vado a
sedermi accanto a lei con falsa noncuranza.
Tutta la sua attenzione è focalizzata unicamente su di me, e questo non mi aiuta
di certo…
“La colazione è servita”
annuncia la voce di Riff alle mie spalle, e un vassoio di dolciumi fumanti,
torte e ciambelle farcite atterra davanti a me alla velocità della luce, poi
arrivano anche thè, caffè caldo e latte fumante….
Prendo una fetta di torta alla frutta e la metto nel piatto, poi riempio la
tazza di thè al limone e ne sorseggio un po’. E in tutto questo i suoi occhi non
si staccano neanche un attimo da me.
“Cain….scusa se… prima ho urlato…”
farfuglia imbarazzata a un certo punto, stringendosi nelle spalle e abbassando
il capo.
Poso la tazzina e mi volto verso di lei con sguardo benevolo e un po’ stupito
per la sua reazione inaspettatamente pacata.
“Non devi scusarti….. la colpa non è tua. Sono io che non avrei dovuto…”
non ce la faccio a continuare il discorso, ma lei capisce lo stesso e solleva la
testa sorridendo.
“Allora mi perdoni?”
“Sei tu che devi perdonare me.”
Ridacchia sotto i baffi con lo sguardo di chi la sa lunga.
“Guarda che lo sospettavo da parecchio che ti piacesse Riff, non sono mica
scema!”
Un pezzo di frutta mi rimane incastrato nell’esofago e devo colpirmi il petto
più volte per farlo scendere giù. Nonostante il mio principio di soffocamento,
lei continua con la massima leggerezza
“Si vede a dieci miglia di distanza. E poi gli stai sempre addosso, lo guardi
come se fosse un Dio…”
Con un sorso solo mando giù l’intero contenuto della tazza, poi mi pulisco con
il fazzoletto di seta ricamato.
“Si vede così tanto?”
chiedo arrossendo e evitando di guardarla in faccia.
“Tantissimo!”
Risponde con uno dei suoi soliti sorrisi disarmanti e devo cedere davanti
all’evidenza.
Come per magia la porta che collega la sala da pranzo alla cucina si apre e
irrompe Riff a portare l’acqua al tavolo.
“Riff!”
lo chiama lei illuminandosi di immenso. Oh no, chissà cosa vorrà dirgli
adesso…!Anche Riff è vagamente teso, ma cerca comunque di mascherare l’imbarazzo
con la compostezza di tutti i giorni.
“Dica signorina…”
risponde con un mezzo inchino.
“Quando vi sposate?”
Divento un tizzone ardente udendo che cosa è stata capace di chiedere Mary e con
una mano le tappo la bocca facendo morire sul nascere un’altra domanda simile,
mentre Riff si limita a sorridere con rassegnazione.
Vorrei sprofondare negli abissi! Senonché ci si aggiunge anche il carico da
venti quando le porte che danno sulla hall si spalancano fragorosamente e la
voce dello zio Neal rimbomba come un tuono minaccioso in tutta la sala“Cain!!
Sono al corrente di tutto!”
Il mio cuore perde un colpo e viene subito dopo investito da una vampata gelida
che lo avviluppa in un cristallo di ghiaccio tagliente ed asfissiante.
“Vorrei sapere che cosa aspettavi a dirmelo! Non è possibile che queste cose
venga a saperle per puro caso, solo perché stanotte uno dei tuoi servi non
riusciva a dormire e si è fatto quattro passi intorno alla casa!!”
Deglutisco sonoramente.
Il cucchiaino di Mary ricade nel piattino d’argento, tintinnando, mentre Riff
stringe frai polpastrelli la brocca che temo, con un’altra frase, potrebbe
andare in mille pezzi.
Lo Zio Neal ci esamina con sguardo di rimprovero, risparmiando la povera Mary
che osserva allibita la scena. “Che cosa diavolo state aspettando, senza fare
niente? Volete darvi da fare, voglio vedervi all’opera!”
Aggrotto le sopracciglia allibito, mentre il mio maggiordomo poggia con gesto
forzatamente lento la brocca sul tavolo e si porta una mano trai capelli,
sconvolto.
Ma di che parla lo zio Neal? Ha detto che sa tutto….e che vuole vederci
all’opera…!
“Scusa zio, non capisco…potresti essere più esplicito?”
Chiedo con circospezione, cercando di tastare il terreno.
“Andiamo, lo sai benissimo di che parlo, non fare il finto tonto, e smettila di
oziare! Tu e quel tuo maggiordomo siete per forza di cose a conoscenza di ciò
che è successo ieri notte, perché ne siete coinvolti in prima persona. Adesso è
il momento adatto per agire, ora o mai più.”
Dichiara,incrociando le braccia, e aggiungendo “Avanti, ho detto che voglio
vedervi all’opera prima di subito.”
Sono certo di aver capito bene, vuole vedere con i suoi occhi, vuole avere delle
conferme sui suoi sospetti per mandare via Riff…In tal caso sarebbe inutile
fingere. C’è la testimonianza di quel dannato servo!!Non ho altra scelta, devo
addossarmi tutte le colpe, anche perché lui è innocente e non lascerò che lo
mandi via a causa del mio comportamento sconsiderato di ieri sera.
“Se è questo che vuoi….” Dichiaro, avvicinandomi al mio angelo “ ti accontento
subito, ma mi assumo tutte le responsabilità in proposito. Riff è innocente.”
E attirandolo a me accarezzo la sua guancia con le labbra, al ché mi sembra di
sentire il pavimento tremare e le pareti sussultare, mentre un grido iracondo e
devastante si leva in tutto il palazzo riecheggiando ovunque:
“CAAAAIIIIINNNN!!!!”
Faccio appena in tempo a voltarmi verso di lui che il palmo della sua mano si
schianta con violenza sul mio viso, facendomi ricadere all’indietro e
separandomi bruscamente da Riff che va a sbattere con la schiena contro il
tavolo.
La guancia mi pulsa terribilmente, sento il sangue affluirvi mentre avvampa di
scarlatto per la violenza che vi si è scagliata contro.
Quasi tremando sollevo le ciglia verso di lui, cercando di capire il perché del
suo comportamento, ma lo zio Neal è furente ed esplode prima ancora che io possa
pronunciarmi:
“Ti sembra questo il momento di fare certe sconcerie?! Vivi solo di scandali,
ormai è diventato il tuo hobby?!Ti ho detto di sbrigarti a iniziare le ricerche
perché sono preoccupato per te e per Mary!! Come puoi essere così tranquillo
quando uno sconosciuto irrompe nella tua dimora con la massima facilità? Vuoi
mettere a rischio l’intera casata per caso?!”
In preda a una profonda disperazione per ciò che ha visto, lo zio Neal afferra
per un polso Mary poi si avviluppa nel mantello voltando i tacchi e sbattendo le
porte. Si precipita fuori di qui con lei, e la sua voce terribilmente possente
mi raggiunge mentre è già fuori: “Se volete mettervi nei guai fatelo senza di
lei”.
Il tonfo dell’uscio che sbatte violentemente mette fine alla querela, e il
silenzio torna nuovamente a regnare nella mia dimora, come la pace dopo
l’uragano.
Ormai dovrei essere abituato alle sue entrate in scena teatralmente clamorose.
Eppure rimango a bocca aperta, seduto sul pavimento gelido, consapevole di aver
affondato il coltello nella piaga.
“Sta bene, signor Conte?”
chiede Riff raccogliendo da terra il cilindro che è volato dalla mia testa
nell’urto, e porgendomi il braccio per aiutarmi a rialzarmi.
“Si, tutto bene.”
Rispondo ancora un po’ shockato, fissando la porta dalla quale è uscita quella
tempesta scatenata che è mio Zio, trascinandosi dietro mia sorella.
“Suo zio ha ragione, dovremmo iniziare le ricerche da adesso….e inoltre, credo
che dal momento che le cose stanno così…la signorina Maryweather sarà più al
sicuro da lui. Infondo è una brava persona.”
Resto zitto ad ascoltare.
Riff ha perfettamente ragione. Ma sono solo le otto del mattino, se almeno mi si
lasciasse fare colazione in santa pace prima di intraprendere qualsivoglia
attività ne sarei molto grato!
Doversi sorbire una scenata simile di primo mattino non è tra l’elenco delle
cose consigliabili per iniziare bene la giornata.
Ma ormai la fame non c’è più e il mio stomaco si è ristretto per la tensione
degli ultimi burrascosi eventi.
“Andiamo, dunque”
Decreto facendo volteggiare il mantello nero sulle spalle e afferrando il
bastone, seguito a ruota da Riff.
Attraverso tutto l’ingresso e spingo con veemenza il legno logoro del portone
principale, riversandomi di fuori, nel verde del giardino dove il vento sussurra
parole misteriose alle chiome degli alberi.
I miei piedi schiacciano ritmicamente, come a passo di marcia, la ghiaia bianca
del sentiero che conduce al cancello di ferro dietro il quale si nasconde il
mondo infido e meschino. A metà percorso mi fermo d’ improvviso: ho come la
sensazione che quella tristizia alla quale ho sbattuto l’inferriata del cancello
in faccia, stia tentando di introdursi nella mia dimora per distruggermi.
Nessun luogo è più sicuro, per me e per i miei cari… tantovale uscire e
fronteggiare la minaccia.
Mi volto a guardare Riff che mi osserva titubare, perplesso all’idea di dover
compiere il gesto di spalancare le porte al male di fuori.
Una foglia si stacca da un ramo e cade morbidamente trai miei capelli.
“Vuole che lo apra io?”
Domanda in tono gentile, mentre con delicatezza afferra fra le dita la
fogliolina verde e la lascia cadere a terra.
Sorrido riconoscente della sicurezza che è capace di infondermi in qualsiasi
occasione e scuoto la testa in segno di diniego.
Le mie dita si intrecciano fra le sue, avvolte in raffinati guanti bianchi.
N o, non sarai tu ad aprire quel cancello, bensì io perché se c’è qualcuno che
deve rischiare quello non sei tu.
E poi…ti sporcheresti i guanti…
La mia mano si protende verso il ferro lustro che si dirama in una serie di
decorazioni floreali per tutta la lunghezza del cancello, e con una spinta
risoluta lo fa spalancare.
Ritraggo flemmatico il braccio, mentre il vento gioca con le mie ciocche corvine
e mi fa socchiudere gli occhi.
“Andiamo”
Siamo già fin troppo in ritardo per le dovute ricerche.
Mi sembra di sentire il suono lugubre di campane in lontananza nell’attimo in
cui esco allo scoperto, ma decido di ignorarlo non sapendo bene se giunga
veramente alle mie orecchie o se sia solo frutto dei miei presagi.
Ora non mi resta che concentrarmi e sgombrare la mente.
La prima cosa che farò sarà ispezionare l’intero perimetro circostante il
palazzo per vedere se vi sono tracce dell’invasore notturno, prima che qualcuno
le faccia sparire. Poi quando sarò sicuro di aver controllato tutto interrogherò
il servo.
Trascorro così mezza giornata, analizzando ogni centimetro dell’inferriata, dei
rami e dei cespugli, in cerca di anche un capello, un’impronta nel fango,o
qualsiasi elemento che possa servirmi da indizio.
Ma non trovo nulla.
Sento il sangue ribollire e rimescolarsi turbolentamente dentro di me: so bene
di avere a che fare con un professionista.
Forse è tornato durante la notte a far sparire eventuali tracce: avrei dovuto
agire subito, adesso è tardi.
Sospiro nevroticamente mentre torno a esaminare la facciata del palazzo: non v’è
alcun segno di pedate, né sono riuscito a capire come abbia fatto ad arrivare
fin sulla finestra tanto facilmente.
Ormai il sole è già alto nel cielo e non siamo riusciti a cavare un ragno dal
buco.
“Non c’è niente da fare, bisogna cercare in strada.”
Concludo ritornando sui miei passi, e abbandonando definitivamente la casa.
“Signor conte, dove pensa di cercare? Non possiamo andare alla cieca…”
mi fa notare Riff, in effetti dovrei adeguarmi ad un metodo più razionale…
“Farò a modo mio” dico guardando dritto davanti a me: una strada ghiaiosa che
porta in città, un sentiero che conduce nel bosco e la distesa di campi incolti.
Potrebbe avere imboccato ognuna delle tre strade, con ogni probabilità:
la città alle due di notte è interamente addormentata, ma c’è comunque un minimo
margine di rischio di essere visti casualmente. I campi invece, si prospettano
bene come via di fuga, abbandonati e sgombri, ideali per una corsa rapida.
L’unico piccolo difetto che potrebbero avere è appunto la loro apertura totale,
in quella distesa di erbacce selvatiche non vi sono alberi dietro i quali
nascondersi. Nel bosco invece sì, ci si può nascondere ovunque senza essere
visti, se si conosce la strada diventa addirittura il proprio campo d’azione,
più sicuro di qualunque altro posto.
La mia mente è improvvisamente attraversata da una saetta: il bosco,la notte,
l’oscurità e l’inquietudine degli alberi arcigni e tetri che si agitavano tutt
attorno a me per confondermi e quella sensazione confusa di smarrimento totale…
Il sogno, il terribile sogno di ieri notte.
Mi volto di scatto verso Riff per avere la certezza che sia ancora con me, che
non scompaia lasciandomi solo. E lo trovo lì, a guardarmi in attesa della mia
decisione.
“Andiamo nel bosco.”
Propongo, sempre sondandolo con lo sguardo, con l’assurdo timore di non
ritrovarlo dov’è se chiudo gli occhi e li riapro.
Evidentemente devo avergli fatto una lastra di troppo, e non sono passato
inosservato, ha infatti inarcato le sopracciglia un po’ imbarazzato per via del
mio atteggiamento.
“Vuole….vuole che vada in avan-scoperta?”
Propone cercando di interpretare il fulcro della mia concentrazione.
Dire che una scarica elettrica mi ha attraversato da capo a piedi sarebbe dire
poco.
Il senso di solitudine e profondo struggimento dell’incubo mi attanagliano
ancora una volta l’anima.
“Assolutamente no!! Tu starai attaccato a me, e non ti allontanerai neanche un
attimo!”
Urlo impazzendo all’idea che possa capitargli qualcosa, e artigliandogli la
giacca grigia all’altezza delle spalle.
Lo vedo alquanto perplesso, non che abbia tutti i torti, però sembra aver capito
e inaspettatamente mi abbraccia con compostezza, rassicurandomi “Non si
preoccupi, starò attento a dove metto i piedi.”
Affondo i polpastrelli nel tessuto che ricopre la sua schiena mentre
un’inquietudine estenuante continua a fermentare nel mio inconscio.
Com’è difficile convincersi del fatto che sono tutte farneticazioni paradossali
e illogiche, anche se non mi era mai capitato di avere un sogno premonitore
prima d’ora, so di per certo che questa volta stiamo rischiando più del solito.
“Riff… ho fatto un sogno ieri notte…” intraprendo il discorso, intrecciando le
mani dietro ai suoi fianchi “ero nel bosco, solo, ed era tutto buio. Gli alberi
si muovevano tutto intorno come a sbarrarmi la strada, e a un certo punto ti ho
visto camminare in lontananza.”
Faccio una piccola pausa per fargli soppesare l’importanza di questa parte.
“Ti ho chiamato, e tu ti sei voltato..ma, avevi uno sguardo spento, triste… e
quando sono venuto a toccarti tu sei sparito, così, all’improvviso. Mi hai
lasciato solo…in questo mondo che di te privato non è migliore di una stalla. E
non so spiegarmi il perché, ma ho paura che prima o poi possa accadere.”
Vedo i suoi occhi perdere la loro serenità e rannuvolarsi mentre considera ciò
che gli ho appena rivelato.
Rimaniamo un momento senza proferir parola, poi percepisco il tocco gentile
delle sue mani appoggiarsi sulle mie spalle e le sue labbra calde sfiorare le
mie.
Mi bacia sempre con riverenza, ed è una cosa che mi piace molto in lui perché
delinea il suo carattere mite e devoto.
“Qualunque cosa accada, io non la lascerò mai.”
Le sue guance d’avorio si coloriscono leggermente di rosa mentre si esprime, e
negli occhi di alabastro vedo riflesse le nuvole del cielo.
“E io non rinuncerò mai a te”
Rispondo, baciandolo con foga, per riempirmi di questa agognata illusione di
sentirlo mio per sempre.
Intanto il fruscio delle fronde verdi e il canto degli uccelli fanno da sfondo
al nostro momento di intimità, e il profumo di muschio e violette del sottobosco
raddolcisce l’odore selvaggio della foresta.
Quando ci stacchiamo la sua mano scorre lungo il mio petto, arrestandosi a metà
altezza per allacciare un bottone ribelle che ha fatto aprire la parte superiore
del mantello.
Vorrei che invece di chiuderlo lo strappasse via, lo gettasse fra le selve e mi
riscaldasse col suo calore che ha su di me l’effetto di una droga. Utopia, la
mia, che scavalca il limite del perbenismo e del buon contegno.
Forse è vero che vivo solo di scandali,lo Zio Neal non ha poi tutti i torti.
Già il mio hobby di collezionare veleni è di per sé un atto discutibile dalla
società inibita di educazione e regole di comportamento di tutte le
sorte.Inoltre i numerosi eventi correlati alla mia figura che hanno maledetto il
mio nome, fanno la mia fama di conte velenoso che porta la morte a braccetto.
Se adesso mi faccio scoprire anche in atteggiamenti poco formali con Riff
sarebbe davvero il culmine del disastro.
Meglio riprendere la mia attività investigativa al più presto e reprimere i miei
istinti.
Con una piroetta elegante mi sciolgo dal suo abbraccio e mi rimetto in marcia
sorridendo, mentre lui mi segue col suo passo leggero e composto.
Non sappiamo nemmeno dove stiamo andando, e più procedo più mi rendo conto di
quanto noi piccoli pesci ci stiamo intricando nella rete dell’abile pescatore.
Sento occhi puntati su di me da tutte le parti, il bosco sussurra parole meste
al vento e ci travolge col suo fiato corrotto da una forza negativa imminente.
Con sguardo vigile esamino a scatti tutti gli alberi, aspettandomi forse che si
squarcino liberando creature bellissime dal cuore nero, e assetate di sangue.
Per di più l’atmosfera non è delle migliori, il cielo infatti si è
improvvisamente rannuvolato e una coltre di oscurità è calata a celare i mille
pericoli che ci circondano. Questa sensazione è identica a quella dell’incubo…
Continuo a calpestare foglie secche e rami spezzati, devastando tutto ciò che i
miei piedi incontrano sul cammino. Non saprei con quali parole descrivere la
sensazione di torpore che sto provando, i miei sensi si sono improvvisamente
annebbiati ed è come se procedessi in stato di trance, una pedina manovrata su
una grande scacchiera.
A Riff il mio atteggiamento ambiguo non sfugge e tenta di fermarmi trattenendomi
per un braccio, ma non posso farlo, perché un richiamo si sta facendo strada
dentro di me,è come un mormorio continuo che si ripercuote nel mio essere, e mi
attira verso un punto indefinito all’orizzonte.
Le mie gambe si muovono da sole in una corsa frenetica verso la voce soave che
adesso canta melodie astruse, a me già note, che si mischiano al suono melodioso
di un arpa.
“Signor Conte non corra così, è pericoloso!! Aspetti!!”
Non posso sentire le sue parole, la musica le copre e quella voce è diventata
sempre più forte e distinta, e la sta sovrastando.
Con un salto scavalco un tronco marcio steso a terra e ricado in ginocchio
sull’erba verde e corta.
Sollevo lo sguardo su quello che prima era un fitto bosco, ma che adesso si sta
trasformando in una piccola radura sulla quale si apre una falla azzurra e
brillante di cielo , che si rispecchia in un piccolo laghetto.
Mi rialzo in piedi compiendo un giro di 360 gradi attorno a me stesso per vedere
lo spettacolo che inizia a manifestarsi nei dintorni.
Lentamente la natura inizia a rigenerarsi, le gemme degli arboscelli si
dischiudono in fiori purpurei e profumati, come anche il manto erboso.
Rinverdiscono le foglie degli alberi, sulle quali si generano gocce fresche di
rugiada, mentre delle ninfee compaiono sul lago, adesso popolato di anatre. Il
canto degli uccellini attira la mia attenzione verso l’alto, e con piacere noto
il profondo azzurro del cielo sul quale non appare neanche una nuvola.
Il dolce gemito dello zefiro attraversa l’aria mentre delle note lontane
arrivano smussate fino a me.
Tutto è così perfetto, armonioso, troppo innaturale…Sembra quasi…falso.
Questo pensiero apre una breccia di lucidità nella mia mente e con uno sforzo
sovraumano cerco di combattere questa visione inverosimile.
Mi premo le tempie con forza lamentandomi flebilmente, poi l’immagine di Riff
che mi rincorreva nel bosco mi appare davanti come una verità indiscutibile e
con uno scatto porto indietro la testa che adesso è molto più leggera.
Finalmente riesco a ragionare, la nebbiolina che prima mi appannava la vista si
è diradata.
-Un passo avanti nella catastrofe.-
“Riff….dove sei?!”
E’ questa la mia prima preoccupazione, nonostante io sappia che ciò che mi
circonda dev’essere senz’altro un’illusione creata da qualcuno. Ma adesso il
problema più importante è Riff… come posso cercarlo qui se questa dimensione non
esiste? Oppure vi è stato inglobato anche lui e in questo momento si trova nelle
mie stesse condizioni?
Cerco di non agitarmi e inizio a chiamarlo a gran voce, girando dappertutto,
spezzando rami e distruggendo fiori, calpestando bellissime rose e strappando
via dagli alberi inutile fogliame.
Non lo vedo da nessuna parte, per quanto stia girando.
Sospiro stanco e irritato, andandomi a sedere accanto alla riva del lago e
riversandoci la mia rabbia dentro.
Ma nel momento in cui i miei occhi si posano sull’acqua vedo il suo riflesso
nella lastra trasparente del lago, e mi volto di scatto alle mie spalle: c’è
davvero e mi sorride dolcemente.
Lo abbraccio di slancio, tuffandomi contro il suo petto caldo e vengo stretto e
coccolato a lungo. “Riff…mi stavo preoccupando, non ti trovavo….dov’eri?”
Chiedo ansioso guardandolo negli occhi, ma per tutta risposta lui mi solleva il
mento con il pollice e mi bacia con ardore,affondando le dita audaci nel
mantello e esplorando ogni angolo della mia bocca, quasi volesse divorarmi.
Rimango qualche secondo di stucco in suo potere, poi con una spinta lo allontano
bruscamente da me, passandomi il braccio sulle labbra disgustato.
“Signor Cain…ma cosa le prende…?”
chiede lui con aria da cane bastonato facendo due passi nella mia direzione.
Prima che possa fare il terzo protendo una mano verso di lui con fare
minaccioso.
“Non ti avvicinare.”
Gli intimo, mentre l’altra mano scivola lungo il mio fianco fino a raggiungere
la federa del pugnale.
“Signor Cain, sono io…il suo maggiordomo Riffer…non mi riconosce più?”
“No, tu non sei Riff. E’ inutile che continui questa farsa. Mostrati per quello
che sei e finiscila.”
Dopo un attimo di stallo in cui le nostre espressioni si fanno entrambe
minacciose, un vortice improvviso di colori freddi esplode rimescolandosi sopra
e intorno a me, ricomponendosi nel bosco tetro e minaccioso in cui mi trovavo
inizialmente. Il Riff che ho davanti scompare sfumandosi nell’aria, e quella
voce parla direttamente nella mia testa “la prossima volta non sarò tanto cauto
con te, mio adoratoCain ”
Improvvisamente mi sento mancare, le ginocchia diventano molli e il cuore inizia
a pulsarmi a ritmi incessanti nel petto, e proprio mentre sto per crollare due
braccia forti mi cingono la vita sostenendomi e mi ritrovo davanti il mio Riff.
“Riff…sei proprio tu…?”
dico con le ultime forze, guardandolo di sottecchi.
“Si, non si preoccupi signor Cain è tutto finito. Adesso si calmi,la riporto a
casa.”
Sorrido flebilmente nel notare che non è un falso, e mi lascio cadere nel suo
abbraccio tiepido anche se in realtà vorrei restare sveglio per osservarlo.
Pov Riff:
Si è appena addormentato placidamente, finalmente ha chiuso i suoi grandi occhi
d’oro.
Si è accasciato contro il mio petto con tanta fragilità da sembrare un
passerotto con un ala ferita. Dev’essere stato per via delle visioni che ha
avuto poco fa.
Ha iniziato a correre disperatamente nel bosco, e a un certo punto è ricaduto
male a terra.
Mi sono avvicinato per soccorrerlo ma quando ho incontrato il suo sguardo l’ho
visto completamente vacuo e privo di coscienza. Si agitava correndo in cerchio
per il bosco, chiamando il mio nome e non vedendomi, era sull’orlo di una crisi
di nervi.
Poi a un tratto ha deciso di calmarsi e si è seduto, e io con lui, per
vegliarlo.
Inaspettatamente però si è alzato e ha iniziato a fare cose strane, abbracciando
l’aria e mugugnando qualcosa, e in finale si è messo a urlare cose del tipo “Tu
non sei il vero Riff”.
Dev’essere stato un sogno ad occhi aperti, o una visione. Potrebbe aver avuto un
calo di zuccheri, è da stamattina che non tocca cibo….
Non riesco a spiegarmi cosa gli sia accaduto, spero solo che non sia niente di
grave e che si riprenda presto.
Lo sollevo portandolo in braccio. E’ così leggero…pesa poco più di Maryweather…
eppure sembra dormire tranquillo.
Ciononostante devo assolutamente ritrovare la strada di casa, anche se è a dir
poco impossibile in questa dannata boscaglia occludente.
Decido di cercare le tracce del nostro passaggio nelle foglie calpestate e nei
rametti scheggiati ma più volte sono costretto a tornare sui miei passi o a
cambiare direzione in preda al dubbio.
Non v’è un singolo indizio che mi consenta di ritrovare neppure a grandi linee
il percorso, la vegetazione si manifesta uguale ovunque, fitta e intricata, i
rami degli arbusti intrecciati in grovigli pungenti.
Mi sembra di udire l’eco di una risata molto lontana, e provo a urlare in tutte
le direzioni, chiedendo soccorso. Niente da fare, mi risponde solo la mia stessa
voce che mi rimbalza in faccia.
A questo punto non mi resta che scegliere una via a caso e imboccarla. E’ una
decisione azzardata, poiché il pericolo maggiore sarebbe quello di inoltrarsi
nel fitto bosco che si estende per chilometri e chilometri, allontanandosi dalla
città.
Andremo a finire in Galles? In Scozia? Sempre se ce la faremo ad attraversarlo…
“Tutto questo si sarebbe potuto evitare…” mi ritrovo a constatare tra me e me
mentre marcio a grandi passi, il viso di Cain appoggiato al cuore.
“Se solo avessi avuto il tempo di analizzare il percorso di andata, avrei potuto
orientarmi seguendo il muschio sulle cortecce e prendendo dei punti di
riferimento….” Sento l’amaro in bocca perché so che la colpa è di tutti e due,
ma non voglio assolutamente accusare il signor conte. Quando si è messo a
correre disperatamente non era in sé…il signor Cain si sarebbe fermato ad
esaminare ogni singolo dettaglio senza fretta, come solo lui sa fare.
Con la sua maestria avrebbe seguito razionalmente il suo piano di indagini e ci
avrebbe portati dritti a qualche traccia evidente del passaggio dell’intruso.
“La colpa è di tutti e di nessuno.”
Concludo, mettendomi l’anima in pace e cercando di capire dove io sia diretto
con tanta determinazione.
Attraverso cespugli spinosi e ingarbugliati, facendomi strada a calci e colpi di
gomito, mentre il mio vestito viene lacerato in più punti così come la mia
pelle.
Silenziosamente iniziano a cadere le prime gocce di pioggia da un cielo
rannuvolato che non lascia filtrare neanche gli ultimi raggi di luce
dell’imbrunire.
Accelero ulteriormente il passo, cercando di proteggere Cain facendo scudo col
mio corpo, mentre l’acqua inizia a scrosciare e il rombo dei tuoni fa tremare la
terra.
La potenza esplosiva di un fulmine squarcia il cielo illuminando di blu
elettrico il paesaggio in subbuglio, e tra gli alberi che vengono scossi dal
vento di tempesta scorgo inaspettatamente qualcosa che spicca e non sembra
appartenere al mondo naturale. Con un ultimo sforzo cerco di ignorare la fatica
e la stanchezza che rende le mie membra febbrili e spossate, correndo più veloce
che posso.
Lo raggiungo e mi fermo ansante al suo cospetto, sollevando la testa nella sua
direzione e ritrovandomi dinnanzi una piccola costruzione interamente in legno,
probabilmente un rifugio o un casolare.
“Deo gratias” mormoro, non credendo ai miei occhi , e strizzandoli più volte per
rischiarare la visione appannata dalla pioggia mi accorgo che non è frutto della
mia immaginazione.
In questo momento tutto ciò che desidero è mettere al sicuro il conte e entrare
lì dentro, quindi senza farmi troppi scrupoli con un calcio ben assestato faccio
saltare il lucchetto arrugginito che finisce in una pozzanghera.
Per cui entro richiudendo la porta con una spallata, e andando a depositare il
signor Cain contro una parete. Rivoli d’acqua scendono copiosi dai suoi capelli
corvini, ricadendo sulle sue guance e infine a terra. Anche il suo mantello è
zuppo.
Devo fare qualcosa o gli verrà un accidente!
Inizio a perlustrare ogni angolo del piccolo rifugio, in cerca di coperte o
anche di una lampada ad olio, ma improvvisamente rimango pietrificato nel vedere
che c’è anche un caminetto in un angolo della stanza. Mi avvicino per esaminarne
le condizioni e con mia sorpresa lo trovo perfettamente pulito e lucidato,
addirittura con dei ciocchi di legna accatastati all’interno.
“Il proprietario deve tenerci molto…o forse lo utilizza spesso per battute di
caccia…”
Constato, passando un dito sulla superficie marmorea del caminetto; neanche un
grammo di polvere è rimasto sul mio polpastrello bagnato.
“Bene, la legna c’è….manca il fuoco….”
Dico tra me e me alzandomi in piedi, quando all’improvviso qualcosa inizia a
scricchiolare e a scoppiettare nel camino. Girandomi per riflesso ne cerco la
causa con lo sguardo, ma rimango del tutto pietrificato nel vedere che
improvvisamente una, due e poi tre scintille si stanno generando accanto alla
piccola catasta di legna che a poco a poco incomincia ad ardere ai lati.
Una fiammetta innocente in breve si evolve e inizia a divorare l’intera
lunghezza del tronco, incrementando la forza del suo calore e la sua lucentezza.
Deglutisco turbato da ciò che ho appena visto.
Potrei definirlo scioccante, allucinante o semplicemente incredibile…ma pur
sempre resta un fenomeno paranormale.
Che questo casolare sia posseduto da qualche presenza? Lo spirito del
proprietario morto in una battuta di caccia che ogni notte torna a pulire la sua
tana, riscaldandosi le mani intorpidite dal freddo accanto al caminetto? Può uno
spirito fare tutto ciò… che siano questi poltergeist?O si tratta di uno scherzo
della stanchezza?
Eppure no, quel fuoco è vivo e reale, ne percepisco il calore attraversare i
miei abiti fradici e penetrare fino alle arterie.
Un mugugno riattira infine la mia attenzione alle mie spalle, dove c’è la cosa
più importante: il signor Cain sta quasi tremando contro la parete rigida e
gelida del casotto, e immediatamente scatto nella sua direzione dicendomi che
quello che ho appena visto è un normalissimo fenomeno di autocombustione, uno di
quelli che avvengono quotidianamente,insomma. Deve essere così senz’altro, e
comunque poco importa!
Mi affretto a liberarlo del mantello sul quale l’acqua scesa a rivoli si è
radunata infra le pieghe.
Tolgo anche la sua giacca nera, accatastandola da un lato, e sbottonandogli
velocemente la camicia di seta bianca.
Fortunatamente il mantello e la giacca hanno retto abbastanza da impedire che si
bagnasse anche sotto.
Devo togliergli anche scarpe e pantaloni, completamente inzuppati e, anche se in
confronto ai miei è ben poca cosa, infangati e laceri.
Immediatamente dopo mi spoglio anch’io, gettando in un angolo tutto ciò che
rimane del mio splendido vestito, e restando come lui in camicia . Cerco una
coperta o qualcosa di simile per asciugarci e fortunatamente la trovo in un
armadietto, assieme ad un piccolo asciugamano. Torno da lui e lo sollevo ancora
una volta per portarlo accanto al caminetto, distendendolo a terra e posando la
sua testa sulle mie gambe.
I suoi capelli sono intrisi d’acqua e inizio dunque a tamponarli con
l’asciugamano, sperando che si asciughino presto. I miei invece grondano
spudoratamente, ma essendo corti impiegheranno poco tempo a tergersi e tornare
come prima.
Finito il procedimento gli passo una mano dalla tempia in giù: sono ancora un
po’ umidi ma al resto penserà il fuoco, e intanto avviluppo attorno a noi la
coperta lavorata di lana grigia che inizialmente irrita un po’ la pelle, poi
però lascia spazio ad uno splendido senso di calore misto a protezione.
La vampata calda procuratagli dalla coperta e dal focolare dev’essere servita a
farlo rinvenire, lo sento infatti agitarsi e muovere la testa mentre continua a
mugolare indistintamente nel dormiveglia.
Sorrido assistendo al suo dolce risveglio, tirando un sospiro di sollievo nel
vedere che i miei sforzi non sono stati vani.
Pov Cain
Sento la testa pulsare intensamente quasi fosse sul punto di scoppiare, mentre
le mie palpebre si aprono su una realtà indistinta, irradiata di luce calda,
color arancio.
Sono ancora stordito e un po’ fiacco, ma riesco ugualmente a voltarmi su un
lato, mentre inizio a prendere coscienza del fatto che due mani morbide mi
sorreggono lungo la vita.
Lentamente il viso di Riff prende forma nei suoi tratti caratteristici, e non
posso far altro che notare quanto sia bello il riflesso fervente che bacia la
sua pelle levigata, rendendo anche i suoi capelli di una tonalità cangiante
quasi artificiale al cospetto del mio occhio smarrito e confuso.
“Riff…dove siamo?...”
chiedo con voce roca, mettendo a fuoco le pareti in legno e il camino acceso…
non sembra affatto un luogo a me familiare.
“non so… credo sia un rifugio di qualche nobile. Fuori si sta scatenando una
tempesta e non ho esitato a entrare.”
“Hai fatto bene.”
Su questo non c’è dubbio, almeno adesso siamo al caldo e protetti dalla pioggia.
Mi accorgo solo ora di essere avvolto in una coperta abbastanza pesante che
avvolge anche i suoi fianchi, e risalendo dall’alto verso il basso mi colpisce
la sensualità che sprigiona quella camicia mezza aperta…. Siamo così
dannatamente vicini….e così poco vestiti…
Però non posso lasciarmi andare adesso…non sappiamo neanche dove siamo e se
riusciremo a ritrovare la via di ritorno, e poi ho molte cose da dirgli, prima
tra tutte: “Riff, come hai fatto a accendere il fuoco?”
Forse ho detto qualcosa di sbagliato perché lo vedo sbiancare e assumere una
posizione non poco innaturale, i muscoli della schiena contratti.
Per qualche attimo il suo sguardo si perde nel nulla, poi rassegnato risponde:
“Ecco…veramente… si è acceso da solo”.
Silenzio.
Nel frattempo percepisco distintamente lo scrosciare dell’acqua che investe la
superficie esterna di questa specie di casupola, e il boato di un tuono
abbastanza vicino.
“Da solo?”
“Si.”
Ok, la cosa si sta facendo preoccupante. C’è qualcosa di anomalo in tutta la
faccenda, di profondamente inquietante, direi.
Per come la vedo io siamo stati incastrati alla grande.
“E’ il bosco. Credo che sia manovrato da qualcuno, non so come spiegartelo ma….
Percepisco una presenza”
Dico tutto d’un fiato lasciando Riff sconvolto a guardarmi.
Per un attimo non sappiamo cosa dirci. A confortarmi in questo momento è solo
l’odore di legna arsa padrona del ricordo di lunghe giornate invernali trascorse
con le persone più care.
“Signor conte, se non sono troppo indiscreto…vorrei sapere cosa le è successo
prima di svenire.”
Il fischio del vento sibila più forte nell’intermezzo silenzioso, un allegorico
urlo di fantasma.
Già…che cosa è successo? Era una visione o solo un’illusione della mente? Nel
mio intimo ho la consapevolezza che tutto ciò che ho visto era reale, e poi da
quanto sto capendo Riff non ha visto nulla.
“credo che sia stata una specie di distorsione temporale…però ha avuto effetti
solo su di me.”
Annuisce pensieroso, inarcando un sopracciglio e mordendosi il labbro inferiore.
So a che cosa sta pensando e ne condivido pienamente la preoccupazione perché
così come è accaduto a me potrebbe occorrere anche a lui, il ché sarebbe peggio.
“Sembra che il fato si sia dichiarato apertamente avverso a noi, oggi.”
Sussurra osteggiando la sua angustia e alzandosi in piedi a osservare il lugubre
paesaggio fuori della piccola finestrella –fortunatamente- occlusa da una lastra
di vetro.
Nell’alzarsi da terra la coperta ricade morbidamente su di me, lasciando libero
sfogo al mio desiderio di ammirare l’architettonica del suo corpo snello.
La lunga camicia mezza aperta col suo gioco visivo decisamente intrigante, cela
e mostra a tratti le sue fattezze, mentre le gambe marmoree sono completamente
spoglie e si lasciano osservare nella loro forma longilinea.
Non devo arenarmi sulla sua bellezza estetica impareggiabile, mi dico, cercando
di non essere catturato dallo splendore che emana in qualsiasi gesto cauto e
dolcissimo, volontariamente ignorando i suoi trasparenti occhi cristallini che
adesso guardano inquieti aldilà del vetro.
“Ne avrà per molto…” commenta, ritornando sui suoi passi e scostandosi una
ciocca sbarazzina che non ne vuole sapere di tornare al suo posto.
Si risiede accanto a me armeggiando con un arnese di ferro che utilizza per
attizzare il fuoco, cercando di sistemare alla meglio i ciocchi di legna
scoppiettanti. Poi la sua attenzione torna di nuovo a concentrarsi sul suo
conte.
“Signor Cain… qualcosa non va? La vedo alquanto abbattuto.”
Trasalgo colpito a segno, e senza mai distogliere lo sguardo dalle fiamme
ardenti lo rassicuro dicendo che va tutto bene. Spero che ci creda, perché non
vorrei fare ancora una volta la figura del signorino lussurioso e perverso… in
un momento simile,poi!
Devo concentrarmi e cercare di trovare un nesso tra tutti i fenomeni che sono
accaduti, anche se è terribilmente difficile, ma…
“Ne è sicuro?... Ha una tal brutta cera…non si sarà per caso ammalato?”
chiede titubante con la voce vibrante di preoccupazione, mentre con una mano mi
gira il volto nella sua direzione, per esaminarmi.
Avvampo violentemente e con uno scatto mi porto a circa un metro di distanza in
più, farfugliando frasi sconnesse nel tentativo di convincerlo che è tutto sotto
controllo.
Cala un momento di stallo in cui non sappiamo bene cosa fare, un solo istante in
cui i palpiti risuonano nel mio petto come tamburelli a festa.
Essendomi liberato della coperta saggio sulla mia pelle l’improvvisa escursione
termica che va a investirmi la nuca,il collo, e le gambe…e inutilmente provo a
trattenere un inevitabile starnuto.
“Ha deciso che vuole prendersi un malanno a tutti i costi?”
replica lievemente corrucciato Riff, che non ha poi tutti i torti dopo tutta la
fatica che ha fatto per portarmi qui… si avvicina con la coperta ripiegata
sull’avambraccio, cercando di scrutare nella mia anima per capire il perché del
mio atteggiamento, ma continuo a resistere fissando attentamente il pavimento.
Senza che abbia il tempo di impedirglielo, vengo avvolto in un abbraccio
amorevole e sincero e il suo fiato sul collo mi fa decisamente accapponare la
pelle.
“Se non vuole la coperta lasci almeno che la scaldi a modo mio.”
Queste parole soffiatemi in un orecchio sono la goccia che fa traboccare il
vaso!..Non può provocarmi fino a questi punti!! Tutta la mia fatica sta per
andare in fumo, non serve azzannarsi il labbro inferiore o stringere
convulsamente le palpebre… l’istinto irrazionale e scatenato sta infervorando i
miei sensi, e resistergli sarebbe pressappoco un’utopia.
Gli cingo il petto con quanta forza possiedo godendo nel contatto con lui che
per me è come una manna mentre il suo profumo è ambrosia, non c’è nulla di umano
nella sua perfezione! Un bellissimo serafino, solo mio.
“Riff.....oh Riff….”
Mugugno al sicuro nel suo abbraccio, lasciando scendere la mano a esplorare le
sue forme, come si farebbe con un’opera d’arte o con una scultura
michelangiolesca.
“Signor conte se ha da dirmi qualcosa non esiti a farlo… non deve reprimere i
suoi pensieri.”
Sospiro sensualmente, mentre giocherello con i fili d’argento dei suoi capelli.
“Ti amo Riff, ti amo veramente, più della mia stessa vita. E’ questo ciò che
devo dirti,… non c’è nulla di me che tu ignori e nessun segreto ci divide.”
Noto con piacere che è rimasto sinceramente colpito dalle mie parole, o dalla
profondità con cui le ho pronunciate, fatto sta che ha dischiuso leggermente
quelle sue labbra suadenti.
Le guardo rapito per qualche secondo. Poi inavvertitamente mi lancio su di lui
per divorarle, facendoci ricadere sul pavimento legnoso: inizio subito a
tempestarle di piccoli baci che si fanno via via più audaci e meno cordiali. E’
semplicemente fantastico.
Ad accrescere maggiormente il mio desiderio è la sua espressione di gaudio
dipinta sul suo viso nel momento in cui le nostre lingue iniziano a duellare, e
i suoi occhi chiusi lasciano trasparire l’intensità delle emozioni che sto
provocando in lui.
Eterno schiavo della tua grazia, ancora una volta vittima della tua venustà e
del tuo spirto sublime…
Con un gesto secco strappo letteralmente la camicia che lo riveste seppur in
minima parte e altrettanto burberamente faccio volare lontano la biancheria
intima, mentre con la lingua traccio il contorno del suo orecchio destro,
scendendo sul collo fino all’incavo della spalla dove mi soffermo di più
sentendolo fremere e mugugnare.
Continuo poi la discesa e inizio a mordicchiargli lievemente un capezzolo, che
subito si inturgidisce mentre dei lamenti soffusi gli scappano dalle labbra
arrossate che poco prima ho profanato.
Persevero nella mia arte, procurandogli un piacere non indifferente, per poi
scendere ancora, deciso a debellare ogni sorta di limite di decenza, ma quando
arrivo all’altezza dell’ombelico la sua mano mi artiglia i capelli fermandomi.
Con la voce spezzata e ansante mi prega di smetterla, di non farlo, che non sta
bene.
Ma lo ignoro di fronte all’evidenza della sua eccitazione; questa volta voglio
che sia lui a possedermi, voglio essere suo a tutti gli effetti e sfiorando con
le dita la sua virilità dico in tono imperioso “no Riff…voglio che tu venga
dentro di me.”
Non gli do neanche il tempo di ribattere, capovolgendo la situazione e
attirandolo a forza sopra di me.
“Questi vestiti..non li trovi superflui?”
Gli chiedo indicando la mia camicia ancora abbottonata, mentre lui mi fissa
ancora un po’ imbarazzato e titubante.
“Sei il mio maggiordomo, quindi spetta a te toglierli.”
Dico schernendolo con un sorriso accattivante, mentre lo bacio sulle labbra.
Senza fiatare le sue dita scivolano trai bottoni, aprendoli uno a uno e
sfilandomi con garbo la camicia.
“non ti fermare…”
sussurro mentre lo abbraccio stretto. Voglio che anche lui dia libero sfogo ai
suoi desideri, almeno una volta desidero vederlo mentre perde il controllo,
ghermito dal vortice infinito delle passioni.
Con mia grande sorpresa sento le sue labbra umide lambire il lobo del mio
orecchio, mentre mi attira di più a sé facendomi inarcare la schiena. I suoi
baci caldi sono pieni di tenero affetto e lentamente incomincia a perdere la sua
aria posata e imperturbabile…
Mi aggrappo alla sua schiena mentre continua a provocare in me elettrizzanti
brividi di piacere. Sento bruciare il fuoco, invadermi il petto e diffondersi in
ogni parte del corpo, quasi esplodere in fiammate roventi quando la sua mano
scende ad accarezzarmi là dove sento più piacere.
“Riff non ce la faccio più…”
Le sue mani forti scendono sui miei glutei perché i nostri corpi aderiscano
meglio e quando finalmente lo sento entrare dentro di me trattengo a stento un
urlo di dolore misto a piacere.
Per non farmi troppo male si ferma e mi dà il tempo di adattarmi a lui, mentre
continua a baciarmi la base del collo facendovi scorrere la lingua.
“Continua…”
gli sussurro con voce fioca, accarezzandogli la nuca e ansimando di piacere.
In quest’estasi intensa mi sembra di salire in una folle corsa le scale di
cristallo che conducono alla porta del paradiso, e quando finalmente veniamo
entrambi, due ali piumate dal colore bianchissimo sembrano spuntarmi dalle
scapole, attenuando la mia caduta dalle nubi celesti.
Sono esausto e spossato dalla delizia che mi ha appena dolcemente devastato.
Riff ricade sopra di me altrettanto sfinito, ma senza smettere di depositarmi
piccoli,lievi baci sulla guancia.
In breve ci addormentiamo e veniamo catturati nel mistico sogno di Venere, uno
tra le braccia dell’altro, i respiri alterati che lentamente tornano a essere
regolari.
Dovrei essere teso e preoccupato, in preda al panico e sconvolto, ma non lo
sono. Nulla può scalfire il mio animo sereno in un momento come questo, è come
se mi fossi alienato in una dimensione di nirvana, completamente assente dai
problemi terreni e in stato di somma beatitudine.
Fatto sta che dormiamo come angioletti per circa due ore e quando sono io ad
aprire gli occhi per primo, il fuoco si è dimezzato e tutte le cose intorno a
noi si sono ulteriormente ottenebrate dall’arrivo della notte.
Saranno si e no le sette o le otto. E’ tardissimo, e noi ci troviamo ancora in
questa terra di nessuno.
“Riff….svegliati” sussurro in tono delicato, baciandolo in fronte.
I suoi occhi pacifici si dischiudono e nel vedermi si dilatano maggiormente.
Forse i ricordi gli stanno invadendo la mente tutti insieme.
Sorrido divertito mentre lui prende coscienza di quello che è successo poco
prima, e abbracciandolo lo rassicuro sul fatto che sono in perfetta forma.
“E’ stato bellissimo”
gli dico poi sigillando questa frase in un bacio alquanto lungo, mentre le sue
dita giocano coi miei capelli scomposti.
Quando ci stacchiamo le ultime tracce di quell’estasi sono sopraffatte dalla
realtà, e rattristandoci guardiamo fuori uno stretto all’altro. Il bagliore di
un fulmine lascia intravedere le chiome appuntite degli alberi arcigni al di
fuori, percosse dalla potenza della pioggia scrosciante.
Un po’ per la tensione, un po’ per l’appetito incommensurabile che mi
attanaglia, il mio stomaco brontola sonoramente suscitando in Riff una reazione
militaresca: scatta in piedi come una molla dicendo “vado subito a cercarle
qualcosa da mangiare” e avvolgendosi in quello che rimane della sua camicia
mezza sfilacciata si infila nel piccolo ripostiglio accanto al focolare,
iniziando a frugare tra le cianfrusaglie accatastate contro la parete.
Rendendomi conto di essere ancora nudo mi imbacucco nella coperta come farebbe
un vecchietto… ha ragione Oscar a dire che dovrei nutrirmi di più… passare molto
tempo sui libri e sui veleni inoltre, non mi aiuta certo nel mettere su una
certa muscolatura…
Come quella di Riff , che ha un corpo decisamente più atletico e sodo del mio,
forse perché prima di venire da me era insegnante di judo o forse perché
l’attività incessante e faticosa del maggiordomo continua a tenerlo in splendida
forma.
Afferro la sbarra metallica che utilizziamo per sistemare i ciocchi e inizio ad
attizzare alla meglio il fuoco, che però si è notevolmente affievolito. Ci
vorrebbe una canna fumaria per infiammare di nuovo la brace….
“Signor Cain…guardi un po’ qua….”
Sento la sua voce tremare per lo stupore e i miei occhi si sbarrano vedendolo
uscire dalla piccola stanzetta con un vassoio d’argento in mano, sul quale è
depositato un enorme tacchino perfettamente cotto e condito, oltretutto anche
fumante.
Mi strizzo gli occhi con le nocche poi torno a guardarlo attonito per vedere se
c’è ancora: non è un’allucinazione, c’è veramente!!
“Oh mio Dio…Riff, ma come hai fatto a cucinarlo!!”
Chiedo esterrefatto aggrottando la fronte per capire se prima di venire da me
abbia praticato anche qualche arte occulta…
“Il fatto è che…non sono stato io a cucinarlo….”
Risponde posandolo a terra e sedendosi accanto a me.
“Non lo trova molto strano? Anzi, direi assurdo”
“E che cos’è che non è assurdo qui…?”
Già, ogni cosa è priva di senso, la logica degli eventi in questo bosco è stata
abilmente capovolta. Dov’è finita la realtà? Questa è metafisica!
“Ho notato anche che non v’è nulla di sporco o di logoro in giro… addirittura
nel ripostiglio è tutto perfettamente lustrato. Pensi che quel vassoio era
tranquillamente appoggiato su uno sgabello, ed emanava un tale profumo che mi
stavo chiedendo se fossi io a sentirlo o se veramente ci fosse.”
Faccio cenno di sì con la testa mentre con un dito tasto la pietanza rimanendo
stupito dalla sua temperatura…
“Sembra appena sfornato…ma chi può averlo messo lì dentro? Se fosse entrato
qualcuno avrebbe certamente lasciato tracce di fango sul pavimento, e comunque
ci saremmo svegliati per il vento gelido che viene da fuori…”
Restiamo a fissare il tacchino con facce assorte, mentre il suo profumo speziato
invade l’intera stanza.
“crede che sia prudente mangiarlo…?”
Chiede Riff seriamente preoccupato.
“Lo vedremo subito.”
Dico, frugando nel taschino della mia giacca nera. Non esco mai senza il
rilevatore di veleni che io stesso ho inventato, e questa volta potrebbe essere
di fondamentale importanza.
Prelevo una parte di carne dall’arrosto, sottoponendola all’analisi. Aspetto
pazientemente la diagnosi, per restare a bocca aperta scoprendone l’assoluta
mancanza di qualsivoglia sostanza nociva.
Ed è ancora più strano…
Anche il fuoco che si è acceso da solo…sembra quasi che la casa ci stia spiando,
e che con questi gesti ci voglia prendere in giro.
“Se è così perché non stare al gioco? “
Dico afferrando un cosciotto e azzannandolo con sorprendente voracità che un
conte del mio rango non dovrebbe avere mai.
Riff rimane allibito nel vedermi mangiare così empiamente, ma ancora non del
tutto rassicurato del fatto che sia veramente commestibile.
“Non c’è pericolo, puoi anche spolpartelo tutto.”
Dico tra un boccone e l’altro, mentre la sua mano incerta ne afferra un pezzo.
Andiamo avanti così per un bel po’, mangiando come turchi. Non ricordo di aver
mai fatto una cosa simile, e la cosa mi diverte quasi… un conte che divora
ferocemente il tacchino senza piatti e posate, oltretutto sporcandosi per bene
le guance! -Trasgredire non è mai male- penso tra me e me, mentre il mio sguardo
si fissa su Riff che riesce a mangiare senza imbrattarsi più di tanto. E’
sorprendentemente raffinato, molto più di me che molto spesso sento la necessità
di rompere le regole. Ricordo ancora l’ennesima sfuriata dello Zio Neal per il
mio taglio di capelli stravagante: poi obbligò Riff a tagliarmeli perché erano
troppo lunghi.
Improvvisamente il mio maggiordomo mette da parte il cibo e mi guarda
interrogativo. Sono certo che si stia domandando come posso mangiare tanto
tranquillo quando non si sa da dove sia sbucato questo arrosto, né si sa se la
casa sia posseduta da qualcosa.
Ma io lo so, so che mi sta osservando, e non è la casa….
Finito di mangiare mi pulisco le mani sul canovaccio che mi ha gentilmente porto
Riff e mi asciugo gli angoli della bocca generosamente unti, finché non tornano
ad essere puliti come prima.
“Grazie del vitto e alloggio, adesso puoi anche venire fuori. Sono stufo di
giocare con te!”
Urlo alzandomi in piedi, seguito a ruota da Riff che stenta a capire a chi mi
stia rivolgendo.
“Sei sordo? Ho detto di uscire allo scoperto. Fatti vedere!”
Istantaneamente cade dal cielo una folgore,che genera un fragore assordante,
colpendo in pieno un albero trai tanti, e spezzandone il tronco in due parti.
Il ritmo dei tuoni sembra quasi incrementare, mentre un vento fortissimo scuote
le pareti del rifugio quasi piegandole per la veemenza inaudita.
“Sta arrivando”
Concludo, intrecciando le dita fra quelle di Riff, per infondere coraggio sia a
me che a lui.
La luce elettrica del cielo rivela una sagoma indistinta fuori dalla finestra.
Ci osserva ferma e decisa, in maniera inquietante, senza che possiamo
distinguerne esattamente le fattezze.
Ammetto di essere attraversato da un brivido lungo la schiena, e delle reazioni
chimiche si scatenano dentro di me a quella vista. Ma resto comunque fermo a
fissarla, voglio che entri e si manifesti a noi.
Come se mi leggesse nel pensiero la figura si muove ovattatamene verso la porta,
che si apre da sola e a colpirci violentemente è la gelida bruma esterna.
Poi si richiude con un tonfo, e il lungo mantello nero dell’entità che è appena
entrata cessa il suo movimento fluttuante per ricadere lungo i suoi fianchi.
Restiamo entrambi inerti a fissarlo, una bellissima creatura dai capelli folti e
mossi, del colore della fuliggine, con due gemme di smeraldo che brillano
incastonate nelle orbite. Il viso cesellato dai tratti androgini non lascia
trasparire alcuna emozione, e gli angoli della sua bocca carnosa sono
dannatamente inespressivi.
Il mantello scuro lascia intravedere la tunica delle tonalità del crepuscolo che
indossa, le gambe scolpite sono avvolte in una calzamaglia nera e infine il mio
occhio cade sugli stivaletti di cuoio marrone. Nulla di tutto ciò risulta
minimamente intriso di acqua o fango, anche i suoi capelli fluenti sono
perfettamente asciutti.
“Vi siete divertiti abbastanza?”
chiede assumendo una strana espressione beffatrice e infida allo stesso tempo.
Sussulto nel sentire quella voce a me assai nota, che ha tempestato
d’inquietudine i miei sogni e le mie visioni… è la stessa voce del falso
Riff…una voce profonda e sensuale, ma che cela un ché di allarmante dietro la
sua apparente voluttà.
“Chi sei? Perché stai giocando con noi?”
chiedo stringendo più forte la mano di Riff.
“Hmpf… mi chiamano in molteplici modi, ma sarebbe assurdo presentarmi con uno
solo di essi. Perciò, può anche chiamarmi Yuki se preferisce attenersi a questa
umana convenzione, signor Conte.”
Si avvicina ghignando con gli occhi puntati nei miei, e quando è abbastanza
vicino afferra la mia mano e baciandola con un inchino dice“lieto di fare la
vostra conoscenza”.
“se non sbaglio ci siamo già conosciuti!”
rispondo sgarbatamente, allontanandolo con un gesto scortese.
“Lo conosce già…?”
Chiede Riff allibito, sistemandomi meglio la coperta che stava scivolando giù
dalla mia spalla.
Repentinamente quello si arroga la risposta, fulminandolo con lo sguardo
“Ma come, mi hai già dimenticato signor maggiordomo? Eppure stavo per essere
l’artefice della sua morte l’altra sera…”
Salto su tutte le furie, a questa rivelazione.
“Tu…tu!!Non solo tormenti i miei sogni ma osi anche introdurti in casa mia e
attentare alla vita del mio Riff…!!”
Vedendomi così esagitato e nervoso scoppia in una fragorosa risata, infilandosi
le dita trai capelli che gli ricadono sul viso in una lunga frangia.
“vix homines odium suum a corpore eius impuro atque infando represserunt! A
stento la gente frenò il suo odio e non colpì quel corpo infame e abominevole!”
Urla adesso mentre le sue dita sottili si protendono per accusare Riff.
“Signor maggiordomo, fu lei l’ultimo sopravvissuto del suo parentado, ricorda?
Quell’impetuoso incendio che conflagrò la sua intera famiglia! E’ solo fortuna,
immensa fortuna se adesso lei si trova qui amato da lui, per l’idiozia della
gente che la lasciò vivere dopo che la sua anima fu macchiata di un crimine
tanto grande.”
Le dita di Riff si sciolgono dalle mie serrandosi in pugno, mentre digrignando i
denti e perdendo la calma risponde:
“Taci! Tu non sai niente, non avrei mai potuto fare una cosa del genere! Sei
solo un bugiardo!”
“Non abbia paura di ammettere la sua malvagia perversione, Riffer…il diavolo non
è poi così brutto come si dipinge…avrò cura di lei all’inferno.”
Questo è troppo, non gli permetto di parlare così, e afferrando il bastone di
ferro ai miei piedi lo scaglio nella sua direzione, ma il colpo va a vuoto
rimbalzando sulla parete.
Resto esterrefatto capendo che non l’ho mancato, gli è semplicemente passato
attraverso senza danneggiarlo minimamente…
“Dannato spettro! Tornatene da dove sei venuto!
Grido furente, mentre lui scoppia in un’altra delle sue assordanti risate.
“Hahahaha! E’ questo che pensa di me…? Che io sia solo uno spettro? Lei si
illude signor conte, io sono molto di più.”
E in un baleno riduce la distanza che ci separa, stingendomi a sé.
“Lasciami! Maledetto come osi toccarmi!!”
Strepito cercando di liberarmi dalla sua presa.
“Lo lasci andare immediatamente!!”
Interviene Riff cercando di allontanarlo, ma con un solo gesto della mano lui lo
scaraventa al muro, con una potenza mostruosa. Nel vedere ciò smetto di
dimenarmi, terrorizzato.
“Riff! Riff!!!Che cosa gli hai fatto, essere disgustoso e ignobile!!”
Grido con quanta forza mi resta, mentre lui mi stringe indissolubilmente i polsi
per tenermi fermo. Probabilmente se continuerò così me li spezzerà con un minimo
sforzo, eppure non riesco a contenere la mia furia per ciò che ha appena fatto a
Riff.
“Signor conte, non è bello ciò che sta dicendo…si guardi, non le rimane più
nulla di nobile, né l’aspetto quanto l’animo.”
Con un ampio gesto della mano fa volare via l’unica cosa che mi copriva e resto
completamente nudo di fronte a lui che mi guarda con occhi lusinghieri. Con
l’indice sfiora il mio petto e subito dopo mi ritrovo vestito di tutto punto, in
una sfarzosa camicetta rossa ornata di mille pizzi, messa in mostra sotto
un’elegante giacca nera e altrettanto scuri sono i pantaloni e le scarpe del
completo.
Siccome sento più freddo alla testa mi passo istintivamente una mano sulla nuca
per scoprire che anche i miei capelli sono stati accorciati, e adesso hanno un
taglio decisamente più fine di prima.
Lo guardo stranamente in silenzio, e riscontro nel suo sorriso ferale e nel suo
sguardo incantatore la bellezza ammaliante di un angelo e la brutalità di una
bestia.
“Demonio…”
Sussurro serrando le palpebre, e indietreggiando.
“Già, è così che mi chiamate voi, generalizzando. Dimenticavo la vostra stupida
concezione che tende a identificare il demoniaco in un solo essere…Il diavolo ha
molti aspetti e molte facce…e questa è una di esse”
Cerco di trovare una soluzione al problema mentre mi rivela la sua natura
malvagia… non posso ucciderlo o ferirlo tirandogli contro un oggetto, eppure
prima quando mi ha attratto a sé ho avuto modo di constatare che il suo corpo è
materiale…
“La sua sagacia mi sorprende sempre, signor conte...è come pensa lei, questo
corpo è fatto di carne e ossa.”
Mi blocco, con le spalle al muro mentre lui avanza nella mia direzione. Sembra
capace di leggermi nel pensiero, dannazione!
Cerco inutilmente di sfuggirgli ma vengo agguantato dalle sue mani velocissime
che mi stringono a sé in un attimo. Mentre mi morde il collo con lussuria cerco
con lo sguardo il mio Riff svenuto contro la parete scheggiata, quasi distrutta
dall’impatto e una lacrima scende a solcarmi il viso, per la consapevolezza di
essere impotente di fronte a tutto ciò.
“Non si preoccupi, provvederò io a renderla felice signor conte… adesso venga
con me nella mia tana e dimentichi quell’essere indegno. Tornerò a ucciderlo più
tardi, quando lei sarà già mio e avrà cancellato per sempre il suo nome dalla
mente.”
“Fa di me quel che vuoi ma a patto che non tocchi neanche solo con un dito Riff”
Rispondo senza enfasi, con voce neutra e rassegnata.
Sono disposto a subire i più terribili supplizi sulla mia pelle, ma che non si
avvicini ulteriormente a Riff, è già abbastanza grave quello che è successo poco
fa.
Lasciandomi senza una risposta, mi avviluppa nel suo mantello, precipitandosi di
fuori dove la pioggia ha appena cessato di cadere, e una nebbia fitta si sta
facendo strada tra le piante annacquate dalla tempesta.
il caratteristico grigio opaco del cielo mattutino sopra di me, nella sua
infinità, sembra artificiale e illogico.
Guardarlo mi procura un’emozione di totale smarrimento: tutto è uniforme, tutto
è colore omogeneo come la prima stesura di acquerello su un foglio bianco.
Non una nuvola, non un raggio di luce a squarciarlo, il cielo surreale sembrava
custode del particolare attimo in cui il silenzio notturno si fa ovattato,
totale e tutto tace e nulla si muove.
E’ come se mi stia risucchiando all’interno di un interspazio mistico e
fittizio, una sorta di dolce incubo, preambolo del male che verrà dopo.
L’intenso argento del cielo …lo sto fissando da quando mi sono svegliato,
immerso in un letto di morbidissima lana bianca. Mi sollevo a sedere: sono in
una grotta dalla quale riesco a vedere l’immensità di fuori, e le pareti sono di
roccia scura, cosparse di muschio e edere. L’ambiente è abbastanza umido,
infatti vi è una piccola insenatura sul terreno roccioso contenente acqua di
sorgente, che dev’essere alquanto fresca.
Mi alzo in piedi, per affrontare la realtà sconosciuta che incute un leggero
timore in me. In tutti questi anni ho imparato che bisogna andarci cauti con ciò
che non conosciamo, figuriamoci con l’incondizionato.
Dopo una breve ispezione generale mi affaccio cautamente all’ingiù e per poco
non ho un mancamento e cado di sotto…sono sulla sommità di una montagna
decisamente aguzza e alta, abbastanza difficile da scalare….come ci sono
arrivato?
Ricordo di essere stato strappato a forza dal rifugio dov’ero con Riff da quel
maledetto demone, forse è a causa sua che mi trovo qui tra le aquile che volano
alte nel cielo.
Ritorno sui miei passi continuando a esaminare ogni angolo della grotta, quando
mi capita tra le mani una lunga piuma nera dai riflessi blu oltremare.
Che razza di uccello può avere una piuma simile? Un corvo, un avvoltoio, un
falco?
“E’ così grande e nera da poter appartenere solo a un avvoltoio,che io sappia”
Dico tra me e me mentre la mia immaginazione vaga nefasta in direzione della mia
futura morte, divorato da quegli uccellacci !
“Sbagliato, signor Conte… quella piuma non appartiene affatto a un uccello tanto
sgraziato”
Mi volto di scatto udendo quella dannata voce, e resto a bocca aperta vedendolo
apparire in volo sulla sommità della caverna, due grandiose ali scure aperte
nell’atterraggio.
“Le piacciono le mie ali nere?”
Si china su di me che lo guardo allucinato, sfiorandomi una guancia con i
polpastrelli delicati.
Ora capisco come fa il diavolo a tentare l’uomo conducendolo sulla strada degli
inferi.
Lo seduce con la sua bellezza sublime quasi angelica per poi divorarne l’anima,
e a quel punto lo introduce nella sua disgraziata milizia.
“Perché ce l’hai proprio con me? Cosa ti ho fatto di male”
chiedo con voce fredda e catatonica, sperando che perda interesse in me e se ne
torni da dove è venuto.
“Hmpf… lei?Personalmente nulla, è solo che chi riceve questo dono che io ho, sa…
è molto richiesto da alcune organizzazioni che pagano profumatamente e
garantiscono l’assoluta protezione ai propri membri.”
“Fai parte della Delilah! Lo sapevo, come tutti gli squilibrati che la
compongono!!”
“Hn….se è questo il suo punto di vista. Rappresento l’arcano del diavolo e sono
uno dei membri più potenti della setta, il mio nome è ricoperto di gloria e
superbia,non crede?”
“Non ti avvicinare.”
Sibilo arretrando, come se davvero fosse possibile impartire ordini nella
situazione di cattività in cui mi trovo.
“Questo suo lato scostante e aggressivo è una delle cose che ammiro maggiormente
in lei” .
Si prende anche gioco di me, mentre si avvicina per baciarmi a forza,
afferrandomi per le spalle e costringendomi alla resa.
Mentre sfiora le mie labbra con le sue il mio pensiero vola inevitabilmente
verso Riff, sentendomi in colpa e terribilmente angustiato. Non so nemmeno dove
si trovi ora, se stia bene oppure no… se si è smarrito nel bosco o se questo
maledetto gli ha torto un solo capello.
“Vedo che i suoi pensieri vagano a senso unico, signor Cain…ma che cos’avrà di
tanto speciale quel maggiordomo da due soldi?”
Dimenticavo che quest’idiota ha la facoltà di leggermi nel pensiero e lo scaccio
via con una spinta sentendomi scoperto davanti a lui.
“Ha tutto quello che tu non hai.”
Rispondo con rabbia, per poi mordermi successivamente la lingua immaginando una
successiva vendetta che potrebbe infliggergli quest’angelo caduto dalla perfidia
sorprendentemente acuta.
“Scommetto che lei arde dal desiderio di sapere che fine ha fatto. Si sta
chiedendo se io lo abbia ucciso, o torturato, o ancora sfigurato a sangue….”
Mi si forma un groppo alla gola nel sentire queste parole simili a spade, e mi
ritiro in un angolo per non farmi vedere nella mia debolezza, cercando di
chiudere la mente ed escluderlo dal mio mondo.
“E va bene, le dirò la verità…ma ad una condizione: lei dovrà concedersi a me.”
Mi si gela il sangue nelle vene a tutto questo orrore, e guardandolo di sbieco
controbatto:
“Non farò mai l’errore di concedermi a te se prima non mi assicuri che lui è
salvo. E voglio delle prove tangibili.Niente visioni e niente sfere di
cristallo: voglio vederlo coi miei stessi occhi.”
Sorride compiaciuto e sicuro di sé, e questo non mi piace affatto.
“D’accordo, la condurrò sul luogo dove si trova ora la sua metà. Ma ricordi la
promessa che ha fatto, lei è in debito con me.”
E avvinghiandomi per i fianchi mi ordina di reggermi forte o potrei precipitare.
Poi si avvicina alla soglia e con un salto acrobatico si lancia nel vuoto,
mentre le sue grandi ali si dischiudono attenuando morbidamente la nostra rapida
discesa.
Sotto di me la macchia della foresta si estende verdissima per chilometri,
mentre l’aria fredda mi scompiglia i capelli e fa agitare il suo mantello nero.
Guardo indietro per vedere l’entrata della grotta svanire lontana, offuscata
dalla caligine.
Prima ho avuto quella reazione con Yuki, isolandomi e cercando di chiudere la
mente… forse questo significa che…
Senza alcun preavviso lo afferro per il mento baciandolo appassionatamente, e
inizialmente ottengo su di lui l’effetto sorpresa. Poi lo guardo sensuale,
sussurrandogli in un orecchio che solo la creatura più magnifica di questo mondo
potrebbe fare ciò che fa lui.
Mentre faccio tutto questo penso a lui intensamente, alle sue ali nere e al suo
potere, all’eleganza del suo volo e allo scintillio dei suoi occhi di smeraldo.
Mi guarda soddisfatto del mio cambiamento improvviso, mentre mi sforzo di
immaginarlo in abiti sexy o di prevedere come sarà eccitante concedermi a lui in
un materasso lanoso cosparsi di morbide piume, tra incensi dal profumo intenso e
grappoli d’uva da assaporare un chicco alla volta.
Talmente preso dalle mie fantasticazioni fingo di non accorgermi che siamo
atterrati in una radura, molto probabilmente vicina al punto dove dev’essere
Riff, ma al contrario continuo a fissarlo pensando a tutte queste cose, cercando
anche di arrossire e fingendo problemi di coscienza nei confronti di Riff…
Evidentemente devo averlo convinto perché vengo scaraventato contro un albero e
subito mi è addosso baciandomi con foga dappertutto.
Continuando a far finta di provare piacere, la mia mano scende lungo i suoi
fianchi fino all’altezza della cintura dove si sofferma. “Yuki…” sussurro
abilmente mentre metto a fuoco la figura di Riff che,uscito dal manto erboso dei
cespugli ci guarda sconvolto fare queste cose.
Il mio indice si muove incitandolo ad avvicinarsi, mentre continuo imperterrito
a controllare la mia fantasia, con non poco sforzo.
Abbraccio forte Yuki per permettere a Riff di vedere il mio sguardo implorante,
e fortunatamente lui mi capisce al volo e mi lancia il pugnale, che io afferro
con maestria e conficco con forza nella sua schiena.Un generoso fiotto di sangue
ne fuoriesce a testimonianza che il colpo ha avuto effetto.
Ce l’ho fatta.
Sono riuscito a coglierlo di sorpresa, stavolta non ha potuto prevederlo perché
io l’ho giocato con la forza dei pensieri.
Ricade a terra sputando sangue, mentre scappo allontanandomi alla massima
velocità per tuffarmi fra le braccia di chi amo, e godere del suo affetto
sincero.
“Riff…mi sei mancato…ero in pensiero per te!”
“Anch’io lo ero, ma adesso bisogna scappare signor Cain! Quel demone è ancora
vivo e presto ci attaccherà di nuovo”
Ha ragione, anche se vorrei fargli mille domande e accertarmi che non abbia
nemmeno un graffio rimando tutto a dopo intraprendendo una corsa disperata tra
alberi e rampicanti, saltando cespugli di rovi e schivando piante di biancospino
sul tragitto.
Corriamo più che possiamo, non sapendo esattamente dove andare e tenendoci
stretti per mano.
Nella foga della corsa cerco di informare Riff di ciò che ho scoperto,
dicendogli che il diavolo è un arcano della Delilah.
“Non ne dubitavo!”
Risponde col fiato corto mentre continuiamo la nostra fuga fatale, spargendo
attorno a noi spruzzi di rugiada e devastando fronde e ramoscelli.
Al nostro passaggio un’upupa vola via sbattendo con fragore le ali e facendo
risuonare il suo urlo stridulo nella vegetazione che sta tornando a rinvigorire.
Non mi piace la trasmutazione che sta avvenendo, i tronchi degli alberi sembrano
rinvigorirsi di una strana forza e il lamento di una civetta di sfondo rendono
la foresta ancora più inquietante.
“Corra più forte!”
Mi incita Riff con gli occhi sgranati e il respiro sempre più ansioso, accortosi
dell’improvviso cambiamento di quello che prima era un luogo immobile e
silenzioso.
Corriamo a perdifiato finchè le gambe non iniziano a farsi di piombo, e le
pulsazioni spasmodicamente intense. Ma fortunatamente abbiamo raggiunto un
piccolo spiazzo dove ci fermiamo crollando a sedere.
Nessuno de due riesce a proferir parola per lo sforzo estenuante, e mentre
boccheggianti cerchiamo di raccogliere quanto più ossigeno possibile, osserviamo
i colori del cielo anch’essi rimescolarsi come un mulinello d’acqua.
Il primo raggio di sole dell’alba fende le nubi e cala su di noi rischiarandoci,
mentre le nubi vanno via via diradandosi e lasciando spazio all’azzurro naturale
e rassicurante del cielo.
Quando improvvisamente come a volerci privare di questa visione, appare sopra di
noi uno stormo di uccelli neri dalle ali lugubri e infernali, un enorme branco
di pennuti gracchianti.
Planano a velocità sorprendente nella nostra direzione, crocidando
sgradevolmente il loro canto di morte.
Ci rialziamo in piedi disturbati e angosciati dal loro frastuono incessante.
Alcuni sfrecciano a pochi millimetri da noi sfiorandoci con le ali spiegate,
altri descrivono dei cerchi sulle nostre teste e altri ancora si avvicinano
saltellando, e non v’è via di fuga per noi che ci stringiamo guardandoci attorno
in preda al panico.
Lembi di vestiti vengono stretti nei loro becchi scuri che strappano e lacerano
senza esitazioni, e più volte veniamo colpiti sul dorso delle mani nel tentativo
di scacciarli.
“Riff…che facciamo!!?”
Mi sto stringendo a lui come un bambino, affondando la testa sul suo petto forte
come se potesse giovare a qualcosa.
A rispondermi non è la sua voce dal timbro caldo e pacato, è il grido del
demonio nel pieno della sua ira:
“Già…che cosa farete adesso che siete in trappola?!!”
Al suo manifestarsi, i corvi ci abbandonano posandosi sugli alberi circostanti,
pronti a scattare all’attacco, in un eventuale nostro movimento fasullo.
In un turbine di piume nere è adesso apparso lui, l’uccello sepolcrale per
eccellenza, l’essere corrotto dal piumaggio corvino, che un tempo fu bandito
dalle porte del paradiso.
Dei lugubri e nefasti canti, distorsione degli originali gregoriani inneggiano
alla sua gloria, canti indefiniti accompagnati dal suono soffuso di violini, a
venerare il suo traboccante potere oscuro capace di modificare a suo piacimento
gli agenti atmosferici della natura. E la vita delle umane genti, aggiungerei.
Noto con piacere che il pugnale è ancora conficcato nella sua schiena, solo che
il flusso di sangue sembra essersi fermato…possibile che si sia già coagulato in
così breve tempo?
“Dannazione…questa non ci voleva!”
Esprimo il mio diniego indietreggiando insieme a Riff mentre i suoi occhi adesso
gelidi e insensibili ci scrutano fitti di rancore.
“Lei…signor conte….mi ha ingannato! Aveva un patto con me, e non l’ha
rispettato.”
Avanza di un passo con lentezza alquanto preoccupante, e puntandomi l’indice
contro esclama furente “Pagherà per questo…le toglierò quanto di più prezioso
possiede nella sua infausta esistenza!!”
In questi attimi tutto si accade ovattatamene, come a rallentatore, sento le mie
caviglie scattare da sole e lanciarsi in un improvviso salto alla mia sinistra,
dove l’ondata energetica che Yuki ha scagliato sta per colpire Riff…
Un dolore lancinante urta violentemente il mio braccio, mentre piego la testa
all’indietro e vengo spinto fra le sue braccia dalla potenza dell’impatto.
Ricadiamo disordinatamente frai cespugli, e nel contatto con la terra grido di
dolore per la ferita dalla quale il sangue esce copioso.
Appena si rende conto della situazione l’espressione di Riff passa dallo
sbalordito allo sconvolto fino ad arrivare all’adirato: mi rimprovera per quello
che ho fatto con parole aspre, osservando il brutto taglio che quell’insana
creatura mi ha provocato.
“Signor Cain!! Lei….lei …è uno sciocco! Perché l’ha fatto! Avrebbe dovuto
colpire me…”
Apro un occhio guardandolo con amore e abbozzando un sorriso nonostante il
danno, poi rispondo:
“Perché tu sei la mia vita”
A queste parole mi stringe una mano abbassando le palpebre, la sua espressione
si addolcisce un po’ e garbato come sempre si raccomanda:
“Resti giù e non si muova, al resto penserò io. Chiunque osi toccarla pagherà
molto caro il suo gesto sconsiderato.“
Mi accarezza una guancia, baciandomi teneramente sugli occhi chiusi.
“Tsk… che gesto nobile, signor Conte… lo ha sottratto dalle fauci di una morte
sicura…avevo mirato dritto al petto,che peccato!Ma non si preoccupi, stavolta il
suo Riff non sarà tanto fortunato.”
Non riesco a muovermi per il dolore acuto, eppure con tutto me stesso sto
cercando di alzarmi in piedi per fronteggiarlo o, se è necessario, per
impedirgli ancora di fare del male a Riff…a costo di giocarmi anche l’altro
braccio!
L’idea di starmene qui impossibilitato, a fare lo spettatore, mi innervosisce e
mi altera notevolmente!
Ma i miei propositi vengono vanificati dallo stesso Riff, che con un tocco
leggero delle dita mi fa tornare giù, per poi alzarsi scattante intraprendendo
un’improvvisa corsa verso l’arcano sogghignante.
“Ma…ma che fa…”
Sbarro gli occhi nel vederlo gettarsi a braccia aperte nel grembo del suo
carnefice.
Inizio a tremare vistosamente e a sudare freddo, successivamente esclamando:
“Riifff ….nooo!!!”
Un bagliore violaceo si sprigiona tra le due sagome, avvolgendole nel suo tetro
spettro e facendole scomparire dentro di sé per un tempo che a me pare
interminabile.
Sono agitato perché non vedo più Riff, e sono ancora attonito dalla sua reazione
inaspettata…che intenzioni ha, vuole farsi ammazzare?!
La nebbiolina inizia ad affievolirsi gradualmente.
Ed ecco che si prospetta davanti a me una scena raccapricciante: vedo Riff
afflosciarsi lentamente su se stesso e ricadere a terra senza forze.
Immediatamente lancio un urlo di rabbia e disperazione, seriamente preoccupato
per le sue condizioni.
Una nuvola di fumo si sta ancora dileguando nel punto in cui è avvenuto il
contatto trai due, e quando svanisce del tutto scorgo anche l’inevitabile sagoma
di Yuki, ritta in piedi con espressione vacua, il pugnale conficcato nel cuore,
dal quale intensi getti di sangue bluastro gocciolano a terra bagnando il manto
erboso.
Lo shock mi impedisce di compiere un seppur minimo gesto, resto dunque a
osservare la scena dal mio angolino dal quale posso constatare che i malaugurati
uccelli sui rami stanno anch’essi sanguinando di blu, eclissandosi in mille
piume fosche.
Sul volto di Yuki si va dipingendo l’espressione acuta del dolore e il suo bel
volto è ora pallido e scarno e gli smeraldi verdi dei suoi occhi si stanno
vagamente spegnendo, offuscandosi.
Il mio pugnale nel cuore gli impedisce di muoversi e di parlare, e agonizzando,
con mano tremante lo vedo tentare inutilmente di estrarre la lama dalla cassa
toracica.
Riff… con incredibile abilità l’ha cavata dal dorso del diavolo, piantandogliela
nel petto nell’attimo in cui egli lo ha attaccato con la sua micidiale energia
occulta.
Nel momento in cui le dita dell’arcano si stringono attorno all’arma iniziano
una repentina trasformazione, facendosi sempre più ossute e orride, riducendosi
infine in scheletro assieme a tutto il resto, finchè non implode polverizzandosi
e lasciando come unico ricordo di sé tra le spighe,una carta.
La carta del diavolo.
Mi impongo di reagire, di smetterla di starmene impalato a bocca aperta e
finalmente riesco a portarmi in piedi, dirigendomi zoppicando verso Riff
accasciato a terra.
“Riff…. Svegliati…”
sussurro inchinandomi, mentre una lacrima ribelle riga il mio viso.
Non risponde, le sue membra sono totalmente abbandonate e il suo respiro è lieve
come quello di una ragazza.
Delicatamente lo afferro per le spalle voltandolo verso di me, per scoprire una
profonda ferita che gli devasta il petto…ha perso molto sangue!
Scaravento via la mia giacca strappando a metà la camicia dello stesso colore
sanguigno, e avvolgo freneticamente la stoffa purpurea attorno alla lacerazione
per contenerne il flusso.
“Resisti, Riff…io ti salverò…non morire, non lasciarmi solo…”
piagnucolo singhiozzando, mentre lo bacio sulla fronte, ma non ricevo nessuna
risposta calorosa e rassicurante da lui che adesso giace fra le mie braccia in
fin di vita.
“Non dovevi farlo….guarda come ti sei ridotto….!”
Gli accarezzo una guancia sperando che di punto in bianco apra quegli occhi
dolci nei quali amo specchiarmi e osservare il suo cielo interiore…
Provo anche a sollevarlo ma è un’impresa piuttosto ardua nelle mie condizioni,
ora come ora il mio braccio non ce la fa a sorreggerlo…
Lo chiamo insistentemente, scongiurandolo di non lasciarmi, mentre gli sistemo
la mia giacca sul petto in modo che non senta freddo, ma è tutto inutile.
Scoppio infine in un pianto intenso e inconsolabile, singhiozzando e
bisbigliando parole dolci dirette a lui, mentre una crescente disperazione mi
invade percuotendomi l’anima.
Adesso non sento più dolore fisico, non sento più il bruciore incessante del mio
braccio lesionato, è come se non mi appartenesse… il mio corpo non ne avverte
più lo strazio di fronte al grande supplizio della mia anima.
Riesco finalmente a ribellarmi al fato: posso prenderlo in braccio senza
avvertirne neppure il peso, sull’orlo della trance, e iniziando a correre a
velocità sostenuta in direzione di casa gli intimo di non andarsene, di
aspettarmi.
Corro e sfreccio nel bosco selvatico come un rapace in volo,seguendo un istinto
innato che mi indica la strada esatta da percorrere, mosso solo dalla forza
della disperazione più nera, con la vista che va e viene.
Resisto ancora,avversando la spossatezza e continuando la mia corsa finchè non
intravedo i ciottoli bianchi della via di casa e percorrendola tutta senza
cedere mai, spalanco con un calcio il cancello di ferro battuto.
Con passo infermo cerco di sbrigarmi il più possibile arrivando in cortile dove
dopo pochi metri perdo i sensi ricadendo tra le braccia di un nugolo di servi
accorsi in nostro aiuto.
Il mio ultimo pensiero va a Riff, mentre tutto si fa nero e triste come il nero
manto della morte, e sprofondo in uno stato di inconscio dove tutte le passioni
vengono sopite dall’inconsapevolezza.
Nero, nero e solo nero…è l’unico colore che vedo.
Un cerchio si stringe e si allarga attorno alla mia testa e il braccio mi prende
fuoco, brucia di dolore intenso per la sua intera lunghezza.
Quando mi ridesto vedo il soffitto e il grande lampadario costellato di candele.
Sono disteso nel mio letto, qualcosa di duro tiene fermo il mio avambraccio,
debitamente fasciato con delle bende bianche.
C’è gente attorno a me, gente dall’aria spaventata che mi fissa.
Riconosco lo Zio Neal al capezzale del mio letto, che nonappena mi vede aprire
gli occhi tira un profondo sospiro di sollievo benedicendo il signore, mentre la
piccola Mary inizia a lacrimare, stringendo un lembo della mia coperta e
chiamandomi “fratello” con dolcezza.
Attorno a me c’è anche la servitù che stringe dei rosari tra le mani e si
rasserena subito vedendomi riprendere.
“Quanto ho dormito?”
chiedo con voce atona, massaggiandomi la fronte.
“Un giorno sano”
risponde lo zio Neal, asciugandosi il sudore sulla fronte con il suo solito
fazzoletto di seta.
D’un tratto mi sollevo di scatto a sedere, sgranando gli occhi e attirando
l’attenzione di tutti “…Riff!! Riff…!!!”
Urlo esagitato scansando con un ampio gesto la coperta e cercando di scendere
dal letto.
“Fermati, il medico ha detto che devi…”
Non mi importa nulla di quello che ha detto il medico, quindi non lo faccio
neanche terminare e mi catapulto giù atterrando coi piedi nudi sul freddo
pavimento.
“Che ne è stato di lui?!!”
Urlo fuori di me, pretendendo una risposta subito.
“E’ in stato di agonia…. Non sappiamo se ce la farà…”
Il cuore smette di battermi nel petto e senza sprecare un momento di più mi
lancio contro la porta sbattendola sgraziatamente e precipitandomi al piano di
sotto, distribuendo spallate e spintoni a due o tre servi incaricati di portare
acqua e pezze umide in camera mia, disgraziatamente imbattutisi sul mio
tragitto.
Spalanco furiosamente la porta della sua stanza, congedando con un imperativo
minaccioso le due servette al quale è stato ordinato di assisterlo.
Subito dopo mi precipito al capo del suo letto, ansante e in preda alla
frenesia.
Ha il busto interamente fasciato e un’espressione addolorata, ogni tanto stringe
i denti muovendo il capo a destra e a sinistra, tossendo e respirando
affannosamente.
Le mie dita si intrecciano alle sue, stringendole forte: sono molto fredde.
Al contatto con la mia mano smette improvvisamente di dimenarsi e si acquieta un
poco, ma sempre respirando in maniera irregolare.
Gli sistemo meglio la trapunta che dev’ essergli calata sui fianchi a causa dei
suoi movimenti, accompagnandogliela fino al mento.
“Riff… amore mio….”Dico con gentilezza, baciandogli la mano e portandomela sul
viso.
“Mi senti…? Sono sicuro che puoi sentirmi…” mi interrompo per trattenere un
singhiozzo. Poi ricomincio facendomi coraggio “Non volare via, perché se tu
morissi andresti certamente in paradiso dove io non potrei raggiungerti…”
Ripeto angosciato le parole che gli dissi tempo fa, quando mi promise che
sarebbe venuto con me all’inferno.
“Preferisco bruciare per sempre tra le fiamme infernali piuttosto che essere
privato della tua dolce compagnia. Riff, ti supplico, svegliati, apri gli
occhi….rispondimi…non morire, Riff…!!!”
Esplodo ancora in lacrime, piangendo in modo convulso e straziante e bagnandogli
la mano, quando improvvisamente sento le sue dita morbide muoversi e asciugarmi
le gocce di pianto che sgorgano innumerevoli dai miei occhi.
“S…signor….Conte….”
sussurra appena, passando le dita affusolate tra le mie ciocche arruffate.
Sollevo lo sguardo sorpreso, puntandolo su di lui che ha ripreso coscienza ma
sembra ancora molto debole e provato.
“Oh Riff…Riff….ti sei svegliato!!!”
“Non pianga,…. signor Cain…non ne vale la pena…”
Sento il suo sforzo che cerca di mascherare nelle parole, a testimonianza che
quella brutta ferita deve causargli un male terribilmente aspro.
I miei occhi ambrati cercano i suoi, celesti limpidi e schietti, ma socchiusi
per lo sforzo.
Nonostante l’agonia sono sempre eterei e dalla bellezza impareggiabile.
“I tuoi occhi…” cerco di esprimermi mentre mi fissa con sguardo affettuoso,
implicitamente incitandomi a proseguire “I tuoi occhi sono come gli occhi
dell’eternità…nulla può contaminarli o soffocarne lo splendore immenso, anche
adesso i tuoi occhi brillano, Riff…sembrano custodire tutti i segreti
dell’universo senza tempo.”
Agli angoli della sua bocca si forma un sorriso grazioso, lieto per le mie belle
parole, seppur evanescente per la sua debolezza. Ma un suo sorriso mite non
serve a restituirmi la pace… non in queste circostanze almeno…
Che Dio stramaledica la delilah e tutti i suoi componenti, dal primo
all’ultimo!!
Dannato Yuki, impersonificazione del maligno assoluto quale è Satana, il
demonio! Guarda in che stato hai ridotto il mio splendido serafino dalle gote
gentili e dal sorriso divino…
Un colpo di tosse improvviso interrompe la magia che si è creata tra noi, e mi
riporta alla realtà dei fatti.
La mano che si è portato davanti alla bocca è intrisa di sangue, e lui inizia a
vacillare socchiudendo le palpebre, al ché inizio ad agitarmi:
“No Riff, fatti forza!! Tu sei il mio unico amore, il mio serafino dal cuore
puro…se adesso muori,io…”
Con un fazzoletto di pizzo cancello ogni traccia scarlatta dalle sue labbra
rosa, porgendogli un bicchiere d’acqua che beve a piccoli sorsi cauti.
Poi riposo il bicchiere sul comodino sospirando, dopodiché le mie dita scorrono
nella sua corta e liscia chioma argentata, pettinandola.
Ci guardiamo intensamente, sapendo che quello che ci lega è qualcosa di
inesprimibile...e di interminabile.
“Ho paura….non voglio che tu mi lasci….non voglio stare senza di te.”
Dico con voce mesta, malinconico e afflitto nel vederlo così sofferente e
fiacco.
Sorride lievemente, mentre chiude gli occhi mormorando queste parole “Lei non ha
nulla da temere perché io la seguirò ovunque…” , poi con le sue ultime forze mi
cinge debolmente il capo attirandomi a sé e baciandomi alquanto a lungo sulle
labbra.
In un solo,puro,casto bacio esprimiamo l’amore che da tempo alberga nei nostri
cuori solitari riscaldandoci del piacere che doniamo l’uno all’altro, e in
quest’attimo fuggente mi sembra di veder rivivere davanti a me tutti i momenti
tristi e gioiosi trascorsi in sua compagnia… l’intera vita dedicata a lui balena
improvvisamente nelle mie palpebre chiuse, rendendo i miei occhi madidi.
E proprio all’apice di questa estasi eccelsa sento la sua mano perdere vigore
per poi ricadere soffice sul materasso tra mille pieghe bianche.
Il suo ultimo sospiro mi sfiora il lobo dell’orecchio mentre mi stacco da lui
puntando i miei occhi sconvolti dal dolore nei suoi, eternamente cristallini,
che adesso sono pacifici e chiusi, assopiti nella dolcezza del sonno eterno in
cui è sprofondato con placidità.
Mi si forma un terribile nodo alla gola, ma non riesco neppure a piangere perché
ho versato finora tutte le mie lacrime… rimango così a fissarlo per un tempo
indeterminabile, forse aspettando che si risvegli all’improvviso o che si rigiri
nel letto come faceva quando si coricava, dolce cucciolo, accanto a me…
“Dove sei Riff…? Voglio raggiungerti…Dove sarai domani? Se guardo nella mia
anima riconosco i segni del tuo amore, e sento attraversarmi dall’eternità dei
tuoi occhi di cristallo…”
Con uno scatto d’ira rompo in mille pezzi un vaso di rose sul suo comodino,
agguantando furioso i fiori scarlatti e iniziando a deturparli, staccandone i
petali e raccogliendoli tutti nelle mani, per poi sistemarli armoniosamente su
di lui, perfetta opera d’arte avvolta nella maschera della morte.
“Senti che buon profumo che hanno questi petali… sono belli e profumati, e molto
delicati…come te…”
Forse sto delirando, ma continuo a parlare con lui, mentre un senso d’amaro in
bocca accompagnato dalla vista sfocata da altre lacrime che scendono copiose, mi
rende cieco e sull’orlo della pazzia.
Mi volto di scatto verso la finestra sbarrata.
Vado ad aprirla con passo leggero, quasi fluttuante, facendo entrare il fresco
zefiro di inizio primavera nella stanza, che fa aleggiare le tende bianche e
riempie la camera di mille profumi floreali e ammalianti.
Lo guardo da questa prospettiva imprimendomi a fuoco la sua ultima immagine
nella mente, poi con un mezzo sorriso fra le lacrime sospiro nel vento:
“Non scappare, aspettami…sto arrivando da te.”
I miei piedi nudi poggiano adesso sul marmo del davanzale. Allargo le braccia,
facendomi accarezzare dalle mani leggiadre ed esperte del vento, che sono
sicuro, sono le sue.
Sento il clamore dei primi servi accortisi di me, ma sono un vociare sommesso
che non raggiunge le mie orecchie, nelle quali suona una dolce melodia, e l’eco
delle sue ultime frasi che si ripetono incessantemente.
Voglio andare da lui, subito. Che senso ha restare in un mondo tanto crudele che
ci ha separati? Come potrei continuare a vivere se la mia anima sta morendo con
l’altra sua metà?
“Mille volte l’inferno piuttosto che dimenticarti…aspetta che raggiunga di nuovo
l’eternità dei tuoi occhi…volerò da te sulle ali di Zefiro…”
Chiudo gli occhi e del cielo è l’ultima aurora a darmi l’estremo saluto, mentre
sorridendo mi tuffo fra le sue braccia calde di amante sublime e eterno…..
Fine